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    Dl Rave alle battute finali, le opposizioni tentano la spallata

    Il decreto anti-Rave arriva alle battute finali. Dopo essere stato approvato, tra mille polemiche, il 13 dicembre al Senato, la Camera ne conclude l’esame in Commissione Giustizia dando il mandato al relatore 10 giorni dopo: il 23 dicembre. E nell’Aula di Montecitorio è atteso per il 27.
    L’opposizione spera che alla fine il decreto, che dovrebbe essere convertito in legge entro il 30 dicembre, possa decadere con il prolungarsi dei tempi del suo esame in Aula. Il timing dei lavori parlamentari nella settimana tra Natale e Capodanno è molto serrato e anche la Manovra dovrebbe vedere la luce entro il 30 per evitare l’esercizio provvisorio. Così è corsa contro il tempo per un provvedimento profondamente inviso alle opposizioni e non solo per l’introduzione nell’ordinamento del reato di ‘Rave party’, ma anche per la cancellazione dei reati contro la P.A. dall’elenco di quelli ostativi e per il reintegro anticipato nel posto di lavoro dei medici ‘No-Vax’.
    “Per colpa” della cancellazione dei reati di corruzione dalla lista di quelli per i quali sono negati i benefici penitenziari, dichiara l’ex Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, ora deputato M5S, le “mafie ne trarranno benefici” visto che “mettono le mani su appalti e soldi pubblici proprio attraverso la commissione dei reati contro la P.A”.
    Ma contro il provvedimento anche la società civile è scesa in piazza. Associazioni, studenti e giovani hanno dato vita alle “Street Parade” invadendo le vie delle principali città italiane, per dire no alla norma ‘anti-Rave’ parlando di “repressione”. Manifestazioni contro le quali il premier Giorgia Meloni ha reagito dicendo che “è finita l’Italia che si accanisce sulle persone perbene. Qui le regole devono valere per tutti”.
    Il decreto, criticato da molti magistrati tra cui Roberto Scarpinato, ora senatore M5S, e il consigliere togato del Csm, Giuseppe Cascini, viene definito “incostituzionale” dall’ex Pm Luigi De Magistris.

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    Timing legge di bilancio, si punta a chiudere il 28-29

    L’ultimo breve sprint della manovra in Senato, senza sorprese all’orizzonte, e l’approvazione al fotofinish del dl rave alla Camera: vivrà su questi due fronti l’ultima settimana parlamentare del 2022. A Palazzo Madama approda la legge di bilancio, blindata dopo il via libera in prima lettura a Montecitorio all’alba della vigilia di Natale. L’obiettivo di maggioranza e governo è approvarla definitivamente mercoledì sera, con un paio di giorni d’anticipo rispetto alle leggi di bilancio degli ultimi due anni, chiuse il 30 dicembre. Il 29, poi, occhi puntati sulla conferenza stampa di fine anno della premier Giorgia Meloni (inizialmente prevista il 28 e poi slittata di un giorno), e nella serata di sabato sul tradizionale discorso di fine anno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
    La calendarizzazione della manovra sarà definita dalla conferenza dei capigruppo, convocata alle 13, un’ora prima dell’Assemblea di Palazzo Madama. Sarà incardinata in commissione Bilancio – con Nicola Calandrini come relatore – dove verranno indicati i termini per emendamenti e ordini del giorno, anche se il testo non verrà modificato. “Il Senato – osserva Calandrini – visti i tempi non potrà che ratificare la legge di bilancio approvata dalla Camera, garantendo comunque gli spazi di intervento politico che saranno stabiliti dalla conferenza dei capigruppo”. La commissione conta di concludere in due giorni: è già convocata per martedì e mercoledì, mattino e pomeriggio. Secondo fonti di maggioranza, si punta a completare l’esame a Palazzo Madama mercoledì sera con la votazione di fiducia in Aula, o al massimo giovedì mattina.
    In parallelo, alla Camera sono serrati anche i tempi per convertire in legge entro venerdì il decreto anti-rave, che contiene anche le misure sull’ergastolo ostativo, sulle norme attuative della riforma Cartabia e sugli obblighi vaccinali. Al Senato è stato approvato il 13 dicembre, ma in Aula a Montecitorio approda solo il 27, dalle ore 10 con votazioni non prima delle 14. Sforare oltre il 30 dicembre significa farlo decadere, per questo nella maggioranza si teme qualche forma di ostruzionismo da parte delle opposizioni.

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    Oggi la camera ardente di Frattini, domani i funerali di Stato

    E’ stata allestita presso Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato di cui era presidente, la camera ardente di Franco Frattini, scomparso il 24 dicembre all’età di 65 anni.
    A rendere omaggio all’ex ministro degli Esteri si sono presentati tanti esponenti del mondo politico, a partire dal ministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso: “Un autentico servitore dello Stato, un modello per tutti”.”E’ stato un vero uomo di Stato”, ha detto Maurizio Gasparri. Presente anche Massimo D’Alema: “Un uomo con grande senso dello Stato”.
    “Il suo senso del dovere dovrebbe essere un esempio per chi si impegna nel pubblico”, ha commentato Gianni Letta. Infine le parole di Lamberto Dini: “Abbiamo perso un grande personaggio”.
    I funerali – secondo quando si apprende – si terranno domani, alle 11.30, nella Basilica dei Santi Apostoli, in piazza Santi Apostoli a Roma. Sarano celebrati dal cardinale Giovanni Battista Re.

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    Ucraina: Papa, Dio illumini chi può far tacere le armi

    Il Papa, nella benedizione ‘Urbi et Orbi’, ha rivolto il primo pensiero all’Ucraina: “Il nostro sguardo si riempia dei volti dei fratelli e delle sorelle ucraini, che vivono questo Natale al buio, al freddo o lontano dalle proprie case, a causa della distruzione causata da dieci mesi di guerra. Il Signore ci renda pronti a gesti concreti di solidarietà per aiutare quanti stanno soffrendo, e illumini le menti di chi ha il potere di far tacere le armi e porre fine subito a questa guerra insensata! Purtroppo, si preferisce ascoltare altre ragioni, dettate dalle logiche del mondo. Ma la voce del Bambino, chi l’ascolta?”.

    Natale, Papa: ‘Penso ai bambini divorati dalle guerre’

    Parlando della guerra in Ucraina, il Papa, nell’Urbi et Orbi, ha fatto riferimento anche alla crisi del grano. “Pensiamo alle persone che patiscono la fame, soprattutto bambini, mentre ogni giorno grandi quantità di alimenti vengono sprecate e si spendono risorse per le armi. La guerra in Ucraina ha ulteriormente aggravato la situazione, lasciando intere popolazioni a rischio di carestia, specialmente in Afghanistan e nei Paesi del Corno d’Africa. Ogni guerra, lo sappiamo, provoca fame e sfrutta il cibo stesso come arma, impedendone la distribuzione a popolazioni già sofferenti”. Il Papa ha allora lanciato un appello: “In questo giorno, imparando dal Principe della pace, impegniamoci tutti, per primi quanti hanno responsabilità politiche, perché il cibo sia solo strumento di pace. Mentre gustiamo la gioia di ritrovarci con i nostri cari, pensiamo alle famiglie che sono più ferite dalla vita, e a quelle che, in questo tempo di crisi economica, fanno fatica a causa della disoccupazione e mancano del necessario per vivere”.
    Non c’è solo la guerra in Ucraina perché “il nostro tempo sta vivendo una grave carestia di pace anche in altre regioni, in altri teatri di questa terza guerra mondiale”. Lo ha detto il Papa nell’ Urbi et Orbi. Il Pontefice ha citato la Siria, “ancora martoriata da un conflitto che è passato in secondo piano ma non è finito”. Poi il Libano “perché possa finalmente risollevarsi, con il sostegno della comunità internazionale”. Preoccupazione è stata espressa anche per il Sahel, lo Yemen e per “le tensioni politiche e sociali” nel continente americano, “penso in particolare alla popolazione haitiana che sta soffrendo da tanto tempo”. Il Papa ha parlato di “un mondo malato di indifferenza, brutta malattia” che non accoglie Gesù, “anzi lo respinge, come accade a molti stranieri, o lo ignora, come troppo spesso facciamo noi con i poveri. Non dimentichiamoci oggi dei tanti profughi e rifugiati che bussano alle nostre porte in cerca di conforto, calore e cibo. Non dimentichiamoci degli emarginati, delle persone sole, degli orfani e degli anziani, saggezza di un popolo, che rischiano di finire scartati, dei carcerati che guardiamo solo per i loro errori e non come esseri umani”, ha concluso il Papa.
    Il Papa invita a spogliarsi di tutte quelle “zavorre” che impediscono di trovare una via per la pace: “l’attaccamento al potere e al denaro, la superbia, l’ipocrisia, la menzogna. Questi pesi – ha detto Papa Francesco nella tradizionale benedizione ‘Urbi et Orbi’ – impediscono di andare a Betlemme, escludono dalla grazia del Natale e chiudono l’accesso alla via della pace. E in effetti, dobbiamo constatare con dolore che, mentre ci viene donato il Principe della pace, venti di guerra continuano a soffiare gelidi sull’umanità”.
    Il Papa, nella benedizione Urbi et Orbi, fa un cenno anche alle tensioni che investono l’Iran e il Myanmar. Auspica per questi due Paesi “la riconciliazione” perché “cessi ogni spargimento di sangue”.

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    Addio a Franco Frattini. Berlusconi, ha seminato stima

    (ANSA) – ROMA, 25 DIC – Franco Frattini, ex ministro degli
    Esteri e attuale presidente
    del consiglio di Stato, è morto ieri sera. Aveva 65 anni.   
    Parlamentare, esponente di Forza Italia e del Popolo della
    Libertà, con Silvio Berlusconi presidente del consiglio Frattini
    è stato per due volte ministro degli Esteri ma anche
    vicepresidente della Commissione Europea e Commissario per la
    Giustizia. “Di lui – ha scritto Berlusconi in un post sui social
    – ricorderò sempre la grande capacità di affrontare col sorriso
    problemi complessi, di trovarsi a suo agio in ogni ruolo e la
    stima che ha seminato”. Molti i messaggi di cordoglio, da ogni
    parte politica. (ANSA).   

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    E' morto Franco Frattini, il ministro degli Esteri di Berlusconi

    Franco Frattini, attuale presidente del consiglio di Stato, è morto questa sera all’età di 65 anni. Laureato in Giurisprudenza, magistrato, nel 1981 Frattini è diventato procuratore dello Stato. Parlamentare, esponente di Forza Italia e del Popolo della Libertà, con Silvio Berlusconi presidente del consiglio, Frattini è stato per due volte ministro degli Esteri: prima negli anni 2002-2004 e poi negli anni 2008-2011. Frattini è stato vicepresidente della Commissione Europea e Commissario per la Giustizia, Sicurezza e Libertà negli anni 2004-2008.
    L’ultimo incarico, alla presidenza del consiglio di Stato, gli è stato affidato lo scorso 14 gennaio. In quei giorni, il suo nome era entrato anche nel dibattito sulla scelta del nuovo presidente della Repubblica, prima che le forze politiche convergessero sulla riconferma di Sergio Mattarella. “Franco Frattini – ha scritto Berlusconi in un post sui social – è stato un vero servitore dello Stato: in Italia e all’estero dove si è fatto apprezzare da tutti per la competenza con la quale ha svolto il ruolo di Commissario europeo e poi di ministro degli Esteri. Di lui ricorderò sempre la grande capacità di affrontare col sorriso problemi complessi, di trovarsi a suo agio in ogni ruolo e la stima che ha seminato. Mancherà a me come a tutte le persone che hanno avuto la fortuna di poter collaborare con lui”.
    Numerosi i ricordi dei rappresentanti delle istituzioni: “Apprendo con enorme dispiacere la notizia della scomparsa di Franco Frattini – ha dichiarato il presidente del Senato, Ignazio La Russa – Per molti anni ho avuto modo di lavorare con lui apprezzando le sue doti umane e politiche. Con Franco se na va una persona perbene, una di quelle che lasciano tanti buoni ricordi”. E il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha espresso “profondo cordoglio”. Riconoscimenti anche dalle opposizioni: “Grande mestizia – ha commentato il segretario del Pd, Enrico Letta – La scomparsa prematura di Franco Frattini lascia un senso di profonda tristezza”. Frattini, è ricordato sul sito del Consiglio di Stato, è stato anche “vicesegretario generale e poi segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, ministro per la Funzione Pubblica e gli Affari Regionali, ministro per il Coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, presidente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi di di informazione e sicurezza e per il Segreto di Stato”. La politica non era la sua sola passione. E’ stato “presidente del Collegio di garanzia dello sport presso il Coni, insignito del Collare d’oro olimpico del Comitato Internazionale Olimpico” e “presidente della Commissione nazionale Scuole e maestri di Sci presso la Federazione Italiana Sport Invernali”.

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    I Verdi: “La Lega vuole declassare il lupo da specie protetta”

    “La Lega ha presentato ordine del giorno per declassare il lupo da specie protetta!! Vogliono gli abbattimenti selettivi anche per i lupi. Ora si spiega perché nell’emendamento in finanziaria hanno scritto in modo generico fauna selvatica!!! Vergogna !”. Lo scrive il co-portavoce dei Verdi Angelo Bonelli su twitter allegando l’immagine dell’emendamento alla manovra che impegna il governo ad adottare iniziative affinchè il lupo sia declassato da specie ‘protetta prioritaria’ a specie ‘protetta’ nella direzione di un Piano Nazionale di Gestione del Lupo che tuteli la specie ma anche i comparti agrosilvopastorali.  

    Agenzia ANSA

    Respinta la richiesta di stralciare la norma. Per le opposizioni l’emendamento non era ammissibile in manovra. Bonelli: “Irresponsabile”. Federparchi: “Servono specialisti” (ANSA)

       

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    Draghi, non interessato a incarichi, non giudico Meloni 

    “Faccio il nonno. E mi godo il diritto dei nonni di poter scegliere che cosa fare. Anche per questo ho chiarito che non sono interessato a incarichi politici o istituzionali, né in Italia né all’estero”. Così l’ex premier Mario Draghi, in una intervista al Corriere della Sera. “A febbraio 2021 – afferma – la situazione era molto difficile. Tuttavia l’Italia ha mostrato di sapercela fare. Quest’anno cresceremo di quasi il 4%, più di Francia e Germania, dopo i sette trimestri di crescita consecutivi durante il mio governo”. Ora “l’inflazione ha messo le banche centrali davanti a una sfida. Preservare la stabilità dei prezzi è essenziale”. Durante il suo governo “di decisioni difficili ne abbiamo prese molte: penso al green pass e all’obbligo vaccinale. Mi fa piacere vedere oggi che la Corte costituzionale concordi in pieno. Altrettanto difficile è stato scegliere ad aprile di riaprire le scuole. Infine, il sostegno immediato e convinto all’Ucraina”. “Le prospettive di pace – dice ancora Draghi – sono difficili anche se molto è cambiato in quest’ultimo periodo. Ma è soltanto Putin che può porre fine a questi massacri. Abbiamo appoggiato l’Ucraina subito, con convinzione. Ero consapevole dei forti legami passati tra l’Italia e Mosca, ma non potevamo restare impassibili. In Russia probabilmente contavano su una nostra ambiguità, che invece non c’è stata”. Rispetto a Meloni “non spetta a me giudicare il governo, soprattutto non dopo così poco tempo. Meloni ha dimostrato di essere una leader abile e ha avuto un forte mandato elettorale. Occorre stare attenti a che non si crei di nuovo un clima internazionale negativo nei confronti dell’Italia”. La premier, gli viene fatto notare, dice che le ha lasciato un sacco di cose da fare sul Pnrr: “Abbiamo rispettato tutti gli obiettivi dei primi due semestri. Questo è l’unico indicatore da cui dipende l’erogazione dei fondi, che infatti è avvenuta in modo puntuale. Mi avrebbe fatto piacere completare il lavoro che avevamo portato avanti. I rimanenti obiettivi sarebbero certamente stati raggiunti prima della fine di questo semestre. Credo che il governo attuale sia altrettanto impegnato, e non ho motivo di dubitare che raggiungerà tutti gli obiettivi della terza rata”.
    “Se guardo alle sfide raccolte e vinte in soli venti mesi di governo, c’è da sorridere a chi ha detto che me ne volessi andare, spaventato dall’ipotetico abisso di una recessione che fino a oggi non ha trovato riscontro nei dati”. Così l’ex premier Mario Draghi nell’intervista al Corriere della Sera. “Ero stato chiamato a fare, dopo una vita, un mestiere per me nuovo – ha aggiunto – e l’ho fatto al meglio delle mie capacità. Sarei dunque rimasto volentieri per completare il lavoro, se mi fosse stato consentito”.
    L’ex capo della Bce ripercorre poi sul Corriere le fasi che hanno portato alla caduta del suo esecutivo: “Il governo – dice – si poggiava sul consenso di una vasta coalizione, che aveva deciso di mettere da parte le proprie differenze per permettere all’Italia di superare un periodo di emergenza. Non avevo dunque un mio partito o una mia base parlamentare. A un certo punto, la volontà dei partiti di trovare compromessi è venuta meno, anche per l’avvicinarsi della scadenza naturale della legislatura. Con il passare dei mesi – prosegue Draghi – la maggioranza si era andata sfaldando e diversi partiti si andavano dissociando da decisioni già prese in Parlamento o in Cdm”. Alcuni esempi: “Il M5s era sempre più contrario al sostegno militare all’Ucraina, nonostante avesse inizialmente appoggiato questa posizione in Parlamento e nonostante questa fosse la linea concordata con i nostri alleati in sede europea, G7 e Nato. FI e Lega erano contrari ad aspetti di alcune importanti riforme – fisco e concorrenza – a cui era stato dato il via libera in Cdm. Lega e M5s chiedevano inoltre a gran voce uno scostamento di bilancio”. Draghi ricorda poi il momento più complicato, quello dei giorni tra la decisione del M5s di non votare la fiducia al dl Aiuti e il dibattito in Senato: “Le posizioni dei partiti erano ormai inconciliabili. Il centrodestra era disponibile ad andare avanti, purché i ministri 5s uscissero dal governo e fossero sostituiti da loro esponenti. Tuttavia, il Pd non era disponibile a far parte di quello che sarebbe diventato nei fatti un governo di centrodestra. Inoltre avevo chiarito che per me sarebbe stato impossibile guidare un governo di unità nazionale senza il partito di maggioranza relativa in Parlamento, il M5s”.