Le elezioni amministrative di primavera si impongono nell’agenda dei partiti, con il centrodestra che ufficialmente ancora non sta affrontando la scelta dei candidati sindaci, visto che le divisioni emerse per l’elezione del Presidente della Repubblica ancora non sono state assorbite. Il centrosinistra invece spinge sull’acceleratore, con una prima riunione della segreteria del Pd dedicata alle elezioni comunali, nelle quali Enrico Letta punta a un campo addirittura “larghissimo”, coinvolgendo cioè Italia Viva, senza disdegnare esperimenti a livello locale, in primis a Palermo, e tenendosi pronti a un piano B nel caso di implosione di M5s.
In questi giorni i leader del centrodestra non si stanno neanche parlando al telefono, dopo le parole di fuoco scambiatisi per i postumi dell’elezione del Capo dello Stato. Per ora degli annunciati incontri per scegliere i candidati sindaci non c’è traccia. Tuttavia dai territori arriva una richiesta di unità che difficilmente potrà essere ignorata. Tre le tipologie di riflessioni a secondo delle situazioni: laddove il centrodestra esprime il sindaco uscente che ha fatto un solo mandato, dai territori arriva il messaggio “squadra che ha vinto non si cambia” (es. Genova, Verona, L’Aquila); sotto traccia la querelle riguardante il vicesindaco che, se ci sarà un bis del sindaco, sarà il candidato in pectore dopo cinque anni.
Difficilmente le tensioni (ad esempio a Genova per lo scontro tra il governatore Toti e la Lega) metteranno in discussione tale assetto. Diverso il caso in cui il sindaco di centrodestra abbia fatto due mandati (es Catanzaro) e la coalizione abbia chance di successo; in tali situazioni c’è un braccio di ferro per la scelta del successore, e il puzzle sarà risolto solo da un tavolo nazionale, come avvenne per le amministrative del 2021. Si guarda invece al civismo nelle situazioni in cui il centrosinistra è più forte.
Nel centrosinistra l’annuncio mercoledì del candidato sindaco di Genova, Ariel Dello Strologo, fa da paradigma per le altre città. Attorno a lui una alleanza amplissima che comprende Pd, M5s e sinistra a cui si lavora per aggregare Iv, Azione e +Europa, dato il profilo riformista del candidato. Alla riunione della segreteria del Pd, Enrico Letta ha detto di voler replicare quel modello, pur con alcune specificità locali: per esempio a Carrara, dove il sindaco è di M5s, il Pd presenterà un candidato. Ma laddove si correrà separati si cercherà l’accordo al secondo turno.
Un caso a sé è Palermo, dove potrebbe nascere una “coalizione Ursula”. Approfittando nelle divisioni nel centrodestra, il segretario del Pd in Sicilia, Anthony Barbagallo, ha ripetutamente incontrato Gianfranco Micciché, plenipotenziario di Fi. Ma, si è detto oggi in segreteria, a livello nazionale si punta a moltiplicare il modello Genova. Anche perché mercoledì sera da Bruno Vespa Matteo Renzi ha detto che un campo riformista sarebbe “casa sua”, perché M5s ormai è ininfluente.
La disponibilità di Iv va dunque verificata e perseguita. Il piano B, temuto in casa Dem, riguarda una spaccatura di M5s. Certo, se si traducesse in una scissione di Conte e di un suo partito, si lavorerebbe per tenerlo dentro il campo progressista. Il timore è una unità formale nel M5s che porti tensioni sui territori tali da dirottare molti elettori sull’astensione.
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