Un po’ manifesto programmatico, un po’ “discorso della corona”, i discorsi di insediamento dei 12 Presidenti della Repubblica sono il biglietto da visita con cui si sono presentano agli italiani.
Il primo a rivolgersi ai rappresentanti del popolo fu ENRICO DE NICOLA, eletto capo provvisorio dello Stato nel 1946. Il ricordo della guerra era ancora vivo e De Nicola chiese ai partiti di pensare al “bene comune” e di “marciare uniti” per risollevare l’Italia.
Due anni dopo, il liberale LUIGI EINAUDI, che nel referendum del ’46 aveva sostenuto la monarchia, disse che il trapasso verso la forma repubblicana era stato “meraviglioso” perche’ mostrava che l’Italia “era ormai pronta per la democrazia”.
Nel 1955 GIOVANNI GRONCHI, votato anche da socialisti e comunisti, confermo’ la sua fama di democristiano di sinistra: chiese di “far entrare nell’edificio dello Stato le masse lavoratrici” e di “contrastare il dominio delle multinazionali in Italia”.L’ambasciatrice americana in Italia Claire Booth Luce lascio’ scandalizzata la tribuna.
Il suo successore ANTONIO SEGNI, nel 1962, si presento’ alle Camere come l’uomo che avrebbe tutelato la Costituzione: “Non tocca a me determinare la vita dello Stato, prerogativa che spetta al Governo e al Parlamento”.
Due anni piu’ tardi, GIUSEPPE SARAGAT, leader del piccolo partito socialdemocratico, fisso’ tre obiettivi di riforma in linea con quelli dei governi di centrosinistra: “casa ai lavoratori, sanita’ pubblica, scuola democratica”.
La burrascosa elezione di GIOVANNI LEONE nel 1971 (fu eletto al ventitreesimo scrutinio con i voti decisivi dei missini) si riverbero’ nella cerimonia di insediamento: i comunisti, guidati da Giancarlo Pajetta, rumoreggiarono per tutto il tempo e ci fu anche qualche lancio di monetine. Leone fece l’equilibrista tra destra e sinistra: disse che la guerra aveva testimoniato “il senso del dovere dei cittadini” (concessione fatta ai missini che l’avevano votato), ma disse che il suo ruolo sarebbe stato “alimentare la nostra repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Sette anni dopo (siamo nel 1978), SANDRO PERTINI eletto pochi mesi dopo l’assassinio di Moro, fece l’elogio dello statista democristiano: “Se non fosse stato crudelmente assassinato, lui, non io, parlerebbe oggi da questo seggio a voi”. Il suo discorso e’ passato agli annali anche per l’esortazione pacifista che il vecchio partigiano rivolse al Parlamento: “Si svuotino gli arsenali di guerra e si colmino i granai”.
FRANCESCO COSSIGA, eletto nel 1985, si presento’ come “uno dei tanti” che qualche anno prima avevano condotto la lotta contro il terrorismo. Di li’ a cinque anni, Cossiga si trasformo’ nel “picconatore” della partitocrazia, ma nel suo discorso niente lo lasciava immaginare.
Nel 1992, OSCAR LUIGI SCALFARO racconto’ di aver chiesto aiuto a Dio e alla Madonna. E si scaglio’ contro la piaga del malaffare (eravamo agli albori di Mani Pulite): “L’abuso di denaro pubblico e’ un fatto gravissimo che froda e deruba il cittadino”.
L’impegno in difesa dell’unita’ nazionale di CARLO AZEGLIO CIAMPI, fu pienamente annunciato nel suo discorso alle Camere.
GIORGIO NAPOLITANO, arrivato al Quirinale nel 2006 dopo la fragile vittoria del centrosinistra, fece capire subito che avrebbe lavorato per avvicinare gli schieramenti. “Considero mio dovere impegnarmi per favorire piu’ pacati confronti tra le forze politiche”. Di fronte al caos politico del 2013, dopo la bocciatura di Marini e Prodi come suoi successori, Napolitano accetto’ il bis ma strapazzo’ i partiti con il discorso di insediamento piu’ duro della storia della Repubblica: “Ho il dovere di essere franco: se mi trovero’ di nuovo dinanzi a sordita’ come quelle contro cui ho cozzato in passato non esitero’ a trarne le conseguenze dinanzi al paese”.
SERGIO MATTARELLA. Il 3 febbraio 2015 si presenta come un “arbitro imparziale” e punta il dito contro la mafia che è un “cancro pervasivo” e contro la corruzione che “divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini”. E traduce il suo ruolo di garante della Costituzione che “significa garantire il diritto allo studio”, “riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro”, “significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza”, “amare i nostri tesori ambientali e artistici” e “ripudiare la guerra e promuovere la pace”.
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