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    Al via la terza edizione del ciclo di studi della Scuola Politica “Vivere nella Comunità”

    Al via la terza edizione del ciclo di studi promosso dalla Scuola  Politica “Vivere nella Comunità”, fondata  da Pellegrino Capaldo, Sabino Cassese, Marcello Presicci e Paolo Boccardelli insieme a numerose personalità di primo piano del mondo accademico ed aziendale come Francesco Profumo, Marta Cartabia, Bernardo Giorgio Mattarella, Maria Bianca Farina e – fra gli altri – i rappresentanti di Intesa Sanpaolo, Poste Italiane, ANSA, Ferrovie dello Stato, Banca d’Italia, Generali, Fondazione CRT, A2A, Engineering, Istituto Credito Sportivo e Compagnia di San Paolo.
    Il supervisory board della Scuola Politica ha deciso di affidare quest’anno l’apertura della nuova edizione all’amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, Dario Scannapieco. Titolo dell’intervento è stato: “Il ruolo di CDP nel sistema Paese”.
    Il panel è stato moderato da Massimo Lapucci, VP della Scuola Politica, ed è stato caratterizzato dagli interventi introduttivi di Francesco Profumo e Stefano Lucchini, entrambi membri del Supervisory Board della Scuola Politica. Fra i presenti nella “Sala degli Specchi” di Casina Valadier, i docenti, i membri del board e i 40 partecipanti al percorso di studio scelti su oltre 700 candidature giunte.
    Dario Scannapieco durante il suo intervento, oltre a presentare la centralità di CdP per il sistema Paese e gli impatti generati dalle attività correlate, ha ribadito l’importanza della formazione permanente per i giovani affermando: “Luoghi come questi sono molti utili poiché continuano a stimolare la crescita, il dibattito e lo scambio di idee necessarie a far crescere una comunità ed un’azienda. La Scuola Politica “Vivere nella Comunità” ha il grande merito di facilitare questa tipologia di apprendimento assolutamente preziosa per la futura classe dirigente”.
    L’iniziativa formativa, gratuita per gli studenti grazie al sostegno economico delle imprese coinvolte, intende così rafforzare la preparazione e le competenze dei partecipanti, contribuendo alla formazione di nuovi leader e di una futura classe dirigente preparata che percepisca la responsabilità di essere “civil servant”.
    Su questo tema Stefano Lucchini ha affermato: “In una fase estremamente delicata e complessa come questa è fondamentale tutelare il percorso di formazione e di lavoro dei giovani, ma anche stimolare la loro passione civile. L’ascensore sociale in Italia ha funzionato molto bene quando ha saputo coniugare il talento con la partecipazione dei giovani alla vita pubblica, alle grandi scelte economiche e sociali.  È solo da qui che il Paese può ripartire”.
    In conclusione Marcello Presicci, Segretario Generale della Scuola Politica ha ribadito:  “Anche quest’anno investiremo il nostro tempo e le nostre energie nel formare gratuitamente 40 giovani ad alto potenziale, mettendoli in contatto con alcune fra le più importanti figure accademiche ed aziendali d’ Italia. Il nostro obiettivo resta quello di investire nel capitale umano dei giovani, rafforzando le loro già solide competenze attraverso momenti di confronto e dialogo di grande valore, come quello espresso dall’ AD di CdP, Dario Scannapieco. Questo è il nostro contributo verso le istituzioni e il Paese in un momento complesso della nostra storia”.  

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    Fontana verso la Camera. Fi da sola alle consultazioni

    Oggi si vota per la presidenza della Camera, dopo l’elezione di La Russa al Senato avvenuta con il sostegno dell’opposizione. Da Forza Italia solo due voti, di Casellati e Berlusconi. “Un comportamento grave” per il Pd; “Non siamo stati noi”, ha dichiarato Renzi. Berlusconi: “E’ stato votato dal Terzo polo”, che nega. Polemiche sulla candidatura alla presidenza della Camera di Lorenzo Fontana, vicesegretario della Lega ed ex ministro, anti Lgbt e antiabortista.

    Agenzia ANSA

    Alla prima prova il centrodestra si divide. Ignazio La Russa diventa così presidente del Senato, come ha fortemente voluto Giorgia Meloni, ma col soccorso – “anonimo” – delle opposizioni. E se è vero, come dice la leader di Fdi che a contare “sono i risultati”, il malumore reso evidente da Forza Italia con la non partecipazione al voto rischia di avere strascichi sulla trattativa, ancora apertissima, per la costruzione del governo. Tanto che gli azzurri potrebbero addirittura presentarsi da soli alle consultazioni. “Oggi il centrodestra darà mostra di compattezza, lealtà e unità”, pronostica Matteo Salvini che sarà smentito pochissimo dopo dai fatti. Il leader della Lega ha riunito i suoi senatori e annuncia il “passo di lato” del candidato leghista, Roberto Calderoli. Un segno di distensione nella maggioranza dopo le acque agitate degli ultimi giorni, che portano il centrodestra all’appuntamento con l’elezione dei presidenti delle Camere senza che sia chiusa una intesa tra i tre alleati.

    Senato, Letta: ‘Alcuni senatori d’opposizione hanno fatto un regalo alla maggioranza’

     E a Montecitorio, negli stessi istanti, Silvio Berlusconi si confronta (“scontra”, raccontano in molti) di nuovo con Meloni dopo la fumata nera di ieri a Villa Grande. All’uscita entrambi assicurano che è andato tutto bene, “come sempre”. Il finale in effetti vedrà La Russa presidente ma a scapito di una lacerazione della coalizione che non sarà semplice ricomporre. Il Cavaliere arriva a Palazzo Madama allegro, scherza con Guido Crosetto (“sei sempre più alto”) ma dopo il discorso inaugurale di Liliana Segre, al dunque, riunisce i suoi fuori dall’Aula e lì matura lo strappo. C’è “disagio” per i “veti” e bisogna dare “un segnale”, è la linea che prevale tra gli azzurri. Così Forza Italia non risponde alla chiama e fa mancare 16 voti di centrodestra a La Russa, che pure viene votato da Elisabetta Casellati, che lo ha preceduto sullo scranno più alto di Palazzo Madama, e dallo stesso Berlusconi. Un gesto che servirà ai colonnelli di Fdi per minimizzare l’accaduto: il Cav ha votato, segno che alla fine prevale sempre “lo spirito di coalizione”. Ma che non basta a contenere “l’insofferenza” tra i senatori di Fratelli d’Italia. E che comunque non fa raggiungere uno degli obiettivi dell’ex premier costretto ad ammettere che non ci sarà “nessun ministero” per Licia Ronzulli. Nel frattempo in Transatlantico a Palazzo Madama scatta la caccia ai colpevoli, quasi in contemporanea all’applauso che accompagna l’elezione di La Russa: superato il quoerum dei 104 voti infatti la conta continua e i numeri si mostrano ben più ampi della somma (che sarebbe peraltro risultata insufficiente alla prima votazione) di Lega e Fdi. “Non siamo stati noi”, mette le mani avanti per primo Matteo Renzi, è il centrodestra alle prese con “regolamenti dei conti” interni. I 9 del Terzo Polo, assicura anche Carlo Calenda, hanno votato compatti scheda bianca. Ma lo stesso dicono dal Pd. Comportamento “irresponsabile oltre ogni limite”, attacca Enrico Letta, osservando che “una parte dell’opposizione non aspetta altro che entrare in maggioranza”. Un messaggio simile filtra dai 5 Stelle, dove si punta il dito contro “la finta opposizione fatta dei soliti giochini”. Bilancio finale “maggioranza divisa” ma anche “opposizione divisa”, sintetizza Pierferdinando Casini, consigliando a tutti “qualche corso di formazione politica”. Lo stesso commento del dem Dario Franceschini (“chi l’ha fatto non capisce nulla di politica”), tra i primi indiziati secondo Renzi, che però a scanso di equivoci assicura di non avere “alcuna intenzione” di fare il vicepresidente del Senato. Proprio all’elezione dei vice si guarda nei capannelli, per cercare di individuare qualche forma di “scambio”. Ora bisogna vedere cosa succederà alla Camera, dove Salvini, dopo avere di nuovo incontrato nel tardo pomeriggio Meloni, schiera il suo vice Lorenzo Fontana al posto del nome che fino a ieri era in pole, quello di Riccardo Molinari, che rimarrà al suo posto a fare il capogruppo. Sfuma così l’ipotesi, pure circolata, di Giancarlo Giorgetti terza carica dello Stato. Che è pronto comunque ad andare al Mef, “se me lo chiedono”. Ma quella per i ministeri, a questo punto, sarà tutta un’altra trattativa.Quirinale, Mattarella riceve Ignazio La Russa

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    Asse Putin-Erdogan sul gas, 'un hub in Turchia'

     “Il potenziale hub del gas in Turchia può essere la piattaforma per determinare il prezzo del gas”. Il faccia a faccia ad Astana tra Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan delude chi si attendeva una svolta sull’Ucraina ma rilancia una possibile via d’uscita alla crisi energetica mondiale. Se l’Europa non vuole più comprare direttamente il metano russo, è il messaggio del leader di Mosca, potrebbe farlo con l’intermediazione di Ankara, che continua a ricevere una “piena fornitura” perché si è rivelata “il partner più affidabile”. La proposta, però, è stata respinta seccamente dalla Francia, che l’ha definita “insensata”, perché contraria al progetto europeo di ridurre l’import dalla Russia.    Mentre il Cremlino assicura di essere pronto al dialogo con gli Usa, ma senza passi indietro sui suoi obiettivi in Ucraina, l’incontro tra i presidenti di Russia e Turchia si è focalizzato sull’emergenza del gas dopo quella del grano, rispetto a cui Mosca continua peraltro a lamentare ostacoli al proprio export di cereali e fertilizzanti. “Se la Turchia e i nostri possibili acquirenti in altri Paesi sono interessati, potremmo considerare la possibile costruzione di un altro sistema di gasdotti e la creazione di un hub del gas in Turchia per la vendita ad altri Paesi, a Paesi terzi, in primo luogo a quelli europei”, ha spiegato lo zar in un bilaterale di un’ora e mezza a margine della sesta Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia. “Questo hub, che potremmo allestire insieme, servirebbe sicuramente non solo come base per le forniture, ma anche per regolare i prezzi”, portandoli “a un livello di mercato normale senza alcuna politicizzazione”, ha assicurato ancora Putin, per la soddisfazione di Erdogan. Il progetto però ha bisogno di tempo, e, spiega il Cremlino, sarebbe prematuro indicare eventuali acquirenti.    La cooperazione energetica tra Ankara e Mosca è solida e sperimentata. Oltre al Turkstream, il gasdotto che passa sotto il mar Nero e dal 2020 è in grado di portare oltre 30 miliardi di metri cubi di metano, per metà già smistati verso l’Ue fino al conflitto, c’è anche la prima centrale nucleare turca che il gigante Rosatom sta costruendo ad Akkuyu, la cui inaugurazione, ha detto Erdogan, avverrà il prossimo anno, in concomitanza con il centenario della Repubblica e le elezioni presidenziali.    La prima reazione occidentale all’idea di un hub turco è arrivata da Parigi, ed è stata un secco no. E’ una proposta che “non ha senso” poiché gli europei vogliono ridurre la loro dipendenza dagli idrocarburi dalla Russia, ha affermato L’Eliseo in una nota, proprio nelle ore in cui Emmanuel Macron riceveva in una cena privata Mario Draghi. “Non ha senso per noi creare nuove infrastrutture che ci consentano di importare più gas russo”, ha sottolineato la presidenza francese.    Fuori dal colloquio tra Putin e Erdogan sarebbero rimaste le prospettive di negoziati sul conflitto. O, quantomeno, non si è discusso del presunto piano di Ankara di allestire un tavolo a cinque tra Russia, Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito, che il Cremlino dice di aver appreso “dai giornali”. Ma non è certo l’unico formato su cui si lavora. E lo stesso Erdogan ha promesso di non abbandonare gli sforzi di mediazione. “Una pace giusta può essere ottenuta attraverso la diplomazia, non ci possono essere vincitori in una guerra e perdenti nella pace. Il nostro obiettivo – ha sottolineato – è che il bagno di sangue finisca il prima possibile”.    Mosca, intanto, continua a mandare messaggi di disponibilità alle trattative, senza per questo allentare i bombardamenti sull’Ucraina. “L’operazione militare speciale continua ma la Russia è aperta al dialogo per raggiungere i suoi scopi, che non sono cambiati”, ha spiegato il Cremlino, precisando comunque di non aspettarsi a breve “prospettive di negoziati”. Se poi dovessero arrivare segnali dagli Usa, sarebbe pronta a prenderli in considerazione, ha sottolineato ancora una volta il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, tenendo viva l’ipotesi di un faccia a faccia tra Putin e Joe Biden al G20 del mese prossimo a Bali.    Kiev, però, non si fida. La Russia “va isolata diplomaticamente”, la diplomazia è uno strumento “potente” ma non ci può essere finché “parlano le armi”, ha avvertito il presidente Volodymyr Zelensky, che insiste invece per nuove forniture militari. “Ci aspettiamo passi importanti dall’Italia e dalla Francia. Sinceramente – ha spiegato – abbiamo il 10% di quanto ci serve per difenderci”.    

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    Il Governo prende forma, Giorgetti sale per Tesoro

     Alla Lega la presidenza della Camera, con Lorenzo Fontana nuovo candidato, e cinque o sei ministeri, fra cui alla fine sembra proprio che ci sarà quello dell’Economia, con Giancarlo Giorgetti che riceve anche l’endorsement diretto di Giorgia Meloni ( “penso che sarebbe un ottmo ministro dell’Economia”, dice).
    A Forza Italia quattro posti, inclusa la Farnesina, destinata ad Antonio Tajani, ma non la Giustizia, né un ruolo nel governo per Licia Ronzulli.    Giorgia Meloni esce dalla fase più tesa della trattativa sull’esecutivo che verrà con un alleato rinforzato, Matteo Salvini (verso le Infrastrutture), e uno ridimensionato, Silvio Berlusconi. La voglia di negoziare ancora con il Cavaliere, raccontano fonti vicine alla premier in pectore, è pari a zero dopo la scelta degli azzurri di non sostenere Ignazio La Russa nell’elezione che l’ha portato al vertice del Senato. E ora vuole andare “avanti come un treno per fare un governo forte”.    Inizia a prendere corpo la lista dei ministri. L’obiettivo è affrontare con le idee chiare la settimana prossima le consultazioni, verso l’incarico che il presidente della Repubblica, secondo ragionamenti in ambienti della maggioranza, potrebbe conferirle anche giovedì 20 ottobre, mentre Mario Draghi sarà impegnato al Consiglio europeo a Bruxelles.    Per ora sono sostanzialmente definiti la spartizione dei ministeri e alcuni nomi chiave. FdI pare intenzionato a tenersi stretti, fra gli altri, Difesa (Adolfo Urso il nome forte), Giustizia (Carlo Nordio), Mise, Affari europei (Raffaele Fitto), oltre a Istruzione e Cultura, per cui si parla anche di Fabio Rampelli. Potrebbero essere scelti due tecnici per Lavoro e Salute. Uno schema da completare nei prossimi giorni, così come intendeva fare Meloni, proponendo di procedere prima con l’elezione dei presidenti delle Camere. Il metodo non piaceva agli alleati, e alla fine ne ha premiato uno più dell’altro.

    Agenzia ANSA

    Lunedì 17 si formano i gruppi, poi al via consultazioni Colle (ANSA)

        Con FI la frattura si è consumata nell’incontro di primo mattino, quando Meloni ha ribadito all’ex premier il veto su Ronzulli, la fedelissima del Cavaliere che per lei chiedeva in ordine di gradimento il Turismo, le Politiche europee o le Pari opportunità e la famiglia. Negli appunti con cui Berlusconi si è presentato in Senato c’erano anche Tajani agli Esteri, Elisabetta Casellati alla Giustizia, Anna Maria Bernini all’Università, Maurizio Gasparri alla Pubblica amministrazione, nonché ministeri per Alessandro Cattaneo e Gilberto Pichetto, e perfino, il ministero del Sud indicato con il nome della ex azzurra Mara Carfagna tra parentesi.    Alla fine, consumatosi lo strappo in Senato, la trattativa è finita con un epilogo che lascia decisamente scontenti gli azzurri: dovrebbero essere confermati i ruoli per Tajani e Bernini, con Casellati alla P.a e Pichetto alla Transizione ecologica. Mentre Berlusconi in Senato esprimeva il suo disappunto, alla Camera Meloni usava toni definitivi: “Sono intenzionata a dare a questa nazione, se ne avrò occasione, un governo autorevole. Non intendo fermarmi di fronte a questioni secondarie”.    Salvo ripensamenti nei prossimi giorni, l’impossibilità di fare ricorso a un tecnico di primo rango la spinge a puntare su un politico per il Mef, ossia Giorgetti, che in questi giorni avrebbe anche accarezzato l’idea della presidenza della Camera.    La Lega si è convinta ad accettare una poltrona cruciale quanto potenzialmente scomoda. Ma l’idea dei leghisti è di farla passare quasi come una scelta tecnica, provando a ottenere pure uno dei due viceministri dell’Economia, Massimo Bitonci, mentre l’altro sarebbe Maurizio Leo di FdI. Giorgetti ha rimesso la decisione a Salvini, che nel frattempo ha deciso di puntare su Fontana per la presidenza della Camera, chiedendo a Riccardo Molinari – fin qui considerato il favorito – di proseguire come capogruppo a Montecitorio. Alla Lega potrebbero toccare anche Affari regionali (Erika Stefani), Agricoltura (Gian Marco Centinaio) e Famiglia (Alessandra Locatelli). Oltre agli Interni, con un tecnico come il prefetto Matteo Piantedosi, già capo di gabinetto al Viminale con Salvini.    

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    Lorenzo Fontana, veneto ultras cattolico

     Veronese doc, classe 1980, Lorenzo Fontana è vicesegretario responsabile esteri della Lega dal 2016, eurodeputato dal 2009 al ’18, quindi eletto deputato.    Nello stesso anno è stato ministro per la famiglia e le disabilità sino al 2019,vicepresidente della Camera e titolare degli Affari europei dal 10 luglio al 5 settembre 2019 nel governo Conte I.    Grande tifoso gialloblù, laureato in Scienze Politiche, Filosofia e Storia , è considerato l’esponente di punta dell’ala dura del partito. Ultraconservatore e tradizionalista, da sempre ha messo in primo piano nella sua attività politica la sua fede cattolica, in prima fila contro l’aborto, le unioni civili, la cosiddetta teoria gender, il matrimonio tra omosessuali e a difesa delle radici cristiane dell’Europa. In un convegno dell’associazione Pro Vita Onlus disse che i matrimoni gay e la teoria del gender, da un lato, e l’immigrazione di massa dall’altro, “mirano a cancellare la nostra comunità e le nostre tradizioni” paventando il rischio di “cancellazione del nostro popolo”.    Basta scorrere il suo account twitter per capire la sua vicinanza alla storia della Chiesa e dei santi. Quasi ogni gionro twitta il santo del giorno allegando una sua foto e una bereve nota esplicativa. Pochi giorni fa, il 7 ottobre, ha celebrato l’anniversario della battaglia di Lepanto. Quel giorno, sono le parole di Fontana, la Lega Santa riportava la vittoria “contro l’avanzata ottomana. L’ Europa cristiana – aggiunge – fiera della sua identità, otteneva una straordinaria vittoria. Oggi si ricorda la Madonna del Rosario”. Due giorni prima, rese omaggio alle vittime della strage in Mozambico: “Colpevoli di essere cristiani e per questo sgozzati da terroristi. Il giorno dopo l’omicidio di suor Maria de Coppi, altro sangue di cristiani, scorre in Mozambico”.    Ma Fontana ha posizioni nette anche in politica estera. Pochi giorni dopo il voto criticò le parole del presidente Biden.    “Probabilmente, il presidente democratico, è consapevole di quanto accadrà nelle elezioni di metà mandato, dove i patrioti Repubblicani vinceranno”, twittò commentando le parole di Joe Biden, quando dopo l’affermazione del centrodestra disse: “avete visto cosa è accaduto in Italia, non possiamo essere troppo ottimisti”.

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    Al via la XIX legislatura: La Russa presidente del Senato. Salvini: Fontana candidato alla Camera

    La decisione non è ancora ufficiale ma Forza Italia, spiegano fonti del partito, starebbe valutando di andare da sola alle consultazioni al Quirinale che il presidente della Repubblica avvierà per la formazione del governo.”Ho chiesto a Riccardo Molinari la disponibilità a proseguire il suo mandato da capogruppo della Lega a Montecitorio, nonostante avesse tutte le carte in regola per fare il Presidente della Camera”. Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini. “Molinari è stato e sarà il miglior capogruppo possibile, ruolo per me politicamente più rilevante per i prossimi cinque anni” continua. Salvini sta incontrando i vicesegretari Andrea Crippa, Lorenzo Fontana e Giancarlo Giorgetti. Giorgetti ha rimesso a Salvini la decisione per un eventuale incarico nel futuro governo. Fontana, già vicepresidente della Camera, è il candidato per la Camera. “Se la Lega vuole il Mef e mi manda lì ci vado”. Lo ha detto Giancarlo Giorgetti.

    Agenzia ANSA

    Terza fumata nera per il presidente. Seduta sospesa, si riprende domani alle 10.30 con la quarta votazione. Fontana (Lega) scherza con i giornalisti: ‘Io presidente? la notte è lunga’ (ANSA)

     Alla prima prova il centrodestra si divide. Ignazio La Russa diventa così presidente del Senato, come ha fortemente voluto Giorgia Meloni, ma col soccorso – “anonimo” – delle opposizioni. E se è vero, come dice la leader di Fdi che a contare “sono i risultati”, il malumore reso evidente da Forza Italia con la non partecipazione al voto rischia di avere strascichi sulla trattativa, ancora apertissima, per la costruzione del governo. Tanto che gli azzurri potrebbero addirittura presentarsi da soli alle consultazioni. “Oggi il centrodestra darà mostra di compattezza, lealtà e unità”, pronostica Matteo Salvini che sarà smentito pochissimo dopo dai fatti. Il leader della Lega ha riunito i suoi senatori e annuncia il “passo di lato” del candidato leghista, Roberto Calderoli. Un segno di distensione nella maggioranza dopo le acque agitate degli ultimi giorni, che portano il centrodestra all’appuntamento con l’elezione dei presidenti delle Camere senza che sia chiusa una intesa tra i tre alleati. E a Montecitorio, negli stessi istanti, Silvio Berlusconi si confronta (“scontra”, raccontano in molti) di nuovo con Meloni dopo la fumata nera di ieri a Villa Grande. All’uscita entrambi assicurano che è andato tutto bene, “come sempre”.

    Senato: tensione Berlusconi-La Russa in Aula

    Il finale in effetti vedrà La Russa presidente ma a scapito di una lacerazione della coalizione che non sarà semplice ricomporre. Il Cavaliere arriva a Palazzo Madama allegro, scherza con Guido Crosetto (“sei sempre più alto”) ma dopo il discorso inaugurale di Liliana Segre, al dunque, riunisce i suoi fuori dall’Aula e lì matura lo strappo. C’è “disagio” per i “veti” e bisogna dare “un segnale”, è la linea che prevale tra gli azzurri. Così Forza Italia non risponde alla chiama e fa mancare 16 voti di centrodestra a La Russa, che pure viene votato da Elisabetta Casellati, che lo ha preceduto sullo scranno più alto di Palazzo Madama, e dallo stesso Berlusconi. Un gesto che servirà ai colonnelli di Fdi per minimizzare l’accaduto: il Cav ha votato, segno che alla fine prevale sempre “lo spirito di coalizione”. Ma che non basta a contenere “l’insofferenza” tra i senatori di Fratelli d’Italia. E che comunque non fa raggiungere uno degli obiettivi dell’ex premier costretto ad ammettere che non ci sarà “nessun ministero” per Licia Ronzulli. Nel frattempo in Transatlantico a Palazzo Madama scatta la caccia ai colpevoli, quasi in contemporanea all’applauso che accompagna l’elezione di La Russa: superato il quoerum dei 104 voti infatti la conta continua e i numeri si mostrano ben più ampi della somma (che sarebbe peraltro risultata insufficiente alla prima votazione) di Lega e Fdi.
    “Non siamo stati noi”, mette le mani avanti per primo Matteo Renzi, è il centrodestra alle prese con “regolamenti dei conti” interni. I 9 del Terzo Polo, assicura anche Carlo Calenda, hanno votato compatti scheda bianca. Ma lo stesso dicono dal Pd. Comportamento “irresponsabile oltre ogni limite”, attacca Enrico Letta, osservando che “una parte dell’opposizione non aspetta altro che entrare in maggioranza”. Un messaggio simile filtra dai 5 Stelle, dove si punta il dito contro “la finta opposizione fatta dei soliti giochini”. Bilancio finale “maggioranza divisa” ma anche “opposizione divisa”, sintetizza Pierferdinando Casini, consigliando a tutti “qualche corso di formazione politica”. Lo stesso commento del dem Dario Franceschini (“chi l’ha fatto non capisce nulla di politica”), tra i primi indiziati secondo Renzi, che però a scanso di equivoci assicura di non avere “alcuna intenzione” di fare il vicepresidente del Senato. Proprio all’elezione dei vice si guarda nei capannelli, per cercare di individuare qualche forma di “scambio”.

    Senato, Conte: ‘Voti a La Russa? Un’idea ce l’ho. Renzi e Calenda si facciano esame di coscienza’

    Ora bisogna vedere cosa succederà alla Camera, dove Salvini, dopo avere di nuovo incontrato nel tardo pomeriggio Meloni, schiera il suo vice Lorenzo Fontana al posto del nome che fino a ieri era in pole, quello di Riccardo Molinari, che rimarrà al suo posto a fare il capogruppo. Sfuma così l’ipotesi, pure circolata, di Giancarlo Giorgetti terza carica dello Stato. Che è pronto comunque ad andare al Mef, “se me lo chiedono”. Ma quella per i ministeri, a questo punto, sarà tutta un’altra trattativa. 
    IL DISCORSO DI LA RUSSA  “Anche in questa legislatura ci si aspetta e si parlerà di riforme. Non dobbiamo favoleggiare il ‘tutto e subito’, ma soprattutto non bisogna temerle. Bisogna provare a realizzarle insieme. E al Senato può spettare il via alla necessità di aggiornare – non la prima parte che è intangibile – ma quella parte della Costituzione che dia più capacità di dare risposte ai cittadini e di appartenere alla volontà del popolo”. Lo ha detto il presidente del Senato, Ignazio La Russa aggiungendo di credere “che il Senato possa farlo, in vari modi: l’importante ci sia volontà politica di realizzarle queste riforme”.
    “Ho voluto omaggiare, non proforma ma dal cuore, portare fiori alla senatrice a vita Segre che ha parlato di tre date alle quali non voglio fuggire: il 25 aprile, il primo maggio e il 2 giugno. Io vorrei aggiungere la data di nascita del Regno d’Italia che prima o poi dovrà assurgere a festa nazionale. Queste date tutte insieme vanno celebrate da tutti perchè solo un’Italia coesa e unita è la migliore precondizione per affrontare ogni emergenza e criticità”.
    “Il mio è un compito di servizio, non devo cercare oggi agli applausi, non devo dire parole roboanti o captare la vostra benevolenza. Lo dovrò fare ogni giorno, le scelte che dovrò fare a volte piaceranno a volte non piaceranno. Non c’è bisogno di parole che suscitano un applauso, ma solo di una sincera promessa: cercherò con tutte le mie forze di essere il presidente di tutti”. Conclude così Ignazio La Russa il suo primo discorso da presidente del Senato suggellato da un lungo applauso.
    IL MESSAGGIO DI MELONI
    Il commento di Giorgia Meloni: “Congratulazioni al neopresidente del Senato della Repubblica, Ignazio La Russa. Siamo orgogliosi che i senatori abbiano eletto un patriota, un servitore dello Stato, un uomo innamorato dell’Italia e che ha sempre anteposto l’interesse nazionale a qualunque cosa. Per Fratelli d’Italia Ignazio è punto di riferimento insostituibile, un amico, un fratello, un esempio per generazioni di militanti e dirigenti”, afferma la leader di Fdi. “Grazie a tutti coloro che, con senso di responsabilità e in un momento nel quale l’Italia chiede risposte immediate, hanno consentito di far eleggere già alla prima votazione la seconda carica dello Stato. Continueremo a procedere spediti”.

    Ignazio La Russa nuovo presidente del Senato, ecco chi e’

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    Ronzulli, 'pasionaria' del Cav diventata casus belli

     Doveva essere il ‘collante’ nei rapporti con gli alleati di centrodestra, e invece ora sembra averli incrinati. Un anno e mezzo dopo quel gallone che Silvio Berlusconi le aveva assegnato, Licia Ronzulli diventa il pomo della discordia nella coalizione. La ‘pasionaria’ di Forza Italia, considerata ormai la consigliera più fidata del Cavaliere, domina di fatto lo scontro che va in scena al Senato per l’elezione di Ignazio La Russa-presidente. Lei si definisce “un soldato nelle mani di Berlusconi”. Lui oggi ricambia, muovendo battaglia agli alleati. Contro di lei, i veti di Giorgia Meloni che non la vuole (e probabilmente non l’avrà) nella squadra di governo. Berlusconi la difende e si impunta più volte per ottenere un ministero di rilievo. Fino alla ‘vendetta’ finale in Aula, con il mancato voto di gran parte di FI.    E’ l’ultimo atto della parabola della senatrice, nata a Milano 47 anni fa e con un lavoro di infermiera alle spalle oltre che volontaria di una onlus per i bambini con gravi malformazioni e poi fisioterapista-manager all’ospedale Galeazzi di Milano. Alla politica approda nel 2008. Ma la prima avventura con il Popolo delle libertà non è fortunata: candidata nelle Marche, non viene eletta. Un anno dopo, la ruota gira: conquista oltre 40 mila preferenze ed entra al Parlamento europeo.    Iconica, la sua foto in aula a Strasburgo con la figlia di poche settimane nel marsupio.

    E negli anni non mancano altre immagini che testimoniano, in sequenza, la crescita della bambina, spesso accanto alla madre al lavoro. “L’ho cresciuta in Parlamento”, ammette la senatrice che su Twitter si definisce prima di tutto “mamma di Vitty”. Man mano che cresce il suo impegno nel partito, aumenta la vicinanza a Berlusconi, presente anche al suo matrimonio con l’imprenditore Renato Cerioli (poi finito). Coinvolta nella querelle sulle cene ad Arcore, viene indagata nell’inchiesta Ruby ter, per aver reso falsa testimonianza in aula. Inchiesta poi archiviata. Negli ultimi anni scalza di fatto la precedente fedelissima del Cav, Mariarosaria Rossi che forse non gradisce e un anno fa lascia FI. Ronzulli diventa la numero due del partito al Senato e affianca Berlusconi in tutti vertici politici. I più maliziosi raccontano che ne gestisce l’agenda e perfino le telefonate che arrivano ad Arcore o in Sardegna. E’ con lui nelle tavolate a Posillipo accanto alla compagna Marta Fascina fino a imporre quasi a fotografi e cameramen la location migliore per le interviste.
    A maggio la promozione a commissario di FI in Lombardia fa deflagrare i rapporti con Mariastella Gelmini, pezzo forte del partito proprio in quella regione e che non gradisce lo ‘scippo’. Ronzulli va dritta per la sua strada e quando la ‘rivale’ dà l’addio al partito (come conseguenza dello ‘strappo’ degli azzurri dal governo Draghi) non si trattiene. Un battibecco anima i corridoi del Senato, con la ministra che le chiede: “Contenta ora che hai mandato a casa il governo?” e la ‘pasionaria’ che urla: “Vai a piangere da un’altra parte e prenditi lo Xanax”. Oggi al Senato sfoggia un completo rosso e sorride.