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Salvini, scissione Renzi? Non sono seri. Dem, restiamo uniti

“Ma le sembra normale? Non hanno ancora cominciato a governare da una settimana e già fanno le scissioni?”. Il segretario della Lega Matteo Salvini, durante la trasmissone “Aria pulita” su La7, commenta così l’eventuale addio al Pd di Matteo Renzi. “Le rispondo come ha detto uno del Pd ‘Si sono spartiti le poltrone e poi fanno le scissioni’. Ma le sembra serio?”, aggiunge chiosando con un: “Ma chi se ne frega di Renzi!”. 

E anche tra i Dem, l’ipotesi che l’ex premier stia predisponendo suoi gruppi parlamentari o componenti di gruppo autonomi o addirittura stia concretizzando l’idea di un partitino tutto suo, non viene vista con grande favore.  “Faccio un appello all’unità – dichiara la sottosegretaria al Mise Alessia Morani – perché una scissione oggi sarebbe incomprensibile. Spero che ci ripensino”.

“Non ho mai visto il centrosinistra rafforzarsi dopo una divisione. Oggi più che mai va rilanciata la vocazione aperta, unitaria e plurale del Partito democratico”, afferma l’ex segretario del Partito democratico Maurizio Martina. “Ora inizia per noi tutti l’impegno e non voglio commentare cose che non so nemmeno se esistano”, osserva un altro sottosegretario del Pd, quello alle Infrastrutture Salvatore Margiotta (Pd).

“Se resterò sottosegretario fino alla fine? Certo che lo resterò. Ho giurato alcuni minuti fa – assicura invece il sottosegretario agli Affari Esteri renziano Ivan Scalfarotto – e sono molto orgoglioso di essere un sottosegretario della Repubblica. Se avessi voluto prendere le distanze da questo governo per qualche strana ragione non sarei qui”.

Un altro renziano doc, il sindaco di Firenze Dario Nardella, avverte che lui, in caso di scissione, non seguirebbe Matteo Renzi. “Io resto nel Pd, l’ho sempre detto – assicura – penso che tutti gli altri debbano riflettere molto perché uniti siamo più forti e divisi siamo più deboli” e poi, insiste: “Penso che si debbano commentare le cose solo quando avvengono e se avvengono. Per quello che mi riguarda non posso che dire nuovamente agli amici del Pd che vogliono lasciare il partito di pensarci bene. Abbiamo bisogno di un partito forte e plurale. Credo che con questo nuovo Governo ci siano tutte le condizioni per lavorare uniti, abbiamo dimostrato che uniti si può fare bene”. “Penso – conclude – che Renzi possa fare bene ancora nel nostro partito, come ha dimostrato in questa fase delicata che ci ha portato a dar vita ad un nuovo governo di fronte ad una situazione economica del Paese molto difficile”.

“Il Pd è una comunità – incalza il sindaco di Milano Giuseppe Sala – c’è chi esce e c’è chi entra. Non mi spingo a dire se faccia bene o faccia male, magari Renzi uscirà e qualcun altro entrerà, chissà”.

Più tranchant è decisamente il governatore della Liguria Giovanni Toti che non crede possibile un’eventuale convergenza del suo nuovo movimento con quelli eventuali di Calenda e Renzi. “Noi siamo legati ad un’alleanza di centrodestra e come tale vogliamo andare avanti. Non credo assolutamente che si possa pensare a inciuci, inciucetti o incroci strani”. “Calenda e Renzi – sottolinea – faranno il loro percorso, ammesso che sia comune perché da quella parte ogni giorno parte un nuovo convoglio. Vedremo se qualcuno arriverà in stazione. Se ha un vantaggio questo governo giallorosso è quello di riportare un pò di ordine in questo Paese: le sinistre stanno da un lato e il centrodestra sta da un altro, comunque esso si conformi”.

Sulla possibile scissione dei renziani dal Pd “fino all’ultimo dobbiamo sperare che sia solo un brutto sogno”, aveva affermato in un’intervista a “La Repubblica” Luigi Zanda.  “Le scissioni  –  aveva ricordato – non portano mai fortuna. Né a chi le subisce, né soprattutto a chi le vuole, le cerca e le realizza”. E aveva aggiunto: “Dire che sarà una separazione consensuale non ha senso. Una scissione è il fatto più traumatico che si possa immaginare nella vita di un partito ed è singolare che chi medita di andarsene possa immaginare di farlo con l’assenso di chi resta. Questa “minaccia incombente”, aveva continuato Zanda, “condanna il governo, e di conseguenza il Paese, a restare sospesi nel limbo: in una situazione di incertezza che fa male a entrambi”. Zanda, infatti, spera “in un sussulto di responsabilità da parte di Renzi: rompere il Pd significa indebolire sia il Conte Due sia la maggioranza, costretta a tenere conto di un altro interlocutore e di nuovi equilibri. Si inserirebbe un elemento di instabilità di cui in questa fase non si sente il bisogno”. E nei giorni scorsi uno dei primi appelli a Renzi a fermarsi era stato lanciato anche dall’attuale ministro ai Beni Culturali, Dario Franceschini.


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