Due soldati ucraini e un miliziano filo-russo uccisi, almeno una dozzina di combattenti feriti, scambi d’artiglieria continui e sempre più pesanti. Lungo la linea di contatto del Donbass la guerra è ormai un fatto. E mentre il riconoscimento di Vladimir Putin della sovranità dei separatisti “sull’insieme delle regioni” di Lugansk e Donetsk apre la strada al tentativo di prendere il controllo con le armi delle porzioni di quei territori ancora in mano a Kiev, sul terreno gli scontri si intensificano tra reciproche accuse di escalation: una polveriera attorno a cui la macchina della propaganda corre a pieni giri.
Tra le autoproclamate repubbliche filo-russe e l’esercito ucraino i bombardamenti sono costanti. Il bilancio di Kiev parla di almeno due soldati uccisi e altri 12 feriti dalla notte tra lunedì e martedì, con 84 violazioni del cessate il fuoco registrate in 24 ore, 64 delle quali con armi vietate dagli accordi di Minsk. Sull’altro fronte, i miliziani secessionisti denunciano almeno una vittima tra le loro fila ed elencano un’ottantina di attacchi dalla mezzanotte di martedì, con centinaia di colpi d’artiglieria e di mortaio, e più di 4mila munizioni sparate dall’inizio di questa escalation. Secondo il viceministro della Difesa di Mosca, Nikolai Pankov, alle porte del Donbass Kiev ha schierato una task force di 60 mila uomini con blindati, sistemi missilistici e lanciarazzi, mentre i separatisti che hanno accolto le prime colonne di soldati dalla Russia – pronta all’azione con 150 mila uomini stimati ai confini ucraini – ora invocano la protezione del sistema di difesa antiaereo di Mosca: “così”, suggerisce il portavoce delle milizie di Donetsk, Eduard Basurin, “nessuno potrà volare sopra di noi”.
A far temere un inasprimento del conflitto sono anche le segnalazioni di spostamenti tattici: da un lato le truppe russe nelle province del Donbass, svuotate nel frattempo di 90 mila profughi tra donne, bambini e anziani, mentre gli uomini serrano i ranghi delle milizie; dall’altro i carri armati e i cinque lanciarazzi multipli ucraini BM-21 Grad individuati dall’intelligence militare di Donetsk in movimento verso Mariupol, la località strategica sul mar d’Azov da dove il territorio dei separatisti può essere bombardato ma che Kiev teme possa essere il primo obiettivo di un’invasione, privando l’Ucraina di un cruciale accesso al mare e della cintura che separa le zone sotto controllo russo del Donbass e della Crimea.
Per Donetsk, “è la prima volta dal 2018” che l’Ucraina usa i Grad, mentre altri cinque sistemi missilistici Buk-M1 schierati in allerta da combattimento ai confini del Donbass potrebbero colpire fino a 30 km di distanza. E poi, avvertono ancora i miliziani appoggiati da Mosca, c’è lo spostamento dei sistemi missilistici antiaerei S-300 nei pressi degli aeroporti internazionali di Kiev, Dnepropetrovsk e Cherkassy.
I due fronti, insomma, si rafforzano, pronti a un’escalation militare ben più pesante. E a dimostrarlo ci sono anche i piani di evacuazione dei civili: i quasi centomila già rifugiatisi dal Donbass in 11 province russe, da Rostov sul Don a Mosca, potrebbero moltiplicarsi presto: solo a Donetsk, le autorità hanno già preparato la fuga di 700 mila persone.
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