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    Azione esterna, Sannino: Dotare l’UE di autonomia strategica per renderla più forte nel mondo

    Bruxelles – “Rendere l’Unione Europea più forte, per renderla più forte anche nelle partnership globali”. Questo significa per l’Europa dotarsi di una propria autonomia strategica “aperta”, che nei fatti significa meno dipendenza da altri attori globali e anche capacità di agire e agire da soli. Una questione che a Bruxelles genera grande dibattito tra i membri dell’Unione: alcuni Paesi, come la Francia, difendono la necessità di rafforzare l’autonomia europea in materia di difesa e sicurezza, mentre altri, come la Germania, sostengono di dover rinnovare il rapporto con Washington e la NATO dopo l’uscita di scena di Trump. È nell’interesse “di tutti avere un partner autonomo e forte su cui fare affidamento”, ha ricordato oggi (6 maggio) il segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), Stefano Sannino, nel suo intervento virtuale alla Conferenza sullo stato dell’Unione all’Istituto universitario europeo di Firenze.
    Il tema non riguarda solo questioni militari di difesa, ed è emerso in maniera evidente durante la pandemia con la carenza di materiale sanitario che l’UE ha bisogno di indipendenza anche in termini industriali e strategici. “Capacità di agire e di reagire” alle crisi, “proteggendo la società europea senza diventare protezionismo”, dice, provando a darne una definizione. Il panel organizzato dall’Istituto universitario europeo di Firenze si intitola “Quo vadis european foreign policy? A decade of the European External Action Service” ed è un’occasione per fare un bilancio di questi primi dieci anni del Servizio europeo per l’azione esterna, che fa capo all’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell. Il SEAE nasceva il primo gennaio 2011 probabilmente con l’idea di creare una vera politica estera comune per l’Unione europea.

    Dieci anni più tardi, è difficile forse parlare di una vera e propria politica estera comune, soprattutto perché agli Stati manca una visione comune del mondo e una comune prospettiva delle minacce esterne. Per questo mancano anche le risposte condivise. In questo senso, l’Unione sta lavorando ad una bussola strategica (Strategic compass), che dovrebbe guidare l’azione strategica dell’Unione europea. “Ciò garantirà chiarezza all’interno dell’UE e allo stesso tempo aumenterà la credibilità dell’Unione europea nei confronti di terzi”. A frenare in qualche modo una definizione più precisa della politica estera dell’Unione è anche la necessità di raggiungere ogni volta l’unanimità in Consiglio per le decisioni in materia di politica estera, uno scoglio che secondo alcuni potrebbe essere superato introducendo un voto a maggioranza qualificata.
    L’Unione europea è fatta di ventisette governi, parlamenti, ordinamenti sovrani: ciascuno pensa con la propria testa e secondo i propri interessi, anche per questo “il processo (di decisione, ndr) non è sempre lineare”. Si potrebbe aggiungere che è la complessità della democrazia a rendere difficile prendere decisioni, i compromessi che derivano dall’esigenza di mettere d’accordo tutti non sempre sono la decisione migliore. Dal canto suo, sottolinea Sonnino, il Servizio di azione esterna dell’UE non è altro che un “servizio”, come dice il nome, non ha un’agenda istituzionale e serve le istituzioni dell’UE – la Commissione e il Consiglio – e gli Stati membri. La realtà della politica estera è sempre più complessa e articolata”, ha aggiunto Sannino che si augura che il SEAE possa avere gli strumenti per mettere insieme tutti gli elementi di questa realtà complessa. Molto diplomaticamente aggiunge che il Servizio “non si sostituirà alla geopolitica della Commissione europea o delle altre Istituzioni”, ma forse è questo il passo che manca per dare all’Unione nel suo insieme una visione di politica estera.
    Il maggiore risultato del Servizio europeo per l’azione esterna nei suoi dieci anni di attività è “la nostra presenza sul campo, le nostre delegazioni, missioni, operazioni e quello che hanno cercato di diventare in questi dieci anni”, ha concluso Sannino menzionando l’accordo sul nucleare iraniano tra i risultati positivi ottenuti, ma riconoscendo che “la creazione di un vero network di presenza sul campo” è stato il maggiore risultato del SEAE finora.

    L’intervento del Segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) alla Conferenza sullo stato dell’Unione dell’Istituto universitario europeo di Firenze

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    Intesa tra UE e UK sullo status dell’ambasciatore di Bruxelles a Londra

    Bruxelles – Londra ha finalmente riconosciuto lo status di ambasciatore al rappresentante dell’Unione europea nel regno. Dopo mesi di scontri diplomatici l’alto rappresentante dell’UE  per la Politica estera, Josep Borrell, e il segretario di Stato britannico per gli Affari esteri, Dominic Raab, si sono incontrati a margine della riunione dei ministri degli esteri del G7 a Londra, il 5 maggio 2021  ed hanno risolto la questione.
    In una dichiarazione congiunta i due affermano di aver “raggiunto un accordo, basato sulla buona volontà e sul pragmatismo, sullo per la delegazione dell’UE nel Regno Unito. L’ambasciatore dell’UE – precisa la nota – avrà uno status coerente con i capi delle missioni degli Stati, compreso il gradimento e la presentazione delle credenziali al capo dello Stato. Il personale della delegazione dell’UE avrà i privilegi e le immunità necessari per funzionare in modo efficace, consentendo al contempo un’efficace amministrazione della giustizia”.

    Dopo mesi di scontri diplomatici

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    Coronavirus, in isolamento la delegazione dell’India al vertice ministeriale G7 di Londra: due membri risultati positivi

    Bruxelles – È stata messa in isolamento tutta la delegazione dell’India al summit G7 dei ministri degli Esteri in corso alla Lancaster House di Londra, dopo che due dei suoi membri sono risultati positivi al COVID-19. Nel darne notizia, l’emittente Sky News ha sottolineato che lo screening delle diverse delegazioni fa parte delle misure di sicurezza precauzionali previste per questo mini-vertice, il primo incontro in presenza dell’organizzazione intergovernativa dall’agosto 2019.
    Il ministro degli Esteri indiano, Subrahmanyam Jaishankar, non è risultato positivo e ha confermato su Twitter che “come misura cautelativa e anche per rispetto degli altri” parteciperà alle riunioni di oggi in modalità virtuale. Nelle scorse ore aveva tenuto incontri bilaterali a margine della riunione anche con il segretario di Stato USA, Antony Blinken, e con la segretaria di Stato britannica per gli Affari interni, Priti Patel.

    Was made aware yesterday evening of exposure to possible Covid positive cases. As a measure of abundant caution and also out of consideration for others, I decided to conduct my engagements in the virtual mode. That will be the case with the G7 Meeting today as well.
    — Dr. S. Jaishankar (@DrSJaishankar) May 5, 2021

    Insieme ad Australia, Corea del Sud, Sudafrica e Brunei (presidente di turno dell’ASEAN, l’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico), l’India è stata invitata dal governo britannico come Paese ospite esterno al secondo giorno di discussioni tra i ministri degli Esteri del Gruppo dei Sette. Dopo il confronto di ieri sul rapporto sempre più problematico con Russia e Cina, oggi sul tavolo sono caldi i temi che riguardano i cambiamenti climatici, la pandemia COVID-19, la libertà di informazione, la sicurezza informatica e la risposta alla propaganda e disinformazione online portata avanti da Mosca e Pechino (attraverso un meccanismo per bloccare le fake news).
    Ma intanto è montata la polemica a Londra. L’opposizione al governo al governo Tory di Boris Johnson ha espresso “solidarietà” ai membri della delegazione indiana risultati positivi e al Paese in generale (colpito nelle ultime settimane da una variante del virus che ha causato un’impennata di contagi e decessi), ma allo stesso tempo ha puntato il dito contro l’esecutivo: “Ci sono interrogativi da porre su quanto è accaduto al G7, se non altro per essere sicuri che non si ripeta“, ha tuonato il leader laburista, Keir Starmer. “Da mesi stiamo sollecitando il governo sull’importanza di essere vigili ai nostri confini”, in attesa della prima riapertura parziale ai viaggi turistici (dal 17 maggio) e a un mese dal summit G7 a St Ives (Cornovaglia).
    Durante la sua visita alla sessione conclusiva del mini-vertice, il premier Johnson ha minimizzato il caso: “Da quanto ho capito, gli individui interessati ora sono tutti isolati”. Ponendo l’accento sull’importanza del ritorno in presenza del summit G7 e la cautela a livello sanitario, BoJo ha poi aggiunto che “l’India è un partner importante”.

    Tampone negativo per il ministro degli Esteri Jaishankar, che seguirà le riunioni di oggi in modalità virtuale: in precedenza aveva tenuto incontri bilaterali faccia a faccia con il segretario di Stato USA Blinken e la ministra degli Interni britannica Patel

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    I ministri degli Esteri preparano il G7 dei leader, a Londra si rilancia (in presenza) il “fronte delle democrazie contro le minacce globali”

    Bruxelles – È una primavera caldissima quella che si sta delineando sul fronte del rilancio delle relazioni transatlantiche, sull’onda della rinnovata intesa tra gli Stati Uniti e gli alleati europei. Un tassello dopo l’altro – dalla partecipazione del presidente Joe Biden al Consiglio Europeo di fine marzo, alla doppia trasferta del segretario di Stato, Antony Blinken, a Bruxelles per partecipare ai vertici ministeriali NATO – l’amministrazione Biden ha iniziato a tirare le fila di un confronto sulle sfide comuni per le potenze mondiali. Pace e democrazia nel mondo sono le parole d’ordine, minacciate dalle insidie russe e cinesi. Con queste premesse si è aperto oggi (martedì 4 aprile) il summit G7 dei ministri degli Esteri a Londra, il primo appuntamento in presenza dall’ormai lontano agosto 2019 in seno all’organizzazione intergovernativa.
    Da sinistra, il segretario di Stato USA, Antony Blinken, e il segretario di Stato britannico per gli Affari Esteri e il Commonwealth, Dominic Raab
    Il mini-vertice in corso alla Lancaster House di Londra è solo un antipasto del ritorno dei leader di Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e Giappone (con l’Unione Europea) allo stesso tavolo, in programma tra l’11 e il 13 giugno a St Ives (Cornovaglia). Ma se quelle discusse oggi sono le anticipazioni del prossimo vertice del Gruppo dei Sette, le scintille sono assicurate: “Oggi ci riuniamo per agire contro le minacce globali“, ha dichiarato il segretario di Stato britannico per gli Affari Esteri e il Commonwealth, Dominic Raab, in apertura dei lavori.
    Il padrone di casa ha fatto appello al “fronte comune delle democrazie”, perché ritrovi l’unità di fronte alle “sfide che condividiamo e che si moltiplicano” sul fronte dei diritti umani e delle libertà. Il colpo di Stato in Myanmar, le violenze in Etiopia, i programmi nucleari in Iran e Corea del Nord, la crisi in Libia e la guerra in corso in Siria, ma soprattutto i rapporti sempre più tesi tra le potenze mondiali e il tandem Russia-Cina. Sono questi i temi al centro di una strategia che è sempre più improntata sull’alternanza tra diplomazia e dissuasione, come delineato dall’atteggiamento della nuova amministrazione statunitense nei confronti del presidente russo, Vladimir Putin.
    Nella giornata di oggi è stato dato grande spazio all’escalation di tensione sul fronte ucraino, alle ingerenze in Bielorussia e alla detenzione del leader dell’opposizione russa, Alexei Navalny. Con le nazioni-partner ospitate (Australia, India, Repubblica di Corea, Sud Africa e Brunei, in qualità di presidente di turno dell’ASEAN, l’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico), domani la discussione si sposterà sui temi globali come i cambiamenti climatici, la pandemia COVID-19 e la risposta alla propaganda e disinformazione online imputata a Mosca e Pechino, attraverso un meccanismo per bloccare le fake news. Senza dimenticare il confronto sul sostegno all’educazione e all’occupazione femminile, attraverso uno stanziamento comune di 15 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni.

    The #G7UK meeting in London – the first face-to-face G7 Foreign & Development Ministers’ meeting in more than two years – is an important opportunity to drive global action to build our economies back better & greener, defend human rights & reinforce humanitarian co-operation https://t.co/99KjsefI4C
    — Dominic Raab (@DominicRaab) May 4, 2021

    Si respira ottimismo a Bruxelles dopo il confronto bilaterale tra l’alto rappresentante dell’UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il segretario di Stato Usa Blinken, a margine del G7 ministeriale. “L’incontro è stato l’occasione per discutere di alcune delle sfide estere più urgenti”, si legge in una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Nello specifico, sono stati affrontati “gli ultimi sviluppi nelle discussioni in corso sul Piano d’azione globale congiunto”, in vista di un “possibile ritorno” di Washington nell’accordo nucleare iraniano, “e le modalità per garantire la sua piena ed efficace attuazione”.
    Discussa anche la questione delle sanzioni della Russia contro i cittadini dell’Unione (tra cui il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli) e la situazione in Afghanistan alla luce dell’inizio del ritiro delle truppe statunitensi e degli alleati NATO dal primo maggio. “Il prossimo vertice di giugno a Bruxelles tra Unione Europea e Stati Uniti darà ulteriore slancio alle nostre relazioni“, conclude la nota. A stretto giro è arrivata la conferma di questa intenzione anche dalla Casa Bianca: “Il segretario di Stato ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti a rivitalizzare e aumentare il livello di ambizione nelle relazioni USA-UE”, ha fatto sapere il portavoce Ned Price.

    HR/VP @JosepBorrellF meets with US Secretary of State @SecBlinken in the margins of #G7UK in London. The meeting was an opportunity to discuss on a bilateral basis some of the most urgent foreign and security challenges ahead 👇https://t.co/LSbLXvJXQL pic.twitter.com/orag14pedv
    — European External Action Service – EEAS 🇪🇺 (@eu_eeas) May 4, 2021

    Il ruolo dell’Italia
    Nel corso degli incontri bilaterali, il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha condiviso con il segretario di Stato britannico Raab “il desiderio di continuare a lavorare in modo particolarmente stretto in questo anno importante” per Italia e Regno Unito, “viste le rispettive presidenze del G7 e G20 e l’ospitalità congiunta della COP26”, fa sapere Downing Street. Soprattutto sui finanziamenti per il clima, “i ministri hanno concordato ambizioni di alto livello”.
    Di Maio, dopo aver introdotto al vertice ministeriale i dossier su Libia e Siria, si è confrontato con Raab sulla cooperazione per affrontare la “minaccia del terrorismo dal Nord Africa e dal Sahel” e per risolvere la questione di Cipro. Infine, sul capitolo Brexit, i due ministri hanno confermato l’intenzione di firmare un Accordo di cooperazione Italia-Regno Unito “entro la fine dell’anno”.

    I rapporti con Russia e Cina al centro della prima giornata della riunione ministeriale del Gruppo dei Sette, a due anni di distanza dall’ultimo summit faccia a faccia. L’UE inizia i preparativi per il confronto a Bruxelles di giugno con il presidente statunitense Biden

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    Caso Navalny, Russia vieta l’ingresso nel Paese a David Sassoli e altri sette funzionari europei per ritorsione alle sanzioni

    Bruxelles – Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, e la vicepresidente della Commissione europea, Vera Jourova, sono tra le otto cariche pubbliche dell’UE a cui oggi (30 aprile) la Russia ha vietato l’ingresso nel Paese, in risposta all’introduzione “del 2 e 22 marzo di quest’anno di misure restrittive del Consiglio dell’UE nei confronti di sei cittadini russi” per il caso dell’avvelenamento dell’oppositore russo Alexei Navalny. “L’Unione Europea continua la politica di misure restrittive unilaterali illegittime contro i cittadini e le organizzazioni russe”, si legge nel comunicato del ministero Esteri russo che ha informato delle sanzioni.
    Ferma condanna di Parlamento europeo, Commissione e Consiglio della “decisione odierna delle autorità russe di vietare l’ingresso nel territorio russo a otto cittadini dell’Unione europea. Questa azione è inaccettabile”, scrivono in una nota congiunta i tre presidenti David Sassoli, Ursula von der Leyen e Charles Michel. La definiscono “priva di qualsiasi giustificazione giuridica ed è del tutto priva di fondamento. Si rivolge direttamente all’Unione europea, non solo alle persone interessate. Questa decisione è l’ultima e sorprendente dimostrazione di come la Federazione russa abbia scelto di confrontarsi con l’UE invece di accettare di correggere la traiettoria negativa delle nostre relazioni bilaterali”. Lasciano aperta la possibilità di adottare misure appropriate in risposta alla decisione delle autorità russe.
    “A quanto pare, non sono il benvenuto al Cremlino? Lo sospettavo un po ‘… Nessuna sanzione o intimidazione fermerà il Parlamento o me dalla difesa dei diritti umani, della libertà e della democrazia. Le minacce non ci zittiranno. Come ha scritto Tolstoj, non c’è grandezza dove non c’è verità”, ha scritto Sassoli in un tweet.

    Apparently, I’m not welcome at the Kremlin? I had suspected it a bit… No sanctions or intimidation will stop the @Europarl_EN or me from defending human rights, freedom, and democracy. Threats will not silence us. As Tolstoy wrote, there is no greatness where there is no truth.
    — David Sassoli (@EP_President) April 30, 2021

    Gli altri sei nomi sono Ivars Abolins, presidente del Consiglio nazionale della Lettonia per i media elettronici; Maris Baltins, direttore del Centro statale per il linguaggio della Lettonia; Jacques Maire, membro della delegazione della Francia all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa; Jörg Raupach, capo della procura di Berlino; Osa Scott, capo del laboratorio di chimica, biologia, radiazioni e sicurezza nucleare dell’istituto di ricerca di difesa della Svezia; Ilmar Tomusk, capo del dipartimento per il linguaggio dell’Estonia. Da Mosca usano toni durissimi. “Questa pratica è contraria alla Carta delle Nazioni Unite e alle norme fondamentali del diritto internazionale”, prosegue il comunicato.
    “Tutte le nostre proposte per risolvere eventuali problemi che sorgono tra Russia e Ue nella modalità del dialogo professionale diretto vengono costantemente ignorate o respinte”, ha sottolineato il ministero. Secondo Mosca le sanzioni dell’Unione europea “non lasciano dubbi sul fatto che il loro vero obiettivo sia frenare ad ogni costo lo sviluppo del nostro Paese e imporre il loro concetto unilaterale di un ‘ordine mondiale basato su regole’ che mina il diritto internazionale. Lanciare una sfida aperta all’indipendenza della politica estera e interna russa. Questo viene fatto apertamente e deliberatamente. E, naturalmente, con la conoscenza e l’incoraggiamento degli Stati Uniti, che non nascondono il loro interesse a trasformare l’Europa in un’arena di acuto confronto geopolitico”, ha osservato il ministero.
    Appena due giorni fa, in Parlamento europeo il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, aveva parlato di tensioni crescenti tra Russia e Occidente, con continue tattiche intimidatorie da parte di Mosca: dal caso Navalny, prima avvelenato e poi incarcerato; alle truppe ammassate al confine con l’Ucraina (poi ritirate) o ancora la crisi diplomatica con la Repubblica Ceca dopo l’accertamento di alcune azioni spionistiche russe. Mentre l’Unione Europea si è detta impegnata a non voler “alimentare ulteriormente una dinamica di escalation” se anche si dice decisa “a non accettare tattiche intimidatorie” da parte di Mosca alle quali “dobbiamo rispondere se accadono”, ha precisato Borrell. Ora è il momento di non lasciare
    Le reazioni
    Da Bruxelles si è mossa nell’immediato un’ondata di messaggi di solidarietà verso Sassoli e Jourova per le sanzioni. “Tanto ingiustificate quanto inutili”, afferma il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni.

    Solidarietà a @DavidSassoli @VeraJourova e altri esponenti europei colpiti da sanzioni russe. Tanto ingiustificate quanto inutili.
    — Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) April 30, 2021

    “La mia totale solidarietà al Presidente Sassoli per la decisione delle autorità russe di vietare l’ingresso suo e di altri rappresentanti in Russia, come risposta alle #sanzioni per il caso Navalny. Non ci pieghiamo alle minacce. Grazie David per il tuo coraggio”, scrive Brando Benifei, capo delegazione del Partito Democratico all’Europarlamento. “Serve ora una reazione ferma e decisa di tutte le istituzioni per questo atto ostile e ingiustificato”, afferma l’eurodeputata S&D, Pina Picerno, a cui fa eco anche Patrizia Toia, che parla di “inaccettabile decisione con cui il governo russo vuole limitare l’ingresso di Sassoli e degli altri rappresentanti in Russia, dopo che l’UE si è schierata a favore di Navalny. Solidarietà al Presidente: saremo sempre dalla parte dei diritti e della libertà”. “Le minacce russe non saranno mai più forti della nostra libertà”, commenta anche l’eurodeputato Nicola Danti (Italia Viva). “Presidente Putin, può sanzionare tutti i deputati che vuole, ma non ci zittirà. Piena solidarietà da parte del Partito popolare europeo”, scrive su twitter il capogruppo, Manfred Weber. Solidarietà al presidente del Parlamento Europeo e agli altri rappresentanti Ue che viene espressa anche dalla delegazione della Lega all’Europarlamento, dentro al gruppo Identità e Democrazia. “Le sanzioni ingiustificate e le intimidazioni non sono la risposta per normalizzare i rapporti e aiutare il dialogo”, scrive in una nota.
    Solidarietà che arriva anche da Roma. “Un gesto di ostilità incomprensibile, non compatibile con i valori della democrazia europea e con i principi del diritto internazionale”, commenta il presidente della Camera, Roberto Fico. “Nessuna intimidazione verso lui e altre autorità europee può essere tollerata. Il Parlamento UE è il cuore della nostra democrazia liberale. Chi attacca David Sassoli attacca l’Europa”, scrive il Sottosegretario con delega agli affari europei, Enzo Amendola.

    Ferma condanna dell’Unione Europea: “Azione inaccettabile”, scrivono i tre presidenti Sassoli, von der Leyen e Michel. Colpita anche la vicepresidente della Commissione per i Valori e la Trasparenza, Vera Jourova, insieme alle altre sei cariche pubbliche. Per Mosca le sanzioni dell’UE mirano a frenare ad ogni costo lo sviluppo “del nostro Paese”

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    Brexit, via libera da Consiglio dell’UE all’accordo commerciale con Regno Unito: in vigore dal primo maggio

    Bruxelles – Con il via libera del Consiglio del’UE all’accordo commerciale e di cooperazione con il Regno Unito (TCA) è stato completato l’ultimo passo dell’Unione Europea nella ratifica degli accordi post-Brexit, dopo che martedì (27 aprile) era arrivato l’ok anche da parte del Parlamento Europeo. Domani, primo maggio, il TCA entrerà in vigore.
    Durante il dibattito in Aula, la segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Ana Paula Zacarias, aveva promesso che se il Parlamento avesse dato l’assenso all’accordo commerciale, il Consiglio sarebbe stato pronto ad approvarlo subito. E così è stato. Il Regno Unito sarà ora informato del completamento delle procedure dell’Unione e i testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’UE.
    “Apriamo un nuovo capitolo nelle nostre relazioni con Londra”, ha commentato Zacarias. “La conclusione dell’accordo darà certezza giuridica” al rapporto tra le parti, “nell’interesse dei cittadini e delle imprese su entrambi i lati del Canale”. La presidente di turno del Consiglio dell’UE ha ribadito che le istituzioni europee stimano il Regno Unito “come un buon vicino, un vecchio alleato e un partner importante”.

    Completato l’ultimo passo dell’Unione Europea nella ratifica dell’intesa con Londra. “Apriamo un nuovo capitolo nelle nostre relazioni con un buon vicino, un vecchio alleato e un partner importante”, ha commentato la segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei Zacarias

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    Borrell in Parlamento: “Dalla Russia continue intimidazioni all’Occidente, l’UE lavora su de-escalation”

    Bruxelles – Tensioni crescenti tra Russia e Occidente, mentre l’Unione Europea continua a rimanere impegnata a non voler “alimentare ulteriormente una dinamica di escalation” se anche si dice decisa “a non accettare tattiche intimidatorie” da parte di Mosca. Tattiche intimidatorie alle quali “dobbiamo rispondere se accadono”, precisa Josep Borrell.
    Il caso dell’oppositore russo Alexey Navalny, prima avvelenato e poi incarcerato; le truppe ammassate al confine con l’Ucraina (poi ritirate) o ancora la crisi diplomatica con la Repubblica Ceca dopo l’accertamento di alcune azioni spionistiche russe. Tutte tattiche intimidatorie: così le definisce l’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza in un intervento durante la sessione plenaria del Parlamento europeo di oggi (28 aprile), sostenendo che quella messa in atto dalle autorità russe è “una tendenza preoccupante” perché sceglie di alimentare il confronto o lo scontro con l’Occidente e con l’Unione Europea “attraverso continui attacchi con disinformazione e altre attività negative”.
    Queste le parole di Borrell, secondo cui Bruxelles deve invece trovare un modus vivendi, un atteggiamento costruttivo “che eviti il ​​confronto costante con un vicino che sembra invece aver deciso di comportarsi da avversario”. Mentre il capo della diplomazia europea “affrontava” l’Emiciclo, è arrivata la notizia dell’espulsione di altri 7 diplomatici europei (di Slovacchia, Lettonia, Lituania ed Estonia) presso l’ambasciata di Mosca, nel contesto della crisi diplomatica in corso tra Russia e Repubblica Ceca che ha già visto l’espulsione reciproca del personale diplomatico, con più di cento persone. Una crisi scoppiata quando Praga ha scoperto il coinvolgimento di alcune spie russe nelle esplosioni del 2014 nei depositi di munizioni presenti nella città di Vrbetice, in cui sono morti due cittadini cechi.
    Borrell lo dice chiaramente: le relazioni tra Unione europea e Russia sono ai ferri corti, i rapporti continuano a deteriorarsi e sono “al punto più basso e non si può escludere che la tendenza negativa prosegua”. L’Unione europea è però interessata a evitare ogni tipo di confronto diretto. Il presidente del Consiglio europeo ha convocato per il 25 maggio un Consiglio europeo – non previsto e in presenza per i leader – che avrà all’ordine del giorno la lotta contro il COVID, le questioni climatiche ma anche le tensioni con Mosca. L’UE pronta a impegnarsi “in aree di chiaro interesse comune” e a mantenere aperto il canale di comunicazione con Mosca e a cercare di migliorare le relazioni ma solo se la Russia mostrerà “la volontà genuina di farlo”.
    Dall’Aula di Bruxelles arriva l’esortazione a non far passare sotto silenzio le condizioni di Navalny incarcerato, che ha di recente interrotto lo sciopero della fame che aveva iniziato dopo essersi visto negare la possibilità di vedere medici di fiducia. “Ora l’attivista russo sta meglio, ma sicuramente la sua persecuzione non è finita qui: non possiamo e non dobbiamo abbandonare quest’uomo coraggioso”, ha ricordato Fabio Massimo Castaldo, europarlamentare del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento europeo durante il suo intervento in plenaria.

    Rapporti tesi con Mosca che saranno sul tavolo dei capi di Stato e governo al Summit del 25 maggio. Per il capo della diplomazia europea la Russia sceglie di alimentare lo scontro con i Paesi occidentali, mentre Bruxelles rimane impegnata a tenere aperto il canale del dialogo

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    Elezioni in Albania, Edi Rama festeggia il terzo mandato. L’UE invita a un “dialogo costruttivo tra tutte le forze politiche”

    Bruxelles – La Commissione elettorale centrale albanese domenica sera aveva avvertito: “Ci vorranno 48 ore per lo scrutinio”. E 48 ore sono servite per decretare la vittoria del Partito Socialista del premier uscente, Edi Rama, alle elezioni per il rinnovo del Parlamento nazionale. Nella capitale Tirana sono in corso i festeggiamenti per la riconferma di Rama alla guida del Paese per il terzo mandato consecutivo: un “record storico”, come lo ha definito lo stesso vincitore.
    Terminato lo scrutinio delle schede elettorali, il partito del premier socialista ha conquistato il 48,66 per cento dei voti, aggiudicandosi 74 seggi su 140 al Parlamento. Rama potrebbe contare anche sui 3 seggi ottenuti a sorpresa (con il 2,24 per cento delle preferenze, +1,3 rispetto alle elezioni del 2017) dal Partito Socialdemocratico (PSD), che si è detto disponibile a collaborare con i socialisti. Non è bastato l’exploit del Partito Democratico (PD) di Lulzim Basha, al 39,42 per cento (+10,58) per mettere in discussione il risultato delle urne, complice anche la disfatta del Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI) di Monika Kryemadhi (moglie del presidente della Repubblica, Ilir Meta), crollato al 6,81 per cento (-7,47). All’opposizione andrebbero complessivamente 63 seggi al Parlamento, 59 al PD e 4 all’LSI.

    “La nostra grande vittoria ci impone l’obbligo di tendere ai democratici una mano di sincera collaborazione“, ha dichiarato Rama davanti ai suoi sostenitori, dopo aver dedicato buona parte del suo discorso alla necessità di voltare pagina nelle relazioni tra forze politiche. Negli ultimi due anni (da febbraio 2019) non è esistita opposizione parlamentare in Albania, dopo la decisione di PD e LSI di abbandonare l’Aula in segno di protesta per le accuse di corruzione del partito al governo e i sospetti di compravendita di voti alle elezioni del 2017. Il premier ha invitato gli sconfitti a “lasciare alle spalle le tensioni politiche”, per favorire un dialogo sulle questioni di interesse nazionale.
    Il leader del Partito Democratico d’Albania, Lulzim Basha
    Ma a corto giro è arrivata la dura replica del leader dell’opposizione Basha, che ha definito il risultato del voto “un massacro elettorale”. Secondo il frontrunner del PD, “siamo entrati in questa battaglia non contro un avversario politico, ma contro un regime“, che avrebbe fatto “di tutto per compromettere una corsa elettorale leale”. Il Partito Democratico non solo si è rivolto alla Commissione elettorale centrale per un riconteggio dei voti in tutti i seggi, ma ha anche chiesto la copia del materiale relativo al processo di voto e di scrutinio. “I nostri sforzi per fare valere la democrazia in Albania non sono bastati“, ha rincarato la dose Basha, sottolineando che attraverso il “furto dei dati personali dei cittadini, le minacce agli elettori e decine di migliaia di schede non valide”, Rama si sarebbe assicurato “la differenza di voti fra le parti”.
    La posizione dell’UE
    In una nota congiunta dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e del commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha riconosciuto “l’esercizio del voto democratico” del popolo albanese e si è congratulato “con tutti coloro che hanno contribuito a renderlo possibile”.
    Da sinistra, il commissario europeo per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, e il premier albanese, Edi Rama
    Tuttavia, emerge preoccupazione per “l’uso improprio di risorse e funzioni statali da parte del partito al governo e di altri personaggi pubblici”, come evidenziato dagli osservatori sul campo. Le presunte irregolarità “dovrebbero essere portate rapidamente all’attenzione della Commissione elettorale centrale” e i casi “debitamente indagati, compreso l’acquisto di voti”. Borrell e Várhelyi hanno però incoraggiato “tutte le forze politiche a garantire il funzionamento efficace e democratico delle istituzioni del Paese”, a partire dal “rispetto dei risultati delle elezioni“.
    La prospettiva auspicata da Bruxelles è quella di un ingresso dell’Albania “nella fase successiva” del processo di adesione all’UE, “con la prima Conferenza intergovernativa per avviare i negoziati il ​​prima possibile”. Per raggiungere questo obiettivo, al nuovo governo albanese si chiede di “perseguire con determinazione il programma di riforme del Paese, in particolare sullo Stato di diritto“, senza che gli sforzi siano frenati dal periodo di transizione fino all’inaugurazione del nuovo Parlamento.

    Il primo ministro uscente e leader del Partito Socialista conquista il 48,6 per cento dei voti e 74 seggi su 140 al Parlamento nazionale. L’alto rappresentante UE Borrell preoccupato per “l’uso improprio di risorse statali” nel processo elettorale, ma chiede il “rispetto del risultato”