Non un “governo dei No”, non un “governo da spiaggia”. Giuseppe Conte lascia, ma scende in campo. E inizia a demolire pezzo su pezzo la narrazione con cui Matteo Salvini ha giustificato l’apertura della crisi. Al termine di un lunga e difficile giornata, nel giorno del suo 55esimo compleanno, mentre sembra concludersi la sua esperienza da presidente del Consiglio, il professore si presenta in sala stampa a Palazzo Chigi. Annuncia che si presenterà in Parlamento, perché dovranno essere le Camere (Salvini non basta) a sfiduciarlo, e svela che se il leader della Lega ha deciso di interrompere l’esperienza gialloverde è solo perché vuole “capitalizzare il suo consenso”. Lo dice anche Luigi Di Maio, che dagli schermi del tg1 attacca a testa bassa: “Salvini mette i sondaggi davanti al Paese”, accusa.
E poi colpisce dove fa più male: “Con le elezioni di ottobre ci sarà un governo che si insedierà a dicembre” e probabilmente “farà aumentare l’Iva”, dice il leader M5s che assicura: “Noi siamo pronti al voto”. Da Pescara Salvini risponde indirettamente a Conte e Di Maio spiegando che ora si “candida a Premier” e chiederà agli italiani pieni poteri. Intanto, Conte annuncia già in mattinata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella che se crisi deve essere, sarà in Parlamento.
Lo ribadisce nel pomeriggio a Salvini, in un colloquio assai teso. Poi a tarda sera si presenta in sala stampa, abito blu e pochette, con un foglietto su cui ha scritto le parole che lo candidano a essere uno sfidante di Salvini nella stagione politica che si apre. “Ieri e questo pomeriggio è venuto a parlarmi Salvini il quale mi ha anticipato l’intenzione di interrompere questa esperienza di governo e di andare a votare per capitalizzare il consenso di cui la Lega gode attualmente”, esordisce. “Ho già chiarito a Salvini che farò in modo che questa crisi sia la più trasparente della storia della vita repubblicana”, aggiunge. E mentre il leader leghista, da un comizio a Pescara, invita i parlamentari ad “alzare il culo al più presto” e interrompere le vacanze per votare la (s)fiducia all’esecutivo, il presidente del Consiglio si erge a difensore delle Camere, che “non sono un molesto orpello”. Assicura “trasparenza e cambiamento fino all’ultimo giorno”. E al ministro dell’Interno dice che “non spetta a lui decidere i tempi della crisi”.
La sfida a Salvini è presentarsi, da senatore, in Aula, a “spiegare”: lì si farà “chiarezza” delle “responsabilità” perché non ci si potrà “nascondere dietro slogan mediatici”. E’ durissimo con il premier con il suo ex vice, quando dice che non permetterà più che il suo governo sia descritto come quello dei “no”: “Abbiamo sempre parlato poco e lavorato molto, non in spiaggia”, aggiunge con riferimento alle immagini del Papeete beach. E assicura che non permetterà di “sminuire la dedizione, la passione con cui gli altri ministri, tutti i viceministri, tutti i sottosegretari hanno affrontato l’impegno di governo”. Tutti. Tranne Matteo Salvini.
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