La guerra dei numeri tra i partiti di maggioranza, l’implosione del M5S e l’alta tensione nel Pd frenano la partita sui sottosegretari che, nell’iniziale strategia del presidente del Consiglio Mario Draghi, avrebbe potuto chiudersi già questo fine settimana. Nulla da fare, invece. Il gioco degli equilibri tra i partiti a sostegno del governo, dopo l’espulsione dei dissidenti dal M5S, si è fatto più complesso. Mentre, nel Pd, non si ferma la trincea delle donne e della minoranza Dem, che chiedono al segretario Nicola Zingaretti di non procedere a nessuna trattativa sui sottosegretari prima della direzione di giovedì prossimo.
Draghi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a margine della cerimonia inaugurale dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, avrebbero avuto uno scambio di vedute sul dossier. Nuovi contatti non si escludono nelle prossime ore.
Proprio per le tensioni in atto e la “fame” di posti dei partiti, la “quota” tecnici potrebbe essere ridotta, magari solo all’Editoria e al Mef.
Mentre, sull’onda del pressing delle forze politiche, il premier potrebbe dare il suo placet alla nomina di alcuni viceministri nella squadra dei sottosegretari. Ma il D-Day rischia di slittare a metà della prossima settimana. Anche il Cdm convocato per lunedì mattina, a meno di improvvise accelerazioni, non avrà sul tavolo la lista dei sottosegretari.
C’è un dato, innanzitutto, ad aver complicato il quadro. Lega e FI, con l’espulsione dei senatori M5S che hanno votato contro Draghi, hanno la maggioranza a Palazzo Madama rispetto al Movimento, al Pd e a Leu. “Spiace per le decine di voti contrari a Draghi e le conseguenti espulsioni di parlamentari grillini. Ancora più responsabilità, impegno e passione sono richiesti alla Lega ed al centrodestra di governo, noi ci siamo”, sottolineano fonti leghiste. “Quando torneremo al Viminale ci saranno cambiamenti”, avverte non a caso Matteo Salvini da Catania, dove si trova per la quarta udienza preliminare del processo Gregoretti. E il nome che Salvini ha in mente per l’Interno è quello di un ritorno: Nicola Molteni.
Tra i leghisti in corsa ci sono anche Claudio Durigon (Lavoro), Stefano Candiani (come alternativa a Molteni), Luca Coletto per la Salute e Massimo Bitonci per il Mef.
Tra i Dem, intanto, sulla scia del caso dell’assenza delle donne tra i ministri, la tensione resta molto alta. Zingaretti convoca una direzione per giovedì dal titolo: “l’affermazione di un partito di donne e di uomini al centro di una nuova fase politica”. “Molto bene. Ovviamente fino a quella data nessuno preparerà liste di sottosegretari. Vero?”, attacca a stretto giro Chiara Gribaudo e dello stesso avviso è Titti Di Salvo, lei stessa membro della Direzione. Sul tavolo non c’è solo la questione dei sottosegretari ma anche la carica di vice segretario del Pd, dopo l’arrivo di Orlando a capo del dicastero del Lavoro.
Anche Forza Italia, in queste ore, mostra un crescente dinamismo. A Palazzo Chigi, si apprende da fonti parlamentari, sarebbe stata mandata una lista di 20 nomi per i 7 posti sicuri che gli azzurri starebbero chiedendo. Tra i favoriti ecco Valentino Valentini per gli Esteri, Francesco Paolo Sisto per la Giustizia, Gilberto Pichetto Fratin per il Mef. In corsa anche Anna Grazia Calabria, Lucio Malan, Simone Baldelli, Stefania Prestigiacomo. Con un altra carica in ballo: quella di vicepresidente della Camera (al posto di Mara Carfagna), alla quale punta anche la Lega.
Il M5S post-scissione perderà un paio di posti nel governo. Laura Castelli al Mef, Pier Paolo Sileri alla Salute e Mirella Liuzzi al Mise viaggiano verso la conferma. Stefano Buffagni è in direzione Ministero della Transizione ecologica, Gianluca Vacca alla Cultura, Luca Carabetta all’Innovazione e Gilda Sportiello (sponsorizzata dal vicecapogruppo Ricciardi) al Sud sono potenziali new entry.
Anche tra i “piccoli” la tensione è alta. Cambiamo! ambisce a due posti, uno in più di Leu. +Europa guarda agli Esteri con Benedetto della Vedova e anche i renziani – tra i quotati Davide Faraone a Lucia Annibali – chiedono spazio.
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