Il treno che da Kiev porta a Leopoli, città mitteleuropea dell’Ucraina occidentale a poche decine di chilometri dalla Polonia e dall’Ue, parte prima dell’alba. Sulla banchina della stazione, ancora al buio e con temperature rigide, salgono a bordo dell’InterCity 705 diretto nella città polacca di Przemysl studenti, uomini d’affari, famiglie con bambini assonnati e piangenti.
Non è l’assalto alla diligenza, e nemmeno la grande fuga dalla capitale prima dell’attacco russo: l’afflusso di passeggeri – assicura Vadym, il controllore col nome sul cartellino – è lo stesso di qualsiasi altro lunedì mattina. Ma tra i viaggiatori c’è comunque chi ha deciso di lasciare Kiev per sfuggire alla tensione, agli allarmi degli occidentali, all’incertezza costante degli ultimi giorni, alcuni anche alla paura.
Lo smartworking imposto dal Covid in questo caso aiuta: una coppia di giovani web designer ha deciso di andare qualche settimana dai parenti a Leopoli, lavorare a distanza e aspettare da lì l’evolversi della situazione. Due studenti turchi, al primo anno di medicina all’università di Kiev, sono stati invitati dalla loro ambasciata – come molti altri stranieri – a lasciare il Paese: una volta a Leopoli prenderanno, a malincuore, un aereo per Izmir per tornare a casa dalle loro famiglie che – raccontano all’ANSA – li aspettano preoccupate.
“Sto andando a Leopoli per lavoro”, spiega al contrario un manager di Kiev in giacca e 24ore. “Non sto scappando”, aggiunge subito, intuendo la domanda successiva. Una giovane donna seduta accanto a una bambina stenta a prendere sonno sul sedile della prima classe e racconta, sorridendo, tutta un’altra storia: “Domani è il mio compleanno, voglio solo visitare Leopoli con mia figlia e tra due giorni torniamo a Kiev”.
Alcuni passeggeri sonnecchiano, con la mascherina sugli occhi anziché sulla bocca, altri tentano di svegliarsi andando a prendere un caffè al vagone-bar, mentre il treno corre fino a 150 km, lasciandosi l’alba alle spalle tra campagne sterminate e foreste di pini e betulle. Solo due le fermate intermedie sui 560 km di percorso, e dopo 5 ore l’arrivo a Leopoli sotto un sole già alto.
La città patrimonio dell’umanità dell’Unesco, nota per la sua università e meta turistica fino alla pandemia e alle attuali tensioni, appare già in Ue e rivendica un’antica identità antirussa. “Vladimir Putin sa che non potrà mai sottomettere l’ovest dell’Ucraina”, ci aveva avvertito Natalia Fedorovych, ex viceministra per le politiche sociali dell’Ucraina e originaria di Leopoli, indignata per come Mosca abbia sottratto la Crimea e il Donbass all’est del Paese.
Da qui un’eventuale nuova invasione appare ancora più remota, di certo fisicamente più lontana. Ma il punto non è solo territoriale, spiega don Andriy Bodnar, direttore della casa salesiana e della scuola professionale San Giovanni Bosco di Leopoli: “La questione non è l’adesione dell’Ucraina alla Nato, quello è un pretesto per creare questo caos. La verità è che la Russia ha paura di avere una democrazia come vicino. Noi siamo pronti a difenderci, ma non con le armi, con la testa: ci sentiamo europei, e ci muoviamo decisi verso l’Unione europea”.
Ma intanto la nuova guerra ibrida è arrivata anche qui, con un allarme bomba in una filiale dell’Ukr Exim Bank. La polizia isola il marciapiede ed evacua l’edificio, i curiosi vengono tenuti a distanza mentre si attendono gli artificieri. Alla fine sembra solo uno dei numerosi allarmi che nelle ultime settimane si moltiplicano in tutto il Paese e che poi, fortunatamente, si rivelano falsi. Ma tanto basta per paralizzare, ancora e ancora, le attività e gli stati d’animo.
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