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    Ucraina, gli europarlamentari italiani insistono sulla ricerca della pace. E’ tempo di più diplomazia

    Bruxelles – Sostegno all’Ucraina, quello si. Senza se, ma… con dei ‘ma’. Uno su tutti, quello delle trattative di pace per porre fine a un conflitto che anima sempre di più le delegazioni italiane del Parlamento europeo. Non c’è dubbio che Kiev abbia il diritto di difendersi, e non si discute il sostegno dell’Ue, questa è una precisazione d’obbligo, oltre che a concetti ribaditi dai rappresentanti dei vari partiti italiani in occasione del briefing con la stampa che precedere la sessione plenaria del Parlamento, dove la questione Ucraina sarà oggetto dei lavori. Ma emerge in modo trasversale la necessità di dare nuovo impulso alla diplomazia.Chi pone l’accento sul tema in modo più urgente è Ignazio Marino (Verdi-Avs), che guarda con una certa apprensione all’immediato futuro. Le elezioni statunitensi si terranno tra 42 giorni, ricorda, e ricorda anche che il candidato repubblicano “Donald Trump ha detto che se vince non aspetterà l’insediamento per andare da Putin e negoziare la pace alle condizioni che più fanno gli interessi degli Stati Uniti“. Ecco che, alla luce di queste premesse, “anziché spingere per più armamenti bisognerebbe agire prima che agiscano altri“, visto che, insiste “se non ricordo male l’Ucraina si trova in Europa”.Inizia a farsi strada una preoccupazione tutta nuova, quella di un ruolo secondario e subalterno in politica estera. Non è detto che a succedere a Joe Biden nella Casa bianca sarà Trump, ma comunque si avverte la necessità di accompagnare il sostegno economico e armato dell’Ucraina a un dialogo fin qui ridotto al minimo. Salvatore De Meo, capodelegazione di Forza Italia, ben riassume la necessità di questa doppia linea d’azione. “Per quanto riguarda l’Ucraina non possiamo non continuare a rafforzare la vicinanza dell’Europa, insistendo per creare le condizioni per uno spiraglio di pace“.Linea e posizione analoga quella espressa dal Pd, attraverso Annalisa Corrado. “Il sostegno all’Ucraina resta necessario”, ma al tempo stesso, aggiunge, occorre un “potenziamento di tutti gli strumenti diplomatici“, perché quello che preoccupa sicuramente una parte dei socialisti è il rischio di “una escalation che poi diventa difficile da gestire”.I partiti di maggioranza e opposizione descrivono una certa convergenza sul tema, come dimostra una volta di più Stefano Cavedagna (Ecr), esponente del partito della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Per l’europarlamentare di Fratelli d’Italia resta fermo il principio per cui “l’Ucraina ha il diritto di difendersi, ci sono un aggredito e un aggressore”, con Fdi che “sostiene” Kiev, ma al tempo stesso anche all’interno del Fratelli d’Italia si è dell’idea che “l’obiettivo deve essere la pace“.Anche dalle fila della Lega viene esternata la necessità di “creare le prospettive di pace” quando si parla del conflitto russo-ucraino, sostiene Anna Maria Cisint. L’europarlamentare del Carroccio sottolinea come il suo partito e il suo gruppo “non si è mai sottratto a votare per il sostegno all’Ucraina”, ma, aggiunge, “non abbiamo mai fatto mistero della necessità di accompagnare l’aiuto con un’azione diplomatica forte”, perché “un tavolo di pace è necessario”.Serve dunque un riorientamento dell’Ue, che però è tutt’altro che scontato. Il motivo lo spiega Gaetano Pedullà (M5S-laSinistra). “Se vogliamo la pace dobbiamo cambiare la narrativa e smettere di fare quanto fatto negli ultimi due anni e mezzo, vale a dire andare avanti con sanzioni e rifornimento armi”. Per il pentastellato non ci sono grandi alternative. “Senza dialogo non ci può essere pace”, ma per avere un dialogo occorre avere le condizioni per agevolarlo. Quindi per forza di cose serve “ragionare con la Russia, prima che lo facciano gli Stati Uniti“.Nel gruppo italiano all’europarlamento serpeggerebbe dunque una generale necessità di una soluzione non armata del conflitto, a riprova delle insofferenze, non solo italiane, prodotte da un conflitto che va avanti contro ogni interesse a dodici stelle. Su una cosa tutte le delegazioni tricolore sembrano non avere dubbi: le armi fornite dall’Italia all’Ucraina devono essere utilizzate solo per scopi di difesa e non di offesa. un concetto espresso e ribadito da tutti.

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    L’Ue pronta a nuove sanzioni contro l’Iran: nel mirino missili balistici, droni e il settore dell’aviazione

    Bruxelles – L’Ue pronta ad allinearsi alle sanzioni contro Teheran già adottate da Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania in risposta al trasferimento di missili balistici di fabbricazione iraniana alla Russia. Un trasferimento che è “minaccia diretta alla sicurezza europea”, una “sostanziale escalation materiale” rispetto alla fornitura a Mosca di droni e munizioni. Per questo l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, ha annunciato che Bruxelles risponderà con “nuove e significative misure restrittive”.L’Unione europea inserirà quindi nel già ben nutrito regime di sanzioni contro l’Iran per il suo supporto alla Russia nuove persone ed entità coinvolte nei programmi iraniani di missili balistici e droni, e “sta valutando” misure restrittive anche nel settore dell’aviazione. Il capo della diplomazia Ue ha precisato che la risposta avverrà “rapidamente e in coordinamento con i partner internazionali”. Washington e Londra hanno già agito: il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha annunciato il 10 settembre sanzioni contro sei società iraniane di droni e missili balistici e dieci tra i loro dirigenti e dipendenti. Anche la compagnia aerea iraniana Iran Air è finita sotto la scure occidentale: Washington ha rivelato che “i partner internazionali annunceranno misure che non permetteranno a Iran Air di operare sul loro territorio in il futuro”. E Londra ha infatti annunciato che “porrà fine a tutti i collegamenti aerei diretti” con l’Iran.Lo scorso 14 maggio – dopo il massiccio lancio di droni da Teheran verso Israele – il Consiglio dell’Ue aveva deciso di ampliare il campo di applicazione del regime di sanzioni in considerazione del sostegno militare dell’Iran non solo alla Russia, ma anche a gruppi armati in Medio Oriente e nella regione del Mar Rosso. E può ora colpire individui ed entità che forniscono, vendono o sono in qualsiasi modo coinvolti nel trasferimento di missili e droni iraniani. Le sanzioni consistono nel divieto di ingresso sul territorio comunitario per gli individui, nel congelamento dei beni detenuti nei Paesi Ue e sul divieto di fornire fondi ai soggetti elencati.Per Borrell la fornitura di missili balistici al Cremlino “avviene nel mezzo dei più recenti attacchi della Russia contro l’Ucraina, anche con missili balistici e droni, che dimostrano la sua chiara determinazione a continuare la sua brutale guerra di aggressione contro l’Ucraina e il suo popolo, in particolare prendendo di mira le infrastrutture energetiche critiche, cercando di causare la massima perdita possibile di vite civili e di infliggere devastazioni su larga scala”. Toccherà ora ai 27 Stati membri dare il via libera alle sanzioni messe sul tavolo dall’Alto rappresentante.

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    Sanchez all’Ue: ripensiamo i dazi sulle auto elettriche cinesi

    Bruxelles – L’imposizione di dazi sui veicoli elettrici cinesi dovrebbe essere “riconsiderata” dall’Unione europea. Lo ha detto ieri (11 settembre), durante la sua visita in Cina, il presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez: “Non abbiamo bisogno di una nuova guerra, in questo caso una guerra commerciale”, ha affermato.La Commissione dovrebbe imporre le sue tariffe entro la fine di ottobre, dopo un annuncio della fine di agosto.La paura spagnola sembra essere quella di ritorsioni da parte cinese, dopo che da alcuni mesi Pechino ha avviato diverse indagini antidumping e antisovvenzioni su prodotti europei, tra cui la carne di maiale, delle quali la Spagna è il principale esportatore dell’Ue.Entro la fine di ottobre gli Stati membri saranno chiamati a votare sull’approvazione di dazi sui veicoli elettrici cinesi, che potrebbero essere bloccati se una maggioranza qualificata di Stati membri votasse contro.All’inizio di luglio, dazi provvisori sono stati approvati da undici Paesi, mentre altri quattro hanno votato contro e nove si sono astenuti.

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    Dall’Egitto le accuse di Borrell a Israele: “Vuole trasformare la Cisgiordania in una nuova Gaza”

    Bruxelles – Dura accusa dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, al governo Netanyahu. Le recenti operazioni israeliane in Cisgiordania “hanno un obiettivo chiaro”: trasformarla “in una nuova Gaza, intensificando la violenza e delegittimando l’Autorità Palestinese”. E la condanna al raid che avrebbe causato almeno 40 morti e 60 feriti nella zona umanitaria di Al-Mawashi, a Khan Younis. In visita in Egitto, Borrell ha dichiarato: “Non posso che pronunciarmi contro questo genere di cose. La guerra ha sempre le sue leggi. È difficile credere che queste leggi di guerra vengano rispettate”.Israele sostiene di aver colpito “importanti terroristi di Hamas che operavano da un centro di comando e controllo” all’interno del campo profughi. Solo due giorni fa, il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, aveva declinato la proposta di Borrell – in viaggio in Medio Oriente – di fissare un incontro in Israele. In conferenza stampa con il ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, il capo della diplomazia Ue ha ribadito l’importanza di un cessate il fuoco a Gaza, rammaricandosi del fatto che l’accordo ma non sia mai stato raggiunto, a quasi un anno dall’inizio del conflitto. “Perché? È molto semplice: perché coloro che fanno la guerra non hanno interesse a farla finire. Quindi fingono. Sempre meno, perché la loro intransigenza è accompagnata da una totale impunità e le loro azioni non hanno conseguenze”, ha denunciato Borrell, che ha poi ripetuto la sua invettiva intervenendo ad una conferenza con gli Stati della Lega araba.L’Alto rappresentante ha accusato “membri radicali del governo di Netanyahu” di “cercare di rendere impossibile la creazione di un futuro Stato palestinese”. Borrell ha poi spronato i Paesi della Lega araba ad “accelerare il lento – certamente troppo lento – cambiamento di percezione del conflitto israelo-palestinese riaffermando l’Iniziativa di pace araba e facendola conoscere meglio in tutto il mondo”.Il primo appuntamento utile è la prossima Assemblea Generale dell’Onu, che si terrà a fine mese a New York: per Borrell un’opportunità per mobilitare la comunità internazionale. “Dobbiamo lanciare il processo, non solo un evento, in modo da poter continuare a lavorare ogni giorno con tutti coloro che sono pronti a costruire la soluzione dei due Stati, impegnandosi e cercando il tipo di pressione che possiamo esercitare su coloro che non vogliono questa soluzione”, ha spiegato.

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    Rimpasto di governo: Kiev nomina come ministro degli Esteri il vice di Dmytro Kuleba

    Bruxelles – Procede il cambio ai vertici dell’esecutivo ucraino avviato dal presidente Volodymyr Zelensky all’inizio della settimana, che aveva portato alle dimissioni eccellenti del ministro degli Esteri Dmytro Kuleba lo scorso mercoledì (4 settembre). Il giorno successivo, la Verkhovna Rada (il Parlamento monocamerale nazionale) ha approvato la nomina del vice di quest’ultimo, Andrii Sybiha, per guidare la diplomazia e gli sforzi internazionali del Paese. Nelle intenzioni del capo dello Stato, il rimpasto governativo più ampio dall’inizio dell’invasione russa su larga scala dovrà servire a ridare nuova energia all’Ucraina mentre sta per cominciare un altro, difficile inverno. Così, i deputati di Kiev hanno approvato giovedì (5 settembre) la figura proposta da Zelensky per sostituire Kuleba, che era diventato in questi due anni e mezzo uno dei volti ucraini più conosciuti all’estero. I voti favorevoli a Sybiha alla Rada sono stati 258, mentre non sarebbe stato espresso nessun parere contrario. Il 49enne Sybiha, che ha alle spalle una solida carriera diplomatica (dal 2016 al 2021 è stato ambasciatore in Turchia, tra le altre cose) e lavora da tempo all’interno dell’ufficio del presidente, era diventato il numero due di Kuleba lo scorso aprile. Si unirà dunque agli altri nuovi ministri approvati dal Parlamento, mentre al suo predecessore, che è stato per anni il volto e la voce di Kiev nei rapporti con gli alleati, spetterebbe ora una posizione che ha a che fare con il rafforzamento delle relazioni con la Nato. Il rimpasto governativo sta coinvolgendo diverse altre figure politiche. Olga Stefanishyna (ex vicepremier responsabile dell’Integrazione europea ed euro-atlantica) è diventata ministra alla Giustizia, Oleksiy Kuleba gestirà lo Sviluppo delle comunità, dei territori e delle infrastrutture, Svetlana Grinchuk prenderà in carico il ministero dell’Ambiente. Mykolai Tochitsky avrà la responsabilità della Cultura e delle comunicazioni strategiche, mentre all’Agricoltura è stato nominato Vitaliy Koval (che prima guidava il Fondo delle proprietà statali). L’ex vicepremier Iryna Vereshchuk prenderà la guida della divisione Armi e difesa dell’ufficio del presidente e alle Industrie strategiche dovrebbe invece finire Herman Smetanin, che dal giugno 2023 è a capo di Ukroboronprom, un’azienda nel settore della difesa. 

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    L’Ue avverte la Serbia: “Allinearsi alla Russia in contrasto con obiettivo dichiarato di adesione”

    Bruxelles – O la Russia o l’Unione europea. Una cosa esclude l’altra e la Serbia deve chiarire che intenzioni ha per il suo presente e ancor di più per il proprio futuro. La Commissione europea non gradisce il viaggio del vice primo ministro serbo Aleksandar Vulin in Russia e il suo incontro col presidente russo Vladimir Putin, e avverte che scelte troppo filo-russe potrebbero chiudere le porte dell’Ue per Belgrado bloccando di fatto il processo di adesione.“Sotto la guida di Vladimir Putin la Russia viola lo Statuto delle Nazioni Unite e il diritto internazionale su cui si fonda l’Unione europea, e allinearsi alla Russia non è compatibile con i principi dell’Ue e in contrasto con ciò che richiede l’adesione all’Ue”, mette in chiaro Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell. La missione istituzionale condotta da Vulin “è in contrasto con l’obiettivo dichiarato di aderire all’Ue”, e da Bruxelles arriva l’invito esplicito ad “astenersi dal rafforzare i legami con la Russia”.La richiesta è però un minaccia. L’incompatibilità delle politica di Belgrado con i valori e l’acquis comunitario implica per l’Unione europea il dover riconsiderare il processo di adesione, il che vuol dire minacciare di sospenderlo come l’esecutivo comunitario ha iniziato a fare con la Georgia. La Serbia ha fatto richiesta di adesione all’Ue nel 2009, e a marzo 2012 ha ottenuto lo status di Paese candidato. Da allora oltre un decennio di lavorio continuo, reso più complicato dalla questione del Kosovo e la normalizzazione dei rapporti tra le due entità (il Kosovo continua a non essere riconosciuto come Stato indipendente e sovrano da tutti i 27), ma comunque mai messo in discussione come oggi.

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    Con la nuova legge sulla famiglia, la Georgia si allontana sempre più dall’Europa

    Bruxelles – Come i gamberi, così Tbilisi. La Georgia sembra continuare a fare passi indietro nel suo percorso di adesione all’Unione europea, che da mesi è di fatto congelato per via delle preoccupazioni di Bruxelles sulla situazione della democrazia, delle libertà civili e dello Stato di diritto. Ora, l’ultima aggiunta alla lista di scelte problematiche compiute dal Paese caucasico è una legge sui valori della famiglia che, secondo i vertici comunitari, mettono a serio rischio le minoranze. In una nota sul suo sito, il Servizio di azione esterna europeo (Seae) ha deplorato l’adozione da parte del Parlamento georgiano del pacchetto legislativo sui “valori della famiglia e la protezione dei minori”. Le nuove norme, approvate dai deputati in seconda lettura mercoledì (4 settembre), modificano l’articolo 30 della Costituzione inserendo nella carta fondamentale il riferimento a diverse questioni come il matrimonio, l’adozione e l’affidamento di minori, gli interventi medici legati all’identità di genere, il riconoscimento del genere nei documenti e l’uso di termini legati al genere nei comunicati ufficiali e nella sfera mediatica. In sostanza, ora la Georgia riconosce come famiglia – e tutela in quanto tale – solo l’unione di un uomo (“biologicamente maschio”) e di una donna (“biologicamente femmina”). La nuova legge “mina i diritti fondamentali della popolazione georgiana e rischia di stigmatizzare e discriminare ulteriormente una parte della popolazione”, si legge nel comunicato del Seae, che constata come “una legislazione con importanti ripercussioni sul percorso di integrazione nell’Ue sia stata approvata senza le dovute consultazioni pubbliche e senza un’analisi approfondita della sua conformità agli standard europei e internazionali”. Il Servizio, che fa capo all’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Josep Borrell, sottolinea che “la garanzia e il rispetto dei diritti umani sono al centro del processo di allargamento” e che “il processo di adesione della Georgia è di fatto interrotto”, esortando le autorità di Tbilisi a tornare sui propri passi.Con l’adozione della nuova legislazione, dunque, il Paese del Caucaso meridionale si allontana ancora di più dalla prospettiva dell’adesione al blocco dei Ventisette, allungando la lista di provvedimenti incompatibili con gli standard europei per quanto riguarda soprattutto la tenuta della democrazia e dello Stato di diritto. Dalla famigerata legge sugli “agenti stranieri”, che pochi mesi fa aveva portato in piazza decine di migliaia di manifestanti e che aveva spinto il Consiglio europeo a giudicare “di fatto arrestato” il percorso di adesione di Tbilisi all’Ue, fino alla prospettiva, basata su quella stessa legge e per ora solo ventilata, di bandire i partiti di opposizione dopo le elezioni in calendario per il mese prossimo. Una brusca battuta di arresto per l’obiettivo, ormai lontanissimo, di diventare il primo Stato candidato ad accedere all’Unione entro il 2030.

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    Al via il rimpasto di governo in Ucraina. Si è dimesso il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba

    Bruxelles – Il rimpasto di governo annunciato da Volodymyr Zelensky per fare quadrato in vista dell’inverno fa la sua prima vittima illustre: il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha presentato le sue dimissioni. L’ha annunciato lo speaker del Parlamento di Kiev, Ruslan Stefanchuk. “Il Parlamento prenderà in considerazione le sue dimissioni durante una delle prossime riunioni”, ha aggiunto.Kuleba, che dall’inizio dell’invasione della Russia in Ucraina ha gestito i rapporti diplomatici con gli alleati di Kiev al più alto livello, è solo l’ultimo di una già corposa lista di membri del governo di Zelensky che hanno lasciato il proprio incarico nelle ultime 24 ore. Prima di lui, hanno abbandonato la vice prima ministra per l’Integrazione europea, Olga Stefanishyna, il ministro della Giustizia, Denys Malyuska, la vice prima ministra Iryna Vereshchuk e il ministro delle Industrie strategiche Oleksandr Kamyshin.Dmytro Kuleba e l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, a Bruxelles nel novembre 2023 (Photo by JOHN THYS / AFP)Ieri sera (3 settembre) Zelensky aveva annunciato l’imminente rimpasto, dipinto come un “reset politico” della cerchia stretta del presidente per rafforzare il governo. “L’autunno sarà estremamente importante per l’Ucraina e le nostre istituzioni statali devono essere impostate in modo tale da consentirci di ottenere tutti i risultati di cui abbiamo bisogno, per tutti noi. Per fare questo, dobbiamo rafforzare alcune aree del Governo, le decisioni sul personale sono state preparate. Ci saranno cambiamenti anche nell’ufficio del Presidente”, aveva reso noto il leader ucraino.La sfilza di dimissioni si è accavallata con nuove tragiche notizie dal fronte di guerra: questa mattina, in un attacco missilistico condotto da Mosca sulla città ucraina di Lviv, sarebbero rimaste uccise almeno sette persone, di cui tre minori. Dalla Russia è arrivato il commento sarcastico al rimpasto governativo a Kiev, attraverso le parole della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova: “È autunno, cadono le foglie e i rami si mostrano nudi”, ha dichiarato all’agenzia di stampa Tass.