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    Mattarella concede la grazia parziale a ex guardia giurata

    Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha concesso una grazia “parziale” a Crocifisso Martina, ex guardia giurata di Torchiarolo (Brindisi) , attualmente detenuto nel carcere di Matera dove sta scontando una condanna definitiva a 14 anni di reclusione per l’omicidio di Marco Tedesco, avvenuto la notte del 23 gennaio 2007 nel corso di un tentativo di rapina.    L’intervento di Mattarella, giunta dopo la richiesta di grazia inviata al Colle dalla figlia Martina, permetterà all’uomo di scontare sei anni in meno di pena e di uscire pertanto dal carcere non più nel 2036, ma, anche grazie ad alcuni sconti di pena, nel 2026.
    Martina era stato condannato dai giudici della Corte d’Assise di Lecce a 14 anni di reclusione nel dicembre del 2013. L’ex guardia giurata aveva sorpreso Marco Tedesco, all’epoca dei fatti 28enne, quella notte del gennaio 2007 mentre, insieme con tre complici, stava compiendo una rapina nella stazione di carburanti Q8 sulla superstrada tra Lecce e Brindisi. Inizialmente Martina era stato accusato di omicidio colposo ed eccesso di difesa ma poi il giudice monocratico di Campi salentina, Stefano Sernia, aveva inviato gli atti nuovamente alla Procura per riformulare l’accusa in omicidio volontario. Martina ha sempre sostenuto di aver sparato perchè i malfattori erano armati, anche se la loro arma non venne mai trovata. Quella sera intervenne insieme con una seconda guardia giurata che fu prosciolta dalle accuse.

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    Meloni: 'Piena fiducia in Nordio, l'ho fortemente voluto

    “Dopo le notizie infondate circa le presunte divisioni tra il Presidente del Consiglio e il ministro Giorgietti, tra il Presidente del Consiglio e il ministro Piantedosi, oggi è la volta del ministro Nordio. Spiace deludere, ma il clima nel Cdm è ottimo e tutti i ministri lavorano in piena sinergia con palazzo Chigi.Nello specifico, il presidente Meloni ribadisce la sua piena fiducia nel Guardasigilli, che ha fortemente voluto a Via Arenula e con il quale mantiene contatti quotidiani”. Lo afferma una nota di Palazzo Chigi. “In questo quadro, il presidente Meloni e il ministro Nordio si incontreranno in settimana per definire il cronoprogramma delle iniziative necessarie a migliorare lo stato della giustizia italiana”. Li riferisce una nota di Palazzo Chigi in cui la premier assicura “piena fiducia” nel guardasigilli.”Il Governo è determinato – si spiega nella nota -, infatti, a portare avanti e ad attuare il programma di coalizione votato dai cittadini per dare all’Italia una giustizia giusta, veloce e vicina a cittadini e imprese”.   

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    Dietrofront di Fdi sui balneari, Fi e Lega: 'Avanti su proroga'

    Fdi spiazza gli alleati di maggioranza sui balneari, uno dei temi che ha compattato il centrodestra anche sotto il governo Draghi, allora diviso tra Fi e Lega che sostenevano l’esecutivo e Fdi che gli si opponeva. Il partito di Giorgia Meloni ha infatti deciso di non inserire tra gli emendamenti al Milleproroghe segnalati dal proprio gruppo al Senato quello che mirava ad eliminare il termine del 31 dicembre 2023 per la validità delle concessioni balneari prorogandole senza una fine certa. Un obiettivo perseguito anche da analoghi emendamenti di Fi e Lega, che però confermano la linea “segnalando” i due emendamenti azzurri (uno proroga le concessioni di un anno, l’altro di due) sottoscritti dal partito di via Bellerio che tra l’altro con il leader Matteo Salvini è tornato sull’argomento rivelando di aver parlato su questo con la premier Giorgia Meloni. Da Forza Italia, però, si preferisce evitare di parlare di “rottura” nella maggioranza anche se non si nascondono le possibili difficoltà cui andrà incontro la stessa Meloni. “Poi siamo sempre disponibili a vederci e trovare una soluzione tra di noi”, aggiungono fonti del partito di Berlusconi.
    A fronte dei 1.200 emendamenti al Milleproroghe presentati dai partiti nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali del Senato, i gruppi si sono impegnati a indicare entro lunedì alle 15 i “segnalati”, cioè quelli che verranno davvero discussi e votati. Ebbene Fdi ha anticipato i tempi indicando i propri emendamenti segnalati, e tra questi non vi è quello sui balneari. Questo abrogava il termine del 31 dicembre 2023 indicato da Consiglio di Stato e confermato dal ddl concorrenza del governo Draghi per la validità delle attuali concessioni. Questo termine implica l’approvazione entro l’anno in corso della riforma e della successiva messa a gara delle concessioni.
    La prima firma di Lavinia Mennuni, senatrice vicina a Meloni, dava autorevolezza all’emendamento, che avrebbe rappresentato una prova muscolare contro Consiglio di Stato e Ue. Mennuni ha presentato anche un secondo emendamento che sposta solo in avanti il termine di un anno. Simile a questo secondo emendamento è la proposta Fi-Lega, firmata da Licia Ronzulli, Maurizio Gasparri, Gianmarco Centinaio e Roberto Marti che fa slittare la proroga di due anni, al 31 dicembre 2025, ma mantiene un termine. Gli stessi Centinaio e Marti hanno presentato un altro emendamento che istituisce un tavolo tecnico presso il Ministero delle Infrastrutture per varare la riforma, in attesa della quale rimangono valide le concessioni, senza un termine perentorio: proprio come prevede l’emendamento Mennuni.
    Il braccio di ferro con il Consiglio di Stato e Ue solleva dei dubbi, di cui si è fatto portavoce il sindaco di Rimini, Roberta Frisoni, che definisce “palliativo” questo prolungamento del limbo normativo. In questo contesto Matteo Salvini ha detto di mirare a “chiudere positivamente entro l’estate” il dossier “coinvolgendo le associazioni di categoria”. “Ho parlato ieri con Giorgia Meloni e abbiamo un’idea che coincide, quindi conto che anche questo dopo anni e anni di attesa sia un dossier che il nuovo governo vada a chiudere”, ha detto, salvo il dietrofront del gruppo di Fdi giunto dopo pochi minuti. “Dalla maggioranza di destra giunge l’ennesimo segnale di confusione”, ha commentato Osvaldo Napoli di Azione, sottolineando il nuovo caso di divisione del centrodestra. “Siamo all’actor studio” ha invece ironizzato Raffaella Paita, capogruppo di Iv, sull’improvvisa inversione a U di Fdi. “Anche sui balneari il Governo Meloni arranca, indeciso a tutto”, stigmatizza Benedetto Della Vedova (+Europa) che chiede la messa a gara delle concessioni. (ANSA).   

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    Pd, approvato il Manifesto dei valori. Letta: Serve un nuovo partito non un nuovo segretario

    L’Assemblea nazionale del Partito democratico approva il Regolamento congressuale, con 11 contrari e 24 astenuti, e il nuovo Manifesto dei valori, con 18 contrari e 22 astenuti.
    “Abbiamo bisogno di un nuovo partito, non di un nuovo segretario. E per un nuovo partito serve una base politica, e il manifesto la dà, una base che ci mette nelle condizioni di essere molto ambiziosi per il futuro”. Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, all’assemblea del partito in corso all’Auditorium Antonianum a Roma. Votato e approvato il “Manifesto dei valori e dei principi” del nuovo Partito Democratico. L’Assemblea nazionale ha accolto il documento con le modifiche apportate nelle ultime ore da Enrico Letta e Roberto Speranza. Rispetto alla bozza circolata dopo l’ultima riunione del Comitato degli 85 saggi, qualche novità c’è. Ampliato il riferimento al controverso “cambio di paradigma”, che ora coinvolge tutto il campo economico e sociale e non più soltanto quello della transizione ecologica. In politica estera, accanto alla collocazione atlantica, compare l’obiettivo della difesa comune in Ue. Sui diritti, le modifiche sono più approfondite: difendere la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e “colmare la lacuna normativa nel campo del fine vita, per garantire certezze e dignità a tutte le persone che si trovano in condizioni di sofferenza intollerabile”. Poi, il paragrafa sull’uguaglianza di genere che si apre con una frase che mancava nella bozza: “Siamo e saremo un partito femminista”. Nel capitolo economico, viene aggiunto una sottolineatura sulle imprese, “patrimonio essenziale del Paese”, e sull’agricoltura. Nel capitolo finale, su Costituzione e democrazia, viene esplicitato il secco no al presidenzialismo: “contrastare la tendenza in corso a risolvere tramite formule di accentramento dei poteri la crisi del nostro sistema politico”. Seguito da un ultimo aggiornamento sull’altra riforma in corso: autonomia sì, ma attraverso “un regionalismo cooperativo e solidale, evitando soluzioni che spingono ad ampliare i divari fra territori”. Infine, per guardare al futuro, il richiamo a una parola del passato: la costruzione di “un grande partito di popolo”.
    Pd, Letta: ‘Serve un nuovo partito, non un nuovo segretario’

    “Questo manifesto non si ponga il problema dell’abrogazione del lavoro che fu fatto alla nascita del Pd, nel 2007, da giganti, rispetto ai quali non mi sento di paragonarmi, che rimane parte dell’atto di nascita del nuovo Pd. Sarebbe stato sbagliato metterci a fare le pulci a quel manifesto frutto del contributo, tra gli altri, di giganti del pensiero democratico come Scoppola o Reichlin”, ha aggiunto Letta ribadendo che “dobbiamo vivere un senso di unità che viene prima di tutto. La forza del nostro partito è indispensabile”. “L’alternativa alla destra, in Lombardia e Lazio, l’abbiamo messa in campo noi. Questo nostro ruolo è insostituibile”, ha ribadito. “Esco più determinato di quanto ho cominciato, esco più innamorato del Pd di quando ho cominciato, vi assicuro che non costruirò un partito alternativo al Pd. Nonmi sono pentito di essere tornato da Parigi”, ha concluso il segretario uscente assicurando che “amarezze e ingenerosità le tengo per me: siamo una comunità viva”.
    “Un percorso congressuale troppo lungo, mesi e mesi di congresso ci fanno sembrare marziani”. Lo ha detto il presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla guida del Pd, Stefano Bonaccini, all’assemblea del Pd, a Roma. “Non facciamoci più trovare intrappolati in discussioni incomprensibili, come quelle sul nome e sul simbolo dl Pd. Me lo chiedono solo i giornalisti, nessun elettore ci pone il tema di cambiare nome, ci chiedono di cambiare politiche e tornare a parlare con la base. Non ho tabù sul nome e sul simbolo ma trovo surreale discutere del nome e non dei contenuti”. Lo ha detto il presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla guida del Pd, Stefano Bonaccini, all’assemblea del Pd, a Roma. “A me il nome e il simbolo, come il manifesto del 2007, piacciono”. “Ho fatto un passo avanti, ma per rimettere in moto serve il contributo di tutti. In giro per l’Italia stiamo trovando una risposta che non mi aspettavo. Dipende da noi”. Lo ha detto il presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla guida del Pd, Stefano Bonaccini, all’assemblea del Pd, a Roma.”Se vincerò chiederò ad Elly, Gianni e Paola di darmi una mano, se perdo mi metterò a disposizione di chi ha vinto, senza chiedere nulla per me”. Lo ha detto il presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla guida del Pd, Stefano Bonaccini, all’assemblea del Pd, a Roma.
    “Non abbiamo perso solo noi, ma questo è l’unico partito che ha deciso di mettersi in discussione, aprendosi anche al mondo fuori, a chi ha smesso di crede in noi, nel Pd, nel centrosinistra, nella politica. Credo che questo processo fosse necessario”. Lo ha detto la deputata e candidata alla guida del Pd, Elly Schlein, all’assemblea dei Pd, in corso a Roma. “Dalle grandi rimozioni di questo governo, il più a destra della storia repubblicana, dobbiamo ripartire”. Lo ha detto la candidata alla guida del Pd, Elly Schlein. “Abbiamo il compito di dare una speranza di un futuro migliore per le persone e per il pianeta. Da qua possiamo ripartire. Il governo ha mostrato il volto becero di una destra nazionalista”. (ANSA).
    La deputata e candidata alla segreteria, Paola De Micheli, ha ammonito: “Penso che il manifesto sia un buon punto di arrivo, in questa fase. Penso a un approfondimento più serio sulle regole della democrazia interna e sugli strumenti contro la povertà, ma il ruolo dei candidati è anche quello di completare questo processo, anche dopo l’insediamento della nuova segreteria”. “Diciamoci le cose in faccia, proviamo a non essere fintamente unanimi, con l’obiettivo di una sintesi comune, ma con comportamenti che siano leali”, ha aggiunto chiedendo “al nuovo gruppo dirigente che i comportamenti siano più coerenti e leali”.
    Per il deputato Dem Andrea Orlando, “chi propone di cambiare il nome, propone di chiamarlo ‘Partito del lavoro’ o di richiamare la dimensione del lavoro, non è un fatto di forma, è un fatto di sostanza. Significa che definisci un campo di riferimento molto chiaro. È una discussione da fare insieme, ma tutt’altro che banale”. 
    Il segretario di Art.31 Roberto Speranza ha evidenziato che “per me costituente, che è la parola giusta, significa costruire un grande partito nazionale popolare, capace di difendere gli interessi del paese costruire una Italia più giusta. Significa porre le basi per costruire un’alternativa alla destra, che oggi governa l’Italia. Di fronte a questa destra l’unità non è un’opzione ma una scelta politicamente e moralmente obbligatoria.Abbiamo fatto un primo pezzo importante di strada, ma non è terminata, sono d’accordo che la costituente debba continuare. Abbiamo bisogno di continuare, la sfida non è compiuta, l’assedio a questo campo non è tramontato come ambizione”.

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    Hammamet celebra Craxi. Il ricordo del Cav, pagò uso politico della giustizia

     Il capanno non è più lì, sulla spiaggia di Salloum, a pochi chilometri da Hammamet. Tappa fissa che apriva le prime celebrazioni organizzate per ricordare il leader socialista scomparso nel 2000. Una mareggiata l’ha spazzato via quasi 10 anni fa. Era un luogo “sacro” per il leader socialista, costruito da lui stesso con l’aiuto di Nicola Mansi, autista ma soprattutto sua ombra e amico. Lì Bettino Craxi si ritirava per giornate intere a leggere e a scrivere. E lì rilasciò la sua ultima intervista televisiva – nel 1999 – a Sandy Marton, cantante “re” dei tormentoni estivi anni ’80 prestato quell’anno al programma “Meteore”. Ma le celebrazioni di Bettino Craxi, che quest’anno segnano il 22mo appuntamento a 23 anni dalla scomparsa, continuano ad essere un evento cui vecchi socialisti ma anche tanti politici non rinunciano.    E anche oggi in un centinaio si sono ritrovati ad Hammamet, in Tunisia, dove l’ex premier è sepolto. Tra loro molti parlamentari di centrodestra, tra questi i capigruppo di Fi Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo, ma anche Maria Tripodi, Alessandro Battilocchio, Nino Germanà e Anastasio Carrà della Lega.    Una liturgia che quest’anno la Fondazione Craxi ha articolato su tre giorni e che oggi ha previsto un raccoglimento presso il cimitero cristiano di Hammamet, una cerimonia commemorativa all’interno della Medina, con l’inaugurazione della mostra Pagine di storia della libertà ed, infine, la proiezione , presso una sala dell’Hotel Bel Azur, Quel giorno a New York, un cortometraggio “che ripercorre le fasi salienti di un grande impegno che, da Rappresentante personale del Segretario generale dell’ONU, Bettino Craxi profuse nella lotta contro la fame nel mondo e nella riduzione delle diseguaglianze fra Paesi ricchi e Paesi poveri”.    Ma il ricordo di Craxi porta con sè, ogni volta, anche il ricordo degli anni bui della politica italiana, del lancio delle monetine davanti all’Hotel Raphael, la difficile stagione di Tangentopoli fino al suo esilio tunisino. A tornarci su è oggi il leader di Fi, Silvio Berlusconi, che ha affidato ad una lettera il ricordo dell’amico Bettino: “A 23 anni dalla scomparsa, la figura di Bettino Craxi non perde di attualità e al tempo stesso si delinea con sempre maggiore chiarezza il suo profilo di grande protagonista della storia del nostro Paese”, scrive. “Il dramma degli ultimi anni della sua vita, gli anni dell’esilio, va ricordato come monito sugli effetti perversi dell’uso politico della giustizia. Ma la statura di Bettino Craxi non è solo quella di una vittima. È anche e prima di tutto quella di uno statista che ha cambiato la storia del nostro Paese”.
    Parole apprezzate dalla figlia Stefania che ha sottolineato come il leader di Fi sia stato “un uomo che c’è sempre stato, nella buona e nella cattiva sorte. C’è stato per me, per la mia famiglia, per la comunità dei socialisti, ai quali ha garantito spazi di iniziativa e di protagonismo politico”.    

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    Ratzinger, contro me una furia e un vociare assassino

    E’ uscito un libro postumo di Benedetto XVI, che raccoglie testi editi e inediti del periodo in cui è stato Papa emerito. Lui stesso ha chiesto ai curatori, Elio Guerriero e mons. Georg Gaenswein, con una lettera del primo maggio 2022: “Questo volume, che raccoglie gli scritti da me composti nel monastero Mater Ecclesiae, deve essere pubblicato dopo la mia morte”.
    In una lettera a Guerriero Ratzinger aveva così motivato la sua scelta: “Da parte mia, in vita, non voglio più pubblicare nulla. La furia dei circoli a me contrari in Germania è talmente forte che l’apparizione di ogni mia parola subito provoca da parte loro un vociare assassino. Voglio risparmiare questo a me stesso e alla cristianità”, si legge in “Che cos’è il cristianesimo” (Mondadori).
    “Vi furono singoli vescovi, e non solo negli Stati Uniti, che rifiutarono la tradizione cattolica nel suo complesso mirando nelle loro diocesi a sviluppare una specie di nuova, moderna cattolicità. Forse vale la pena accennare al fatto che, in non pochi seminari, studenti sorpresi a leggere i miei libri venivano considerati non idonei al sacerdozio. I miei libri venivano celati come letteratura dannosa e venivano per così dire letti solo di nascosto”.  Benedetto XVI parla dell’omosessualità e del fatto che ci siano “club” di gay nei seminari.
    Parlando dell’incontro che Papa Francesco aveva convocato con i presidenti di tutte le conferenze episcopali del mondo sul tema degli abusi, Ratzinger evidenzia: “Nell’ambito dell’incontro dei presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo con papa Francesco, sta a cuore soprattutto la questione della vita sacerdotale e inoltre quella dei seminari. Riguardo al problema della preparazione al ministero sacerdotale nei seminari, si constata in effetti un ampio collasso della forma vigente di questa preparazione”. Quindi Benedetto XVI sottolinea: “In diversi seminari si formarono ‘club’ omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima nei seminari. In un seminario nella Germania meridionale i candidati al sacerdozio e i candidati all’ufficio laicale di referente pastorale vivevano insieme. Durante i pasti comuni, i seminaristi stavano insieme ai referenti pastorali coniugati in parte accompagnati da moglie e figli e in qualche caso dalle loro fidanzate. Il clima nel seminario non poteva aiutare la formazione sacerdotale”. Poi riferisce che “un vescovo, che in precedenza era stato rettore, aveva permesso di mostrare ai seminaristi dei film pornografici, presumibilmente con l’intento di renderli in tal modo capaci di resistere contro un comportamento contrario alla fede”. Benedetto XVI parla delle sue dimissioni del 2013 e dice che in quel momento era “esausto”.
    “Quando l’11 febbraio 2013 annunciai le mie dimissioni dal ministero del successore di Pietro, non avevo piano alcuno per ciò che avrei fatto nella nuova situazione. Ero troppo esausto – sono le sue parole – per poter pianificare altri lavori. Inoltre, la pubblicazione dell’Infanzia di Gesù sembrava una conclusione logica dei miei scritti teologici”. “Dopo l’elezione di papa Francesco ho ripreso lentamente il mio lavoro teologico. Così, nel corso degli anni, hanno preso forma una serie di piccoli e medi contributi, che sono presentati in questo volume”, spiega Benedetto XVI nel libro che per suo volere viene pubblicato dopo la sua morte.

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    Londra perde il suo appeal, 1400 ricchi in fuga nel 2022

    La Gran Bretagna con la sua capitale Londra non è più al centro dei desideri e degli interessi di tanti ricchi che preferiscono spostarsi altrove. La capacità infatti di attrarre nababbi da tutto il mondo pronti a investire in aziende, immobili di lusso e sfruttare i servizi bancari della City si è affievolita negli ultimi anni.
    Secondo i dati di Henley & Partners, una società di consulenza sulla cittadinanza, nel 2022 circa 1.400 milionari hanno lasciato il Regno Unito. Prosegue, in base alla ricerca, una fuga iniziata poco dopo il voto nel referendum sulla Brexit nel 2016, che aveva sancito l’addio britannico all’Unione europea. Da allora si stima che circa 12 mila milionari siano partiti dal Regno per andare altrove temendo fra l’altro una perdita di centralità della metropoli a livello globale.
    Molti banchieri, ad esempio, sono stati di fatto costretti dai datori di lavoro a trasferirsi in un Paese europeo dopo che la loro società aveva spostato la sede in un hub finanziario del continente, come Amsterdam, Parigi o Francoforte.
    Sicuramente oltre alla Brexit ha giocato un ruolo molto importante il clima politico internazionale degli ultimi anni, che ha allontanato gli uomini d’affari dei Paesi emergenti. Fra le ragioni c’è sia la stretta relativa ai regolamenti sulla provenienza dei capitali esteri (incluse le norme antiriciclaggio) sia le sanzioni britanniche nei confronti di Stati entrati in cattivi rapporti con l’Occidente. Cinesi e arabi hanno investito in passato ingenti capitali nel Regno.
    Mentre Londra è stata a lungo un polo di attrazione per gli oligarchi russi, che insieme ad altri super-ricchi hanno acquistato proprietà di lusso contribuendo a gonfiare la bolla del settore immobiliare, fino a quando i rapporti con Mosca sono entrati in crisi, in particolare dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e la raffica di sanzioni contro gli imprenditori di spicco.
    Le presenze di milionari restano comunque ancora alte, se ne contano infatti ben 737 mila nel Regno, ma emergono nuove destinazioni preferite da molti ricchi in Medio Oriente, a partire dagli Emirati Arabi Uniti, e in Asia. Proprio gli Emirati,soprattutto Dubai, hanno attirato il maggior afflusso di milionari l’anno scorso secondo Henley & Partners. Fra i fattori interni che penalizzano la Gran Bretagna c’è l’instabilità politica emersa l’anno scorso con la compagine di governo segnata da ben tre cambi di leadership in pochi mesi e anche un’economia non certo in fase espansiva ma che anzi stenta a riprendersi in diversi settori ed è meno capace di attirare investitori e uomini d’affari.   

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    Mattarella: 'Unire e non dividere, unità rafforza l'Italia'

    Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Teatro Grande di Brescia per la cerimonia di apertura di Bergamo-Brescia Capitale italiana della cultura. L’evento si è tenuto in contemporanea nelle due città, a Brescia al Teatro Grande e a Bergamo al Donizetti. Ad accogliere Mattarella al suo arrivo, tra gli altri, il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, e il governatore lombardo Attilio Fontana. Il presidente della Repubblica aveva visitato la provincia di Brescia durante i mesi più duri della pandemia da Covid. Il primo novembre del 2020 aveva deposto una corona di fiori al cimitero di Castegnato, per commemorare le vittime delle pandemia che sono state numerose in questo territorio. Nel 2021 Mattarella è invece stato in vista a Brescia, il 18 maggio, giorno in cui aveva visitato anche il centro vaccinale della città.
    Si sono alzati tutti in piedi all’arrivo del presidente della Repubblica i 205 sindaci bresciani presenti al Teatro Grande. Al Capo dello Stato il pubblico presente in teatro, circa mille persone, ha tributato un lungo applauso di circa 3 minuti. La cerimonia è stata aperta dall’inno di Mameli cantato da un coro di bambini accompagnati dal pianoforte e dall’Inno alla Gioia, inno dell’Unione Europea.
    “Brescia e Bergamo sono un esempio con le loro virtù civiche di ieri e d’oggi – ha detto il presidente Sergio Mattarella -. Città duramente colpite dalla prima ondata della pandemia, quando un virus aggressivo e sconosciuto ha mietuto, nel nostro Paese, migliaia di vittime. E hanno saputo reagire, dando vita, e alimentando con i loro valori, quel modello di solidarietà che ha consentito di affrontare la crisi”.
    “Stiamo rivivendo in Europa la tragedia della guerra – ha aggiunto il capo dello Stato -, che speravamo fosse riposta per sempre negli archivi della storia dopo gli orrori che abbiamo allora conosciuto. Ed è proprio il mettere la dignità integrale della persona al centro di ogni azione che ci porta a stare dalla parte di chi è aggredito e lotta per la propria indipendenza e libertà”. 
    “Nell’anno appena concluso un forte segnale di unità e innovazione è stato lanciato da una piccola isola, incantevole, Procida. La cultura non isola, hanno proclamato. La cultura, infatti, unisce e moltiplica. È una forza dei campanili quella di saper unire e non dividere le energie. Voi raccogliete, nel nord del nostro Paese, lo stesso testimone di Procida; a conferma dell’unità che rafforza l’Italia”. 
    “Quando, all’Assemblea costituente, si discusse se inserire la promozione della cultura tra i principi fondamentali della nostra Carta, non mancarono dubbi e qualche resistenza. Ma la Repubblica si assunse solennemente quel compito. E apparve l’art.9 della nostra Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”. “Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Vi si è, recentemente, aggiunta la tutela dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi – ha aggiunto Mattarella -. Il procedere della nostra storia ha dimostrato quanto il peso e il valore della cultura siano diventati determinanti per il progresso del nostro popolo. Fu una scelta lungimirante, di grande visione. Lo ricordiamo con riconoscenza, a 75 anni dall’entrata in vigore della nostra Costituzione”. 
    “La cultura è strettamente connessa con la libertà: di studio, di ricerca, di espressione del proprio pensiero. Ce lo ricorda – ancora una volta – la nostra Costituzione. L’arte e la scienza sono libere, recita l’art.33; mentre l’art.21 dispone il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. L’esercizio che Brescia e Bergamo, Capitale della cultura, si apprestano a intraprendere è, quindi, un grande esercizio di libertà, cui guarderà l’intero Paese”. 
    Una standing ovation di tutto il pubblico del teatro Grande di Brescia e del teatro Donizetti di Bergamo per il presidente della Repubblica Mattarella alla fine del suo discorso con cui si è conclusa la cerimonia di inaugurazione di Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura. Mentre lasciava la sala di Brescia il presidente si è fermato molte volte a stringere le mani dei sindaci che hanno gremito la platea per l’occasione, 205 da tutta la provincia di Brescia. Ad accompagnare l’uscita di Mattarella un lungo applauso.
    Il rilancio “trae origine dalla cultura che da sempre è il forte antidoto alla sofferenza. Occorre raccogliere le energie dal territorio per garantire crescita e sviluppo”: così il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, in occasione della cerimonia di inaugurazione ufficiale di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023 durante la quale plaude alle iniziative che vedono la “prospettiva di rinascita attraverso la scelta nobile della cultura”.
    Gori: ‘Forte valore simbolico’L’anno che vede Bergamo e Brescia Capitale della Cultura italiana è “un grande privilegio, che viviamo con orgoglio e gratitudine nei confronti di chi ha voluto accogliere l’istanza” inviata nel maggio del 2020 al ministro della Cultura, “anzitutto per dare alle nostre città, gravemente ferite dal virus, un segnale di reazione e di speranza. Il titolo, assegnato direttamente dal Parlamento, ha assunto per le nostre comunità un fortissimo valore simbolico, un vero orizzonte di rinascita. E ci ha motivati a costruire un progetto ambizioso, che speriamo all’altezza della generosità di quanti ci sono stati vicini”. È quanto ha detto Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, in diretta dal Teatro Donizetti e collegato con Brescia. “Bergamo e Brescia si racconteranno all’Italia e all’Europa lungo un anno che vuole essere l’innesco di un percorso di sviluppo, sociale ed economico, fondato sulla cultura – ha aggiunto Gori -. Alla base del progetto complessivo c’è infatti l’idea della cultura come grande forza generatrice, strumento di emancipazione per gli individui e per le comunità. Abbiamo lavorato per innescare queste energie, con l’obiettivo di tessere solide relazioni tra due territori che, benché confinanti, molto simili e accomunati da morfologia, storia, tradizioni e profilo economico, non avevano una consuetudine di collaborazione”.
    Del Bono: ‘Anno di rinascita e riscatto'”Abbiamo trovato nella grande comunità dei sindaci e degli amministratori sostegni sinceri e decisivi ed un Parlamento attento, di fronte alla richiesta avanzata da me e da Giorgio Gori, di potere godere di un anno di riscatto e di rinascita, cioè questo”: così il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, dal palco della cerimonia di inaugurazione di Bergamo-Brescia Capitale italiana della cultura del 2023. “Due città, una sola capitale. Due città che hanno progettato insieme, perché essere comunità conviene e fa stare bene, perché solo così si è più umili e lungimiranti – ha concluso -. Godiamoci questo anno e facciamolo anche per chi non c’è più, ma che ci guarda. È la sfida di due città e due terre che una volta tanto non competeranno una contro l’altra ma saranno una con l’altra”.