La sostituzione dei magistrati dimissionari ad ottobre è il primo passo per “voltare pagina” e restituire alla magistratura quell’indipendenza e quel prestigio che sono stati “incrinati” dalle vicende di queste settimane. Dopo giorni di intensa riflessione Sergio Mattarella non nasconde la propria preoccupazione e la traduce in atti e inviti: apre alla riforma delle procedure di elezione dei membri del Csm e indice per ottobre le supplettive (che ovviamente avverranno con le attuali regole) per la sostituzione dei due membri al centro della bufera giudiziaria sugli accordi per le nomine di alcune importantissime procure. Forse per alcuni a sorpresa, il capo dello Stato ha deciso di non attendere oltre e di non sciogliere il Csm. La motivazione è forte e ben riflette lo stato d’animo del presidente e capo del Csm. Uno scioglimento oggi cambierebbe poco riproponendo con tutta probabilità le stesse criticità che le indagini stanno portando a galla. “Lo scioglimento immediato del Csm comporterebbe la rielezione dei suoi membri con i criteri attuali mentre diverse forze politiche auspicano un cambiamento e chiedono una riforma delle norme di elezione”, spiegano fonti del Quirinale facendo quindi anche riferimento alle spinte dei partiti che chiedono modifiche sostanziali.
Naturalmente l’obiettivo del presidente Mattarella è uno solo: restituire quel prestigio e quell’indipendenza della magistratura che oggi sono fiaccati dalla bufera dell’inchiesta e dall’amplificazione mediatica attraverso una serie incalzante di trascrizioni di intercettazioni. Intercettazioni che saranno valutate penalmente ma che di certo mostrano all’opinione pubblica una poco edificante commistione tra politica e magistratura. Un prestigio “incrinato”, sottolineano al Quirinale affinchè sia chiara la mossa di Mattarella che, di fatto, concede tempo alla politica per elaborare ed approvare un progetto di riforma del metodo di elezione al Csm. Mattarella ha avuto in queste settimane continui contatti con i vertici del Csm e con il ministro della Giustizia. In una prima fase il presidente aveva dato mandato al vicepresidente Ermini di esplorare ed approfondire la gravità della situazione. Ma oggi ha deciso di “voltare pagina”. Il clima di veleni tra l’altro rischiava di intaccare la stessa istituzione della presidenza della Repubblica attraverso conversazioni – in verità assai indirette – degli intercettati sul ruolo di un informatore addirittura dentro il Quirinale. Voci subito smentite con estrema nettezza dal Colle. Primo: il presidente Mattarella non è mai intervenuto sulle nomine dei magistrati, ne’ tantomeno ne ha mai parlato con alcuno. Gli unici interventi sono stati di carattere generale, con l’obiettivo di richiamare il rispetto rigoroso dei criteri e delle regole preposte alle funzioni del Csm. Secondo: nessun contatto da quasi un anno con Luca Lotti, il politico del Pd al centro della tempesta per il suo interesse verso le nomine di alcune importantissime procure italiane. L’ultimo incontro – ha fatto sapere ieri il Colle – è avvenuto il 6 agosto 2018 da quando Lotti lasciò la carica di ministro e salì al Quirinale per una normale visita di congedo.
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