“Un giudice all’altezza dei tempi deve saper accettare, proprio in ossequio a un’etica pubblica collegata alla funzione, alcune limitazioni anche alla propria sfera di libertà“. È il richiamo del presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, che aprendo il primo Congresso Nazionale della Giustizia Amministrativa Italiana, chiede ai magistrati di evitare esternazioni che possano far dubitare della propria terzietà e “frequentazioni” che possono ripercuotersi negativamente sull’attività giudiziaria.
Il giudice “non può avere un proprio pensiero che non sia in linea con i valori fondamentali posti alla base della Costituzione su cui ha giurato”, ha elencato il presidente del Consiglio di Stato, “non può liberamente manifestare il proprio pensiero, se questo pensiero sia riferibile alla propria attività giudiziaria o se possa essere letto, o anche strumentalizzato, in modo che ne risulti appannata la sua terzietà”; “non può frequentare abitualmente chiunque, tutte le volte in cui queste frequentazioni possano ripercuotersi negativamente sulla sua attività giudiziaria o possano dare oggettivamente la sensazione che un appannamento della terzietà possa verificarsi”.
“Occorre, in altri termini – aggiunge – resistere alla tentazione di fare delle uscite pubbliche istituzionali dei magistrati l’occasione per esprimere visioni del mondo, opinabili soggettive e di carattere politico, che trasmodino dall’analisi puntuale dei problemi dell’organizzazione giudiziaria e del processo” o “che si discostino dai valori giuridici positivi di riferimento propri doverosamente di ciascun giudice”.
“Il governo autonomo della magistratura è un ‘privilegio’ – dice ancora – di noi magistrati che deve assicurare il fine istituzionale per cui la Costituzione lo contempla: garantire l’indipendenza interna ed esterna, della magistratura nel suo complesso e del singolo magistrato. Guai a servirsene per finalità meramente sindacali sganciate da ogni logica istituzionale”: ci sarebbe il pericolo “di un governo ‘corporativo'” della magistratura, “che è esattamente il contrario di ciò che indusse il Costituente prima, e il legislatore poi, a istituire la funzione di autogoverno, aperta alla partecipazione di estranei alla magistratura”.
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