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    Stretta anti-Lgbtq+ in Bulgaria: si moltiplicano le richieste di sanzioni contro Sofia

    Bruxelles – La controversa legge contro la “propaganda Lgbtq+”, approvata lo scorso 8 agosto dall’Assemblea nazionale, il Parlamento bulgaro, è ufficialmente entrata in vigore con la promulgazione da parte del presidente della Repubblica, Rumen Radev, avvenuta il 15 agosto. E si moltiplicano le richieste, da parte di diversi attori politici e della società civile, di sanzionare il Paese balcanico che, con le nuove norme, mette a repentaglio la tutela dei diritti delle minoranze e l’uniformità del diritto comunitario. Gli ultimi in ordine cronologico sono stati i liberali di Renew Europe: il gruppo dell’europarlamentare “condanna fortemente la firma da parte del presidente della Bulgaria del disegno di legge adottato dal Parlamento bulgaro che prende di mira i gruppi sulla base del loro orientamento sessuale”, si legge su X. “Questa legge”, prosegue la nota, “va contro ai diritti fondamentali e alle libertà riconosciute dal diritto internazionale” e riflesse anche nel diritto comunitario. Renew richiede dunque “un’indagine completa da parte della Commissione europea per difendere con fermezza le leggi e i valori dell’Ue”. Una richiesta che implica l’avvio di quelle verifiche che possono portare ad un’eventuale procedura d’infrazione per mancato mancato rispetto dello Stato di diritto.All’Europarlamento c’erano già state delle levate di scudi contro le norme in questione, prima ancora che fossero definitivamente tramutate in legge. Ad esempio da parte del Partito democratico europeo (Pde), membro proprio di Renew. Ma anche dall’intergruppo Lgbtq+, il quale aveva chiesto alla presidente dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, di “condannare con urgenza” gli sviluppi in corso a Sofia e alla commissaria all’Uguaglianza, Helena Dalli, di agire contro una legge definita “un attacco diretto alla comunità Lgbtq+, in particolare ai bambini”. Lo scorso 13 agosto, proprio Dalli aveva inviato al ministro dell’Istruzione e della scienza, Galin Tsokov, una lettera in cui chiedeva chiarimenti da parte dell’esecutivo bulgaro sulle misure che intendeva mettere in atto. Stando ai suoi portavoce, la Commissione “analizzerà se la legislazione è in linea con il diritto Ue”. Anche diverse organizzazioni della società civile bulgara stanno facendo appello alla Commissione perché avvii una procedura d’infrazione contro il governo. L’associazione per la tutela dei diritti umani Forbidden colours, ad esempio, ha specificamente richiesto il congelamento dei fondi comunitari destinati a Sofia nell’ambito dell’istruzione e della cultura, come ad esempio il programma Erasmus+. Anche l’ong Ilga-Europe ha condannato fermamente le nuove disposizioni legislative e ha esortato Bruxelles e le cancellerie degli altri Stati membri a fare altrettanto.Le norme al centro delle polemiche erano state adottate dai legislatori bulgari a larghissima maggioranza (159 voti a favore, 22 contrari e 12 astensioni) all’inizio del mese, in una rara convergenza tra i partiti politici in un Paese che sta attraversando una delle crisi politiche più profonde della sua storia e che tornerà al voto il prossimo ottobre per la settima volta in tre anni. L’emendamento più controverso era stato avanzato dall’estrema destra filo-russa ed euroscettica di Vazrazhdane (Rinascita), che a Strasburgo siede con i tedeschi dell’AfD nel gruppo dell’Europa delle nazioni sovrane (Esn), ma ha trovato un appoggio trasversale in Aula. Il governo di Sofia non ha ancora dato seguito ad una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (la Cedu di Strasburgo, un organismo che non fa parte dell’architettura dell’Ue), risalente all’anno scorso, che chiedeva il riconoscimento legale delle relazioni tra persone dello stesso sesso. La legge appena approvata va nella direzione opposta e sembra modellata su quella, sostanzialmente identica, approvata dal Parlamento ungherese nel 2021 che a sua volta si ispira ad una analoga introdotta in Russia nel 2013. Ma già a luglio di tre anni fa Bruxelles ha avviato una procedura di infrazione contro Budapest per la presunta violazione dei Trattati fondamentali dell’Unione. Nella causa presso la Corte di giustizia Ue, la Commissione è sostenuta da una quindicina di Paesi membri (di cui non fanno parte l’Italia e quasi tutti gli Stati dell’Europa centro-orientale, dai Balcani ai Baltici).Attualmente, circa 12 miliardi di euro di fondi di coesione destinati all’Ungheria sono bloccati per il mancato rispetto dello Stato di diritto, così come la maggior parte degli oltre dieci miliardi del Pnrr magiaro. Ora, i critici della nuova legge anti-Lgbtq+ di Sofia vorrebbero vedere lo stesso pugno duro anche contro l’esecutivo bulgaro.

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    L’Ungheria di Orbán ignora l’ultimatum di Bruxelles: il programma di visti agevolati per russi e bielorussi rimane in piedi

    Bruxelles – Budapest continua a fare spallucce sulla questione degli ingressi agevolati per cittadini russi e bielorussi, che sta preoccupando tanto Bruxelles quanto gli altri Stati membri. Il cosiddetto programma “Carta Nazionale”, tramite cui l’Ungheria permette ai residenti dei due Paesi di ottenere un permesso di soggiorno con procedure più spedite, rimane per il momento immutato. L’esecutivo comunitario aveva chiesto delle rassicurazioni da parte del governo di Viktor Orbán entro lunedì (19 agosto). Ma nessuno si è preoccupato di rispondere alle richieste fatte nero su bianco dalla Commissione europea, alzando così la temperatura dell’ennesimo braccio di ferro tra la cancelleria ungherese e l’Unione.Secondo lo schema al centro delle polemiche, che è entrato in vigore in concomitanza con l’inizio della presidenza di turno ungherese del Consiglio Ue (nei primi giorni di luglio) e modifica il quadro normativo relativo all’immigrazione, viene concesso ai cosiddetti “lavoratori ospiti” provenienti da otto Paesi terzi, tra cui Russia e Bielorussia, di soggiornare per due anni in Ungheria, con la possibilità di rinnovare il permesso per altri tre anni. Le nuove regole sui cosiddetti “visti rapidi” rendono il processo burocratico più spedito rispetto al rilascio di visti e permessi di lavoro regolari, e prevedono procedure agevolate anche per i ricongiungimenti familiari.Lo scorso primo agosto, la commissaria Ue agli Affai interni, Ylva Johansson, aveva inviato una lettera al suo omologo ungherese Sándor Pintér chiedendo chiarimenti su questo sistema che, di fatto, agevola l’ingresso sul territorio dell’Unione di cittadini provenienti da due Paesi terzi che Bruxelles considera ostili, permettendo loro di circolare liberamente nell’area Schengen. Il timore è che questa mossa possa aprire una falla nella sicurezza del blocco, fungendo da “cavallo di Troia” per spie e sabotatori al soldo del Cremlino che potrebbero addirittura ottenere la residenza permanente in uno Stato membro.E non si tratta di una preoccupazione della sola Commissione. Come riporta Euractiv, i titolari degli Esteri, degli Interni e della Giustizia di sei Paesi Ue (Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania e Svezia) più due extra-Ue (Islanda e Norvegia) si sono rivolti a Bruxelles lo scorso 15 agosto denunciando esplicitamente l’alleggerimento delle restrizioni legali sull’immigrazione decisa dal governo magiaro.Tecnicamente, il rilascio di visti e permessi di soggiorno è una competenza nazionale. Ma le cancellerie europee devono prestare attenzione “per non mettere a rischio l’integrità del nostro spazio comune senza controlli alle frontiere interne”, aveva sottolineato Johansson nella sua missiva, sottolineando che è compito dei governi “considerare debitamente le potenziali implicazioni per la sicurezza”. Un ragionamento ripreso anche dagli otto Stati che hanno sottoscritto la lettera alla Commissione. La stessa Johansson aveva caldeggiato “standard di controllo e vigilanza più elevati” per i cittadini russi che tentano di entrare nell’Unione, nella direzione diametralmente opposta rispetto a quella imboccata con il nuovo provvedimento adottato dall’Ungheria. Che, sostengono i critici, finisce per ledere sostanzialmente lo spirito di leale collaborazione tra gli Stati membri e per pregiudicare l’efficacia delle disposizioni del diritto comunitario, comprese tanto le regole interne a Schengen quanto le restrizioni sui cittadini di Paesi terzi.Allo scadere della deadline fissata dalla Commissione per ieri, non sarebbe giunta da Budapest alcuna risposta formale alle questioni sollevate da Johansson. L’unico commento da parte dell’esecutivo magiaro è arrivato per bocca del ministro degli Esteri, Peter Szijjártó, il quale ha dichiarato che “l’inclusione di cittadini russi e bielorussi nel programma National Card non comporta alcun rischio per la sicurezza dal punto di vista dell’area Schengen, poiché queste persone devono comunque sottoporsi a un controllo completo per entrare e soggiornare in Ungheria”. Szijjártó ha bollato come “bugie” le affermazioni degli omologhi europei, che sarebbero “accecati dalla loro adesione al campo della guerra”, cioè al sostegno politico e militare garantito all’Ucraina contro l’aggressione russa.Ora, la patata bollente finirà con ogni probabilità sul tavolo dei ministri degli Esteri e della Difesa dei Ventisette che si riuniranno in un Consiglio informale il 28 e 29 agosto prossimi. La riunione, che in gergo Ue si suole chiamare Gymnich (dal nome della località tedesca dove si tenne il primo incontro di questo tipo nel 1974), è un appuntamento fondamentale in vista della ripresa a pieno regime dei lavori del blocco dopo la pausa estiva. Tradizionalmente, viene ospitato dal Paese che detiene la presidenza di turno: in questo caso dovrebbe dunque tenersi a Budapest, ma data l’irritazione provocata dalle disinvolte “missioni diplomatiche” del premier ungherese in Ucraina, Russia, Cina e Stati Uniti lo scorso 22 luglio era stata presa la decisione di organizzare l’incontro a Bruxelles. Tra le opzioni a disposizione della Commissione per rimettere in riga l’esecutivo magiaro ci sarebbe, teoricamente, la sospensione dell’Ungheria dallo spazio Schengen, ma si tratterebbe di una mossa altamente conflittuale che rappresenterebbe un pericoloso precedente.

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    Usa 2024: Sandro Gozi alla Convention dei democratici a Chicago

    Bruxelles – Il segretario generale del Partito democratico europeo e membro della presidenza di Renew Europe, Sandro Gozi, parteciperà alla Convention nazionale del Partito democratico statunitense che prende il via oggi a Chicago.Il viaggio negli Usa del segretario del Pde fa seguito alle precedenti tappe di Washington e New York nel corso della passata legislatura europea e rientra nell’ottica del rafforzamento delle relazioni e della cooperazione tra i democratici europei e quelli Usa.“Le elezioni americane avranno un impatto enorme anche in Europa. Da anni, come Democratici europei, siamo impegnati a rafforzare i nostri legami con i Democratici americani. Con la nostra partecipazione a Chicago, vogliamo testimoniare il nostro sostegno a Kamala Harris e alla sua battaglia per i diritti civili, per la classe media e contro l’estremismo di Trump”, afferma Gozi.

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    Clima, Ue-Ua rilanciano la collaborazione meteo con un programma satellitare per dati di terza generazione

    Bruxelles – Una migliore raccolta dati per mitigare e prevenire le ricadute dei fenomeni meteorologici estremi, mettendo in sicurezza territorio e comunità locali in nome della sostenibilità. E’ questo l’ambizioso progetto per l’Africa, sostenuto dalla Commissione dell’Unione Africana, e che prende ufficialmente il via con l’installazione in Kenya della prima di una serie di stazioni riceventi PUMA-2025 specificamente progettate per catturare dati dalla prossima generazione di satelliti geostazionari Meteosat.L’installazione degli speciali punti di raccolta dati garantirà che i meteorologi keniani possano utilizzare i dati più accurati e frequenti dai satelliti Meteosat di terza generazione (MTG) per sostenere lo sviluppo sostenibile delle comunità locali e proteggere vite e mezzi di sostentamento. Per l’Europa questo significa lottare contro una delle principali cause dei nuovi flussi di migrazione, quello dei cambiamenti climatici.I satelliti Meteosat di Eumetsat, l’Organizzazione europea per lo sfruttamento dei satelliti meteorologici, sono gli unici satelliti di osservazione della Terra che hanno una visione costante dell’Africa. MTG fornirà immagini dell’Africa a una risoluzione più elevata di quanto sia possibile ora e più frequentemente, ovvero ogni 10 minuti. Eumetsat lavora con la Commissione dell’Unione Africana per creare una rete di stazioni simili in diversi servizi meteorologici e climatici nazionali in tutto il continente nei prossimi mesi. Ciò consentirà alla maggior parte dei meteorologi e degli scienziati africani di dotarsi della tecnologia più recente per ricevere e utilizzare i dati Mtg.Cosa vuol dire tutto questo lo riassume e lo spiega Phil Evans, Direttore Generale di Eumetsat: “La continuità della ricezione dei dati satellitari in tutto il continente, consentendo allerte precoci più efficienti per tutti, previsioni più accurate di eventi meteorologici estremi e una migliore protezione per tutti“. Insomma, l’Africa si sta dotando, in collaborazione con l’Europa, di uno strumento di nuova generazione per lottare contro i cambiamenti climatici e gli stress che il meteo può produrre su popolazione ed economia. L’accordo tra Unione africana e Organizzazione europea per lo sfruttamento dei satelliti meteorologici è stato siglato nel 2022, con l’obiettivo di rilanciare a aggiornare una collaborazione ormai ventennale tra i due continenti. La prima stazione ricevente PUMA è stata nel febbraio 2004, per ricevere i dati Meteosat di seconda generazione nell’ambito del progetto Preparation for Use of Meteosat in Africa (PUMA). Finora, grazie al supporto di vari programmi finanziati dall’Ue in Africa (come PUMA, AMESD, MESA), questa infrastruttura ha consentito con successo ai servizi meteorologici e climatici africani in tutto il continente di ricevere dati dai satelliti geostazionari Meteosat in modo tempestivo ed efficiente, per prevedere e monitorare gli eventi meteorologici estremi. Le attuali installazioni mirano ad aggiornare l’infrastruttura per MTG, per passare da dati di seconda generazione a dati di terza generazione. Le prossime installazioni includono una stazione a Cotonou (in Benin), dove si terrà il 16esimo Eumetsat User Forum in Africa. L’evento fornirà una piattaforma per i meteorologi africani per condividere conoscenze e migliori pratiche sull’uso dei dati Meteosat e discutere prospettive per migliorare i sistemi di allerta precoce.

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    Ab InBev resta in Russia, Mosca non dà il permesso a fermare il business della birra

    Bruxelles – Birre belga in Russia, il business continua perché Mosca non concede il permesso di interrompere gli affari. La storia di Ab InBev, la multinazionale della ‘bionda’ con sede a Leuven, in Belgio, si arricchisce di un nuovo capitolo che continua a mettere in imbarazzo i belgi e arricchisce la macchina da guerra del Cremlino. Sono le autorità russe ad aver detto ‘niet’ all’intenzione di Ab InBev di uscire dal consorzio con i russi e cedere le quote ai turchi di Anadolu Efes. Questi ultimi si sarebbero detti a più riprese disponibili a rimpiazzare Ab InBev nel mercato della birra in Russia, ma, ammettono i belgi, “non sono state ottenute le necessarie approvazioni normative e governative” per completare la transazione.La Russia in sostanza tiene l’industria delle birra belga legata e ancorata in patria, contro il volere dichiarato del colosso che, tra i vari marchi, vanta Corona, Stella Artois, Budweiser, Beck’s, Birra del Borgo, Leffe, e Jupiler, il brand che sponsorizza la massima serie calcistica del Belgio. Ab InBev ha annunciato l’intenzione di lasciare la Russia nel 2022, sulla scia della guerra dichiarata da Mosca all’Ucraina. Un’intenzione rimasta fin qui lettera morta, per ragioni di contratti commerciali e questioni giuridiche onerose e complicate.Da parte russa è facile capire il motivo che spinge a fare in modo che il partner europeo resti presente e attivo all’interno delle Federazione. Alla fine del 2023 la multinazionale della birra ha registrato ricavi per 59,4 miliardi di dollari. Un partner redditizio, ricco, stabile, che fa gola al Cremlino, e su cui le autorità russe possono esercitare pressione e offrire una prova di forza contro le sanzioni a dodici stelle, che vorrebbero azzerrare i rapporto economico-commerciali con la Russia di Putin per fermarne la macchina bellica. Invece la Russia di Putin, almeno in questa partita, sembra avere la meglio.

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    L’Alto rappresentante Ue Borrell ha suggerito di imporre sanzioni contro due ministri di Israele

    Bruxelles – Dopo le parole sconcertanti del ministro delle Finanze d’Israele, Bezalel Smotrich, sulla giustificazione morale di affamare la popolazione di Gaza per ottenere la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas, sono arrivate quelle di Itamar Ben-Gvir, ministro per la Sicurezza nazionale e leader del partito di estrema destra ‘Potere Ebraico’. Troppo per il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, che aveva condannato duramente la dichiarazione di Smotrich e chiesto al governo israeliano di prenderne distanza. Ora Borrell ha suggerito di imporre sanzioni contro i suoi due ministri più estremisti.In un post sul suo profilo X, Ben-Gvir ha criticato la strategia dei negoziati incoraggiata dagli Stati Uniti e dai principali Paesi della regione, perché Hamas “deve continuare a essere calpestato fino a che non si arrenderà completamente”. Per farlo, lo Stato ebraico dovrebbe “fermare il trasferimento di aiuti umanitari e carburante a Gaza finché tutti i nostri rapiti non saranno tornati a casa”. In più, il ministro ha esortato il governo israeliano a “incoraggiare l’immigrazione e occupare i territori della Striscia di Gaza per tenerli permanentemente nelle nostre mani”.I ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir (L) e Bezalel Smotrich (Photo by AMIR COHEN / POOL / AFP)Dichiarazioni che ricalcano quelle fatte a più riprese da Smotrich, a capo del partito Sionismo Religioso, e che per la verità non sono fughe in avanti dei leader, ma sono perfettamente in linea con i principi e le linee guida delle loro formazioni politiche: il programma politico di Potere Ebraico prevede esplicitamente l’annessione della Cisgiordania e il pieno controllo israeliano del territorio compreso tra il mar Mediterraneo e il fiume Giordano.  Rifiuta l’idea di uno Stato Palestinese e chiede la cancellazione degli Accordi di Oslo del 1993, con cui Israele e l’allora Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) si impegnarono per un reciproco riconoscimento.“Come le sinistre dichiarazioni del ministro Smotrich, questo è un incitamento a crimini di guerra“, ha commentato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, suggerendo di fissare in agenda un aggiornamento del regime di sanzioni europee per colpire i due ministri. Nel regime Ue di sanzioni per violazioni dei diritti umani, sono già presenti nove individui e cinque entità legati alle colonie illegali israeliane nei territori palestinesi occupati. Chi finisce sulla lista nera dell’Ue, è soggetto al congelamento dei beni sul territorio europeo e al divieto di mettere piede sul suolo europeo. Parallelamente, gli individui e le entità colpite dalle sanzioni non possono ricevefondi o risorse economiche a loro beneficio.Sebbene sia prerogativa di Borrell, in quanto Alto rappresentante, proporre di modificare gli elenchi di chi è soggetto a misure restrittive da parte dell’Unione europea, c’è bisogno del sì di tutti i Paesi membri per poter procedere. Il capo della diplomazia europea ha esortato un’altra volta il governo israeliano a “prendere inequivocabilmente le distanze da queste incitazioni a commettere crimini di guerra” ed a “impegnarsi in buona fede nei negoziati facilitati da Stati Uniti, Qatar ed Egitto per un cessate il fuoco immediato” a Gaza.

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    Ue al lavoro per stabilizzare il Libano. Varhelyi: “Situazione difficile”

    Bruxelles – La Siria ancora nella morsa di una guerra che prosegue da 13 anni, Israele in guerra contro il terrorismo di Hamas e in tensioni crescenti con l’Iran. In un Medio Oriente più instabile che mai l’Ue si mobilita per fare in modo che non salti anche il Libano, su cui il blocco a dodici stelle fa affidamento per gestire quel poco di ‘normalità’ rimasta nella regione. Ma il Libano inizia a destare preoccupazione circa la capacità di tenuta. Oliver Várhelyi, commissario per l’Allargamento, ammette “la difficile situazione che il Libano sta vivendo a livello nazionale, ulteriormente aggravata dalle tensioni regionale”.La Commissione, sulla spinta dei capi di Stato e di governo dell’Ue, ha deciso di provare a puntellare il governo di Beirut con un pacchetto di aiuti dal valore di un miliardo di euro per il quadriennio 2024-2027. L’obiettivo è assicurare “la stabilità del Libano e il suo forte sostegno al Libano e al popolo libanese nel contesto delle attuali crisi”, continua Várhelyi. Una priorità geopolitica in un momento di tensioni geopolitiche che continuano a preoccupare l’Europa per l’immediato futuro da un punto di vista economico, e non più solo quello.Cipro denuncia l’aumento del flusso dei richiedenti asilo siriani in arrivo sull’isola, via Libano. Il Paese dei cedri non riesce più a trattenere al proprio interno profughi e sfollati siriani che continuano ad arrivare, e li lascia partire. Tra arrivi regolari e ingressi irregolari si registra “un numero di migranti a Cipro cinque volte superiore a quello di qualsiasi altro Stato membro in prima linea”, denuncia l’europarlamentare Costas Mavrides (S&D) nell‘interrogazione in materia presentata al collegio.Ylva Johansson, commissaria per gli Affari interni, riconosce che la situazione si sta facendo delicata e ricorda che “Frontex sostiene il Libano attraverso il programma EU4BorderSecurity finanziato dalla Commissione, promuovendo la cooperazione bilaterale e regionale e la condivisione delle migliori pratiche nella gestione integrata delle frontiere”. Frontex, l‘Agenzia di guardia costiera e di frontiera dell’Ue ha il mandato di “negoziare un accordo di lavoro che potrebbe contribuire a migliorare le capacità di gestione delle frontiere“, nel caso specifico con il Libano. Si lavora con il Libano anche per la questione migratoria, altro elemento di pressione politica per un’Europa desiderosa di stabilità in un Medio Oriente comunque strategico. Per quanto riguarda i flussi migratori verso Cipro, l’esecutivo comunitario fa quel che può. “La Commissione – aggiunge Johansson – è in contatto regolare con le autorità cipriote e continua, insieme alle agenzie dell’Ue, a fornire a Cipro il necessario sostegno politico, finanziario e operativo per affrontare le attuali sfide nella regione”.

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    Per la Commissione Ue Kiev ha “il diritto” di colpire l’esercito russo “anche nel territorio del nemico”

    Bruxelles – È ancora in corso l’operazione militare dell’Ucraina nella regione russa di Kursk, e la domanda è una: è giustificato un attacco armato di Kiev per la propria autodifesa, non sul proprio territorio ma su quello della Russia? Mentre gli analisti stanno scorrendo gli articoli e le interpretazioni del diritto internazionale alla ricerca di una risposta che non può essere né bianca né nera (si intersecano questioni complesse come il diritto all’auto-difesa, il non-uso della forza e le sue eccezioni, la proporzionalità delle misure), da Bruxelles arriva invece una posizione netta: “L’Ucraina ha il diritto di colpire il nemico ovunque sia necessario sul suo territorio, ma anche nel territorio del nemico“, è quanto messo in chiaro da Peter Stano, portavoce dell’alto rappresentante Ue e vicepresidente della Commissione Europea, Josep Borrell, rispondendo alla stampa a proposito della posizione dell’Unione sugli ultimi sviluppi della guerra.(credits: Anatolii Stepanov / Afp)Ribandendo che l’Ue “non è coinvolta” nel conflitto e che “sosteniamo gli sforzi dell’Ucraina nel ripristinare la sua integrità territoriale e la sovranità, respingendo l’aggressione illegale della Russia”, incalzato dai giornalisti al punto quotidiano con la stampa di ieri (8 agosto), Stano si è spinto oltre: “L’Ucraina è sotto aggressione illegale, sta combattendo una guerra difensiva legittima secondo il diritto internazionale”, e questo “diritto di difendersi include anche combattere il nemico sul suo territorio”. Una posizione netta, che non lascia spazio a dubbi nell’esecutivo dell’Unione e nel suo Servizio europeo per l’azione esterna (Seae). A maggior ragione se si considera che poco più di un mese fa, a margine del Consiglio Europeo, i vertici delle istituzioni Ue hanno siglato insieme al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nuovi accordi di sicurezza con l’Ucraina.L’operazione militare di Kiev nella regione della Russia occidentale, al confine con l’Ucraina stessa, è iniziata martedì (6 agosto) ed è entrata nel suo quarto giorno di offensiva, con centinaia di soldati e decine di mezzi  corazzati che stanno combattendo contro l’esercito russo attorno alla cittadina di Sudzha e ora hanno nel mirino Lipetsk. A differenza di alcune operazioni dello scorso anno compiute da formazioni paramilitari (come la Legione Russia Libera) sostenute in modo indiretto da Kiev, ciò che è in atto è un attacco guidato dall’esercito ucraino, per la prima volta dopo oltre due anni di guerra. Come risposta Mosca ha inviato soldati e mezzi aerei, e proprio questo potrebbe essere l’obiettivo di Kiev: creare un diversivo per alleggerire alcuni fronti di guerra più sotto pressione – come quello orientale del Donbass – costringendo una parte dell’esercito russo a riorganizzarsi anche in un’altra regione finora non toccata dalla guerra, ma soprattutto, sul proprio territorio nazionale.