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    Non solo asset russi immobilizzati, i leader chiedono “opzioni di sostegno” all’Ucraina

    Bruxelles – Alla fine sugli asset russi la montagna non ha prodotto neppure il più classico dei topolini. Sugli aiuti finanziari che l’Unione europea dovrebbe dare all’Ucraina il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE conferisce un mandato alla Commissione europea che è ridotto nella portata, nella definizione e nelle ambizioni iniziali. Si invita l’esecutivo comunitario a “presentare, il prima possibile, opzioni di sostegno finanziario basate su una valutazione delle esigenze” di Kiev. Così recitano le conclusioni di fine lavori relative all’Ucraina, dove non c’è alcun riferimento ai “flussi di cassa generati dagli asset finanziari congelati”, i proventi generati dai beni immobilizzati su suolo europeo.C’è un più generico riferimento a questo aspetto, il vero nodo di una questione giuridicamente e tecnicamente complicata, e questi riferimento si esaurisce nel principio per cui “fatto salvo il diritto dell’UE, i beni della Russia dovrebbero rimanere immobilizzati finché la Russia non cesserà la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina e non la risarcirà per i danni causati dalla sua guerra”. L’idea di fondo di far pagare a Mosca di danni di riparazione non scompare, ma scompare per ora il ricorso ai profitti generati dai patrimoni fermi perché fermati.Alla fine, dunque, c’è un impegno politico che è frutto della necessità di ribadire un impegno a sostegno dell’Ucraina di Volodymyr Zelensky e mandare un messaggio alla Russia di Vladimir Putin. Un impegno che però è un rebus, perché queste opzioni che si chiedono al team von der Leyen non ci sono e andranno trovate, oltretutto in fretta, visto che i leader si attendono di poterne discutere già al prossimo vertice del Consiglio europeo di dicembre (18 e 19).Costa accoglie Zelensky al Consiglio Europeo. “Il futuro membro dell’Unione” soddisfatto delle nuove sanzioniIl presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, prova a spacciare il risultato come quel grande successo che alla fine non é: “L’Ucraina disporrà delle risorse finanziarie necessarie per difendersi dall’aggressione russa nel prossimo futuro”, scandisce al termine dei lavori. Probabilmente alla fine l’Europa troverò davvero una quadra e una soluzione, ma al momento così non è. Serve tempo per lavorare, e questo era emerso già prima del vertice dei leader. Al partner Zelensky che chiedeva di registrare progressi sul file, gli europei non potevano non dare qualcosa. Ma il Belgio frena. Del resto il grosso del patrimonio russo a cui eventualmente attingere è presso Euroclear, che custodisce 180 miliardi di euro, un cifra che induce il premier Bart De Wever a chiedere garanzie giuridiche inopponibili, con garanzia di mutualizzazione integrale dei rischi, l’impegno cioé che tutti gli altri Paesi UE forniscano sostegno e paracadute finanziario al Belgio. In assenza di questi aspetti si è scelto per la frenata. Le conclusioni alla fine fanno sì che l’UE ne esca con un timido accordo politico da finalizzare.Per Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea che ora dovrà mettersi al lavoro, quella sul prestito di riparazione da finanziare con i beni russi immobilizzati è stata “una discussione proficua” . Non si sbilancia, non offre anteprima, ma tiene a chiarire che in quello che arriverà sul tavolo “rispetteremo sempre il diritto europeo e internazionale”. Precisazioni non di circostanza, ma legate a un aspetto chiave nella strategia europea ancora tutta da mettere a punto. 

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    Zelensky: “Non è l’interesse della Cina che la Russia perda la guerra”. Come Pechino ridisegna gli equilibri

    Bruxelles – “La Cina ha promesso di non vendere armi, ma so una cosa: la Cina aiuta la Russia, non aiuta l’Ucraina. E non ha interesse a che la Russia perda questa guerra“. Il presidente ucraino, Volodymir Zelensky, è certamente contento e soddisfatto dell’aiuto ricevuto fin qui dai partner europei, ma sceglie il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE per riportare l’attenzione sul vero vincitore di questo conflitto russo-ucraino ormai al terzo anno di combattimenti e l’effetto collaterale dell’indebolimento economico russo derivante dalle sanzioni: un rafforzamento cinese di fronte al quale gli europei potranno sempre meno.Che la Repubblica popolare aiuti la Federazione russa è cosa nota e risaputa anche a Bruxelles, con la Commissione che ha manifestato malumori per il sostegno garantito da Pechino a Mosca. Zelensky, nella conferenza stampa tenuta dopo il confronto con i leader, tocca però il vero nodo geopolitico della questione, quello di un nuovo ordine mondiale dove la Cina acquista potere e fa della Russia il suo socio di minoranza.[foto: Wikimedia Commons]Perché il prolungamento del conflitto giova alla CinaFinché la guerra va avanti la Cina è costretta concentrare sforzi e attenzioni sulla Russia, per distoglierle dall’Asia centrale. Questo offre alla Cina la possibilità di penetrare e accrescere presenza e influenza, innanzitutto economica e commerciale. L’iniziativa nota come ‘via della seta’ mira proprio a portare Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan al centro dell’orbita cinese. In sostanza, più si combatte e meglio è. Inoltre, con Stati europei e Stati Uniti concentrati sulla Russia e preoccupati di come contrastarla, distoglie attenzioni sulle manovre di Pechino, che trae giovamento da questa ‘guerra diversiva’.Perché la Cina non vuole la sconfitta di MoscaPer Pechino l’attuale leadership russa rappresenta una garanzia in chiave anti-USA. Del resto il presidente cinese Xi Jinping non ha fatto mistero di voler continuare a collaborare a stretto contatto con il presidente russo, Vladimir Putin, per dare un impulso tutto nuovo all’ONU (dove sia Cina sia Russia hanno diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza), difendere con fermezza i diritti e gli interessi delle due nazioni, nonché quelli dei paesi in via di sviluppo, di fronte all’unilateralismo e alle prepotenze. Inoltre, per la Cina la sponda con la Russia diventa un elemento centrale nella contrapposizione economica agli Stati Uniti, che la politica dei dazi voluta dall’attuale amministrazione Trump non ha fatto che rilanciare.Certamente una Russia forte non è nell’interesse della Cina, desiderosa di accrescere peso regionale e continentale. Una sconfitta militare della Russia offre però scenari difficili da gestire e governare. Una nuova leadership non necessariamente garantirebbe canali privilegiati con Pechino, inoltre un’economia completamente in ginocchio diventerebbe difficile da puntellare . Meglio una Russia indebolita ma stabile che una Russia sconfitta. In un simile scenario Mosca sarebbe costretta a fare più affidamento su Pechino, in grado di rendere così la Federazione russa ‘partner minore’ di questa coalizione vista come strategica per resistere alle potenze occidentali, prima fra tutte quella statunitense.Borrell: “Esercitazione militare Sudafrica-Cina-Russia grave preoccupazione”Zelensky ha dunque ragione quando sottolinea che “i cinesi non hanno interesse nell’indebolire i russi” al punto da metterli nelle condizioni di perdere la guerra, “per questo li aiuta”. E’ un’accusa, la sua, ma pure un pro-memoria per gli europei, che nell’immediato futuro rischiano di dover fare i conti con una nuova Russia a trazione cinese. Il vero paradosso dei 19 pacchetti di sanzioni rischia di essere questo, quello di spingere la Russia nell’orbita cinese, a vantaggio cinese. L’Ucraina può poco perché “non abbiamo un dialogo permanente con i cinesi”, riconosce il presidente ucraino. Ma neppure l’UE fa molto, critica: “L’Europa dovrebbe essere più forte” nei confronti della Cina.Era previsto che i leader UE discutessero della ‘questione Cina’ in questo vertice, nel dibattito su competitività e pratiche commerciali scelte dal governo cinese. Zelensky non fa che porre ancor più al centro il Paese asiatico.

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    Zelensky all’Onu: “Putin va fermato, la sicurezza si ottiene solo con le armi”

    Bruxelles – Dal podio delle Nazioni Unite, Volodymyr Zelensky ammonisce i leader globali sul pericolo posto da Vladimir Putin alla sicurezza internazionale. Rivolgendosi oggi pomeriggio (24 settembre) all’Assemblea generale dell’Onu in corso a New York, il presidente ucraino ha pronunciato un duro discorso contro il suo omologo russo e rinnovato ai suoi partner occidentali l’appello a sostenere Kiev.“Solo noi possiamo garantire la nostra sicurezza“, ha scandito all’inizio del suo attesissimo monologo, ribadendo il diritto del suo Paese a difendersi dall’aggressione lanciata dalla Federazione nel febbraio 2022. L’unica reale garanzia di sicurezza, dice, sono “gli amici con le armi“: Stati Uniti, in primis, ma anche gli alleati europei e della Nato riuniti nella coalizione dei volenterosi.Una doccia fredda di cinismo che mette a nudo una verità senza tempo, anche se normalmente omessa dalla retorica dei proclami pubblici: “Sono le armi a decidere chi sopravvive“, incalza Zelensky, e lo stesso diritto internazionale “non funziona senza armi” e senza “amici potenti veramente disposti a difenderlo”. Amici come Donald Trump, nella prospettiva del leader ucraino, che lo ha visto ieri sera in un bilaterale definito “positivo”. E pazienza se lo zio Sam, all’occorrenza, usa le sue armi anche per piegarlo, il diritto internazionale (ad esempio bombardando i siti nucleari iraniani).Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) e il suo omologo statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)A seguito dell’incontro di ieri, del resto, il presidente statunitense è parso cambiare idea per l’ennesima volta sul conflitto, forse in maniera ancora più clamorosa del solito. “Penso che l’Ucraina, col sostegno dell’Ue, sia in grado di combattere e riconquistare” tutti i propri territori entro i confini del 1991, ha scritto Trump su Truth, senza escludere che Kiev possa addirittura “andare oltre”, alludendo a nuovi sconfinamenti in Russia.Trump ha definito la Federazione una “tigre di carta” dal momento che “ha combattuto senza scopo per tre anni e mezzo una guerra che avrebbe dovuto richiedere meno di una settimana per essere vinta da una vera potenza militare”. “Putin e la Russia sono in grandi difficoltà economiche, e questo è il momento giusto per l’Ucraina per agire“, ha concluso, chiosando: “Continueremo a fornire armi alla Nato affinché la Nato possa disporne come vuole”. Cioè, appunto, inviarle a Kiev.Dal Palazzo di vetro, Zelensky si è poi scagliato direttamente contro l’aggressore: “Non c’è tregua perché la Russia si rifiuta” di sedersi al tavolo delle trattative, ha aggiunto. Al contrario, ammonisce, “Putin continuerà a portare avanti la guerra, ampliandola e intensificandola” ben oltre l’Ucraina. “I droni russi stanno già sorvolando l’Europa”, ricorda riferendosi alle invasioni degli spazi aerei di diversi membri orientali della Nato (Polonia, Romania e repubbliche baltiche) verificatesi negli scorsi giorni.Nel mirino di Mosca, assicura inoltre il presidente ucraino, c’è anche Chisinau. “La Moldova si sta difendendo ancora una volta dall’interferenza della Russia“, ha ribadito facendo eco ai molteplici campanelli d’allarme suonati dalla presidente della Repubblica, Maia Sandu, sulle massicce campagne di influenza orchestrate dal Cremlino per sabotare il voto del prossimo 28 settembre e riportare il piccolo Paese balcanico nella propria orbita.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Per Zelensky, la stabilità del Vecchio continente verrà salvaguardata solo facendo desistere lo zar dal perseguire le sue mire neo-imperialiste. “Fermare Putin ora è meno costoso che cercare di proteggere ogni porto e ogni nave dai terroristi con droni marini”, ragiona. Al momento, tuttavia, il presidente russo non sembra intenzionato a cessare le ostilità. La Commissione europea ha da poco confezionato il 19esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, che dovranno ora essere approvate all’unanimità dai Ventisette, ma il club a dodici stelle continua a importare il petrolio e il gas russi.Infine, il presidente ucraino ha avvertito i leader globali sui rischi connessi allo sviluppo tecnologico al servizio della guerra, che si evolve più rapidamente della capacità degli Stati di difendersi. “Ora ci sono decine di migliaia di persone che sanno uccidere professionalmente usando i droni”, ha dichiarato, e sarebbe vicino il momento in cui i droni attaccheranno autonomamente “senza alcun coinvolgimento umano, tranne i pochi che controllano i sistemi di intelligenza artificiale”. “Stiamo vivendo la corsa agli armamenti più distruttiva della storia dell’umanità“, ha concluso, dopo aver appena chiesto più armi per difendersi dall’invasione.

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    Ucraina, l’Ue promette nuove sanzioni alla Russia (ma è in ritardo sul 19esimo pacchetto). Metsola incontra Zelensky a Kiev

    Bruxelles – Scossa per l’ennesima volta da Donald Trump, l’Ue promette una nuova stretta sugli import energetici dalla Russia e cerca di coordinarsi con l’alleato transatlantico per aumentare ulteriormente la pressione sul Cremlino. Almeno a parole, Washington e Bruxelles sembrerebbero aver ritrovato una qualche unità d’intenti sul delicatissimo dossier della guerra in Ucraina. Ma dalle parole bisognerà passare ai fatti.Stando a quanto riportato da Ursula von der Leyen, lei e il tycoon avrebbero avuto una “buona conversazione” ieri sera (16 settembre), incentrata “sul rafforzamento dei nostri sforzi congiunti per aumentare la pressione economica sulla Russia” tramite un nuovo round di misure restrittive. La Commissione “presenterà presto il suo 19esimo pacchetto di sanzioni“, garantisce il capo dell’esecutivo comunitario, “che riguarderà le criptovalute, le banche e l’energia“.I had a good call with @POTUS on strengthening our joint efforts to increase economic pressure on Russia through additional measures.The Commission will soon present its 19th package of sanctions, targeting crypto, banks, and energy.Russia’s war economy, sustained by revenues…— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 16, 2025In particolare, nel mirino di von der Leyen e Trump sembrano finite le esportazioni di gas e petrolio della Federazione, uno dei principali introiti con cui Vladimir Putin finanzia la sua guerra. A tale scopo, dice la numero uno del Berlaymont, “la Commissione proporrà di accelerare l’eliminazione graduale delle importazioni di combustibili fossili” da Mosca.Per il momento non sono disponibili maggiori dettagli, ma le maglie da stringere sono quelle del regolamento con cui Bruxelles ha fissato alla fine del 2027 la scadenza per il phase-out completo dei prodotti energetici russi, adottato lo scorso giugno. Era stato del resto Trump a suggerire, sempre ieri, che “l’Europa dovrà smetterla di comprare petrolio dalla Russia“.L’inquilino della Casa Bianca ha anche strigliato nuovamente il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky, sostenendo che “dovrà fare un accordo” con Putin se vuole mettere fine al conflitto. I due dovrebbero incontrarsi di persona nei prossimi giorni, ai margini dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in corso a New York.Sia come sia, il famigerato 19esimo pacchetto di sanzioni comunitarie – sul quale si lavora da quando è stato adottato il 18esimo, lo scorso luglio – sbandierato dalla stessa von der Leyen pochi giorni fa durante il suo discorso sullo stato dell’Unione, non si è ancora materializzato.Al Berlaymont minimizzano (non era mai stata fissata una data per la sua presentazione, dunque non c’è alcun ritardo, ragionano), ma i rappresentanti dei Ventisette avrebbero dovuto discutere la proposta già oggi. Secondo alcune ricostruzioni, il ritardo sarebbe da imputarsi proprio al tentativo di von der Leyen di coordinarsi con Trump in sede G7 (in parallelo all’accelerazione sul phase-out), anziché andare avanti da soli.La presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, e quello della Verchovna Rada, Ruslan Stefanchuk (foto: Vladyslav Musiienko/Parlamento europeo)Nel frattempo, oggi la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola si è recata a Kiev per la quarta volta per portare la sua solidarietà al Paese aggredito. Il viaggio, nell’occasione dei 1300 giorni dall’inizio dell’invasione russa su larga scala, è servito anche per celebrare l’apertura di una delegazione del Parlamento europeo nella capitale ucraina, alloggiata nel medesimo edificio che ospita la delegazione dell’Ue, danneggiato da un bombardamento russo meno di un mese fa.Rivolgendosi ai deputati della Verchovna Rada, il legislativo monocamerale di Kiev, la numero uno dell’Aula di Strasburgo ha sottolineato la necessità di continuare a sostenere la resistenza contro l’aggressione e l’importanza di arrivare ad una “pace giusta e duratura” (inclusi i lavori della coalizione dei volenterosi sulle garanzie di sicurezza), così come il bisogno di alzare la pressione su Mosca.Anche l’adesione all’Ue “è di per sé una garanzia di sicurezza”, osserva Metsola. Ed esorta tanto Kiev a procedere senza indugi sulla strada delle riforme – “il ripristino dei poteri dei vostri organismi anticorruzione è stato un segnale importante”, dice riferendosi alla breve ma fulminante crisi di luglio – quanto Bruxelles a mantenere gli impegni presi, dando al più presto il via libera all’apertura del primo cluster di capitoli negoziali, quello dei cosiddetti “Fondamentali”.Il primo ministro slovacco Robert Fico (sinistra) e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Una decisione che tuttavia rimane ostaggio dei veti delle cancellerie, a partire dall’Ungheria di Viktor Orbán e dalla Slovacchia di Robert Fico. I due Stati membri, cavalli di Troia dello zar tra i Ventisette, stanno bloccando sistematicamente non solo l’avvio dei negoziati per far entrare Kiev nel club a dodici stelle ma anche l’imposizione delle sanzioni contro la Russia e l’esborso degli aiuti all’Ucraina. Budapest e Bratislava dicono di temere per la propria sicurezza energetica, essendo entrambe ancora dipendenti dagli idrocarburi russi.Ma la realtà è diversa. Lo sanno bene i cittadini slovacchi, che a decine di migliaia di cittadini sono scesi in piazza nelle ultime ore per protestare contro il marcato scivolamento del governo verso il Cremlino. Scivolamento la cui cartina da tornasole è, tra le altre cose, una stretta sempre più asfissiante sui diritti e le libertà fondamentali nel Paese mitteleuropeo, finalmente costata all’autoritario premier nazional-populista l’espulsione definitiva dai Socialisti europei.

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    Ucraina, 26 Paesi forniranno garanzie di sicurezza a Kiev. Ma tutti aspettano Trump

    Bruxelles – L’incontro della coalizione dei volenterosi tenutosi a Parigi stamane ha sancito la disponibilità di 26 Paesi a partecipare a vario titolo alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Gli europei offriranno a Kiev asset terrestri, aerei e marittimi per monitorare i termini un’eventuale tregua, che però ancora non si vede all’orizzonte. I leader del Vecchio continente hanno poi sentito Donald Trump, concordando maggiore coordinazione sulle future sanzioni ai danni della Russia.Pur tra mille incertezze, inizia a diradarsi la nebbia intorno alle famigerate garanzie di sicurezza che gli alleati occidentali di Kiev dovrebbero fornire all’Ucraina una volta terminata la guerra, in corso da più di tre anni e mezzo. Nella loro ennesima riunione svoltasi stamattina (4 settembre) nella capitale transalpina, i leader della coalizione dei volenterosi hanno discusso gli elementi principali intorno ai quali dovrebbe imperniarsi il mantenimento della pace nel dopoguerra, delineati ieri dai capi di Stato maggiore.Al meeting convocato da Emmanuel Macron erano fisicamente presenti, oltre a Volodymyr Zelensky, diversi leader della coalizione di 35 membri tra cui il primo ministro polacco Donald Tusk, il presidente finlandese Alexander Stubb e la premier danese Mette Frederiksen, più il presidente del Consiglio europeo António Costa, la numero uno della Commissione Ursula von der Leyen e l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff. Il premier britannico Keir Starmer ha co-presieduto l’incontro da remoto, mentre si sono collegati online anche Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Friedrich Merz.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) e quello francese Emmanuel Macron (foto via Imgagoeconomica)Stando a quanto dichiarato dal padrone di casa, “26 Paesi si sono impegnati” a partecipare alla cosiddetta “forza di rassicurazione” per stabilizzare l’Ucraina nel post-conflitto, mettendo a disposizione asset di vario tipo per le tre componenti principali di tale operazione, “via terra, via mare o via aria“. Zelensky ha descritto come una “vittoria” la disponibilità di un numero così ampio di alleati, aggiungendo che “contiamo anche sul sostegno degli Stati Uniti“, che verrà definito in dettaglio “nei prossimi giorni”. Non è stato fornito un elenco ufficiale dei 26 Paesi suddetti.Il primo pilastro di tale forza di rassicurazione sarà dunque un contingente terrestre multinazionale che verrà schierato distante dal fronte, a differenza di quanto avviene nel peacekeeping tradizionale, dove i soldati stranieri si interpongono tra gli eserciti belligeranti lungo la linea di contatto. L’unica cosa certa è che dovranno essere gli europei a fornire le truppe, ma per ora non è chiaro né quanti militari verranno impegnati né, soprattutto, con quali regole d’ingaggio.Il secondo elemento sarà la protezione dei cieli ucraini, pattugliati dai caccia dei volenterosi. Anche in questo caso restano fumosi alcuni dettagli chiave, ad esempio se i piloti dovranno imporre una no-fly zone oppure alzarsi in volo solo per fornire supporto aereo in caso di necessità. Infine, verrà organizzata una missione navale per sminare le coste ucraine e rendere nuovamente navigabili le rotte commerciali del Mar Nero.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Il nodo più intricato da sciogliere rimane quello dell’invio di soldati sul campo. Gli europei sembrano restii ad esporsi direttamente, soprattutto finché gli Usa non specificheranno quale sarà il loro contributo. Si sa già che Washington non manderà truppe di terra: linea condivisa anche da Italia, Germania e Polonia. A fornire soldati ci dovrebbe pensare, tra gli altri, la Francia, che però è in preda ad una profonda crisi politica e potrebbe rimanere presto senza un governo.Meloni ha reiterato “la proposta di un meccanismo difensivo di sicurezza collettiva ispirato all’articolo 5 del Trattato di Washington” (la clausola di mutua difesa della Nato) e ha ribadito “l’indisponibilità dell’Italia a inviare soldati in Ucraina”. La premier ha invece segnalato apertura per “iniziative di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini“.Sicuramente, non si stancano di ripetere i volenterosi, il nucleo di qualunque futura garanzia di sicurezza saranno le forze armate ucraine. “Dobbiamo trasformare l’Ucraina in un porcospino d’acciaio, indigesto per gli aggressori presenti e futuri”, ha ribadito in merito von der Leyen, promettendo che “l’Europa continuerà ad addestrare i soldati ucraini“.Concluso l’incontro, alcuni leader hanno sentito al telefono Donald Trump per aggiornarlo sull’esito dei colloqui. Secondo Macron, il presidente statunitense avrebbe concordato di collaborare più strettamente con gli alleati europei su future sanzioni contro la Russia e, potenzialmente, anche la Cina, puntando a colpire in particolare l’export energetico di Mosca. A sentire Zelensky, il tycoon si sarebbe anche detto “molto scontento” del fatto che Ungheria e Slovacchia stiano continuando ad acquistare combustibili fossili russi (proprio per questo Budapest e Bratislava sono da tempo in collisione diretta con Kiev).Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Nel frattempo, le iniziative diplomatiche per giungere ad una composizione della decennale crisi russo-ucraina sembrano languire su un binario morto. Dopo il faccia a faccia di ferragosto con Vladimir Putin, Trump si era mostrato fiducioso sulle possibilità di mediare un accordo in tempi brevi, da sancire tramite un bilaterale Putin-Zelensky ed eventualmente un trilaterale con lo stesso tycoon. Nelle ultime settimane, tuttavia, le prospettive di una svolta nelle trattative sono sfumate rapidamente e le posizioni dei belligeranti rimangono reciprocamente irricevibili.Lo stesso Trump, che aveva millantato in passato di poter far finire la guerra “in 24 ore”, ha recentemente ammesso che “sembra un po’ più difficile” far cessare le ostilità, mentre la Federazione continua a bombardare pesantemente l’Ucraina. L’inquilino della Casa Bianca non ha mai dato seguito alle minacce di colpire il Cremlino con “pesanti dazi” se lo zar non avesse accettato una tregua, e giusto ieri Putin ha provocato nuovamente Zelensky invitandolo a Mosca per negoziare.

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    Un attacco russo ha colpito la delegazione Ue a Kiev. Bruxelles promette nuove sanzioni

    Bruxelles – Nell’attacco missilistico condotto questa notte dalla Russia su Kiev è stata colpita anche la sede della delegazione Ue in Ucraina. Immediate le condanne dei vertici comunitari, secondo i quali il Cremlino non dimostra alcun reale interesse per la pace. Intanto le trattative internazionali procedono a rilento, mentre i Ventisette discutono di garanzie di sicurezza e nuove sanzioni contro Mosca.Durante la notte tra il 27 e il 28 agosto, l’ennesimo bombardamento russo sulla capitale ucraina ha coinvolto la sede della delegazione dell’Unione europea, danneggiandola gravemente secondo le informazioni fornite dai funzionari che vi lavoravano. Stando ai rapporti locali, il raid avrebbe ucciso una decina di persone e ne avrebbe ferite una trentina, danneggiando una serie di edifici inclusa anche la sede del British Council, l’istituto di promozione della lingua inglese all’estero.Secondo Katarina Mathernova, ambasciatrice Ue a Kiev, il palazzo della delegazione sarebbe stato “gravemente danneggiato dall’onda d’urto” provocata dal bombardamento di un edificio civile nelle vicinanze. “Questa è la vera risposta di Mosca agli sforzi di pace“, ha aggiunto. Al momento attuale non risultano vittime tra il personale della delegazione.L’attacco russo su Kiev del 28 agosto 2025 (foto: delegazione Ue in Ucraina)Non si è fatta attendere la condanna di Bruxelles e la solidarietà delle istituzioni comunitarie verso le vittime civili e lo staff della delegazione. “Sono sconvolto dall’ennesima notte di attacchi missilistici contro l’Ucraina”, ha scritto su X il presidente del Consiglio europeo, António Costa, sottolineando che “l’Ue non si lascerà intimidire” dalle bombe della Federazione. “L’aggressione della Russia non fa che rafforzare la nostra determinazione a sostenere l’Ucraina e il suo popolo”, ha aggiunto.Per la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, “la Russia deve cessare immediatamente i suoi attacchi indiscriminati contro le infrastrutture civili e partecipare ai negoziati“, accettando la mediazione offerta dal presidente statunitense Donald Trump. Durante un punto stampa in tarda mattinata, la timoniera del Berlaymont si è detta “oltraggiata dall’attacco” in cui, ha spiegato, “due missili hanno colpito entro una distanza di 50 metri dalla delegazione nell’arco di 20 secondi”. Alle sue spalle, uno schermo proiettava le immagini della struttura colpita dall’attacco.“La Russia non si fermerà di fronte a niente pur di terrorizzare l’Ucraina“, ha rincarato, “incluso prendere di mira l’Ue”. E ha promesso di continuare a “mantenere la massima pressione” su Mosca rafforzando il regime sanzionatorio di Bruxelles e portando avanti “il lavoro sugli asset russi immobilizzati per contribuire alla difesa e alla ricostruzione dell’Ucraina”. Per il momento – riferiscono i portavoce della Commissione – il focus è sugli extraprofitti generati dai beni russi congelati più che sui beni stessi, il cui valore si aggira intorno ai 210 miliardi di euro nella giurisdizione dell’Unione, tuttavia le discussioni sul tema continuano.I’m outraged by the missile and drone attack on Kyiv, killing men, women and children.And damaging our EU diplomatic mission.My thoughts go to our brave staff.Russia’s strikes on Kyiv will only strengthen Europe’s unity and Ukraine’s defiance ↓ https://t.co/VzuBWIPxzH— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) August 28, 2025Contestualmente, von der Leyen ha annunciato che domani inizierà un tour in “sette Stati membri che stanno rafforzando e proteggendo i nostri confini esterni con la Russia e la Bielorussia“: nell’ordine della visita, che durerà fino a lunedì, toccherà Lettonia, Finlandia, Estonia, Polonia, Bulgaria, Lituania e Romania (Sofia e Bucarest sono in prima linea sul fianco orientale della Nato anche se non condividono direttamente una frontiera con Mosca e Minsk). L’obiettivo è “esprimere la piena solidarietà dell’Ue e condividere i progressi che stiamo facendo nella creazione di una forte industria europea della difesa“, ha spiegato.Come confermato dalla portavoce della Commissione per gli affari esteri, Anitta Hipper, l’Alta rappresentante Kaja Kallas ha convocato per “oggi stesso” il chargé d’affaires della Federazione a Bruxelles per protestare l’accaduto. Il capo della diplomazia a dodici stelle ha redarguito Mosca: “Mentre il mondo cerca una via per la pace, la Russia risponde coi missili“, ha dichiarato, ingiungendo al Cremlino di “fermare le uccisioni e negoziare” la cessazione delle ostilità.Anche la commissaria all’Allargamento Marta Kos ha condannato “fermamente questi attacchi brutali“, definendoli “un chiaro segnale che la Russia rifiuta la pace e sceglie il terrore“. “La nostra piena solidarietà va al personale dell’Ue, alle loro famiglie e a tutti gli ucraini che subiscono questa aggressione“, ha concluso.Il ministro degli Esteri ucraino Andrij Sybiha ha invocato “non solo la condanna dell’Ue, ma anche quella mondiale” per quella che definisce una “violazione diretta della Convenzione di Vienna“, nella quale viene sancita la sicurezza dei corpi diplomatici e l’inviolabilità di ambasciate e missioni internazionali.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Sulla stessa linea, Volodymyr Zelensky ha dichiarato di aspettarsi “una risposta da parte di tutti coloro che nel mondo hanno invocato la pace, ma che ora più spesso rimangono in silenzio”, puntando il dito in particolare contro l’Ungheria di Viktor Orbán, il più filorusso tra gli Stati Ue che da tempo si mette di traverso sia sulle sanzioni a Mosca sia sugli aiuti a Kiev, per non parlare del veto contro l’adesione di quest’ultima al club europeo.Stasera, i titolari della Difesa dei Ventisette si riuniranno a Copenaghen per avviare una riunione informale che si protrarrà nella giornata di domani, mentre sabato sarà il turno dei responsabili degli Esteri. Sul tavolo soprattutto la questione delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina – su cui i membri della coalizione dei volenterosi stanno discutendo intensamente in queste settimane – e quella del 19esimo pacchetto di misure restrittive contro il Cremlino, che la Commissione vorrebbe presentare a inizio settembre.Dopo aver incontrato Trump in Alaska, lo scorso 15 agosto, il presidente russo Vladimir Putin ha puntato i piedi per rallentare i progressi diplomatici verso una soluzione negoziale della guerra in corso da oltre tre anni e mezzo, reiterando i dubbi già manifestati diverse volte sulla legittimità di Zelensky (il suo mandato è tecnicamente scaduto nel maggio 2024, ma non si possono convocare elezioni finché è in vigore la legge marziale) e bollando come irricevibile la presenza di truppe Nato in Ucraina, uno degli elementi centrali della cosiddetta “forza di rassicurazione” europea che gli alleati di Kiev stanno cercando di definire in una frenetica girandola di riunioni sulle due sponde dell’Atlantico.

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    Gli alleati di Kiev cercano la quadra sulle garanzie di sicurezza. Doccia fredda da Mosca sul bilaterale Putin-Zelensky

    Bruxelles – Sono giorni frenetici per i partner occidentali dell’Ucraina, che stanno cercando di far accelerare la macchina diplomatica per raggiungere una soluzione negoziata della guerra con la Russia, nonostante le richieste del Cremlino rimangano irricevibili per Kiev. Nell’attesa di un faccia a faccia tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin, gli alleati transatlantici stanno discutendo di quali garanzie di sicurezza fornire al Paese aggredito una volta cessate le ostilità.Dopo lo storico incontro alla Casa Bianca tra Donald Trump e una mezza dozzina di leader europei, incluso Volodymyr Zelensky, i responsabili politici e militari della Nato e della coalizione dei volenterosi si sono confrontati in una serie di riunioni per provare a definire la forma concreta che potrebbero prendere le famigerate garanzie di sicurezza promesse tante volte a Kiev in termini fumosi.Stando alle ricostruzioni circolate sulla stampa internazionale, nella giornata di ieri (21 agosto) i capi di Stato maggiore degli alleati transatlantici hanno presentato ai rispettivi consiglieri per la sicurezza nazionale diverse opzioni, di cui cominciano ad emergere alcuni dettagli parziali. L’unica cosa certa, a questo punto delle discussioni, è che i Paesi del Vecchio continente dovranno fare “la parte del leone“, come sottolineato ripetutamente dall’amministrazione a stelle e strisce.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Per quanto Trump abbia espresso disponibilità a partecipare alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina (un esito tutt’altro che scontato e dipinto dalle cancellerie del Vecchio continente come un grande successo), il tycoon ha messo in chiaro che Washington non manderà truppe, rimanendo ambiguo rispetto al tipo di supporto che gli Stati Uniti potranno fornire una volta cessate le ostilità sul campo.Ora, pare che gli europei stiano chiedendo allo zio Sam di continuare a condividere le preziose informazioni d’intelligence e, soprattutto, di garantire una qualche forma di copertura aerea. Che potrebbe declinarsi in vari modi: attraverso l’impiego diretto di piloti statunitensi, ad esempio, per facilitare eventuali operazioni di terra oppure per mettere in piedi una no-fly zone nei cieli ucraini, ma anche tramite la fornitura di ulteriori sistemi antiaerei a Kiev. Un’ulteriore ipotesi potrebbe comportare il comando Usa della missione terrestre europea.Nel solco delle discussioni che si protraggono da mesi, ad ogni modo, il nodo più delicato rimane l’invio di truppe in Ucraina. Secondo alcune stime, per proteggere un’eventuale tregua saranno necessarie svariate decine di migliaia di soldati (nell’ordine dei 30-40mila come minimo), che dovrebbero rimanere stazionati in Ucraina nel medio-lungo periodo ed essere pronti a intervenire tempestivamente in caso di necessità.Al momento attuale, tuttavia, solo la Francia sembra disposta a schierare un proprio contingente in Ucraina. Tra le altre potenze militari europee, l’Italia ha chiuso da tempo la porta a quest’opzione (a meno che non se ne parli all’interno di una cornice Onu), in Germania la discussione è accesissima (in ogni caso la Bundeswehr è tutt’altro che in buona salute), e persino il Regno Unito starebbe riconsiderando l’impiego di truppe, che pareva certo fino a poco tempo fa. La Polonia, tra i più fervidi alleati di Kiev, non intende sguarnire le sue frontiere orientali con la Bielorussia e l’exclave russa di Kaliningrad.Il presidente francese Emmanuel Macron (foto via Imagoeconomica)Di sicuro, tutti concordano nel considerare l’esercito ucraino la “prima linea” fondamentale per respingere una potenziale nuova aggressione. A questo obiettivo mirano in effetti gli aiuti militari e finanziari occidentali, e in tre anni e mezzo di guerra le forze armate di Kiev hanno aumentato sensibilmente la loro preparazione mentre l’industria bellica nazionale ha fatto progressi sostanziali, come dimostra il nuovo missile balistico Flamingo con gittata di 3mila chilometri.Ma è proprio sulla “forza di rassicurazione” internazionale che rischia di impantanarsi tutto, dal momento che il Cremlino si oppone nettamente alla presenza di truppe dell’Alleanza in Ucraina. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha dichiarato nei giorni scorsi che Mosca vuole essere consultata nella definizione delle garanzie di sicurezza per Kiev, e si è addirittura spinto a suggerire che tra i garanti della pace dovrebbero esserci i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, incluse la Cina e, appunto, la Russia.A proposito del Cremlino, in queste ore stanno circolando anche le precise richieste avanzate da Vladimir Putin durante il suo faccia a faccia con Trump ad Anchorage, in Alaska, lo scorso 15 agosto. Per porre fine alla propria aggressione, Mosca esige che Kiev ceda definitivamente la Crimea e l’intero Donbass alla Federazione (quest’ultimo, costituito dalle oblast’ di Donetsk e Luhansk, è occupato solo parzialmente dai russi), rinunci per sempre all’ingresso nella Nato, mantenga uno status di neutralità permanente e non ospiti sul proprio territorio truppe occidentali.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Difficilmente la leadership ucraina potrà accettare tutti i desiderata di Putin, che pure ha ridimensionato le sue ambizioni rispetto all’anno scorso. All’epoca voleva anche le oblast’ di Kherson e Zaporizhzhia (anch’esse parzialmente occupate e, come Donetsk e Luhansk, annesse unilateralmente con un referendum farsa nel settembre 2022). Ora, lo zar sarebbe disposto a “congelare” il fronte in queste due regioni lungo l’odierna linea di contatto e a ritirare le proprie truppe da alcune aree nei dintorni di Kharkiv, Sumy e Dnipropetrovsk.Se è prevedibile che Kiev non aderisca all’Alleanza nell’immediato futuro (stante l’opposizione di svariati membri, a partire dagli Usa), Zelensky ha detto chiaro e tondo che qualunque cessione territoriale andrà discussa al massimo livello tra lui e Putin. Da giorni si parla di un possibile bilaterale tra i leader dei Paesi belligeranti, cui dovrebbe dar seguito un trilaterale con Trump, per raggiungere un accordo di pace complessivo. Finora, i tre round di colloqui tra Russia e Ucraina non hanno portato ad alcun progresso in tal senso.Del resto, lo stesso Lavrov nelle scorse ore ha raffreddato gli entusiasmi, avvertendo che per arrivare ad un simile risultato servirà una meticolosa preparazione e reiterando i dubbi sulla legittimità del presidente ucraino, il cui mandato è scaduto nel maggio 2024 (la legge marziale in vigore nel Paese impedisce tuttavia di tenere nuove elezioni). Mosca, insomma, non ha alcuna fretta e può permettersi di prendere in giro ancora un po’ il presidente statunitense e la sua megalomania, a partire dal disattendere l’ennesimo ultimatum di due settimane fissato dal tycoon.

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    Ucraina, indietro tutta: Zelensky ripristina l’indipendenza delle agenzie anti-corruzione

    Bruxelles – Nessuna stretta sugli enti-corruzione in Ucraina. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato i decreti che di fatto annullano le precedenti disposizioni di legge e che tornano a garantire indipendenza all’Ufficio nazionale anti-corruzione (Nabu) e all’Ufficio del procuratore speciale anti-corruzione (Sapo). Non ci sarà più, dunque, il controllo del procuratore generale, nominato direttamente dalla presidenza della Repubblica. La decisione di Zelensky arriva dopo le proteste di piazza e le pressioni internazionali dei partner di Kiev, a cominciare dall’Unione europea.Esultano proprio nella capitale dell’Unione europea. “La firma della legge che ripristina l’indipendenza di Nabu e Sapo è benvenuta”, commentano i presidenti di Consiglio europeo e Commissione Ue, Antonio Costa e Ursula von der Leyen, in una nota congiunta. “Riforme in senso di lotta alla corruzione e tutela dello Stato di diritto restano di fondamentale importanza per la via europea dell’Ucraina”, aggiunge, ricordando gli impegni necessari in ottica di adesione all’Ue.Rientrato il caso, ora l’invito e proseguire lungo il percorso concordato. “L’Unione europea continuerà a sostenere questi sforzi” di riforma necessari per l’avvicinamento di Kiev al club a dodici stelle, sottolineano i leader Ue. Certo Zelensky non fa un bella figura con i partner, e adesso lui e il suo Paese resteranno sorvegliati speciali.