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    Oggi alla Camera il sesto pacchetto dl armi all'Ucraina

    Inizia oggi nell’Aula della Camera l’esame del decreto legge che prolunga per tutto il 2023 l’autorizzazione al governo ad inviare armi all’Ucraina, un provvedimento già approvato dal Senato e che dovrebbe ricevere il via libera definitivo da Montecitorio entro giovedì. Si tratta di un passaggio che dovrebbe confermare quanto avvenuto a Palazzo Madama e in Commissione, vale a dire la compattezza della maggioranza sul sì al provvedimento, con la Lega che però solleva dubbi sull’efficacia delle sanzioni alla Russia, e una nuova differenziazione nelle opposizioni, con Pd e Terzo Polo a sostegno dell’appoggio militare a Kiev, e M5s e Avs contrari all’invio di armi, tra le quali – ha confermato il ministro Antonio Tajani – dovrebbero esserci i nuovi missili terra-aria di costruzione franco-italiana.
    M5s e Nicola Fratoianni hanno presentato due emendamenti, bocciati dalle Commissioni, che chiedevano che ciascun invio di armi sia autorizzato dal Parlamento. Una dialettica, che però non si traduce in una divisione nel voto, si registra nel centrodestra con la Lega che contesta l’efficacia delle sanzioni contro la Russia: lo ha fatto Simone Billi in Commissione così come Massimiliano Romeo in Senato. Ma il problema sarà nel campo delle opposizioni: a fronte, anche oggi, del convinto sì dei due candidati alla segreteria del Pd Stefano Bonaccini ed Elly Schlein al sostegno militare a Kiev, si contrapporrà un nuovo “niet” di Giuseppe Conte che però, come al Senato non farà ostruzionismo.
    Finora, con altrettanti decreti ministeriali, ci sono stati nel 2022 cinque invii di armi e in una intervista al Corriere della Sera il ministro Tajani ha spiegato che è in preparazione “il sesto pacchetto”, nel quale dovrebbero esserci i missili terra-aria Samp-T, di fabbricazione italo-francese, essenziali per la difesa aerea dell’Ucraina per abbattere i missili russi e i droni forniti dall’Iran” ma anche “altre azioni a cui lavoriamo riservatamente”.
    L’Italia, del resto “sostiene ogni pista possibile per arrivare a una pace giusta, che significa l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina”, ha sottolineato osservando che se è vero che “il conflitto deve finire al più presto, allora per i Paesi alleati dell’Ucraina deve essere ben chiaro che dobbiamo fare tutto il possibile per aiutare questa nazione nella sua battaglia per l’indipendenza”.

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    Ucraina, sesto pacchetto del dl armi alla Camera. Pd-M5s ancora divisi

    Inizia lunedì mattina nell’Aula della Camera l’esame del decreto legge che prolunga per tutto il 2023 l’autorizzazione al governo ad inviare armi all’Ucraina, un provvedimento già approvato dal Senato e che dovrebbe ricevere il via libera definitivo da Montecitorio entro giovedì. Si tratta di un passaggio che dovrebbe confermare quanto avvenuto a Palazzo Madama e in Commissione, vale a dire la compattezza della maggioranza sul sì al provvedimento, con la Lega che però solleva dubbi sull’efficacia delle sanzioni alla Russia, e una nuova differenziazione nelle opposizioni, con Pd e Terzo Polo a sostegno dell’appoggio militare a Kiev, e M5s e Avs contrari all’invio di armi, tra le quali – ha confermato il ministro Antonio Tajani – dovrebbero esserci i nuovi missili terra-aria di costruzione franco-italiana.
    “Siamo proprio curiosi di vedere come si comporteranno le varie opposizioni, Pd, 5 Stelle, Verdi e gli altri – ha commentato il capogruppo di Fdi Tommaso Foti – con la certezza che quel fronte sia destinato a spaccarsi”. Concetto ripetuto anche da Giovanni Donzelli, Emanuele Loperfido ed Elisabetta Gardini. La “certezza” espressa da Foti si basa anche su quanto avvenuto la scorsa settimana nelle Commissioni Esteri e Difesa: qui M5s, con Marco Pellegrini, ha affermato che “il decreto, prorogando l’invio di armi, allontana l’obiettivo di salvaguardare le vite umane e prolunga la durata di un conflitto”.
    Tesi subito contestata dai Dem con Piero Fassino, che ha sottolineato come piuttosto sia la parità militare di Kiev e Mosca a costringere Putin a trattare. Opinione sostenuta anche dagli esponenti del centrodestra. M5s e Nicola Fratoianni hanno presentato due emendamenti, bocciati dalle Commissioni, che chiedevano che ciascun invio di armi sia autorizzato dal Parlamento. Una dialettica, che però non si traduce in una divisione nel voto, si registra nel centrodestra con la Lega che contesta l’efficacia delle sanzioni contro la Russia: lo ha fatto Simone Billi in Commissione così come Massimiliano Romeo in Senato. Ma il problema sarà nel campo delle opposizioni: a fronte, anche oggi, del convinto sì dei due candidati alla segreteria del Pd Stefano Bonaccini ed Elly Schlein al sostegno militare a Kiev, si contrapporrà un nuovo “niet” di Giuseppe Conte che però, come al Senato non farà ostruzionismo. Finora, con altrettanti decreti ministeriali, ci sono stati nel 2022 cinque invii di armi e in una intervista al Corriere della Sera il ministro Tajani ha spiegato che è in preparazione “il sesto pacchetto”, nel quale dovrebbero esserci i missili terra-aria Samp-T, di fabbricazione italo-francese, essenziali per la difesa aerea dell’Ucraina per abbattere i missili russi e i droni forniti dall’Iran” ma anche “altre azioni a cui lavoriamo riservatamente”. L’Italia, del resto “sostiene ogni pista possibile per arrivare a una pace giusta, che significa l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina”, ha sottolineato osservando che se è vero che “il conflitto deve finire al più presto, allora per i Paesi alleati dell’Ucraina deve essere ben chiaro che dobbiamo fare tutto il possibile per aiutare questa nazione nella sua battaglia per l’indipendenza”. Il Parlamento, ha infine rassicurato, “sarà sempre informato di ogni iniziativa e di ogni eventuale futuro invio di materiale militare. Ricordo che il decreto Ucraina ha esteso al 2023 la possibilità di forniture. Rispetteremo l’impegno preso”.

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    Meloni in arrivo oggi a Algeri, lunedì bilaterale con Tebboune

    La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è atterrata ad Algeri per la visita ufficiale bilaterale nella Repubblica Algerina Democratica e Popolare, il primo impegno del genere da quando è alla guida del governo. Meloni inizierà la due giorni in Algeria deponendo una corona di fiori al Monumento del Martire. Alle 17.45 è in programma la visita alla nave della Marina Militare italiana Carabiniere, che è approdata al porto di Algeri. In serata assieme al primo ministro algerino Aimen Benabderrahmane parteciperà a una cena ufficiale in un ristorante di un grande hotel della capitale,
    Lunedì alle 10 farà una tappa simbolica al Giardino Mattei, per rendere omaggio al fondatore dell’Eni, poi andrà alla fortezza-museo Bastion 23, storico monumento nella casbah. Alle 11.30 il cerimoniale prevede l’arrivo al palazzo El Mouradia, per l’incontro ufficiale con il presidente della Repubblica algerina, Abdelmadjid Tebboune. Giorgia Meloni è stata accolta all’aeroporto di Algeri dal primo ministro della Repubblica algerina, Aimen Benabderrahmane, e dall’ambasciatore d’Italia ad Algeri, Giovanni Pugliese. Sono stati eseguiti gli inni nazionali italiano e algerino, poi il passaggio in rassegna della Guardia repubblicana e delle tre forze armate algerine. 

    Agenzia ANSA

    Premier e Guardasigilli si incontreranno per definire il cronoprogramma delle iniziative necessarie a migliorare lo stato della giustizia italiana (ANSA)

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    Mattarella concede la grazia parziale a ex guardia giurata

    Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha concesso una grazia “parziale” a Crocifisso Martina, ex guardia giurata di Torchiarolo (Brindisi) , attualmente detenuto nel carcere di Matera dove sta scontando una condanna definitiva a 14 anni di reclusione per l’omicidio di Marco Tedesco, avvenuto la notte del 23 gennaio 2007 nel corso di un tentativo di rapina.    L’intervento di Mattarella, giunta dopo la richiesta di grazia inviata al Colle dalla figlia Martina, permetterà all’uomo di scontare sei anni in meno di pena e di uscire pertanto dal carcere non più nel 2036, ma, anche grazie ad alcuni sconti di pena, nel 2026.
    Martina era stato condannato dai giudici della Corte d’Assise di Lecce a 14 anni di reclusione nel dicembre del 2013. L’ex guardia giurata aveva sorpreso Marco Tedesco, all’epoca dei fatti 28enne, quella notte del gennaio 2007 mentre, insieme con tre complici, stava compiendo una rapina nella stazione di carburanti Q8 sulla superstrada tra Lecce e Brindisi. Inizialmente Martina era stato accusato di omicidio colposo ed eccesso di difesa ma poi il giudice monocratico di Campi salentina, Stefano Sernia, aveva inviato gli atti nuovamente alla Procura per riformulare l’accusa in omicidio volontario. Martina ha sempre sostenuto di aver sparato perchè i malfattori erano armati, anche se la loro arma non venne mai trovata. Quella sera intervenne insieme con una seconda guardia giurata che fu prosciolta dalle accuse.

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    Meloni: 'Piena fiducia in Nordio, l'ho fortemente voluto

    “Dopo le notizie infondate circa le presunte divisioni tra il Presidente del Consiglio e il ministro Giorgietti, tra il Presidente del Consiglio e il ministro Piantedosi, oggi è la volta del ministro Nordio. Spiace deludere, ma il clima nel Cdm è ottimo e tutti i ministri lavorano in piena sinergia con palazzo Chigi.Nello specifico, il presidente Meloni ribadisce la sua piena fiducia nel Guardasigilli, che ha fortemente voluto a Via Arenula e con il quale mantiene contatti quotidiani”. Lo afferma una nota di Palazzo Chigi. “In questo quadro, il presidente Meloni e il ministro Nordio si incontreranno in settimana per definire il cronoprogramma delle iniziative necessarie a migliorare lo stato della giustizia italiana”. Li riferisce una nota di Palazzo Chigi in cui la premier assicura “piena fiducia” nel guardasigilli.”Il Governo è determinato – si spiega nella nota -, infatti, a portare avanti e ad attuare il programma di coalizione votato dai cittadini per dare all’Italia una giustizia giusta, veloce e vicina a cittadini e imprese”.   

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    Dietrofront di Fdi sui balneari, Fi e Lega: 'Avanti su proroga'

    Fdi spiazza gli alleati di maggioranza sui balneari, uno dei temi che ha compattato il centrodestra anche sotto il governo Draghi, allora diviso tra Fi e Lega che sostenevano l’esecutivo e Fdi che gli si opponeva. Il partito di Giorgia Meloni ha infatti deciso di non inserire tra gli emendamenti al Milleproroghe segnalati dal proprio gruppo al Senato quello che mirava ad eliminare il termine del 31 dicembre 2023 per la validità delle concessioni balneari prorogandole senza una fine certa. Un obiettivo perseguito anche da analoghi emendamenti di Fi e Lega, che però confermano la linea “segnalando” i due emendamenti azzurri (uno proroga le concessioni di un anno, l’altro di due) sottoscritti dal partito di via Bellerio che tra l’altro con il leader Matteo Salvini è tornato sull’argomento rivelando di aver parlato su questo con la premier Giorgia Meloni. Da Forza Italia, però, si preferisce evitare di parlare di “rottura” nella maggioranza anche se non si nascondono le possibili difficoltà cui andrà incontro la stessa Meloni. “Poi siamo sempre disponibili a vederci e trovare una soluzione tra di noi”, aggiungono fonti del partito di Berlusconi.
    A fronte dei 1.200 emendamenti al Milleproroghe presentati dai partiti nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali del Senato, i gruppi si sono impegnati a indicare entro lunedì alle 15 i “segnalati”, cioè quelli che verranno davvero discussi e votati. Ebbene Fdi ha anticipato i tempi indicando i propri emendamenti segnalati, e tra questi non vi è quello sui balneari. Questo abrogava il termine del 31 dicembre 2023 indicato da Consiglio di Stato e confermato dal ddl concorrenza del governo Draghi per la validità delle attuali concessioni. Questo termine implica l’approvazione entro l’anno in corso della riforma e della successiva messa a gara delle concessioni.
    La prima firma di Lavinia Mennuni, senatrice vicina a Meloni, dava autorevolezza all’emendamento, che avrebbe rappresentato una prova muscolare contro Consiglio di Stato e Ue. Mennuni ha presentato anche un secondo emendamento che sposta solo in avanti il termine di un anno. Simile a questo secondo emendamento è la proposta Fi-Lega, firmata da Licia Ronzulli, Maurizio Gasparri, Gianmarco Centinaio e Roberto Marti che fa slittare la proroga di due anni, al 31 dicembre 2025, ma mantiene un termine. Gli stessi Centinaio e Marti hanno presentato un altro emendamento che istituisce un tavolo tecnico presso il Ministero delle Infrastrutture per varare la riforma, in attesa della quale rimangono valide le concessioni, senza un termine perentorio: proprio come prevede l’emendamento Mennuni.
    Il braccio di ferro con il Consiglio di Stato e Ue solleva dei dubbi, di cui si è fatto portavoce il sindaco di Rimini, Roberta Frisoni, che definisce “palliativo” questo prolungamento del limbo normativo. In questo contesto Matteo Salvini ha detto di mirare a “chiudere positivamente entro l’estate” il dossier “coinvolgendo le associazioni di categoria”. “Ho parlato ieri con Giorgia Meloni e abbiamo un’idea che coincide, quindi conto che anche questo dopo anni e anni di attesa sia un dossier che il nuovo governo vada a chiudere”, ha detto, salvo il dietrofront del gruppo di Fdi giunto dopo pochi minuti. “Dalla maggioranza di destra giunge l’ennesimo segnale di confusione”, ha commentato Osvaldo Napoli di Azione, sottolineando il nuovo caso di divisione del centrodestra. “Siamo all’actor studio” ha invece ironizzato Raffaella Paita, capogruppo di Iv, sull’improvvisa inversione a U di Fdi. “Anche sui balneari il Governo Meloni arranca, indeciso a tutto”, stigmatizza Benedetto Della Vedova (+Europa) che chiede la messa a gara delle concessioni. (ANSA).   

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    Pd, approvato il Manifesto dei valori. Letta: Serve un nuovo partito non un nuovo segretario

    L’Assemblea nazionale del Partito democratico approva il Regolamento congressuale, con 11 contrari e 24 astenuti, e il nuovo Manifesto dei valori, con 18 contrari e 22 astenuti.
    “Abbiamo bisogno di un nuovo partito, non di un nuovo segretario. E per un nuovo partito serve una base politica, e il manifesto la dà, una base che ci mette nelle condizioni di essere molto ambiziosi per il futuro”. Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, all’assemblea del partito in corso all’Auditorium Antonianum a Roma. Votato e approvato il “Manifesto dei valori e dei principi” del nuovo Partito Democratico. L’Assemblea nazionale ha accolto il documento con le modifiche apportate nelle ultime ore da Enrico Letta e Roberto Speranza. Rispetto alla bozza circolata dopo l’ultima riunione del Comitato degli 85 saggi, qualche novità c’è. Ampliato il riferimento al controverso “cambio di paradigma”, che ora coinvolge tutto il campo economico e sociale e non più soltanto quello della transizione ecologica. In politica estera, accanto alla collocazione atlantica, compare l’obiettivo della difesa comune in Ue. Sui diritti, le modifiche sono più approfondite: difendere la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e “colmare la lacuna normativa nel campo del fine vita, per garantire certezze e dignità a tutte le persone che si trovano in condizioni di sofferenza intollerabile”. Poi, il paragrafa sull’uguaglianza di genere che si apre con una frase che mancava nella bozza: “Siamo e saremo un partito femminista”. Nel capitolo economico, viene aggiunto una sottolineatura sulle imprese, “patrimonio essenziale del Paese”, e sull’agricoltura. Nel capitolo finale, su Costituzione e democrazia, viene esplicitato il secco no al presidenzialismo: “contrastare la tendenza in corso a risolvere tramite formule di accentramento dei poteri la crisi del nostro sistema politico”. Seguito da un ultimo aggiornamento sull’altra riforma in corso: autonomia sì, ma attraverso “un regionalismo cooperativo e solidale, evitando soluzioni che spingono ad ampliare i divari fra territori”. Infine, per guardare al futuro, il richiamo a una parola del passato: la costruzione di “un grande partito di popolo”.
    Pd, Letta: ‘Serve un nuovo partito, non un nuovo segretario’

    “Questo manifesto non si ponga il problema dell’abrogazione del lavoro che fu fatto alla nascita del Pd, nel 2007, da giganti, rispetto ai quali non mi sento di paragonarmi, che rimane parte dell’atto di nascita del nuovo Pd. Sarebbe stato sbagliato metterci a fare le pulci a quel manifesto frutto del contributo, tra gli altri, di giganti del pensiero democratico come Scoppola o Reichlin”, ha aggiunto Letta ribadendo che “dobbiamo vivere un senso di unità che viene prima di tutto. La forza del nostro partito è indispensabile”. “L’alternativa alla destra, in Lombardia e Lazio, l’abbiamo messa in campo noi. Questo nostro ruolo è insostituibile”, ha ribadito. “Esco più determinato di quanto ho cominciato, esco più innamorato del Pd di quando ho cominciato, vi assicuro che non costruirò un partito alternativo al Pd. Nonmi sono pentito di essere tornato da Parigi”, ha concluso il segretario uscente assicurando che “amarezze e ingenerosità le tengo per me: siamo una comunità viva”.
    “Un percorso congressuale troppo lungo, mesi e mesi di congresso ci fanno sembrare marziani”. Lo ha detto il presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla guida del Pd, Stefano Bonaccini, all’assemblea del Pd, a Roma. “Non facciamoci più trovare intrappolati in discussioni incomprensibili, come quelle sul nome e sul simbolo dl Pd. Me lo chiedono solo i giornalisti, nessun elettore ci pone il tema di cambiare nome, ci chiedono di cambiare politiche e tornare a parlare con la base. Non ho tabù sul nome e sul simbolo ma trovo surreale discutere del nome e non dei contenuti”. Lo ha detto il presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla guida del Pd, Stefano Bonaccini, all’assemblea del Pd, a Roma. “A me il nome e il simbolo, come il manifesto del 2007, piacciono”. “Ho fatto un passo avanti, ma per rimettere in moto serve il contributo di tutti. In giro per l’Italia stiamo trovando una risposta che non mi aspettavo. Dipende da noi”. Lo ha detto il presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla guida del Pd, Stefano Bonaccini, all’assemblea del Pd, a Roma.”Se vincerò chiederò ad Elly, Gianni e Paola di darmi una mano, se perdo mi metterò a disposizione di chi ha vinto, senza chiedere nulla per me”. Lo ha detto il presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla guida del Pd, Stefano Bonaccini, all’assemblea del Pd, a Roma.
    “Non abbiamo perso solo noi, ma questo è l’unico partito che ha deciso di mettersi in discussione, aprendosi anche al mondo fuori, a chi ha smesso di crede in noi, nel Pd, nel centrosinistra, nella politica. Credo che questo processo fosse necessario”. Lo ha detto la deputata e candidata alla guida del Pd, Elly Schlein, all’assemblea dei Pd, in corso a Roma. “Dalle grandi rimozioni di questo governo, il più a destra della storia repubblicana, dobbiamo ripartire”. Lo ha detto la candidata alla guida del Pd, Elly Schlein. “Abbiamo il compito di dare una speranza di un futuro migliore per le persone e per il pianeta. Da qua possiamo ripartire. Il governo ha mostrato il volto becero di una destra nazionalista”. (ANSA).
    La deputata e candidata alla segreteria, Paola De Micheli, ha ammonito: “Penso che il manifesto sia un buon punto di arrivo, in questa fase. Penso a un approfondimento più serio sulle regole della democrazia interna e sugli strumenti contro la povertà, ma il ruolo dei candidati è anche quello di completare questo processo, anche dopo l’insediamento della nuova segreteria”. “Diciamoci le cose in faccia, proviamo a non essere fintamente unanimi, con l’obiettivo di una sintesi comune, ma con comportamenti che siano leali”, ha aggiunto chiedendo “al nuovo gruppo dirigente che i comportamenti siano più coerenti e leali”.
    Per il deputato Dem Andrea Orlando, “chi propone di cambiare il nome, propone di chiamarlo ‘Partito del lavoro’ o di richiamare la dimensione del lavoro, non è un fatto di forma, è un fatto di sostanza. Significa che definisci un campo di riferimento molto chiaro. È una discussione da fare insieme, ma tutt’altro che banale”. 
    Il segretario di Art.31 Roberto Speranza ha evidenziato che “per me costituente, che è la parola giusta, significa costruire un grande partito nazionale popolare, capace di difendere gli interessi del paese costruire una Italia più giusta. Significa porre le basi per costruire un’alternativa alla destra, che oggi governa l’Italia. Di fronte a questa destra l’unità non è un’opzione ma una scelta politicamente e moralmente obbligatoria.Abbiamo fatto un primo pezzo importante di strada, ma non è terminata, sono d’accordo che la costituente debba continuare. Abbiamo bisogno di continuare, la sfida non è compiuta, l’assedio a questo campo non è tramontato come ambizione”.

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    Hammamet celebra Craxi. Il ricordo del Cav, pagò uso politico della giustizia

     Il capanno non è più lì, sulla spiaggia di Salloum, a pochi chilometri da Hammamet. Tappa fissa che apriva le prime celebrazioni organizzate per ricordare il leader socialista scomparso nel 2000. Una mareggiata l’ha spazzato via quasi 10 anni fa. Era un luogo “sacro” per il leader socialista, costruito da lui stesso con l’aiuto di Nicola Mansi, autista ma soprattutto sua ombra e amico. Lì Bettino Craxi si ritirava per giornate intere a leggere e a scrivere. E lì rilasciò la sua ultima intervista televisiva – nel 1999 – a Sandy Marton, cantante “re” dei tormentoni estivi anni ’80 prestato quell’anno al programma “Meteore”. Ma le celebrazioni di Bettino Craxi, che quest’anno segnano il 22mo appuntamento a 23 anni dalla scomparsa, continuano ad essere un evento cui vecchi socialisti ma anche tanti politici non rinunciano.    E anche oggi in un centinaio si sono ritrovati ad Hammamet, in Tunisia, dove l’ex premier è sepolto. Tra loro molti parlamentari di centrodestra, tra questi i capigruppo di Fi Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo, ma anche Maria Tripodi, Alessandro Battilocchio, Nino Germanà e Anastasio Carrà della Lega.    Una liturgia che quest’anno la Fondazione Craxi ha articolato su tre giorni e che oggi ha previsto un raccoglimento presso il cimitero cristiano di Hammamet, una cerimonia commemorativa all’interno della Medina, con l’inaugurazione della mostra Pagine di storia della libertà ed, infine, la proiezione , presso una sala dell’Hotel Bel Azur, Quel giorno a New York, un cortometraggio “che ripercorre le fasi salienti di un grande impegno che, da Rappresentante personale del Segretario generale dell’ONU, Bettino Craxi profuse nella lotta contro la fame nel mondo e nella riduzione delle diseguaglianze fra Paesi ricchi e Paesi poveri”.    Ma il ricordo di Craxi porta con sè, ogni volta, anche il ricordo degli anni bui della politica italiana, del lancio delle monetine davanti all’Hotel Raphael, la difficile stagione di Tangentopoli fino al suo esilio tunisino. A tornarci su è oggi il leader di Fi, Silvio Berlusconi, che ha affidato ad una lettera il ricordo dell’amico Bettino: “A 23 anni dalla scomparsa, la figura di Bettino Craxi non perde di attualità e al tempo stesso si delinea con sempre maggiore chiarezza il suo profilo di grande protagonista della storia del nostro Paese”, scrive. “Il dramma degli ultimi anni della sua vita, gli anni dell’esilio, va ricordato come monito sugli effetti perversi dell’uso politico della giustizia. Ma la statura di Bettino Craxi non è solo quella di una vittima. È anche e prima di tutto quella di uno statista che ha cambiato la storia del nostro Paese”.
    Parole apprezzate dalla figlia Stefania che ha sottolineato come il leader di Fi sia stato “un uomo che c’è sempre stato, nella buona e nella cattiva sorte. C’è stato per me, per la mia famiglia, per la comunità dei socialisti, ai quali ha garantito spazi di iniziativa e di protagonismo politico”.