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    Marcello Gemmato, un farmacista sottosegretario alla Salute

    Marcello Gemmato, farmacista e responsabile sanità di Fratelli d’Italia, è il nuovo sottosegretario alla Salute. Nato a Bari il 21 dicembre 1972, è specializzato in farmacia ospedaliera. Inizia la sua militanza politica da giovane seguendo le orme del padre nel Movimento Sociale Italiano, nel 2012 sceglie di seguire il progetto di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale. E’ stato eletto parlamentare nel 2018 nella circoscrizione Puglia nella lista di Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni.Ha ricoperto il ruolo di segretario della Commissione Affari sociali. E’ stato rieletto deputato in questa nuova tornata elettorale. In una recente intervista a La Repubblica, Gemmato si è detto contrario al Green Pass perchè “non è una misura sanitaria, non parte da principi scientifici”. Rispetto ai vaccini, ha invece spiegato come “la strategia vaccinale dovrebbe mettere in sicurezza gli anziani e chi ha problemi di salute, vaccinare i bambini di 6 anni non ha avuto senso”. E’ poi dell’idea di “non mettere più obblighi al personale sanitario”. Obbligo che il Consiglio dei ministri odierno ha decisio di far decadere da domani primo novembre. Le mascherine, ha spiegato, “sono utili, bisogna valutare la circolazione e decidere se consigliarle e dove”.Intervenendo poche settimane fa al 79/mo Congresso nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale a Villasimius in Sardegna, Gemmato ha poi sottolineato che le case di comunità, previste nel Pnrr, “non sono la soluzione per rafforzare la sanità territoriale”. “Esistono i medici di medicina generale e farmacie che sono sul campo e più prossimi al cittadino – ha spiegato – bisogna avere un approccio pragmatico. Non farlo e commettere tale errore dopo la pandemia significa non aver capito nulla. Se potremo intervenire sul Pnrr terremo presenti due cose: costante dialogo con le associazioni dei professionisti e, in un Pnrr a misura dei cittadini bisogna partire non dalla strutture ma dai professionisti”. Gemmato e Fratelli d’Italia, in Aula alla Camera si sono poi espressi a favore dell’istituzione di una Commissione parlamentare di Inchiesta sull’uso dell’amianto e della sua bonifica.

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    Fuan contro schwa a Torino, basta orrori grammaticali

    (ANSA) – TORINO, 31 OTT – Protesta stamattina a Torino contro
    l’utilizzo del segno fonetico schwa nei “documenti ufficiali di
    scuole superiori e università” da parte di una ventina di
    militanti di Azione Studentesca Torino e Fuan-Azione
    Universitaria. Si sono ritrovati nel capoluogo piemontese, in
    piazza Carlo Alberto davanti alla biblioteca nazionale. Una
    manifestazione che segue a distanza di una ventina di giorni
    un’altra azione di azioni studentesche di destra, quando una
    serie di adesivi erano comparsi in alcune sedi dell’ateneo nel
    capoluogo piemontese, raffiguranti una schwa arcobaleno sbarrata
    e la scritta “Tieni pulita la tua università”.   
    “Abbiamo deciso di protestare – dicono oggi da Azione
    Studentesca – contro le storpiature ideologiche della lingua
    italiana a cui sempre più spesso assistiamo nelle nostre scuole,
    persino nei documenti ufficiali. L’educazione è una cosa seria e
    va tenuta libera da ridicole strumentazioni portate avanti in
    nome di una falsa inclusività”. Durante la manifestazione è
    stato esposto lo striscione ‘Halloween (con al posto delle ‘e’
    la schwa), basta orrori grammaticali’. “Come rappresentanti
    degli studenti abbiamo voluto prendere nuovamente una netta
    posizione contro l’utilizzo della schwa in università dopo le
    inaccettabili dichiarazioni del rettore e di UniTo. L’università
    è la culla della cultura di una nazione e non dovrebbe cedere ad
    assurde pressioni ideologiche prive di senso”, affermano dal
    Fuan-Azione Universitaria. (ANSA).   

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    Mattarella: auguri a Lula, insieme per pace e sicurezza

    “I migliori auguri di successo nell’assolvimento dell’alto incarico affidatole dal popolo brasiliano. I nostri Paesi condividono un’antica e forte amicizia”. “Su queste solide fondamenta Brasilia e Roma sapranno sviluppare ulteriormente i rapporti bilaterali, estendendoli a tutti gli ambiti di comune interesse, e operare d’intesa per contribuire alla soluzione delle numerose sfide – anche alla pace e alla sicurezza – del momento attuale”. Lo scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio a Luiz Inácio Lula da Silva. 
    “Nell’apprendere la notizia della sua elezione desidero farle giungere le più sincere felicitazioni della Repubblica Italiana e i migliori auguri di successo. “I nostri Paesi condividono un’antica e forte amicizia, radicata anche nel tessuto sociale grazie alla presenza in Brasile di una grande e ben integrata comunità di cittadini di origine italiana”, scrive Mattarella. Che conclude: “Voglia accogliere i miei più cordiali auguri per il benessere della Sua persona e la prosperità dell’amico popolo brasiliano”.

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    Penalisti, dl su giustizia è incostituzionale

     Il dl sulla giustizia ha ” evidenti e gravi profili di incostituzionalita’ e, quanto ai supposti motivi di urgenza, di evidente illegittimita’”. Lo sostiene l’Unione delle Camere penali in un lungo documento della giunta, evidenziando che c’è un” difetto assoluto di ogni plausibile ragione di urgenza”. “Sull’articolo 4bis dell’ordinamento penitenziario, il d.l. propone- scrivono- un inammissibile peggioramento -rispetto a quello gia’ oggetto della valutazione di incostituzionalita’ della Consulta- del quadro normativo in tema di ostativita’ ed accesso alle misure alternative alla detenzione” .
    Sul rinvio della entrata in vigore della legge Cartabia, le “addotte (seppure del tutto genericamente) difficoltà di ordine strutturale e logistico degli uffici giudiziari a darne immediata esecuzione, certamente non possono riguardare tutta la parte della riforma dedicata al sistema sanzionatorio e della esecuzione penale.” affermano i penalisti . “Non si comprende quali difficoltà dovrebbero incontrarsi ,a titolo di esempio, per l’ampliamento del catalogo dei reati perseguibili solo a querela, o per l’attuazione delle modifiche in tema di misure alternative alla detenzione, o per l’affidamento al giudice di merito della facoltà di irrogare direttamente con la sentenza pene alternative al carcere. La pretestuosa estensione anche a questa importante parte della riforma di esigenze di natura organizzativa, qui del tutto irrilevanti, autorizza la convinzione che detto ingiustificato rinvio preluda ad una riscrittura di questa parte della riforma, attesa la sua evidente incompatibilità con la fosca narrazione identitaria del ‘buttare la chiave’ che, all’evidenza, vuole ispirare i primi passi del nuovo governo in tema di giustizia penale”. “Dubbi non meno fondati solleva la pretesa sussistenza di ragioni di urgenza quanto alla parte del decreto relativo all’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario. E’ trascorso oltre un anno e mezzo dalla ordinanza della Corte Costituzionale che sospendeva il proprio dichiarato giudizio di incostituzionalità dell’attuale regime normativo (automatica preclusione normativa della possibilità di fruizione di misure alternative alla detenzione per i reati c.d. “ostativi”), per consentire al Parlamento di adottare le necessarie misure di coordinamento . Il Parlamento è stato inadempiente, ed ora la mera pendenza della udienza fissata dalla Corte per il prossimo 8 novembre non può certo tramutarsi in una ragione di urgenza, trattandosi di un esito chiaro e noto sin dalla pronuncia della ordinanza,” Quanto al merito , i penalisti ribadiscono la convinzione già espressa ieri che il governo introducendo paletti peggiorativi ai principi sanciti dalla Corte costituzionale in materia di ergastolo e reati ostativi all’accesso alle misure alternative alla detenzione, dà luogo a un “gravissimo conflitto tra il legislatore ed il giudice delle leggi, un vero atto di ribellione del primo verso il secondo, in spregio degli assetti istituzionali e costituzionali che regolano quel rapporto”. E parlano di “una inammissibile manipolazione informativa verso la pubblica opinione”, visto che le misure adottate vengono indicate “come riferibili in via esclusiva all’ergastolo ostativo ed ai reati di mafia”, mentre “le misure peggiorative introdotte riguardano tutti i reati ostativi, a cominciare dai reati contro la pubblica amministrazione”.   

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    Ucraina: Mosca avverte, 'è come la crisi dei missili a Cuba'

    di Luca Mirone
    La Russia si sente “minacciata ai propri confini”, e per far capire all’Occidente quanto sia alta la posta in gioco ha evocato il momento in cui il mondo si trovò si trovò davvero sull’orlo della terza guerra mondiale: la crisi dei missili a Cuba tra Stati Uniti e Urss, nel 1962. L’avvertimento del ministro degli Esteri Serghiei Lavrov è stato lanciato proprio all’indomani del nuovo attacco ucraino sulla Crimea, a cui Mosca ha reagito sospendendo l’intesa sul grano. Uno strappo che ha subito bloccato le navi cariche di cereali, e che ha spinto Turchia e Onu a tentare una nuova mediazione. La cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina non sta andando come previsto, ed anzi a Mosca cresce l’allarme per l’efficacia della resistenza di Kiev, che si è spinta più volte fino alla Crimea e persino oltre, come dimostrano gli attacchi a Belgorod.
    Il ministro Lavrov, in un’intervista, ha evocato una “situazione simile al periodo della crisi missilistica cubana”, affermando che “oggi come nel 1962 stiamo parlando di minacce dirette alla sicurezza della Russia proprio ai nostri confini”. In particolare, a causa di una “campagna per spingere l’Ucraina con ogni tipo di armi”, è l’accusa rivolta agli alleati americani ed europei di Kiev. Che tra l’altro starebbero “giocando in maniera irresponsabile” sul tema delle armi nucleari, con la Polonia “candidata” ad ospitare ordigni atomici Usa. I droni lanciati su Sebastopoli, che avrebbero colpito almeno tre navi della flotta russa, secondo Mosca costituiscono un’ulteriore prova delle minacce ai propri confini. 

    I colloqui tra il Presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo Usa Joe Biden potrebbero avere luogo se gli Stati Uniti fossero disposti ad ascoltare le preoccupazioni russe e a tornare a discutere di garanzie di sicurezza: lo ha dichiarato il portavoce..

    Il ministero della Difesa ha fatto sapere di aver recuperato frammenti dei droni subacquei che sarebbero stati utilizzati dagli ucraini nel Mar Nero: armi “dotate di moduli di navigazione prodotti in Canada, lanciate dalla costa vicino a Odessa”, probabilmente da una “nave cargo”, sfruttando i “corridoi per il trasporto dei cereali”. Oltre ai consueti strali contro la Nato, la Russia ha comunque continuato a tenere la mano tesa per un negoziato. Secondo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, i colloqui tra Vladimir Putin e Joe Biden potrebbero avere luogo se gli Stati Uniti fossero disposti ad “ascoltare le preoccupazioni russe e a tornare a discutere di garanzie di sicurezza”. E lo stesso Lavrov ha assicurato la disponibilità a sedersi al tavolo in caso di “proposte realistiche”. A Kiev, tuttavia, nessuno ci crede. Per il portavoce del ministero degli Esteri Oleg Nikolenko si tratta solo di “un’altra cortina fumogena per guadagnare tempo sullo sfondo delle sconfitte dell’esercito russo”. Spiragli di dialogo, per il momento, si intravedono solo sul dossier grano.
    Oggi nessuna nave è partita dal Mar Nero, dopo la decisione della Russia di sospendere l’intesa sottoscritta a luglio, ma i mediatori turchi e dell’Onu si sono subito messi in moto. Ankara ha spiegato di essere in trattativa con Mosca e Kiev, e nel frattempo ha comunicato che le ispezioni delle navi cargo a Istanbul andranno avanti. Il viceministro degli Esteri russo Andrey Rudenko ha fatto sapere che ci saranno “contatti con Nazioni Unite e Turchia nel prossimo futuro”. Nel frattempo Ue e Stati Uniti hanno lanciato un appello a Mosca perché faccia marcia indietro. Ma neanche in questo caso Kiev si fida. Secondo il ministro Dmytro Kuleba questo strappo era stato “pianificato con largo anticipo”, per tornare a ricattare il mondo con il grano. Con il risultato che “due milioni di tonnellate di grano su 176 navi già in mare, sufficienti per sfamare oltre 7 milioni di persone”, non arriveranno a destinazione.

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    Lula vince in Australia e Nuova Zelanda, Bolsonaro in Giappone

    Lunghe file nei vari consolati brasiliani nel mondo, per il voto al ballottaggio per il palazzo Planalto in Brasile, che vede contrapposti il leader di sinistra Luiz Inacio Lula da Silva (Pt) ed il presidente di destra, Jair Bolsonaro (Pl), per la poltrona di palazzo Planalto.    Secondo il portale di informazione Uol, in Asia e Oceania i primi risultati resi noti confermano la tendenza del primo turno, che avevano visto Lula in vantaggio col 48,43% dei voti (57.259.504) contro il 43,2% del candidato del Pl (51.072.345).    In Corea del Sud Lula vince con 126 voti, contro i 70 di Bolsonaro. In Australia il leader del Pt riporta 2970 suffragi a favore, contro i 1688 di Bolsonaro. In Nuova Zelanda il candidato di sinistra totalizza 353 voti a favore, Bolsonaro 132.    A Nagoya, in Giappone invece, il presidente di destra riporta l’84% a favore, con 3400 preferenze. 

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    Governo a caccia di fondi. Meloni: “Bollette insostenibili, rafforzeremo le misure nazionali”

    Non è ancora noto quando la manovra varcherà la soglia del Parlamento, lasciando presagire un dicembre al cardiopalma per l’ok finale prima dell’eventuale esercizio provvisorio. Il Governo, che lunedì si riunisce in un primo Cdm operativo, cerca intanto le risorse per dar seguito agli impegni assunti in campagna elettorale ma gli spazi, come noto, non consentiranno di accogliere tutti i desiderata. Anche perché l’impatto della manovra, per avviare i primi interventi, far fronte alle urgenze (bollette innanzitutto), finanziare le spese indifferibili, sfiora già una cifra di tutto rispetto: circa 20 miliardi, che salgono a 40 secondo alcuni calcoli tenendo conto di tutti desiderata. Probabile che molte misure siano quindi solo avviate, per proseguire poi con interventi successivi.

    Agenzia ANSA

    Quota più bassa dal 2008, 10 punti meno degli ultimi 2 esecutivi (ANSA)

    Un dato è certo: “I costi delle bollette sono diventati insostenibili”, sottolinea la premier, Giorgia Meloni, “non c’è più tempo da perdere”. E mentre si guarda all’Istat che lunedì metterà nero su bianco il dato sul Pil del terzo trimestre, il governo ragiona sugli spazi di intervento sul deficit, che potrebbe essere fissato per il 2023 al 4,5%. Una ipotesi che il neo ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sta valutando e che dovrà trovare posto nell’integrazione alla Nadef (in Cdm probabilmente verso la fine della settimana) che dovrà aggiornare il quadro programmatico lasciato in eredità da Mario Draghi. Compito non semplice perché il rientro dal deficit resta sempre all’attenzione di Bruxelles che, tra poco più di un anno, si appresta a modificare e a ‘ripiantare’ i paletti delle regole di bilancio interrotte per la pandemia.
    Ma proprio su questo arriva una doccia fredda da Berlino che, oltre a dire ‘no’ al debito comune per l’emergenza gas, puntualizza attraverso il ministro delle Finanze, Christian Lindner un altro “no” all’ipotesi del rientro del debito da negoziare bilateralmente, prevista dalla riforma del Patto. La credibilità del patto deriva dal fatto che “le regole devono essere applicate da tutti, allo stesso modo”. Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, cerca intanto di accelerare sui cantieri, a partire dal più discusso in questi anni: il Ponte sullo Stretto. Ne parlerà martedì 8 novembre con i governatori di Calabria e Sicilia, Roberto Occhiuto e Renato Schifani. Ma l’incontro servirà anche a fare il punto sulle “100 opere pubbliche commissariate in tutta Italia” per “accelerare” e partire con “nuovi progetti”. Sullo sfondo, come ricorda l’associazione magistrati della Corte dei Conti, resta la “paura della firma negli appalti” che è “infondata” ma per essere superata ha bisogno “con urgenza” di una “semplificazione delle procedure”. Molte, come in ogni manovra, le ipotesi che circolano, alcune di matrice politica, altre già visitate dall’esecutivo.

    Agenzia ANSA

    Martedì 8 novembre incontro a Roma tra il Vicepremier e Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Matteo Salvini, e i governatori di Calabria e Sicilia, Roberto Occhiuto e Renato Schifani. (ANSA)

    Oltre alla rivisitazione del Reddito di cittadinanza (Salvini spiegava che poteva essere ”interrotto” per alcuni periodi per recuperare risorse per le pensioni) oggi un altro cavallo di battaglia dei 5S finisce nel mirino: il bonus del 110%. Per il sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano “merita una riconsiderazione di carattere generale”, soprattutto perché avrebbe prodotto effetti negativi (lo dice riferendosi a Norcia da dove parla) “distogliendo una parte dell’imprenditoria dall’essere attratta a questo tipo di lavoro”.

    Agenzia ANSA

    “Il Governo che si è appena insediato si è trovato al centro di una tempestata perfetta tra la guerra alle porte dell’Europa, la recessione è l’inflazione”: a dirlo è stato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Alfredo Mantovano, n… (ANSA)

     Delicato e ancora aperto il capitolo Legge Fornero. Tra le ipotesi spunta anche quella di un bonus per rimanere al lavoro oltre 63 anni. Oltre a una riproposizione, cambiando i criteri, di quota 102, si parla anche di un bonus per chi invece rimane al lavoro dopo i 63 anni. Tra le mille ipotesi che vanno dai bonus, dalla flat tax agli incentivi verdi, anche un’altra sollecitazione arriva oggi: una super-deduzione per le aziende che assumono (fino al 150% in caso di persone fragili o che meritano tutela) mentre Luca Ciriani, ministro per i rapporti con il Parlamento assicura sui tempi e la presenza in bilancio della pace fiscale (non sarà “un condono”, assicura). Ciriani non fornisce ancora una data precisa per l’approdo in Parlamento della manovra (“dicembre sarà molto impegnativo”) ma ribadisce le priorità: flat tax incrementale e taglio del cuneo fiscale. E il limite al contante? Potrebbe essere, come da mediazione, 5000 euro.

    Agenzia ANSA

    ‘Con Meloni parleremo di quale strada vuole prendere Roma’: ha detto la presidente dell’Europarlamento che affronterà anche il tema dei flussi e dei migranti con il presidente del consiglio italiano (ANSA)

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    Bolsonaro, da ex militare a 'capitano del popolo'

    di Leonardo Cioni
    Da anonimo deputato federale (con pochi progetti di legge approvati in 27 anni di carriera politica condita da moltissime polemiche) a presidente del Brasile. E’ la traiettoria di Jair Messias Bolsonaro, amato e odiato con la stessa intensità, fuori e dentro il Paese, per le sue tesi e parole sempre sopra le righe.    Anti-abortista, contrario all’identità di genere e alla legalizzazione delle droghe, difensore della famiglia ‘tradizionale’ e del possesso di armi da fuoco, l’ex capitano dell’esercito di 67 anni ha condotto la campagna elettorale al motto di ‘Dio, patria e famiglia’.
        Appoggiato dalla chiesa evangelica, dall’agrobusiness e dalla destra conservatrice, il paracadutista congedato delle Agulhas Negras è arrivato a palazzo Planalto il 1 gennaio 2019 dopo aver vinto al ballottaggio con il 55,1% dei voti validi le elezioni di ottobre 2018 come candidato del Partito social-liberale (Psl, di destra) contro il candidato del Partito dei lavoratori (Pt, di sinistra), Fernando Haddad.    Il 6 settembre 2018, durante una tappa della sua campagna elettorale a Juiz de Fora, nello Stato di Minas Gerais, Bolsonaro ha rischiato di morire dopo una coltellata all’addome sferrata da uno squilibrato.
    ù    Nato nel 1955 a Glicério, un piccolo comune nell’entroterra dello Stato di San Paolo, è stato deputato federale tra il 1991 e il 2018. Durante il suo mandato come parlamentare al Congresso di Brasilia si è fatto notare per le sue posizioni ultraconservatrici e per diverse controversie, tra cui l’opposizione al mondo Lgbt e la difesa della dittatura militare (1964-1985).    Considerato un populista, le sue opinioni hanno spaccato i brasiliani, suscitando feroci critiche, soprattutto a sinistra, ma anche lodi sperticate da parte di molti che lo hanno ribattezzato ‘Mito’ e ‘Capitano del popolo’ per la dichiarata posizione anti-sistema e la capacità di radunare folle immense di sostenitori in cortei con i colori della bandiera nazionale.
        Tra le altre sue peculiarità, i raduni in moto che riuniscono migliaia di supporter.    Il suo esecutivo si è caratterizzato, tra gli altri aspetti, per la forte presenza di ministri con un background militare. Le opposizioni lo hanno accusato di portare avanti una politica anti-ambientalista e contro le popolazioni indigene. Anche la sua risposta alla pandemia di coronavirus è stata criticata, tanto da essere additato come “negazionista” per la sua personale contrarietà ai vaccini.