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Renzi, non lascio il governo, dicano se vogliono cacciarmi

“Un appoggio esterno significherebbe che dovremmo far dimettere i nostri ministri: Bellanova è la numero uno sull’agricoltura, Bonetti sta lavorando bene, il sottosegretario Scalfarotto è l’unico che capisce di export. Noi non vogliamo lasciare. Poi se il presidente del Consiglio vuole che lasciamo, ci mettiamo un quarto d’ora“. Così Matteo Renzi a Radio Capital smentisce le indiscrezioni che parlano di un appoggio esterno del suo partito, Iv. “Siamo una forza riformista, non cediamo al populismo nella giustizia. Non ce ne andiamo ma se ci vogliono cacciare, ce lo dicano“.

“Questo accordo a tre, a mio sommesso avviso, non ha la maggioranza in Parlamento”, dice ancora parlando dell’accordo a tre Pd-M5s-Leu sulla prescrizione. A chi gli chiede se Conte potrà trovare 50 centristi pronti a sostenere il governo ribatte: “Io non ho problemi su questo, se lui trova i voti nel mondo della destra io sono contento per loro, un po’ meno per il Paese, ma noi non lo faremo. La mia impressione è che abbiano fatto male i conti, rischiano di fare un pasticcio”. “Non riesco a capire perché il Pd non utilizzi la forza del risultato in Emilia Romagna per dettare l’agenda, ma continui a inseguire quella dei cinquestelle. Se al citofono del Nazareno c’è scritto ‘citofonare Travaglio’ è un mutamento genetico, è il passaggio dal riformismo al giustizialismo. A me questo dispiace”.

Non si fa attendere la replica del Pd. “Spiace che il senatore Matteo Renzi continui ad attaccare il partito sbagliato: il nostro avversario è la destra di Salvini. La minaccia di appoggio esterno al Governo è durata qualche ora e questa mattina è stato costretto a fare marcia indietro. Pur di non prendere atto che il Ministro Bonafede ha cambiato radicalmente la propria posizione sulla prescrizione, che sarà modificata subito, tornando sostanzialmente alla legge Orlando, insieme alla riforma del processo penale che sarà approvata lunedì in Cdm, il leader di Italia Viva preferisce dare patenti di giustizialismo o di garantismo invece di fare proposte ai tavoli di maggioranza. Ieri sera Matteo Renzi ha preferito l’ultimatum al dialogo, come è abituato salvo fare sistematicamente marcia indietro come per le “battaglie” populiste su plastic tax e sugar tax, come per il decreto sulla popolare di Bari, come per altre vicende in cui ha agitato l’ascia di guerra salvo poi votare con tutta la maggioranza facendo retromarcia”, dice in una nota il vicecapogruppo del Pd alla Camera dei Deputati Michele Bordo.

   


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Foibe, a Milano giardino a Cossetto

Renzi, io non lascio il governo