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    L’Ue a pesca di alleati nei Caraibi, von der Leyen incontra i leader del Caricom

    Bruxelles – In linea con la strategia della Commissione europea per la costruzione ed intensificazione di partenariati strategici in giro per il mondo, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha completato la sua visita di due giorni a Bridgetown, Barbados, dove ha partecipato alla 48esima sessione ordinaria della Conferenza della Comunità dei Caraibi (Caricom). Ospite del primo ministro delle Barbados Mia Mottley, ha incontrato i 15 leader dei paesi caraibici, riaffermando ai presenti la vicinanza delle due comunità ai capi opposti dell’Atlantico, e di come entrambe condividano il saldo supporto all’Ucraina.La visita si inserisce nel contesto dei recenti accordi con Mercosur, Messico e Malaysia. Sono previste in futuro ulteriori visite di sensibilizzazione in Sud Africa e in India, mentre un vertice Ue-Asia centrale si terrà in aprile.“In questo mondo in cui vi è un chiaro tentativo di costruire sfere di influenza, dove visioni contrastanti dell’ordine mondiale stanno portando ad un approccio transazionale agli affari globali” ha detto la presidente alludendo, senza fare nomi, all’atteggiamento di Washington e Mosca, “l’Europa vuole essere un partner corretto e fidato per tutte le regioni del mondo che vogliono lavorare con noi“.Breve scambio tra il primo ministro di Grenada Dickon Mitchell e la presidente sul tema delle riparazioni europee per la schiavitù coloniale: “La schiavitù è un crimine contro l’umanità” ha risposto lei.Cambiamento climatico, intelligenza artificiale, commercio e ambiente tra i temi trattati. Von der Leyen ha, inoltre, partecipato al lancio di 4 programmi di investimento e partenariato nei settori biomedico, farmaceutico, delle telecomunicazioni e dell’energia pulita, ed ha a inoltre annunciato un pacchetto di aiuti ad Haiti da 19,5 milioni di euro.

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    L’Ue vuole nuove relazioni con l’India, ma il nuovo corso di Delhi è una sfida

    Bruxelles – L’India come nuova meta, una risposta alle nuove tensioni globali e alle nuove logiche geopolitiche. L’Unione europea, ed in particolare la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, puntano molto su una nuova stagione di relazioni bilaterali con Nuova Delhi. Una scelta per certi aspetti obbligata, ma che rischia di gettare il vecchio continente in una dimensione anche controproducente. Perché l’India, al pari della Cina, mantiene un ruolo di partner privilegiato con la Russia condannata e oggetto di ben sedici pacchetti di sanzioni, ed ha ancora molto da fare a livello di diritti umani. In sostanza, non è propriamente paladina di quei valori tanto sbandierati dall’Ue in questi ultimi anni.Il Centro studi e ricerche del Parlamento europeo, in un documento di lavoro redatto per agevolare il compito degli europarlamentari, non nasconde che le relazioni Ue-India non sono prive di criticità. La prima riguarda l’agenda politica indiana. “L’Ue sta cercando di ampliare la sua cerchia di partner chiave, sullo sfondo dell’incertezza sulle relazioni transatlantiche”, la premessa del documento, ma “l‘India nel frattempo mantiene una relazione privilegiata con la Russia e sta rafforzando i legami con l’amministrazione Trump“. Un modo di porsi sullo scacchiere internazionale che certamente pone l’Ue nella scomoda posizione di dover scegliere: evitare ogni rapporto con chi non condivide principi europei, o scegliere quel pragmatismo enunciato da von der Leyen per cui bisogna saper accettare di “dover lavorare con paesi che non hanno idee simili ma condividono alcuni dei nostri interessi”.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyne, con il primo ministro indiano, Narendra Modi (fonte: Commissione Ue)Ue-India, il calendario per la nuova stagione di relazioniLa Commissione europea fa sul serio. Poco importa se Nuova Delhi flirta con Mosca e Washington. L’intero collegio sarà in India la prossima settimana, il 27 e 28 febbraio. Per l’occasione si riunirà anche il consiglio Ue-India per il commercio e la tecnologia. Una comunicazione congiunta su una nuova agenda strategica Ue-India è prevista per il secondo trimestre del 2025. Un vertice Ue-India potrebbe aver luogo nell’ultimo trimestre del 2025. Un calendario con date, tappe, obiettivi, a riprova di volersi mettere al riparo da nuove tensioni commerciali e nuovi ordini mondiali.L‘Ue desidera sviluppare le sue relazioni con l’India, il cui mercato e la cui crescita economica rappresentano una preziosa opportunità per le aziende europee, soprattutto nel campo delle tecnologie verdi. L‘India è leader nella promozione delle energie rinnovabili, viene ricordato, e questo ruolo non è nuovo. A marzo 2018 il primo ministro indiano, Narendra Modi, insieme al Presidente francese Emmanuel Macron, ha co-presieduto la conferenza fondatrice dell’Alleanza internazionale per il solare (International Solar Alliance, Isa). La missione dell’Isa è quella di sbloccare un trilione di dollari in investimenti solari entro il 2030, riducendo al contempo i costi di tecnologia e finanziamento.La partita geopoliticaC’è poi tutta la partita geopolitica da dover considerare e da non dover sottovalutare. I ricercatori del Parlamento europeo ricordano che l’obiettivo di Nuova Delhi è “collocarsi al centro dell’equilibrio di potere globale” tra gli Stati Uniti e i suoi alleati da una parte, e Russia e Cina (con cui partecipa all’organizzazione intergovernativa BRICS e alla Shanghai Cooperation Organisation) dall’altra. Allo stesso tempo, l’India mira a rappresentare e guidare il ‘Sud globale’.In questa agenda tutta indiana la Russia gioca un ruolo non indifferente, visto che storicamente l’India si sente minacciata dalla Cina (con cui esiste ancora il contenzioso sui territori dell’Aksai-Chin, rivendicati da entrambe le parti), e vede nelle relazioni con la Russia un modo per rispondere a questo senso di accerchiamento cinese. Una parte del greggio russo sanzionato dagli europei è stato acquistato dall’India, che avrebbe aiutato a far entrare in Russia materiale aeronautico europeo che non potrebbe essere venduto in Russia.C’è poi la questione diritti umani, che “rappresentano un’ulteriore causa di disagio nelle relazioni Ue-India”. Nella sua risoluzione di gennaio 2024 sulle relazioni Ue-India, il Parlamento ha espresso preoccupazione per la situazione dei diritti umani e della democrazia nel paese.

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    Kallas attacca Pechino: “Cina fattore chiave nella guerra russa contro l’Ucraina”

    Bruxelles – Scalzata dagli Stati Uniti nella gestioni delle crisi internazionali, raggirata dalla Cina nonostante impegni mai davvero sottoscritti. La guerra russo-ucraina e la crisi che ne scaturisce può tramutarsi in un fallimento politico completo. Dopo colloqui e proposte di pace gestite da Washington e Mosca senza il coinvolgimento europeo, ora anche l’ammissione di un ruolo giocato da Pechino, nonostante gli inviti a non averne. “La Cina è un fattore chiave nella guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina“, riconosce l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas. Risponde a un’interrogazione parlamentare voluta proprio per capire che ruolo sta svolgendo la Repubblica popolare e come l’Europa stia agendo. E’ qui che Kallas va all’attacco di Xi Jinping e il suo governo. “Senza il sostegno della Cina, la Russia non sarebbe in grado di continuare la sua aggressione militare con la stessa forza“, afferma. Accuse dirette e serie, ma fondate. Perché, continua l’Alto rappresentante, “la Cina è il più grande fornitore di beni a duplice uso [civile-militare] e di articoli sensibili che sostengono la base industriale militare della Russia e che si trovano sul campo di battaglia in Ucraina”. L’industria cinese produce, l’armata russa utilizza: lo schema messo a punto tra Mosca e Pechino si riassume dunque così. A Bruxelles sono consapevoli che tutto ciò che viene prodotto tra Repubblica popolare e Hong Kong, è poi utilizzato “in diversi tipi di equipaggiamento militare”. L’Unione europea sa perfettamente dell’alleanza venutasi a creare a oriente, e già con il tredicesimo pacchetto di sanzioni aziende cinesi sono state oggetto di misure restrittive. Ora però il vaso è colmo.Il freddo riavvicinamento tra Ue e Cina. Von der Leyen: “Rapporto complesso che dobbiamo far funzionare”“Il sostegno della Cina ha un costo”, sottolinea Kallas. La condotta del governo cinese “influisce negativamente sulle relazioni Ue-Cina”, che comunque proseguono, non sono interrotte. Al netto di accuse e minacce velate non è chiaro come si potrà procedere nei confronti di un partner sempre più scomodo e in aperta contraddizione con la risposta prodotta dall’Ue nel conflitto in corso su suolo ucraino. La ‘questione cinese’ del conflitto russo-ucraino potrebbe finire al centro del vertice informale di Parigi, organizzato e ospitato oggi (17 febbraio) dal presidente francese, Emmanuel Macron, proprio per discutere di Ucraina e di strategie europee in merito. Presidenti i capi di Stato e di governo di Germania, Regno Unito, Italia, Polonia, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca (la prima ministra danese rappresenterà il gruppo dei Paesi scandinavi e baltici), oltre alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e il segretario generale della Nato, l’olandese Marc Rutte.

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    Monaco, tutti gli occhi sull’Ucraina (e Vance). Zelensky: “Putin attaccherà la Nato”

    Bruxelles – La Conferenza sulla sicurezza di Monaco è col fiato sospeso. A difendere le ambizioni euro-atlantiche dell’Ucraina sembra rimasta solo Bruxelles, almeno nominalmente, mentre il vicepresidente Usa James David Vance minimizza le minacce poste dalla Russia al Vecchio continente. Prima del colloquio col numero due della Casa Bianca, Volodymyr Zelensky ha incontrato i vertici delle istituzioni comunitarie.Nel settembre 1938, Monaco di Baviera fece da cornice ad uno degli accordi più scellerati della storia europea, quando le cancellerie democratiche permisero ad Adolf Hitler di fare a pezzi l’allora Cecoslovacchia dandogli in pasto la regione dei Sudeti (oggetto delle mire pangermaniste del Partito nazionalsocialista), nella speranza di scongiurare una guerra. Il risultato ottenuto dalla strategia dell’appeasement fu l’invasione della Polonia da parte delle truppe del Reich nel giro di un anno e, da lì, la deflagrazione del conflitto più devastante di cui si abbia traccia nella storia dell’umanità.Da oggi (14 febbraio) e fino a dopodomani, a Monaco sono riuniti i leader mondiali per partecipare alla Conferenza sulla sicurezza (Msc). Mentre aleggia sopra il Bayerischer Hof lo spettro del presidente russo Vladimir Putin, la preoccupazione è che l’approccio della nuova amministrazione statunitense ai negoziati col Cremlino porti a ripetere gli stessi errori del passato.“Un’Ucraina fallita indebolirebbe l’Europa, ma anche gli Stati Uniti“, ha avvertito la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen dal palco, un monito a non lasciare che sia Putin a dettare i termini del cessate il fuoco che, dopo la telefonata dell’altroieri con Donald Trump, sembra ormai a portata di mano.Dear @ZelenskyyUa, Europe stands with you for a just and lasting peace, with strong security guarantees.We will keep providing continued and stable support to Ukraine.And speed up work on your EU accession.Joint read-out with @eucopresident ↓— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) February 14, 2025Alla conferenza è presente anche Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino sa bene che la finestra di opportunità per impedire che Trump negozi direttamente con Putin bypassando completamente Kiev si sta chiudendo rapidamente. “Un accordo di pace non può essere firmato a Monaco, ricordiamo quello che è stato firmato qui, non lo ripeterò”, ha dichiarato, aggiungendo di non voler essere “quella persona nella storia che ha aiutato Putin a occupare il mio Paese“.Mentre aspetta il suo faccia-a-faccia con il numero due della Casa Bianca, James David Vance (con il quale si è detto disposto a “discutere l’accordo sui nostri minerali“, un’opzione ventilata dallo stesso Trump per garantire il sostegno militare a Kiev), il presidente ucraino ha incontrato i vertici Ue.Nel comunicato congiunto diffuso dopo il colloquio con il capo dell’esecutivo comunitario e il presidente del Consiglio europeo, António Costa, si legge dell’impegno a “fornire un sostegno costante e stabile all’Ucraina fino al raggiungimento di una pace giusta, globale e duratura“, l’unico esito che “porterà a un’Ucraina sovrana e prospera e garantirà la sicurezza dell’Ucraina e dell’Europa“. La nota ribadisce inoltre “la volontà di porre l’Ucraina in una posizione di forza prima di qualsiasi negoziato futuro e di fornire all’Ucraina forti garanzie di sicurezza“.Cioè quanto i governi europei – soprattutto quelli baltici e scandinavi – e l’Alta rappresentante Kaja Kallas stanno ripetendo con particolare insistenza negli ultimi giorni, dopo che il segretario alla Difesa di Washington Pete Hegseth ha chiuso la porta ad ogni possibilità di impiegare truppe statunitensi in qualunque operazione di peacekeeping nell’ex repubblica sovietica (operazione che, se ci sarà, dovrà essere fuori dall’ombrello Nato). Costa, von der Leyen e Zelensky hanno reiterato infine la loro volontà condivisa di “intensificare il lavoro per accelerare il processo di adesione dell’Ucraina” al club a dodici stelle.Nello stesso momento in cui i droni russi tornano a cadere sulla centrale nucleare di Chernobyl, il leader ucraino ha avvertito che il Cremlino potrebbe presto lanciare un’aggressione dalla Bielorussia contro uno Stato lungo il fianco orientale della Nato, “forse la Polonia, forse i Baltici”, oppure sferrare una nuova offensiva verso Kiev.Il vicepresidente statunitense James David Vance parla alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il 14 febbraio 2025 (foto via Imagoeconomica)Ma gli occhi e gli orecchi degli astanti sono tutti per Vance, dichiaratosi fiducioso del fatto che “possiamo giungere ad un accordo ragionevole tra la Russia e l’Ucraina“. Il vicepresidente ha poi spiazzato la platea sostenendo che il pericolo maggiore in Europa non deriva dalle minacce esterne ma proviene dall’interno, da quelle che ha bollato come “restrizioni alla libera espressione“, che sono per definizione intrinsecamente antidemocratiche.Esortando i leader europei a “non fuggire dagli elettori“, Vance ha anche suggerito di abbandonare i “cordoni sanitari” contro l’estrema destra, ad appena nove giorni dalle elezioni federali in Germania in cui l’ultradestra post-nazista e filorussa di Alternative für Deutschland (AfD), elogiata costantemente da Elon Musk, è accreditata dai sondaggi con almeno il 20 per cento dei consensi.

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    RDC, l’Eurocamera chiede di sospendere l’accordo sui minerali con il Ruanda

    dall’inviato a Strasburgo – L’Eurocamera chiede a gran voce alla Commissione europea di tornare sui suoi passi e sospendere l’accordo sui minerali critici con il Ruanda alla luce dell’escalation militare nella regione del Nord Kivu nella Repubblica Democratica del Congo. Le violenze di Goma perpetrate dai ribelli dell’M23 con il supporto delle forze di difesa ruandesi ne compromettono inevitabilmente l’integrità. Ma proprio dall’Aula di Strasburgo, la commissaria Ue per il Mediterraneo, Dubravka Šuica, ha chiarito la linea di Bruxelles: l’acquisto di metalli e terre rare proseguirà, la sua sospensione potrebbe essere “controproducente” perché verrebbero meno i vincoli sui diritti umani posti dall’Ue.Nella risoluzione adottata ieri (13 febbraio) con 443 voti favorevoli, 4 contrari e 48 astensioni, gli eurodeputati hanno condannato fermamente l’occupazione di Goma e di altri territori nella parte orientale della RDC – regione ricchissima di minerali – da parte dei ribelli dell’M23 e dell’esercito ruandese. Nel testo, l’Eurocamera sottolinea gli “attacchi indiscriminati, le uccisioni illegali, gli stupri e gli altri palesi crimini di guerra” che si sono succeduti nelle ultime settimane al confine tra RDC e Ruanda. Sarebbero oltre 3 mila i morti nella città sul lago Kivu.Violenze che mettono in imbarazzo la Commissione europea, che negli ultimi anni ha intensificato i rapporti con Kigali. Le misure di assistenza finanziaria diretta, il sostegno militare attraverso lo European Peace Facility alle truppe ruandesi schierate nel Mozambico settentrionale: gli eurodeputati ne chiedono lo stop, almeno finché “Kigali non assicurerà la rottura di tutti i legami con l’M23”. Ma soprattutto, Strasburgo chiede la sospensione immediata del memorandum d’intesa Ue-Ruanda sulle catene di valore delle materie prime sostenibili, siglato solo un anno fa, “fino a quando il Ruanda non dimostrerà di aver cessato le sue interferenze e l’esportazione di minerali estratti dalle aree controllate dall’M23”. Quei minerali sono “insanguinati”, avverte l’Eurocamera.Il ministro degli Esteri del Ruanda, Vincent Biruta, e l’ex commissaria europea per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, siglano il Memorandum d’Intesa il 19/02/24L’accordo con Kigali del febbraio 2024 va inserito nella corsa globale all’approvvigionamento di materiali fondamentali per la transizione ecologica, con Bruxelles che sta cercando in tutti i modi di ridurre la dipendenza dalla Cina. È volto appunto a garantire una “fornitura sostenibile di materie prime” per l’Unione europea – soprattutto tantalio, stagno, tungsteno, oro e niobio, ma anche litio e terre rare -, in cambio di cospicui finanziamenti per sviluppare le catene di approvvigionamento minerario e le infrastrutture del Ruanda. Attraverso il Global Gateway, la strategia lanciata dall’Ue nel 2021 per sviluppare nuove infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo, al Ruanda sono stati destinati oltre 900 milioni di  euro.L’intesa è stata accolta con perplessità fin dall’inizio, dal momento che il commercio illecito dei minerali che provengono da una regione di confine martoriata dai conflitti è stato documentato dalle Nazioni Unite stesse. Il presidente della Repubblica Democratica del Congo, Félix Tshisekedi, aveva definito l’accordo tra Bruxelles e Kigali una “provocazione di pessimo gusto“. Fatto sta che l’incursione dei ribelli sostenuti dal Ruanda si è concentrata proprio nella regione più densa di miniere per l’estrazione di oro, coltan, stagno, tantalio e altri minerali critici e terre rare.Per ora, la Commissione europea sceglie la linea del pragmatismo. Prende posizione sul conflitto, ma il memorandum d’intesa non si tocca. La commissaria Šuica – per conto dell’Alta rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, che all’ultimo momento ha declinato l’invito al dibattito – ha veicolato le richieste di Bruxelles alle parti in conflitto: mantenere i confini aperti per i rifugiati e gli operatori umanitari, garantire la protezione dei civili e il rispetto del diritto internazionale umanitario, preservare la sicurezza del personale umanitario, degli operatori sanitari e delle strutture mediche, avviare negoziati per una tregua umanitaria.Šuica ha inoltre annunciato che in risposta a questa “nuova crisi nella crisi”, la Commissione ha accelerato l’erogazione del suo budget iniziale di 60 milioni di euro per la RDC per il 2025. “Attualmente stiamo stabilendo quali partner umanitari hanno ancora la capacità di intervenire efficacemente”, ha spiegato in Aula. Ma l’accordo con il Ruanda non è in discussione: “La Commissione non sostiene investimenti concreti nella lavorazione di minerali la cui origine è incerta”, ha respinto le accuse Šuica. Anzi, il supporto dell’Ue “garantisce condizioni di lavoro sicure, compresa la lotta al lavoro minorile”. Per questo, sostiene l’esecutivo Ue, “sospendere il memorandum d’intesa potrebbe essere controproducente“, in quanto “minerebbe l’incentivo a garantire una produzione e un commercio responsabile dei minerali da parte del Ruanda”.

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    Metsola visita Israele e i territori palestinesi occupati, inclusa Gaza

    Bruxelles – La presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola è in visita ufficiale in Israele e nei territori palestinesi occupati, dove sta intrattenendo colloqui con le principali autorità politiche locali.È iniziato oggi (13 febbraio) e si prolungherà fino a domani il viaggio di Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, nell’area più calda del Medio Oriente. “In questo momento critico per la regione e per il mondo, ho voluto venire qui per sottolineare e testimoniare in prima persona il ruolo cruciale dell’Europa nel far arrivare gli aiuti umanitari a Gaza“, ha dichiarato al suo arrivo.I partner europei sono pronti “a intensificare il nostro impegno e a fare tutto il possibile per far sì che l’accordo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi regga“, ha aggiunto, anche se in queste ore il futuro del patto è più fragile che mai. L’Ue, dice, si impegna anche ad aumentare il volume degli aiuti umanitari al popolo palestinese, dopo 15 mesi di devastazione in una delle guerre più sanguinose nella storia mondiale recente.La presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola incontra il presidente della Knesset Amir Ohana, il 13 febbraio 2025 (foto: Daina Le Lardic/European Parliament)Nel primo pomeriggio di oggi, Metsola ha incontrato il suo omologo Amir Ohan, presidente della Knesset (il Parlamento monocamerale israeliano), e il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar. Dopodiché si è recata al valico di frontiera di Kerem Shalom (non distante dal confine egiziano), dove ha assistito allo svolgimento delle operazioni di assistenza umanitaria.Da lì, è poi entrata nella Striscia, il lembo di terra che insieme alla Cisgiordania fa parte di quelli che oggi sono territori occupati ma che dovrebbero in futuro costituire lo Stato di Palestina. Striscia dove il presidente statunitense Donald Trump ha recentemente suggerito di condurre un’operazione di pulizia etnica per erigerci poi la “Riviera del Medio Oriente“.Ritornata in Israele, è stata aggiornata sui progressi della missione civile europea Eubam, che opera al valico di Rafah, lungo il confine con l’Egitto. Un altro sito visitato da Metsola è stato Re’im, che ospitava il festival Nova dove i commando di Hamas hanno fatto irruzione durante gli attacchi del 7 ottobre 2023.In programma per stasera c’è un faccia a faccia con il presidente dello Stato ebraico Isaac Herzog a Gerusalemme. Non è previsto invece alcun incontro con il primo ministro Benjamin Netanyahu, sul cui capo pende dallo scorso novembre un mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale.Incredibly proud of the work our EUBAM Rafah station is doing in Gaza.Grateful for their service. pic.twitter.com/Zj3zz522SC— Roberta Metsola (@EP_President) February 13, 2025Domani, invece, la presidente dell’Europarlamento si recherà a Ramallah, dove ha sede l’Autorità nazionale palestinese (Anp), di cui incontrerà la leadership. Lì incontrerà Hussein al-Sheikh, capo del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) e Reem Al Hajajra, direttrice di Women of the Sun, un’associazione palestinese che lavora per l’emancipazione femminile candidata per le edizioni del 2024 sia del premio Sacharov sia del Nobel per la pace.La visita di Metsola fa parte degli sforzi che la presidente dell’Aula di Strasburgo sta sostenendo per promuovere la pace e la stabilità regionale in Medio Oriente, nei quali rientrano anche gli scambi (fisici o telefonici) con leader e funzionari di diversi Paesi arabi (tra cui Egitto e Giordania) e degli Stati Uniti, oltre a quelli israeliani e palestinesi.In una risoluzione del gennaio 2024, l’Eurocamera è stata la prima istituzione comunitaria a chiedere il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani, lo smantellamento di Hamas e la ripresa del processo di pace verso la costruzione di due Stati tra il fiume Giordano e il Mediterraneo, uno ebraico e uno palestinese.

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    Crosetto: il nostro obiettivo, che è anche quello di Trump, è di una pace duratura dopo la guerra in Ucraina

    Bruxelles – Una pace giusta, ma soprattutto duratura. E’ quella che chiede il ministro della Difesa Guido Crosetto per l’Ucraina, e lo ha spiegato ai giornalisti a margine della ministeriale Nato che si è svolta oggi a Bruxelles.La speranza, ha detto il ministro, è che “si arrivi il prima possibile a una pace giusta e, utilizzando un termine che è stato utilizzato da tutti (i ministri presenti, ndr), duratura. Che sia una pace vera e non sia soltanto uno stop per iniziare poi tra qualche anno“.“Perché – ha ammonito Crosetto – abbiamo visto cosa è successo in questi anni. Prima la Georgia, poi siamo passati alla Crimea, poi adesso al Donbass. Non vorremmo che, pezzo dopo pezzo, con la politica del carciofo, alla fine si finisse di sfogliare totalmente l’Ucraina. Per cui l’obiettivo, anche negli Stati Uniti, anche di Trump, sarà una pace giusta e duratura”.

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    L’industria della difesa europea agli Stati: “Basta contratti di appalto a fornitori di Paesi terzi”

    Bruxelles – Ora più che mai pensare ‘europeo’. Quando si parla di sicurezza e difesa l’Unione europea deve saper tenere fede ad ambizioni e agende. Alla vigilia della conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco, l’industria del settore vuole suggerire all’Europa degli Stati come provvedere davvero alla sicurezza europea. Asd Europe, l’insieme dei produttori europei, pone l’accento sulla necessità di cambiare logiche che non fanno il bene della sicurezza europea. “Molti contratti di appalto europei vengono assegnati a fornitori di paesi terzi“, sottolinea l’associazione, per la quale “questa tendenza deve essere invertita“. Le relazioni esterne dell’Ue e dei suoi Stati membri rischiano di diventare un fattore contrario alla crescita dell’industria delle difesa. Per rispondere ai dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nelle istituzioni Ue inizia a prendere corpo l’idea di acquistare di più in America proprio in difesa, quale modo per superare le barriere commerciali e ristabilire il quieto vivere con il partner d’oltre Atlantico. Un modo di fare in contraddizione con il rapporto Draghi – che Eunews ha integralmente tradotto in italiano – e l’agenda europea volta al rilancio di un settore strategico per la sicurezza.“Dobbiamo spendere di più, e di più in Europa“, ribadisce Asd Europe, che sulla dipendenza economica di soggetti extra-Ue nell’industria delle difesa ha già messo in guardia pubblicamente nei mesi scorsi: “Una solida base industriale europea è essenziale per la preparazione alla difesa europea: è una capacità di difesa in sé“. Rimanere nel solco del ‘made in Eu’ è dunque la via da seguire e da non abbandonare. “La preferenza europea è un imperativo strategico”, e se l’Ue vuole svolgere un ruolo di peso sullo scacchiere internazionale “deve rafforzare la propria capacità produttiva” anziché affidarsi a fonti esterne.Da qui l’industria europea della difesa rivolge suggerimenti utili alla politica. Innanzitutto fare sempre in modo che “ove possibile, le soluzioni di difesa europee dovrebbero avere la priorità“. Laddove non esiste una soluzione di capacità europea, l’attenzione dovrebbe essere rivolta a sviluppare una. Infine, bisognerebbe fare sempre in modo che se proprio non esiste davvero una soluzione Ue praticabile, gli appalti non europei dovrebbero evitare di ostacolare uno sviluppo Ue.