(ANSA) – PERUGIA, 18 AGO – “L’Afghanistan con il ritorno dei
talebani non avrà futuro e sono preoccupato per la mia famiglia.
In particolare per le mie mie quattro sorelle che non potranno
più lavorare o studiare. Per le donne sarà davvero molto dura”:
a parlare è Habib Mahboobullah, afghano ventinovenne, costretto
sei anni fa a lasciare il suo Paese per “un problema con un
talebano molto potente che all’epoca era anche membro del
parlamento. Mi voleva morto”, racconta all’ANSA dalla sua stanza
di nemmeno dieci metri quadrati, al terzo piano di un palazzo a
ridosso del centro storico di Perugia.
Habib, dopo avere attraversato l’Iran, la Turchia, la Grecia e
per ultima la Norvegia – dove vive sua moglie, afghana, con il
loro bimbo di quasi due anni – è arrivato in Italia nel novembre
del 2019 grazie al programma internazionale chiamato
“sussidiaria”, protezione riservata ai perseguitati e a Perugia
sta studiando l’italiano anche con il sostegno della Caritas
diocesana. “Ma in questi giorni non riesco a stare sui libri –
spiega Habib – il mio pensiero è solo rivolto a mia mamma, a mio
padre e ai miei fratelli e sorelle che vivono a Baghlan, una
città che dista circa sei ore di macchina da Kabul”.
Il tablet, da dove segue le notizie e chiama attraverso
internet la sua famiglia, è sul tavolinetto assieme ai pacchi di
biscotti. Accanto c’è il letto con un vecchio materasso e
dall’altra parte il lavandino. Il ventilatore al centro della
stanza è sempre accesso. Il suo italiano non è ancora perfetto,
a volte sente l’esigenza di tornare su concetti già espressi per
rafforzarli. Lo fa ad esempio per le condizioni che si
troveranno a vivere le donne della sua terra, mostrando così di
non credere alle promesse dell’Emirato islamico. “Ora le ragazze
del mio Paese – dice – dovranno starsene chiuse in casa”.
(ANSA).
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