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    Il 6 giugno audizione dell’Upb del Senato sull’Autonomia

    (ANSA) – ROMA, 24 MAG – Si terrà il 6 giugno alle 14
    l’audizione dell’Ufficio parlamentare di bilancio del Senato
    sulla riforma dell’autonomia differenziata, che è all’esame
    della commissione Affari costituzionali del Senato. A chiederlo
    con urgenza erano stati i senatori del Pd (richiesta ribadita
    anche ieri nella conferenza dei capigruppo) dopo la
    pubblicazione di uno studio del Servizio del bilancio su alcune
    criticità del disegno di legge.   
    Una sintesi del testo era stata pubblicata su Linkedin ma
    successivamente l’ufficio stampa del Senato aveva precisato che
    era “una bozza provvisoria”, non ancora verificata ed
    “erroneamente pubblicata online”. (ANSA).   

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    Ballottaggi: vandalizzati manifesti di Possamai a Vicenza

    (ANSA) – VICENZA, 24 MAG – Imbrattati nella notte decine di
    manifesti del candidato sindaco per il centrosinistra, Giacomo
    Possamai, a Vicenza. Manifesti che sono stati strappati e
    vandalizzati con della vernice rossa che riporta la sigla “Pd”.   
    Il candidato del centrosinistra questa mattina andrà in Questura
    a depositare una denuncia.   
    “Abbiamo taciuto fin qui – afferma una nota dello staff di
    Possamai – perché le elezioni dovrebbero essere un confronto tra
    idee e visioni diverse di città, non uno scontro tra fazioni.   
    Ogni giorno ci vengono segnalati nuovi manifesti strappati, o
    deturpati, in una campagna che ormai appare coordinata e
    curiosamente selettiva, visto che si accanisce solo ed
    esclusivamente contro i nostri materiali. Noi però – conclude il
    testo – non ci facciamo intimidire”. (ANSA).   

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    Ciriani, immaginiamo un Paese che possa eleggere il premier

    (ANSA) – ROMA, 24 MAG – L’autonomia differenziata e le
    riforme istituzionali sono ” due facce della stessa medaglia.   
    Noi immaginiamo un Paese che possa eleggere il proprio premier e
    delle Regioni efficienti. Le due riforme si bilanciano se
    viaggiano in contemporanea. La maggioranza presenterà il proprio
    testo a giugno, la strada è quella di avere un governo stabile
    che duri cinque anni, quello che noi vogliamo fare è
    salvaguardare il principio che chi ottiene il mandato per
    governare non può essere rovesciato per una manovra di palazzo.   
    Non è una riforma per la Meloni o il centrodestra, magari tra
    cinque anni ci sarà un governo di centrosinistra che potrà
    governare stabilmente 5 anni”. Lo afferma il ministro per i
    Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani al Tg1 Mattina. (ANSA).   

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    Bonaccini-Meloni fianco a fianco, ma c’è il nodo Commissario

       Tra Giorgia Meloni e Stefano Bonaccini c’è piena sintonia: nelle zone alluvionate, come a Palazzo Chigi, hanno dato l’impressione di lavorare di comune accordo, fianco a fianco, per superare l’emergenza. Un feeling testimonato anche dall’attenzione con cui, in diretta su Youtube, Giorgia Meloni ha seguito le parole del governatore, annuendo ripetutamente.    Tuttavia, nelle dinamiche del centrodestra una cosa è organizzare gli interventi per superare l’emergenza, un’altra la gestione a lungo termine della ricostruzione. E sulla scelta di chi sarà nominato Commissario per seguire questa seconda delicatissima fase la coalizione sembra vivere ore di tensione.    Una tensione strisciante che avrebbe fatto perdere quota alla possibilità che proprio il governatore dell’Emilia Romagna, ben voluto dalla premier, diventi oltre che commissario per l’emergenza anche quello per la ricostruzione.    L’azzurro Gasparri, apre alla soluzione Bonaccini: “Rispettare il territorio sarebbe abbastanza logico anche per una responsabilità e gestione condivisa di un’emergenza del Paese”, osserva. Ma a mettersi di traverso sarebbe stato soprattuttto il ministro per le Infrastrutture, Matteo Salvini: nel corso del Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al decreto maltempo, il leader leghista avrebbe sottolineato che, in Emilia, scelte figlie di un certo pseudo ambientalismo ideologico hanno aggravato gli effetti già pesanti dell’alluvione. C’è chi – sarebbe stata la sua accusa – ha evitato di portare a termine infrastrutture importanti pur di salvare la vita di nutrie e topi. Nessun riferimento esplicito a Bonaccini, ma queste parole sono state lette come un chiaro veto sul suo nome.    E dire che il presidente della Regione Veneto, intercettato fuori da palazzo Chigi mentre andava al Senato, aveva aperto all’ipotesi Bonaccini: “Storicamente – afferma Luca Zaia – è sempre accaduto che lo fanno i presidenti di Regione. Dopodiché non compete a me la nomina, ma al consiglio dei Ministri”. Uscita che viene bollata come “intempestiva” dalla Lega.    Più tardi, fonti di palazzo Chigi stemperano la tensione, smentiscono il braccio di ferro, e di fatto confermano che la soluzione Bonaccini, al momento, sembra sfumare: Per questa nomina – trapela dall’esecutivo – “i tempi sono assolutamente prematuri: ora bisogna affrontare l’emergenza, poi ci sarà il censimento e la mappatura dei danni. Inoltre, non dimentichiamo mai che questo disastro non ha coinvolto solo l’Emilia-Romagna ma anche le Marche”. Aver precisato che il Commissario dovrà occuparsi di due realtà distinte non è un dettaglio di scarsa importanza: sembra infatti preludere a quella che al momento sembra essere la soluzione più probabile: la nomina di un Commissario “terzo”, magari tecnico non politico.    Sulla questione interviene anche il diretto interessato: “Non è importante il nome di Bonaccini come Commissario per la ricostruzione, ma un modo di lavorare, quel modello del terremoto dell’Emilia ha funzionato bene. Il problema – conclude l’ex candidato alla segreteria dem – non è il nome ma come si vuole lavorare”.    

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    Niente scorta della polizia a pagamento per Harry, schiaffo al principe

    Si è conclusa ancora prima di cominciare l’ultima azione legale lanciata all’Alta corte di Londra dal principe ‘ribelle’ Harry, impegnato tramite i suoi avvocati su vari fronti nei tribunali britannici. Il giudice, dopo aver ascoltato preliminarmente le parti in una precedente udienza e senza entrare nel merito del contenzioso, ha respinto il ricorso presentato dal secondogenito di re Carlo III contro il ministero dell’Interno (Home Office) che gli aveva negato il diritto di pagarsi di tasca propria una scorta di polizia – durante le sue visite nel Regno Unito con la famiglia – dopo aver perduto quella garantita di regola a spese dei contribuenti ai soli membri “attivi” della famiglia reale.  Status al quale il duca di Sussex e la moglie Meghan avevano dovuto rinunciare dopo lo strappo dai Windsor del 2020 e il trasferimento negli Usa
    Il pronunciamento della corte ha sposato la motivazione avanzata a suo tempo dall’Home Office, e in particolare del comitato governativo per la protezione dei reali e dei personaggi pubblici (noto come Ravec), che aveva rigettato la richiesta del principe, contestando come irrituale la pretesa di pagare privatamente la forza pubblica. Al massimo la polizia potrà dare episodicamente tutela ai Sussex a propria discrezione. Invece gli avvocati del duca avevano tentato di contestare la decisione del Ravec in base a una legge del 1996 che consente al “capo della polizia” di fornire servizi speciali “a pagamento”, ad esempio in occasione di grandi eventi pubblici, sportivi o di intrattenimento. Ma, come ha sottolineato il giudice Chamberlain, i servizi richiesti dal principe “comportano l’impiego di agenti specializzati altamente qualificati, di cui esiste un numero limitato”, pronti anche a rischiare per proteggere le persone sotto scorta.
    La battuta d’arresto legale del principe arriva a pochi giorni dalla denuncia del rischio di un presunto incidente “quasi catastrofico” a New York causato, secondo un portavoce dei Sussex, dall’inseguimento della coppia da parte dei paparazzi, in un episodio tale da ricordare il precedente tragico di Parigi che segnò l’epilogo della vita della principessa Diana, madre di Harry (e dell’erede al trono William). Quanto accaduto ai Sussex è stato tuttavia ridimensionato da alcuni fonti americane.

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    Ok unanime al ddl sul centenario della morte di Matteotti

    Con 158 voti favorevoli e all’unanimità l’Aula del Senato ha approvato il disegno di legge sulle celebrazioni per il centenario della morte di Giacomo Matteotti, previsto l’anno prossimo. Passerà alla Camera per l’ok definitivo Il provvedimento è nato su iniziativa della senatrice a vita Liliana Segre e ha le firme degli altri senatori a vita Giorgio Napolitano, Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia. Con la fine della scorsa legislatura è rimasto in standby e ora ripresentato. Un anno fa al Senato era stato approvato all’unanimità con 169 sì. 
    La proposta di legge, discussa al Senato in sede redigente, prevede l’impegno a ricordare il rapimento e l’omicidio del deputato socialista avvenuto il 10 giugno 1924. Oltre alle celebrazioni, sono previsti convegni e borse di studio riservate a studenti universitari e delle scuole secondarie sul pensiero e l’attività del parlamentare. Inoltre, la presidenza del Consiglio dei ministri – si legge nel testo – “sentito il ministero della Cultura, provvede, con proprio decreto e mediante l’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, all’istituzione di un bando di selezione di progetti per la realizzazione delle iniziative”. Previsto, infine, un contributo straordinario di 50.000 euro per gli anni 2022, 2023 e 2024 per il restauro e la manutenzione straordinaria della casa museo Matteotti che si trova a Fratta Polesine, nella provincia di Rovigo, Matteotti in Fratta Polesine, nella provincia di Rovigo, suo paese natale e dove Matteotti è sepolto.