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Giorni da teatro dell'assurdo, Armaroli racconta Mattarella bis

A fine gennaio Montecitorio si è trasformato per alcuni giorni da “teatro della nostra democrazia in teatro dell’assurdo”. Su questo palco è andata in scena la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, come scrive Paolo Armaroli in “Mattarella 1 & 2. L’ombrello di Draghi. Ritratti a matita dei 12 presidenti”, presentato all’Auletta dei gruppi parlamentari della Camera. Dal punto di vista chi ha vissuto il Parlamento da deputato (di Alleanza nazionale, all’opposizione), da giurista e da giornalista, Armaroli racconta di quando “tutto sembrava perduto”: “A gennaio Mattarella se ne stava per andare, considerava il Quirinale una sorta di gabbia, e il presidente del Consiglio senza il suo ombrello rischiava di essere infilzato dalle bandierine dei partiti. Invece per miracolo sono rimasti entrambi al loro posto”.

Di quei giorni Armaroli rievoca “molte anomalie” e “episodi singolari se non ridicoli”, dall’astensionismo al “presidente della Camera Fico che mette le mani avanti e legge solo il cognome sulle schede”, da “Salvini che presenta i tre magi” fino “all’apoteosi con l’applauso da stadio dei parlamentari, a Mattarella e a se stessi per lo scampato pericolo”. Fra gli ospiti del dibattito, moderato da Stefano Folli, il deputato dem Stefano Ceccanti ha ricordato che il “partito trasversale che operava per la rielezione pensava che un cambio al Colle significava travolgere anche il governo emergenziale, a cui non c’erano alternative”. D’altro canto, ha aggiunto, non può funzionare per sempre un sistema in cui “si deve fare ricorso al Quirinale perché il circuito Parlamento-Governo non funziona bene”.

Il Mattarella bis “non è una storia di successo ma una sconfitta per la politica non trovare la sintesi su una personalità alta”, ha sottolineato invece Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente del Garante per la protezione dei dati personali, che ha dato ad Armaroli un suggerimento per un nuovo libro: “Ne servirebbe uno sulla costituzione formale e quella vivente, visto che siamo arrivati a uno scollamento fra la forma e la vita vissuta del diritto costituzionale”.


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