Una eventuale astensione o non partecipazione al voto sulla fiducia al Dl Aiuti nell’Aula di Palazzo Madama dei 62 senatori del Movimento Cinque Stelle non comprometterebbe, almeno tecnicamente, la sopravvivenza del governo Draghi.
Il nuovo regolamento di Palazzo Madama, entrato in vigore in questa legislatura, ha eliminato al Senato la precedente equiparazione degli effetti del voto di astensione con quella del voto contrario. Di conseguenza, tecnicamente il voto di astensione al Senato adesso equivale ad una mancata partecipazione al voto, e nulla più. Prima della riforma del regolamento di Palazzo Madama, le astensioni avevano in più occasioni fatto scattare la crisi di governo, specie quando i numeri erano risicati. La Costituzione, infatti, prevede che il governo debba avere la fiducia in entrambe le Camere, e bastava che qualcuno si astenesse perchè il suo voto pesasse come un no, e il gioco era fatto. Quanto alle effettive “forze in campo”, peraltro, quand’anche i 62 senatori di M5s si tirassero indietro, il governo Draghi tecnicamente non rischierebbe. Potrebbe, contare sul consenso di altri 223 voti (su 321), escludendo dal conto sei senatori a vita che non sono sempre presenti e che comunque quando votano si schierano normalmente a sostegno dell’Esecutivo. La maggioranza assoluta a Palazzo Madama è di 161, attualmente sulla carta i voti per il governo sarebbero, pentastellati compresi, 285.
Nel dettaglio, Fi ha 51 senatori, Ipf 10, Iv 15, la Lega 61, il Pd 39, il gruppo Autonomie 8, il Misto 39. Nel Misto di palazzo Madama confluiscono i parlamentari di Leu, Azione/+Europa, Italia al Centro, NcI, Noi di Centro.
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