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    La battaglia delle ong belghe contro l’appalto ad un’impresa spagnola che opera in Cisgiordania

    Bruxelles – La società civile belga vuole impedire che i soldi dei contribuenti contribuiscano a sostenere i crimini commessi da Israele contro i palestinesi, dal genocidio in corso nella Striscia di Gaza all’apartheid in Cisgiordania. Nel mirino di una serie di gruppi per i diritti umani, supportati dalla relatrice speciale dell’Onu Francesca Albanese, è finita una commessa multimiliardaria affidata dalle ferrovie pubbliche nazionali ad un’azienda spagnola che fa affari con l’economia dell’occupazione israeliana.Durante un incontro con la stampa, una coalizione di organizzazioni non governative con sede in Belgio ha ribadito oggi (26 agosto) il proprio impegno per evitare che l’Sncb/Nmbs, il gruppo proprietario delle ferrovie federali, proceda con l’assegnazione alla spagnola Construcciones y Auxiliar de Ferrocarriles (Caf) di un contratto da 3 miliardi di euro per l’acquisto di 600 vagoni. La prima designazione della Caf come vincitrice del bando risale allo scorso febbraio: è stata poi sospesa ad aprile e successivamente riconfermata a luglio.L’appello lanciato da Al-Haq Europe, Intal, Vrede vzw e 11.11.11 è semplice: i soldi pubblici non devono finire nelle tasche di un’impresa che con le sue attività nei territori palestinesi occupati alimenta quella che la relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, definisce la “economia del genocidio” dello Stato ebraico, basata sulla pulizia etnica, la distruzione, il furto di terre e, in definitiva, la violazione sistematica dei diritti umani e del diritto internazionale.Demolizioni israeliane supervisionate dall’Idf a Judeira, nella Cisgiordania occupata (foto: Zain Jaafar/Afp)Essendo coinvolta in dal 2019 nella costruzione e manutenzione di una linea tramviaria che collega la Gerusalemme Est occupata con gli insediamenti illegali in Cisgiordania, sostengono le ong, l’azienda basca va esclusa dalla gara d’appalto. “Non si può firmare un contratto con un’azienda profondamente coinvolta nella politica di occupazione”, osserva Willem Staes di 11.11.11.Staes e i suoi collaboratori spiegano che il Belgio, in quanto Stato membro dell’Ue, sostiene la soluzione a due Stati, ma che i legami economici di Bruxelles con le colonie israeliane illegali costituiscono de facto una violazione degli obblighi giuridici del Paese. L’Sncb, stando alla loro denuncia, non ha incorporato nella procedura d’appalto alcuna analisi del rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale da parte della Caf. Una mancanza che potrebbe configurare una “grave negligenza professionale” per le ferrovie federali ai sensi della normativa belga.Le quattro sigle della società civile hanno intrapreso un’azione legale contro l’Sncb di fronte al Consiglio di Stato, la più alta istanza di giudizio del Belgio in ambito amministrativo, che dovrebbe discutere la questione la prossima settimana ed emettere una sentenza entro tre settimane. Giustificano questo procedimento irrituale con la necessità di creare “un precedente cruciale per ritenere le istituzioni pubbliche responsabili dei loro legami economici con aziende coinvolte in gravi violazioni dei diritti umani“, come si legge in un comunicato congiunto delle associazioni.Pure Albanese ha ribadito la centralità del concetto di responsabilità, declinandolo su due piani distinti ma collegati. Da un lato la responsabilità pubblica, per cui è necessario chiedere conto a decisori politici e istituzioni dei loro legami con entità che si macchiano di crimini tanto efferati.“I doveri in capo agli Stati e le responsabilità in capo alle aziende sono due facce della stessa medaglia”, ragiona l’avvocata. La stessa Caf, ricorda, è già presente nel database dell’Onu dove sono registrate le aziende che coi loro affari alimentano le violazioni israeliane, incluse la segregazione e lo sfollamento forzato. L’impresa basca, sostiene, “è un attore chiave” negli sforzi per la “annessione permanente di terra palestinese“.La relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi occupati, Francesca Albanese (foto: Saverio De Giglio via Imagoeconomica)Albanese denuncia come “scioccante” l’immobilità dei governi mondiali, incapaci di mettere in campo “una risposta politica robusta” nei confronti di Israele. A partire da quelli dei Ventisette che, dopo oltre 22 mesi di sterminio quasi scientifico (accoppiato ad una carestia orchestrata in maniera artificiale, come certificato dall’Onu), rimangono divisi persino su una misura blanda come la sospensione parziale dei fondi Horizon+ per Tel Aviv.Iniziative come quella della Global Sumud Flotilla – forse la mobilitazione transnazionale più ampia di sempre, per rompere l’assedio di Gaza e far entrare nella Striscia gli aiuti umanitari – sono importanti, ragiona, “ma è responsabilità degli Stati” reagire in maniera strutturale. “L’Ue e i suoi Paesi membri non possono interagire con Israele come se nulla fosse“, incalza, evidenziando come lo Stato ebraico “si è spinto molto più in là” del Sud Africa nell’epoca dell’apartheid, finito giustamente nel mirino di sanzioni e boicottaggi internazionali.D’altra parte, la relatrice Onu ha rinnovato l’appello alla responsabilità individuale dei singoli cittadini in un momento storico in cui rimanere in silenzio è ormai un atto di complicità. E suggerisce tre livelli di azione che ogni persona può intraprendere autonomamente: informarsi sulla Palestina, con una prospettiva storica e senza fermarsi alla situazione attuale; fare pressione sul proprio governo tramite proteste e manifestazioni e, infine, fare pressione su aziende e imprese per mezzo di boicottaggi e abitudini d’acquisto e di consumo eticamente consapevoli.

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    I diamanti tornano al centro del dibattito Ue sulle sanzioni contro la Russia. Si ragiona su un sistema di tracciabilità

    Bruxelles – È passato quasi un anno dalla prima volta che la questione dei diamanti russi si è affacciata nel dibattito pubblico europeo a proposito delle sanzioni internazionali contro la Russia, ma da allora questo commercio globale che solo nel 2021 ha portato nelle casse di Mosca circa 4,5 miliardi di euro non è mai entrato in nessuno dei dieci pacchetti di misure restrittive già messi a terra dall’Unione. Si tratta di uno dei punti più critici dei rapporti tra l’Ue e la Russia, in particolare per uno Stato membro (e una sua città) che della lavorazione dei diamanti ha fatto il punto di forza della propria economia. Il Belgio e il porto di Anversa.
    Nonostante tutte le resistenze e le attività di lobby che hanno permesso all’industria belga della lavorazione dei diamanti di non essere coinvolte nei tagli alla macchina di finanziamento indiretto della guerra russa in Ucraina, nel pieno delle discussioni tra i 27 ambasciatori Ue sull’undicesimo pacchetto di sanzioni contro il Cremlino la questione è riemersa con più vigore. Tanto che diverse fonti riferiscono a Eunews una spinta convergente da Bruxelles e Hiroshima (dove è in corso il vertice dei leader del G7) sulla limitazione a questo commercio. Come si legge nella dichiarazione del Gruppo dei Sette sull’Ucraina – in linea con le anticipazioni della vigilia da funzionari europei – “al fine di ridurre le entrate che la Russia ricava dall’esportazione di diamanti, continueremo a collaborare strettamente per limitare il commercio e l’uso di diamanti estratti, lavorati o prodotti in Russia“. La precisazione è un impegno “con i principali partner al fine di garantire l’effettiva attuazione di future misure restrittive coordinate, anche attraverso tecnologie di tracciamento“.
    È proprio sulla questione del tracciamento che l’attenzione ritorna a Bruxelles. Fonti diplomatiche precisano che non ci sarà l’embargo in questa tornata di misure restrittive, ma che Belgio e Commissione Europea stanno mettendo a punto un sistema di tracciabilità, che dovrebbe rendere la misura più efficace rispetto a un semplice divieto di esportazione “difficile da attuare”. In ogni caso questo lavoro richiederà altro tempo per la definizione dei dettagli e della messa a terra e perciò non è atteso all’interno dell’undicesimo pacchetto. Altre fonti però invitano a prestare attenzione alle discussioni tra i leader del G7 e in particolare a quanto messo in chiaro dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Nel corso di un punto con la stampa a poche ore dall’inizio della riunione, il numero uno del Consiglio ha sottolineato che “ne limiteremo il commercio, i diamanti russi non sono per sempre e spiegheremo apertamente perché queste sanzioni sono necessarie e giustificate”. Ricordando che “non posso parlare a nome del governo belga”, proprio Michel (ex-premier del Paese) ha fatto notare che “sui diamanti c’è una discussione qui al G7 e una in parallelo sulle sanzioni a Bruxelles, faremo in modo che ci sia coerenza tra la dichiarazione e quello che stiamo facendo a livello europeo“.
    Un anno di dibattito su diamanti e sanzioni
    La questione dei diamanti era entrata per la prima volta nelle discussioni tra gli ambasciatori al Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti) nel luglio dello scorso anno, in occasione del settimo pacchetto di sanzioni definito di maintenance and alignement (aggiornamento e allineamento). Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Ue del 21 luglio era stato deciso di includere anche i gioielli nel divieto di acquistare, importare o trasferire l’oro russo (anche se esportato in un Paese terzo), ma era rimasto fuori il commercio di diamanti, dal momento in cui nella richiesta di allineamento dei leader del G7 in Germania questa azione non era prevista.
    (credits: Alexander Nemenov / Afp)
    Di fronte alla pressione crescente nei mesi successivi a causa dell’escalation della guerra in Ucraina, nelle trattative per l’ottavo pacchetto di sanzioni la proposta della Commissione Ue di un embargo totale ai diamanti grezzi dalla Russia è arrivata a un passo dal via libera da tutti i Paesi membri Ue, prima di essere bloccata da un colpo di coda in extremis. A spingere per l’esclusione del gigante russo dell’estrazione Alrosa dalla lista delle entità colpite era stata l’associazione di categoria Antwerp World Diamond Centre, che aveva denunciato il rischio di disoccupazione per oltre 10 mila lavoratori nella città fiamminga, centro dell’industria mondiale della lavorazione di diamanti. Si è trattata di una vera e propria concessione alle lobby della lavorazione dei diamanti belghe, che nella città portuale di Anversa hanno sede e da dove hanno influenzato la posizione del governo belga per prendere a picconate la proposta del gabinetto von der Leyen.
    Nel corso delle trattative tra gli ambasciatori anche per l’approvazione dei due pacchetti successivi di misure restrittive è passata la linea morbida del Belgio per non sganciarsi dal gigante russo dell’estrazione di diamanti, facendo leva sul timore che una misura restrittiva contro Alrosa possa colpire più l’economia e l’occupazione europea rispetto a quelle di Mosca. La marcia indietro dell’ottobre 2022 aveva segnato una sconfitta per Baltici e Polonia, che hanno sempre appoggiato un embargo totale sui diamanti (non-industriali). Ma, come avevano riferito al tempo fonti diplomatiche a Eunews, gli altri Paesi membri non avevano levato voci contrarie alla posizione del Belgio. Il commercio globale di diamanti grezzi della Russia è stimato dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti come una delle prime dieci esportazioni non energetiche di Mosca, pari al 30 per cento in tutto il mondo.

    Da Hiroshima, dove il vertice G7 ha avallato il dossier, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha messo in chiaro che “ne limiteremo il commercio, i diamanti russi non sono per sempre”. Fonti precisano a Eunews che non ci sarà l’embargo nell’undicesimo pacchetto

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    Dal Belgio 240 veicoli militari per l’Ucraina

    Bruxelles – Il Belgio fornirà 240 nuovi veicoli militari  all’Ucraina di cui 150 carri Volvo, seguiti da mezzi corazzati e automobili da fuoristrada.
    Il governo l’ha deciso lo scorso 27 gennaio, questi carri Volvo già in servizio dal 1990 sono stati ora rimessi a nuovo e sono dunque in ottime condizioni, assicurano le autorità.
    Ieri e stato deciso dal parlamento Olandese di mandare due navi cacciamine entro il 2025. Le marine belga e olandese collaborano strettamente, quindi il Belgio contribuirà all’addestramento di base dei militari ucraini e alla manutenzione dei due cacciamine. Il ministero della difesa Belga sta ancora studiando se il Belgio possa inviare propri cacciamine.

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    Le aziende del Belgio non lasciano la Russia: ce ne sono ancora 240

    Bruxelles – Solo una dozzina di aziende belghe hanno lasciato la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Nel marzo 2022, c’erano circa 240 aziende belghe con una o più filiali in Russia, e oggi, questo numero non è quasi cambiato.
    Come reazione all’ aggressione russa, molte aziende internazionali hanno deciso di lasciare quel mercato, mentre altre continuano a fare affari come sempre. Le tasse pagate da queste aziende concorrono a permettere al governo russo di finanziare la guerra in Ucraina.
    Quasi un anno fa, il produttore di birra AB InBev ha annunciato che si sarebbe ritirato dalla Russia. Non l’ha ancora fatto. Per quasi un anno, AB InBev ha negoziato con Efes la sua uscita dalla joint venture, ma senza successo. Anche il produttore di vetro AGC Europe e il produttore di porte e finestre Deceuninck affermano di essere in procinto di uscire, ma sono ancora lì, sottolonea l’agenzia di stampa Belga.
    Non tutte le aziende sono convinte della necessità della loro uscita. Il produttore di silicone Soudal rientra nella categoria di quelle che prendono tempo, così come il panettiere La Lorraine e il produttore di fili d’acciaio Bekaert. Il produttore di pannolini Ontex e l’azienda alimentare Puratos non hanno nemmeno intenzione di partire. Continueranno a operare in Russia, motivando la loro decisione con il fatto che forniscono prodotti essenziali.
    Questo tipo di decisioni non sono apprezzate dalla comunità internazionale. Recentemente l’azienda olandese Heineken è stata sommersa da reazioni negative, in quanto è emerso che il produttore di birra ha lanciato non meno di 61 nuovi prodotti sul mercato russo l’anno scorso, mentre aveva appena promesso di smettere di investire lì a causa della guerra in Ucraina.
    Il Belgio fa resistenze anche alle sanzioni sui diamanti russi.  Ad oggi i non sono inseriti nell’elenco dei beni oggetto dei dieci pacchetti di sanzioni europee verso Mosca, soprattutto a causa delle resistenze belghe. Anversa, la capitale delle Fiandre, è il principale punto di arrivo dei diamanti in Europa, inclusi quelli dalla Russia, che nel 2021 ammontavano a circa un quarto del totale.

    Alcune dicono di volerlo fare ma di non esserci riuscite per motivi societari. Altre non hanno intenzione di lasciare il mercato. Anversa riesce a tenere fuori i diamanti anche dal decimo pacchetto di sanzioni contro Mosca

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    Il Belgio espelle 21 diplomatici russi per spionaggio

    Bruxelles – Il governo federale del Belgio ha annunciato che espellerà 21 diplomatici russi dall’Ambasciata russa a Bruxelles e dal Consolato Generale ad Anversa “per il loro ruolo nello spionaggio e nella diffusione dell’influenza russa in Belgio”, spiega la ministra degli Affari esteri Sophie Wilmès, così come riporta l’agenzia Belga.
    Durante un dibattito nella commissione per le relazioni estere e la difesa del Senato belga, è stato annunciato che i diplomatici avranno 15 giorni per lasciare il territorio del Belgio.
    Il Belgio agisce in coordinamento con gli alleati Paesi Bassi, Irlanda e Repubblica Ceca. 17 diplomatici sono stati espulsi dall’Aia, 4 dall’ambasciata russa a Dublino e uno dall’ambasciata russa a Praga.
    “Questa decisione non è una sanzione – ha spiegato Wilmès -,è solo legata alla nostra sicurezza nazionale. I canali diplomatici rimangono aperti con la Russia, l’ambasciata russa può continuare a operare e noi continuiamo a sostenere un dialogo”.
    Il 7 marzo, il Belgio è stato aggiunto all’elenco russo dei “paesi ostili”, in risposta alle sanzioni imposte a Mosca. La Russia concede ingressi limitati per i cittadini di “stati ostili”, che include i belgi che non possono più entrare nella Federazione.
    L’Unione europea ha già invitato le autorità belghe a intensificare le misure di contrasto allo spionaggio in risposta alle attività maligne straniere. Un rapporto dell’UE pubblicato il 9 marzo affermava che lo spionaggio sta diventando più articolato, utilizzando l’intelligenza artificiale (IA) per penetrare le istituzioni europee. Il rapporto invita il Belgio a rafforzare il suo quadro anti-spionaggio per “consentire un’efficace individuazione, perseguimento e sanzione dei trasgressori”.

    Un rapporto dell’UE pubblicato il 9 marzo affermava che lo spionaggio sta diventando più articolato, utilizzando l’intelligenza artificiale (IA) per penetrare le istituzioni europee