In attesa del nuovo round di colloqui fra Ucraina e Russia, previsto per oggi, spunta uno scoglio cruciale nella trattativa: la possibilità che Kiev, dopo aver rinunciato all’adesione alla Nato, accetti anche uno statuto di neutralità, sul modello dell’Austria o la Svezia. Secondo il Cremlino “è possibile un compromesso”, in base ad una “neutralità smilitarizzata, stile Svezia, con un proprio esercito”. Il ministro degli Esteri Serghei Lavrov parla di “un margine di speranza di raggiungere un compromesso”, sottolinea che uno status di neutralità è “seriamente considerato” e spiega che “questo è ciò che si sta discutendo attualmente”.
Kiev però rifiuta l’idea e dice di aver proposto “un modello di garanzie di sicurezza”, con “un accordo rigido con un certo numero di Stati garanti che si impegnano con chiari obblighi giuridici a prevenire attivamente gli attacchi in Ucraina”.
“L’Ucraina è in uno stato di guerra diretta con la Russia.
Pertanto, il modello può essere solo ucraino”, ha detto il capo negoziatore Mykhailo Podoliak Sul fronte bellico, al ventunesimo giorno dell’invasione le forze militari russe continuano a non avanzare in modo significativo sul terreno, ma sembrano intensificare i bombardamenti sul fronte meridionale, particolarmente contro Odessa e Mariupol, nonché sugli altri centri urbani, in primis Kiev e Kharkiv, dove durante la notte sono stati colpiti vari palazzi residenziali, e si contano almeno due morti.
Secondo il governo locale di Kharkiv – seconda città del Paese – almeno 500 residenti della città sono stati uccisi dall’inizio dell’invasione. Ora è Odessa – terza città e principale porto del Paese – che teme di finire sotto assedio: all’avanzata dei russi da est, una volta che avranno superato la resistenza di Mykolaiv, si aggiunge l’attacco dal mare. Sono 14 le navi russe che si stanno avvicinando, con un dragamine ad aprire la strada. Nella notte sono iniziati i bombardamenti sulle coste a sud della città.
Secondo un rapporto dell’intelligence britannico, per compensare “le continue pesanti perdite” in Ucraina, Mosca sta richiamando rinforzi. “È probabile che la Russia fatichi nelle sue operazioni militari di fronte alla resistenza ucraina” e che dunque “utilizzi queste forze per tenere i territori conquistati e liberare il suo potenziale offensivo per far ripartire operazioni in stallo”, dice il rapporto. Secondo Kiev, in 20 giorni di combattimento le forze di difesa ucraine hanno ucciso dieci membri del comando delle truppe russe: quattro generali, tre colonnelli e tre tenenti colonnelli. Il governo ucraino sostiene inoltre che i russi “hanno deciso di coinvolgere nel conflitto anche i primi cadetti degli istituti di istruzione militare superiore”, perché “hanno perso il 40% delle unità impiegate sul terreno” e “hanno problemi a fornire munizioni alle truppe”.
La Cina sostiene che non sapeva dei piani russi per l’invasione dell’Ucraina e se li avesse conosciuti, “avrebbe fatto il possibile per fermarli”. Lo chiarisce sul Washington Post l’ambasciatore cinese negli Usa Qin Gang, spiegando che dire che Pechino “era a conoscenza, ha acconsentito o tacitamente sostenuto questa guerra è pura disinformazione”. E mentre il presidente americano Joe Biden si appresta ad annunciare oggi lo stanziamento di 800 milioni di dollari in aiuti alla sicurezza per l’Ucraina, probabilmente dopo il collegamento di Zelensky con il Congresso di Washington. La Corte internazionale di giustizia dell’Onu si pronuncerà intorno alle 16.00 sulla richiesta urgente dell’Ucraina affinché la Russia fermi immediatamente l’invasione.
Sono 47.153 i cittadini ucraini arrivati finora in Italia, in grande maggioranza donne (24.032) e minori (19.069), mentre gli uomini sono solo 4.052. Il dato è analizzato in una riunione a Palazzo Chigi sulle misure per l’accoglienza con il sottosegretario Garofoli, i ministri Lamorgese, Franco e Orlando e il capo della protezione civile Curcio. Fonti del governo definiscono “superata” l’ipotesi di nominare un commissario straordinario per la gestione dei profughi, e segnalano che l’assistenza ai rifugiati, sarà garantita attraverso le reti dei centri Cas e Sai – gestite dal ministero dell’Interno – e con l’accoglienza diffusa presso famiglie e in appartamenti, gestita da enti del terzo settore.
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