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    Natascia Maesi, una presidente alla guida di Arcigay

        Natascia Maesi, giornalista 45enne, nata a Caserta e laureata in filosofia a Napoli, è la prima donna eletta presidente di Arcigay al XVII Congresso nazionale svoltosi a Latina. Confermato Gabriele Piazzoni, 38 anni di Crema, come segretario. Approvata la mozione ‘Orgoglio in movimento’ e ribadita con voto unanime l’identità antifascista e pacifista dell’associazione.    “Sono molto onorata del ruolo di cui l’associazione oggi mi investe e che è l’esito di un percorso che viene da lontano e che coinvolge numerose attiviste”, ha dichiarato Maesi, che vive a Siena dove si occupa di uffici stampa e comunicazione. “Per quattro anni, sarò la presidente di Arcigay. E sottolineo il la, a marcare la differenza profonda tra leadership femminile e leadership femminista. Giorgia Meloni, nell’infrangere il soffitto di cristallo, ha disposto la cancellazione del femminile, con la conseguente invisibilizzazione delle donne dal discorso pubblico e politico, rafforzando l’idea che le donne abbiano valore solo se assomigliano agli uomini, diventano come loro, si appellano al maschile per essere autorevoli”. “Altra cosa è il modo in cui io e le altre attiviste transfemministe di Arcigay – spiega Maesi – intendiamo affrontare generi, rendendoli visibili e attraversabili, disobbedendo a norme e aspettative di genere, superando i limiti del binarismo. Le parole creano senso e immaginario, sono strumenti potentissimi che vanno usati responsabilmente. Ancora di più se si ha un privilegio o si esercita un potere”.    Maesi mette al primo punto della ‘to do list’ l’impegno contro la violenza che subiscono le donne e la comunità Lgbtqia+ perchè è “una violenza che in tutti e due i casi ha una matrice patriarcale: colpisce le donne quando non si conformano a certe aspettative, così come colpisce gli uomini che non si conformano al modello del machismo”. Poi rimettere “al centro la battaglia per la piena applicazione della legge 194, l’aborto libero e gratuito riguarda anche le donne della nostra comunità”. Da portare avanti, subito, anche “il tema dell’autodeterminazione – prosegue la presidente di Arcigay – con il superamento della legge 164 sulla transizione di genere, occorre togliere l’obbligo di percorsi psicologici, e poi è necessario che sia adottata la ‘carriera alias’ sui posti di lavoro, a scuola, nella pubblica amministrazione”.    Sui figli delle famiglie arcobaleno, Maesi ha l’obiettivo di farli dichiarare figli al momento della nascita e non al termine di lunghi e incerti percorsi affidati agli uffici anagrafici e alle diverse ‘sensibilità’ dei sindaci.    “Arcigay esce da questo appuntamento come un’associazione forte e volitiva, compatta, coesa e battagliera”, ha sottolineato Piazzoni. “Attraversiamo un tempo complicato – ha proseguito -, per molti versi ostile. Ma ci sentiamo pronti e pronte ad attraversare questo tempo senza paura. Già da domani siamo al lavoro per garantire alle persone lgbtqia sostegno e rappresentanza, per rilanciare le battaglie per la piena uguaglianza di tutte e tutti, per una politica che rimuova gli ostacoli e che colmi il vuoto che questo Paese sconta in termini di diritti umani, civili, sociali.”.    Congratulazioni a Natascia Maesi, “prima donna a essere eletta presidente nazionale di Arcigay” sono state espresse dalla deputata dem Laura Boldrini. “Mi impegnerò – aggiunge la ex presidente della Camera – per far sì che venga portata all’attenzione del Parlamento la piattaforma programmatica elaborata dalle associazioni Lgbtqia+.Per una società più equa, che rispetti i diritti di tutti e tutte”.   

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    G20: Meloni vola a Bali, oltre a Biden, vede anche Xi e Modi

    La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è in partenza con la delegazione italiana per Bali, dove martedì e mercoledì si terrà il G20 presieduto dall’Indonesia.    Dopo la prima uscita internazionale a Bruxelles per incontrare i vertici europei e la Cop27 di Sharm el-Sheikh, la missione sarà di nuovo l’occasione per la premier per “presentarsi” ai leader mondiali con cui ancora non ha avuto, nelle tre settimane da quando è in carica il governo di centrodestra, l’occasione di uno scambio dal vivo.    Il bilaterale più atteso a Bali sarà quello con il presidente americano Joe Biden: Ucraina e i rapporti con la Cina, ha fatto sapere la Casa Bianca, saranno al centro del primo colloquio tra i due.
    Per Meloni sarà l’occasione per confermare direttamente al presidente Usa che la postura italiana in politica internazionale non è cambiata e resta saldamente sull’asse eruroatlantico.
    La premier vedrà Biden martedì, a margine del vertice, e successivamente dovrebbe incontrare anche il presidente cinese Xi Jinping (e sarà da vedere se sarà confermata la posizione di Meloni su Taiwan) e l’indiano Narendra Modi.
    Non sarebbe in programma, invece, un faccia a faccia ufficiale con Emmanuel Macron: non era nei piani e l’agenda al momento non è cambiata, spiegano da Palazzo Chigi, ricordando che con il presidente francese ci sono già state due occasioni di scambio, a Roma e a Sharm el-Sheikh. Non è da escludere, comunque, che i due possano trovarsi qualche minuto a tu per tu a margine dei lavori del G20.    Per Meloni sono previsti due interventi ai tavoli ufficiali: alla sessione di apertura del vertice, dedicata a “food, energy, security”, e nella sessione sulla lotta a pandemia e malattie globale.   

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    Migranti: a Ventimiglia controlli francesi a tappeto

    (ANSA) – VENTIMIGLIA, 13 NOV – Al confine italo francese di
    Ventimiglia sono scattati i controlli a tappeto dei francesi per
    bloccare l’ingresso di migranti. Dopo due giorni di verifiche
    soft, successive all’annuncio del Governo Macron dell’invio di
    500 uomini ai punti di frontiera, stamani sei gendarmi (ieri
    erano 2) hanno controllato tutti i mezzi in transito. Si sono
    formate lunghe code verso la Francia (fino a 1 km). Molti gli
    automobilisti indignati. Sul caso è intervenuto anche il vescovo
    di Ventimiglia Antonio Suetta: “La reazione della Francia è
    spropositata, non umano e dal punto di vista della solidarietà
    europea poco leale”. (ANSA).   

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    Papa, non facciamoci incantare dalle sirene del populismo

    “Facciamo nostro l’invito forte e chiaro del Vangelo a ‘non lasciarci ingannare’. Non diamo ascolto ai profeti di sventura; non facciamoci incantare dalle sirene del populismo, che strumentalizza i bisogni del popolo proponendo soluzioni troppo facili e sbrigative. Non seguiamo i falsi ‘messia’ che, in nome del guadagno, proclamano ricette utili solo ad accrescere la ricchezza di pochi, condannando i poveri all’emarginazione”. Lo ha detto papa Francesco durante la messa nella Basilica di San Pietro per la VI Giornata Mondiale dei Poveri.
    “Anch’io faccio questa domanda oggi: che cosa ci sta dicendo il Signore davanti a questa terza guerra mondiale? Che cosa ci sta dicendo il Signore? Non fuggire, farsi la domanda: cosa mi dice il Signore e cosa posso fare io di bene?”. Così il Papa ‘a braccio’ nell’omelia. “Oggi ognuno di noi deve interrogarsi davanti a tante calamità, davanti a questa terza guerra mondiale così crudele, davanti alla fame di tanti bambini, di tante gente – ha aggiunto -: io posso sprecare, sprecare i soldi, sprecare la mia vita, sprecare il senso della mia vita senza prenderne coraggio e andare avanti?”.

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    Migranti, dichiarazione di Italia-Malta-Cipro-Grecia: delusione sui ricollocamenti

    Madrid “non può sostenere proposte che premierebbero i Paesi che non rispettano i loro obblighi in termini di diritto marittimo internazionale e che andrebbero a discapito di quelli che, come la Spagna, rispettano i loro obblighi internazionali e salvano vite con risorse pubbliche”: lo dice all’ANSA un portavoce del ministero dell’Interno spagnolo, commentando la dichiarazione congiunta di Italia, Grecia, Malta e Cipro sui migranti rivolta all’Unione europea. La Spagna, è la premessa, “condivide con i suoi partner mediterranei la necessità di istituire un meccanismo per un’equa distribuzione delle responsabilità tra i Paesi dell’Ue in materia di migrazioni, e lo ha sempre difeso sia all’interno della Med5 che nei Consigli dei ministri dell’Interno”. Ma “non può però sostenere proposte che premierebbero i Paesi che non rispettano i loro obblighi in termini di diritto marittimo internazionale e che andrebbero a discapito di quelli che, come la Spagna, rispettano i loro obblighi internazionali e salvano vite con risorse pubbliche”.
    In una dichiarazione congiunta Italia, Malta, Cipro e Grecia – i Paesi di primo ingresso in Europa nel Mediterraneo – definiscono “increscioso e deludente” il mancato rispetto degli accordi sulla ricollocazione dei migranti. “Purtroppo – si legge nella nota -, il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari”. Il meccanismo, aggiungono, si è dimostrato “lento” per alleviare la pressione sui Paesi “di prima linea”. 
    Italia, Malta, Cipro e Grecia invitano le ong a “rispettare” la “cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue”. “Ogni Stato – si legge nella nota – deve effettivamente esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera”. I quattro Paesi, inoltre, ritengono “urgente e necessaria” una discussione sul coordinamento delle Ong nel rispetto delle convenzioni internazionali”. “Tutti gli Stati di bandiera si assumano le loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali”, conclude la nota invitando l’Ue ad adottare le misure per avviare la discussione.
    “Visto che tutti si riempiono la bocca della parola solidarietà europea, vediamo di applicarla. Ormai l’hanno detto anche il Papa e Mattarella, l’Europa batta un colpo”. Lo ha detto il leader della Lega e ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini. “Se nel corso di quest’anno fra le decine di migliaia, ormai siamo quasi a 90 mila, di immigrati arrivati in Italia la famosa solidarietà europea ne ha collocati 117 negli altri paesi, dove sta? – ha concluso -. Non può essere tutto sulle spalle di Italia, Spagna, Grecia o di Malta e Cipro. L’Europa è tutta Europa”.
    La dichiarazione congiunta”L’Italia, la Grecia, Malta e Cipro, in quanto Paesi di primo ingresso in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale ed orientale – si legge nella nota -, si trovano a sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, nel pieno rispetto di tutti gli obblighi internazionali e delle norme dell’Ue. Abbiamo sempre sostenuto con forza la necessità di sviluppare una nuova politica europea in materia di migrazione e di asilo, realmente ispirata ai principi di solidarietà e responsabilità, e che sia equamente condivisa tra tutti gli Stati membri”. “Il 10 giugno 2022 – continua la dichiarazione congiunta -, abbiamo approvato una Dichiarazione Politica che istituisce un meccanismo di relocation temporaneo e volontario, nonostante i Paesi MED 5 sostenessero uno schema di relocation obbligatoria. Purtroppo, il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno. Inoltre, a tutt’oggi il meccanismo si è dimostrato lento nel raggiungere il suo obiettivo dichiarato di alleviare quell’onere a cui tutti noi, come Stati membri di prima linea, siamo costantemente esposti, in quanto finora solo un esiguo numero di relocation è stato effettuato. Tutto ciò è increscioso e deludente, soprattutto in questo momento in cui i nostri Paesi devono affrontare sempre più frequentemente una pressione migratoria che sta mettendo a dura prova il nostro sistema di asilo e di accoglienza”. “Non possiamo sottoscrivere l’idea che i Paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali – conclude la nota -, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti”.
       

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    Migranti, dichiarazione di Italia, Malta, Cipro e Grecia: delusione sui ricollocamenti

    In una dichiarazione congiunta, Italia, Malta, Cipro e Grecia – i Paesi di primo ingresso in Europa nel Mediterraneo – definiscono “increscioso e deludente” il mancato rispetto degli accordi sulla ricollocazione dei migranti. “Purtroppo – si legge nella nota -, il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari”. Il meccanismo, aggiungono, si è dimostrato “lento” per alleviare la pressione sui Paesi “di prima linea”. 
    Italia, Malta, Cipro e Grecia invitano le ong a “rispettare” la “cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue”. “Ogni Stato – si legge nella nota – deve effettivamente esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera”. I quattro Paesi, inoltre, ritengono “urgente e necessaria” una discussione sul coordinamento delle Ong nel rispetto delle convenzioni internazionali”. “Tutti gli Stati di bandiera si assumano le loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali”, conclude la nota invitando l’Ue ad adottare le misure per avviare la discussione.
    “Visto che tutti si riempiono la bocca della parola solidarietà europea, vediamo di applicarla. Ormai l’hanno detto anche il Papa e Mattarella, l’Europa batta un colpo”. Lo ha detto il leader della Lega e ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini. “Se nel corso di quest’anno fra le decine di migliaia, ormai siamo quasi a 90 mila, di immigrati arrivati in Italia la famosa solidarietà europea ne ha collocati 117 negli altri paesi, dove sta? – ha concluso -. Non può essere tutto sulle spalle di Italia, Spagna, Grecia o di Malta e Cipro. L’Europa è tutta Europa”.
    La dichiarazione congiunta”L’Italia, la Grecia, Malta e Cipro, in quanto Paesi di primo ingresso in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale ed orientale – si legge nella nota -, si trovano a sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, nel pieno rispetto di tutti gli obblighi internazionali e delle norme dell’Ue. Abbiamo sempre sostenuto con forza la necessità di sviluppare una nuova politica europea in materia di migrazione e di asilo, realmente ispirata ai principi di solidarietà e responsabilità, e che sia equamente condivisa tra tutti gli Stati membri”. “Il 10 giugno 2022 – continua la dichiarazione congiunta -, abbiamo approvato una Dichiarazione Politica che istituisce un meccanismo di relocation temporaneo e volontario, nonostante i Paesi MED 5 sostenessero uno schema di relocation obbligatoria. Purtroppo, il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno. Inoltre, a tutt’oggi il meccanismo si è dimostrato lento nel raggiungere il suo obiettivo dichiarato di alleviare quell’onere a cui tutti noi, come Stati membri di prima linea, siamo costantemente esposti, in quanto finora solo un esiguo numero di relocation è stato effettuato. Tutto ciò è increscioso e deludente, soprattutto in questo momento in cui i nostri Paesi devono affrontare sempre più frequentemente una pressione migratoria che sta mettendo a dura prova il nostro sistema di asilo e di accoglienza”. “Non possiamo sottoscrivere l’idea che i Paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali – conclude la nota -, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti”.
       

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    Stretta sulle ong, si lavora a sanzioni e sequestri

     Una stretta sulle ong, con la minaccia di multe e di sequestrare le imbarcazioni. I “nuovi provvedimenti” sull’immigrazione annunciati in conferenza stampa dalla premier Giorgia Meloni cominciano a prendere forma, anche se per il momento al Viminale non ci sono bozze o documenti già pronti sulla scrivania del ministro Matteo Piantedosi.    L’idea sulla quale sembra ci si stia muovendo, al momento, è quella di riprendere in mano i decreti firmati da Matteo Salvini quando, da ministro e vicepremier del primo governo Conte, lanciò la sua battaglia contro le imbarcazioni non governative che operano nel Mediterraneo. Con un obiettivo chiaro: avere a disposizione strumenti più pervicaci per bloccare le navi delle organizzazioni umanitarie. Lo stesso di quattro anni fa. Era il 2018, il governo gialloverde era appena nato – proprio come quello della prima premier donna – e l’esecutivo mandò un messaggio chiaro a quelli che lo stesso Salvini ha sempre etichettato come i “taxi del mare”. Gli ostacoli da superare, però, non sono pochi. Considerando soprattutto il fatto, non secondario, che i provvedimenti furono accompagnati dai rilievi dello stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella e smontati in buona parte delle sentenza della Consulta.    Quel che è certo è che il governo, in rotta con la Francia proprio sul tema della redistribuzione e l’accoglienza dei migranti, è pronto a mettere di nuovo mano al tema che ha accompagnato la ‘calda’ campagna elettorale estiva. Il primo passo è stato il decreto interministeriale – firmato dai ministri dell’Interno, della Difesa e delle Infrastrutture – per concedere lo sbarco sulle coste italiane solo a fragili, donne e bambini. Un provvedimento che, con ogni probabilità, potrebbe essere utilizzato proprio per arrivare al sequestro amministrativo delle imbarcazioni – disposto dai prefetti – nel caso queste non lo ottemperassero alla lettera. In ogni caso le nuove disposizioni dovrebbero finire all’interno di un decreto più ampio sulla sicurezza sul quale nei prossimi giorni cominceranno a lavorare gli uffici legislativi competenti.    Saranno inoltre rispolverate le maxisanzioni alle imbarcazioni delle Ong che, all’epoca del decreto sicurezza bis, potevano raggiungere anche il milione di euro. Una cifra che non sarà riproposta ma che è possibile invece si assesti tra i 10mila e i 50mila euro, come era inizialmente prevista anche nei decreti sicurezza di Salvini. Non solo. Il ministro Piantedosi potrebbe riportare in auge anche la norma che concede al Viminale la possibilità di limitare o vietare l’ingresso, il transito e la sosta alle navi per motivi di sicurezza. I porti, dunque, rischiano di tornare “chiusi”, come si compiaceva fossero l’allora ministro Salvini nel primo governo Conte.    L’intenzione resta quella di avere un maggior controllo degli sbarchi, invitando le Ong a rispettare le leggi internazionali, così come ribadito anche dallo stesso ministro Piantedosi in una dichiarazione congiunta con gli omologhi di Malta, Cipro e Grecia. “Tutti gli Stati di bandiera – è il pensiero dei Paesi del Mediterraneo di primo ingresso in Europa – si assumano le loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali”. “Noi non ci arrendiamo – le parole di Sos Mèditerranée Italia -. Sappiamo che sarà più complicato ma sappiamo anche che non stiamo compiendo nulla di sbagliato, secondo quello che prevedono le leggi internazionali”. “Non permetteremo l’escalation di atteggiamenti razzisti di questa destra disumana – le parole del co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra -. Saremo pronti a controllare qualsiasi atto discriminatorio, a denunciare a tutti i livelli per omissione di soccorso questo Governo se dovesse ripristinare l’epopea salviniana”.    Gli sbarchi, intanto, continuano a registrarsi ormai quotidianamente, in Sicilia come in Calabria. Sono un migliaio, ben oltre il limite della capienza, i migranti nell’hotspot di Lampedusa, dove volontari e assistenti organizzano di ora in ora i trasferimenti dei migranti. In 60 sono arrivati invece nella Locride, nel porto di Roccella Ionica, salvati dalla Guardia di Finanza mentre erano con il motore in avaria nel tentativo di raggiungere l’Italia su un barchino di legno.    

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    Giornata dei Poveri, si presenta Una gioia mai provata di padre Enzo Fortunato

     In occasione della Giornata Mondiale dei Poveri, domenica alle 17, nella Basilica di Sant’Anastasia al Palatino a Roma, viene presentato l’ultimo libro di padre Enzo Fortunato, “Una gioia mai provata”. All’incontro con l’autore parteciperanno lo scrittore Erri De Luca, monsignor Rino Fisichella, e il maestro Uto Ughi, che si esibirà con un omaggio musicale.
    L’evento, moderato dalla giornalista Rai Maria Rita Cavallo, sarà introdotto dal presidente dell’Associazione Giovane Europa, Angelo Chiorazzo.    “L’invenzione del presepe da parte di Francesco – ha dichiarato padre Enzo Fortunato – è la più grande protesta silenziosa che il Santo mette in atto nel suo cammino. Protesta verso una società e una Chiesa che utilizzavano la Croce di Cristo come vessillo per le Crociate, che avevano dimenticato il valore della tenerezza e dell’attenzione verso il prossimo, il più debole, il lebbroso. Proprio per questo è stato scelto di presentare il libro nella Giornata Mondiale dei Poveri, affinché aiuti tutti a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà nel mondo”.   
      Nel libro, edito dalla San Paolo, l’autore ripercorre la storia e la spiritualità del presepe ad 800 anni da quel gesto rivoluzionario – San Francesco d’Assisi lo inventò nel 1223 – che ancora oggi interroga le coscienze: mettere Gesù Cristo al centro e seguirlo sulla via dell’umiltà e della povertà, che dalla mangiatoia conduce alla Croce.
    È lo stesso Papa Francesco che nella Lettera Apostolica Admirabile signum spiega perché il Presepe suscita tanto stupore e commuove ancora oggi: “Fin dall’origine francescana è un invito a ‘sentire’, a ‘toccare’ la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione (…) È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi”.