L’elezione dei 12 Presidenti dell’Italia Repubblicana è la storia di una liturgia sempre uguale. Trame, regie, complotti, veleni, veline, delegittimazioni, dossier, franchi tiratori, disegni politici, compromessi.
Come quello che porta nel ’46 con l’80% dei voti ENRICO DE NICOLA al Quirinale, primo Capo provvisorio dello Stato. Re Umberto II lascia il Colle per l’esilio portoghese tra le proteste dei monarchici, dopo la vittoria della repubblica per 2 milioni di voti e il sospetto di brogli nel referendum del 2 giugno ’46. De Gasperi, vuole Orlando, Nenni Croce, Togliatti la spunta con il brillante avvocato napoletano di fede monarchica.
Anche il liberale LUIGI EINAUDI, eletto nel ’48, è un ripiego compromissorio. Prima scelta di De Gasperi, regista a pieno titolo dopo il trionfo della Dc nelle elezioni di aprile, era il repubblicano Carlo Sforza. Ma i democristiani spesso hanno regolato i loro conti interni nelle urne quirinalizie.
Come nel ’55, quando irrompono sulla scena politica i franchi tiratori, che impallinano il favorito del neosegretario Fanfani Cesare Merzagora e impalmano GIOVANNI GRONCHI, presidente della Camera della sinistra Dc, a cui tocca per 658 volte leggere il suo nome sulle schede. Presto le sue aspirazioni gaulliste naufragano e a pugnalarlo è il suo stesso partito, per aver trascinato quasi alla guerra civile il paese con il governo Tambroni. Ancora trame, veleni, complotti, tensioni politiche.
Nel ’62 l’elezione dell’atlantista e moderato ANTONIO SEGNI, con il favore di Moro che voleva bilanciare la sua controversa apertura alla sinistra. Lo azzoppa l’accusa di aver favorito il presunto golpe del comandante dei Carabinieri De Lorenzo.
Lascia per l’ictus che nel ’64 si racconta lo abbia colto proprio mentre GIUSEPPE SARAGAT – socialdemocratico suo successore, eletto dopo 21 scrutini – lo redarguiva sui discussi rapporti con De Lorenzo. “Pugnale, veleno, franchi tiratori”: sono i tre ‘mezzi tecnici’ che il mite Aldo Moro indicava come strumenti per azzoppare l’avversario nella corsa quirinalizia.
Nella drammatica partita che porta alla vigilia di Natale del ’71 all’elezione di GIOVANNI LEONE, 23 scrutini andati a vuoto, le ambizioni di Fanfani vengono bruciate appunto dai franchi tiratori e dalla scheda che lui stesso si trova davanti nello spoglio: “Nano maledetto, non sarai mai eletto”. Si dimetterà per lo scandalo delle tangenti Loockheed.
Secondo la regola non scritta dell’alternanza, al Colle dopo Leone va un uomo della sinistra: SANDRO PERTINI, primo presidente ‘mediatico’ e vicino alla gente, eletto a 82 anni dopo16 scrutini nel ’78, con il Paese ancora scosso dall’omicidio Moro per mano delle BR: 832 voti su 995 votanti.
Poi tocca a FRANCESCO COSSIGA, il ‘Picconatore’, eletto nell”85 alla prima seduta con il voto dell’intero arco costituzionale, dopo l’abile tessitura di Ciriaco de Mita. Si dimette a sorpresa nel ’92, dopo aver iniziato a togliersi “sassolini dalle scarpe” in ruvide invettive contro i partiti.
E’ la volta di OSCAR LUIGI SCALFARO. Andreotti e Fanfani si elidono a vicenda, arriva la Lega e scoppiano le bombe di Capaci, che silenziano l’inconcludenza dei partiti, prima del tonfo della Prima Repubblica con Mani Pulite.
Alla prima seduta con il 70% dei voti e 185 franchi tiratori nel ’99 tocca a CARLO AZEGLIO CIAMPI. Veltroni a casa sua convince Fini e Casini, D’Alema sigla con Berlusconi la scelta bipartisan di un servitore dello Stato.
Passa alla storia del Palazzo il numero dei 101 franchi tiratori che impallinano Prodi prima della seconda elezione di GIORGIO NAPOLITANO , eletto senza i voti del c.destra nel 2006 primo presidente ex PCI, e poi nel 2013. Quando tutti i partiti vanno in processione ad implorarlo di restare al Quirinale, fallite in giorni drammatici le aspirazioni quirinalizie di Prodi, Marini e D’Alema.
E’ Matteo Renzi che molla Amato e lancia SERGIO MATTARELLA, eletto nel 2015 con 665 voti e 4 minuti di applausi. Il Presidente chiamato alla dura prova della pandemia.
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