E’ del 18 aprile la notizia che il sottosegretario ai Trasporti della Lega Armando Siri è indagato per corruzione dalla Procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta nata a Palermo. Siri, tramite Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia ed ex consulente della Lega, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto denaro per modificare un norma da inserire nel Def 2018 che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. Norma mai approvata, pero’.
Il mese successivo, l’8 maggio, la revoca del sottosegretario da parte del premier, Giuseppe Conte, che decide di “licenziare” l’esponente leghista ottenendo la fiducia dei suoi ministri e terminando una riunione del Cdm senza la conta che, seppur simbolica, avrebbe fotografato la rottura tra la Lega e il capo del governo.
Sono giorni di alta tensione, i toni della campagna elettorale, si fanno sempre più aspri in vista dell’appuntamento delle elezioni europee del 26 maggio. “E’ la vittoria degli onesti”, esultò all’epoca Luigi Di Maio. “Siri e’ innocente fino a prova contraria”, è il muro alzato, anche a revoca fatta, da Matteo Salvini. Tra il M5S e la Lega è guerra, su ogni tema, all’ultimo voto.
Il clima, a metà della riunione, si adombra. La palpabile freddezza tra i due vicepremier diventa gelo. Per il M5S è Di Maio a parlare, scegliendo una linea più morbida, ricordando che Siri, se innocente, potrà tornare al suo posto. Ed e’ subito dopo che Conte pronuncia la domanda-chiave: “Questo e’ un passaggio di alta valenza politica, ho la piena fiducia di tutti?”. “Si”, e’ la risposta di Salvini che pero’ precisa di non poter concordare nell’avallare la delibera di revoca. La delibera viene verbalizzata. Il presidente della Repubblica, con decreto ad hoc, completerà la procedura.
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