Giorgia Meloni continua a tessere la tela del governo che verrà e punta a chiudere la partita possibilmente entro il 20 ottobre. Tra 18 giorni si riunirà il Consiglio europeo. E, una volta ricevuto l’incarico dal Quirinale e se avrà la squadra pronta, la presidente di Fratelli d’Italia potrebbe forse giurare in tempo utile per portare il dossier energia personalmente a Bruxelles, partecipando al vertice da premier accanto agli altri leader internazionali. E’ quella l’emergenza più sentita e che la preoccupa maggiormente (“La priorità è fermare la speculazione sul gas”, ribadisce).
In questo quadro, proseguono i contatti con Mario Draghi, e non si esclude che ci siano stati pure nel fine settimana. Un filo diretto che consente a Palazzo Chigi di tenere informato il prossimo capo del governo su tutti i dossier aperti. E allo stesso tempo un’opportunità, per Meloni, per valutare insieme all’esecutivo uscente tutte le strade possibili in vista del quarto probabile decreto Aiuti. Pensato per sostenere famiglie e imprese contro la stangata d’autunno, tra boom bollette e inflazione, sarà esclusiva del successore di Draghi. Ma è tutto da costruire, a cominciare dalle coperture da trovare. Tra le ipotesi circolate in ambienti parlamentari ci sarebbe l’aumento della base Isee per i bonus o le aliquote del credito di imposta, che però assottiglierebbero non poco il ‘tesoretto’ di 10 miliardi a disposizione per i nuovi sostegni.
Un lavorio costante che si sposa – anche nello stile – con la cautela e sobrietà mostrata dalla leader di destra dopo il trionfo elettorale di sette giorni fa. Oltre al silenzio, imposto ai big del partito che l’affiancano in riunioni e trattative. Riprenderanno in settimana, non solo con i fedelissimi ma anche con gli alleati di centrodestra (all’appello manca Maurizio Lupi che guida i moderati della coalizione).
Il presidente del Consiglio uscente si starebbe limitando a impostare le linee guida della situazione. E prima di lasciare il Palazzo, non è escluso che possa tornare in Parlamento e presentare la relazione sul Piano nazionale. In sostanza, la fotografia dello stato dell’arte dell’Italia, anche per sancire il passaggio di consegne sul lavoro fatto, in assoluta trasparenza. Il governo Draghi starebbe, quindi, definendo tutti i dossier ancora aperti e quelli in chiusura, così da garantire una transizione ordinata e lineare a chi verrà dopo. Da qui l’attenzione suggerita su alcune strategie che il prossimo governo potrebbe adottare. Per reperire altri fondi, oltre al ‘tesoretto’, si ipotizza – sempre in ambienti parlamentari – un nuovo scostamento di bilancio. Una possibilità che potrebbe mandare in fibrillazione i mercati. Un aspetto considerato delicato da tutti gli interlocutori, alla luce anche della recessione in atto in Germania (che ha già messo sul piatto 200 miliardi), nel Regno unito e della recessione tecnica degli Stati Uniti. Di conseguenza in questo difficilissimo quadro internazionale un extra deficit italiano potrebbe rappresentare più una complicazione che un aiuto, si ragiona. Sta di fatto che qualsiasi decisione potrà essere presa solo ed esclusivamente dall’esecutivo entrante, a prescindere da qualsiasi suggestione o considerazione di opportunità politica. Su un altro tavolo, FdI e il centrodestra stanno giocando la partita dei ministri. In queste ore accantonata rispetto alle priorità evidenziate dalla premier in pectore. E anche per più di una criticità da sbloccare. Nei giorni scorsi Meloni ha raccolto i desiderata di Lega e Forza Italia ma non ha sciolto il rebus sui ministeri chiave: Economia, Esteri e Interno. In ballo ci sarebbero i sì attesi da esperti non legati ai partiti come Fabio Panetta, ora nel comitato esecutivo della Bce e che Meloni vorrebbe alla guida del Tesoro. Un nodo delicato anche perché, a prescindere dalle volontà dei singoli, il passaggio di Panetta al governo lascerebbe scoperta la strategica casella europea, che poi anderebbe sostituita con un nome dello stesso livello. Una scelta, quella del ministro dell’Economia, che insieme a un eventuale prefetto al Viminale (in alternativa a Matteo Salvini), mette in allerta FI. Non a caso Antonio Tajani avverte: “Può accadere che ci siano personaggi con un’esperienza tale da essere nel governo, pur non essendo parlamentari, ma siano dei casi, non la regola”.
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