Bruxelles – Scende in campo anche l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per condannare l’ondata di violenze scaturita dal colpo di Stato in Sudan di questa mattina (lunedì 25 ottobre). “Chiediamo alle forze di sicurezza di rilasciare immediatamente coloro che hanno detenuto illegalmente”, si legge nel comunicato firmato dall’alto rappresentante UE: tra loro anche il primo ministro del Paese, Abdalla Hamdok.
Poco prima dell’alba, verso le 6, i militari hanno preso il potere nel Paese e hanno arrestato Hamdok, insieme al ministro dell’Industria, Ibrahim al-Sheikh, dell’Informazione, Hamza Baloul, e a un consigliere del primo ministro, Faisal Mohammed Saleh. Ad annunciare la fine del governo Hamdok è stato il generale Abdel Fattah al-Burhan, fino a oggi a capo del Consiglio sovrano del Sudan, l’organo che nel 2019 aveva preso il posto del Consiglio militare di transizione dopo la deposizione del dittatore Omar al-Bashir (in carica dal 1993). Oltre a sciogliere l’esecutivo in carica, il Consiglio sovrano e tutti gli organi di governo locali, al-Burhan ha dichiarato che la giunta militare “continuerà la transizione democratica” e governerà il Sudan fino alle prossime elezioni, nel 2023.
Durissima la reazione da Bruxelles a queste parole: “Le azioni dei militari rappresentano un tradimento della rivoluzione, della transizione e delle richieste legittime del popolo del Sudan di pace, giustizia e sviluppo economico”, si legge nella dichiarazione dell’alto rappresentante dell’Unione Europea. Lo stesso Borrell questa mattina ha seguito “con la massima preoccupazione” gli eventi in corso nella capitale Khartum, invitando “tutte le parti interessate e i partner regionali a rimettere in pista il processo di transizione”.
Following with utmost concern ongoing events in #Sudan.
The EU calls on all stakeholders and regional partners to put back on track the transition process.
— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) October 25, 2021
Il Sudan vive in una condizione di instabilità sociale e politica da quando il presidente e dittatore al-Bashir fu costretto a dimettersi due anni fa a seguito di un’ondata di proteste popolari appoggiate dall’esercito. Grazie ai negoziati tra i militari e i movimenti civili che avevano guidato le proteste, nella capitale si insediò il nuovo governo con a capo Hamdok, ex-vicesegretario esecutivo della Commissione economica per l’Africa delle Nazioni Unite (dal 2011 al 2018). In questi anni l’esercito ha però conservato un grande peso politico in Sudan, con due membri all’interno dell’esecutivo, e l’Unione Europea si è dovuta impegnare con un programma di sostegno alle strutture governative attraverso consulenza politica e di sviluppo democratico.
Ma oggi da Khartoum arrivano notizie di scontri tra i militari e migliaia di manifestanti che si sono radunati per protestare contro il golpe, con scontri e feriti presso il quartier generale dell’esercito. È stato lo stesso ufficio del primo ministro a chiamare nelle strade il popolo, dopo l’arresto di Hamdok e dei ministri: “Chiediamo al popolo sudanese di protestare usando tutti i mezzi pacifici possibili, per riprendersi la rivoluzione dai ladri”. I militari non hanno solo bloccato le principali strade di accesso alla capitale, ma hanno anche interrotto le linee di telecomunicazione: il netto calo delle connessioni Internet nel Paese di questa mattina è stato rilevato anche dall’osservatorio indipendente Netblocks.
L’Unione Europea, per voce del suo alto rappresentante, ha ribadito che in Sudan “la violenza e lo spargimento di sangue devono essere evitati a ogni costo” e che “le reti di comunicazione devono essere riaperte”. Per Bruxelles la “migliore garanzia per la stabilità a lungo termine” del Paese e dell’intera regione rimane il sostegno a “coloro che lavorano per un Sudan democratico con un governo civile pienamente legittimo che assicuri pace, libertà e giustizia al popolo”, ha concluso Borrell.