Giuseppe Conte promette lealtà al governo: l’appoggio del Movimento “non è in discussione”.
Un sostegno ribadito, nei fatti, anche a Montecitorio dove Mario Draghi, prima del Consiglio Ue, incassa il sì compatto della maggioranza e applausi. In particolare quando, in un vibrante intervento fuori programma, spiega l’importanza di supportare con armi e sanzioni la difesa di Kiev, affinché non sia sottomessa. Parole forti con cui il premier, rafforzato dall’addio di Luigi Di Maio ai 5 stelle, prende di petto un argomento delicato per la sua maggioranza – quello degli aiuti militari – per chiarire, una volta per tutte, da che parte sta l’Italia e perché. Poi, insieme al ministro degli Esteri e ad altri componenti dell’esecutivo, sale al Quirinale: la tradizionale colazione di lavoro, prima di partire per Bruxelles, in cui il capo del governo e il presidente della Repubblica confermano l’asse sulla linea da tenere in Europa.
Al centro dell’incontro al Colle c’è l’impegno dell’Italia per il percorso Ue dell’Ucraina e dei Balcani Occidentali, l’aumento dello spread, la crisi energetica e alimentare. Infine, il futuro dell’Europa che vede il nostro Paese favorevole alla modifica della richiesta di unanimità a favore di meccanismi di voto a maggioranza. Il premier, dopo essersi messo alle spalle le tensioni sulla risoluzione di maggioranza, si appresta a partecipare al Consiglio europeo con una rinnovata forza. Alla Camera, passa non solo l’atto di indirizzo della maggioranza, ma anche uno di FdI.
Un testo, approvato con l’astensione dei partiti che sostengono il governo, che prevede il “sostegno alla resistenza del popolo ucraino al fine di ottenere al più presto una pace giusta”. Ed è anche all’opposizione che il presidente del Consiglio si rivolge quando, con tono accorato, illustra i due punti di vista che si fronteggiano sull’Ucraina: “Uno è quello mio, l’Ucraina si deve difendere, e le sanzioni, l’invio di armi, servono a questo. L’altro è diverso: lasciamo che l’Ucraina si sottometta’”.
La scissione nei Cinque Stelle da minaccia per la tenuta del governo, per ora, sembra essersi trasformata in elemento per la sua stabilità. E il sostegno indiscusso all’esecutivo diventa un refrain nel Movimento, che -indebolito dall’addio di Luigi Di Maio – accantona al momento i toni battaglieri e rivendicativi degli ultimi tempi per predicare lealtà. Lo fa Conte, ma anche gran parte di ministri, sottosegretari, parlamentari. Ma ci sono anche le voci fuori campo, come quella di Stefano Buffagni, che risuona come un campanello d’allarme: “Vedremo”, risponde a chi gli chiede se il M5s continuerà a sostenere Draghi. Di certo, senza il freno dei governisti (ormai fuoriusciti), ‘l’avvocato del popolo’ dovrà confrontarsi sempre di più con l’ala dura e pura del Movimento e sarà chiamato ad un grande sforzo di mediazione per conciliare le battaglie per i valori pentastellati, la permanenza nella maggioranza e la tenuta dell’alleanza giallorossa. La scissione non ha colto di sorpresa il segretario dem Enrico Letta che, tenendosi lontano dalla disputa Conte-Di Maio, e mette in chiaro che la priorità è “mettere in campo un’idea di Italia per i prossimi cinque anni”, poi “condividerla con gli alleati. Rifiuto l’idea che si debba partire dalle alleanze”.
In giornata si riunisce anche il Cdm: Di Maio non c’é (è in missione in Serbia) e nessuno fa cenno ai travagli dei 5s. L’esecutivo approva il decreto che proroga al terzo trimestre le misure per contenere i prezzi delle bollette di luce e gas e per le garanzie per le imprese che effettuano stoccaggi di gas. “Siamo stati nel merito dei provvedimenti – dice Elena Bonetti – Il governo è stabile”.
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