Non c’è solo il grano a innescare la crisi alimentare che a partire dall’Ucraina sta colpendo con un drammatico effetto domino decine di Paesi in via di sviluppo, dall’Africa al Medio Oriente. Tra prodotti finiti in mano ai russi, raccolti minacciati dalle bombe e fabbriche bloccate dal conflitto, la lista dei beni a rischio continua ad allungarsi.
Tra quelli bloccati o saccheggiati nel ‘granaio d’Europa’ ci sono anche gli altri cereali, dal mais al sorgo. A subire forti rincari in Occidente è poi per esempio l’olio di semi, soprattutto quello di girasole, di cui il Paese è uno dei principali produttori. Ma la guerra ha inevitabilmente colpito raccolti e industrie in diverse regioni strategiche.
Sotto il controllo di Mosca è finita anche la ‘capitale delle ciliegie’, Melitopol, uno dei primi centri occupati all’inizio dell’invasione. Il blocco della principale zona di produzione ucraina ha causato aumenti fino al 40% dei prezzi della frutta nei mercati da Kiev a Leopoli. Per coprire il deficit, oltre metà delle ciliegie vendute viene ora importata, mentre la distribuzione prosegue dalle aree di Bukovyna, Vinnytsia, Odessa e Zakarpattia. Le conseguenze del conflitto, inoltre, sono destinate a pesare sui raccolti futuri.
All’orizzonte c’è anche una possibile “crisi del sale”, dopo che Artemsil, tra i produttori più grandi d’Europa, è stata chiusa ad aprile nella regione di Donetsk a seguito degli scontri. Oltre allo stop alla produzione, risultano danneggiate anche strutture amministrative e miniere della compagnia che la controlla. Per sopperire al blocco, altri produttori stanno cercando di accelerare le attività, come le saline di Drohobych, nell’oblast occidentale di Leopoli, ma di questo passo per l’Ucraina sarà inevitabile un aumento delle importazioni.
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