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    Il ricatto dei migranti

    Dopo Erdogan in Turchia, che da tempo usa i migranti ammassati al suo confine per ricattare l’Europa, e la Libia che si serve dei disperati che arrivano li dopo una estenuante traversata del  deserto per cercare la fuga dai loro paesi di origini, ora ci si mette anche Alexander Lukashenko che dalla Bielorussia forza centinaia di migranti ad ammassarsi ai confini con la Polonia, scatenando una dura reazione del governo di Varsavia.
    Dall’inizio dell’anno, secondo fonti Ue, circa 8 mila migranti sono arrivati in Europa dalla sua Repubblica assolutista, molto  vicina alla Russia di Putin, che sarebbe secondo alcuni uno dei veri  manovratori di questa ardita mossa della Bielorussia, da tempo in aperta polemica con l’Unione europea, che non perde occasione per accusarlo per i suoi comportamenti non proprio democratici.
    In Bielorussia il flusso migratorio è stato creato ad arte, con un ponte aereo. Quella del leader bielorusso sembra una strategia studiata a tavolino, proprio per utilizzare la leva dei migranti come arma di ricatto contro l’Europa. Da mesi in Turchia, Siria, Emirati Arabi, Azerbaigian e forse anche qualche Paese dell’Africa, le ambasciate bielorusse offrono visti turistici a chi è disposto a pagare una fortuna per una finta vacanza nelle steppe: 10/12mila euro. Il governo ha anche ridotto il numero di agenzie turistiche autorizzate, in sostanza Lukashenko starebbe lucrando sui viaggi come un qualsiasi trafficante di uomini. La promessa è di un facile passaggio verso la tanto agognata Europa.
    L’Unione sta pensando a prendere dure contromisure, come quella di impedire  ai voli delle compagnie aeree che trasportano i migranti dai Paesi africani e dal Medio Oriente verso Minsk, capitale bielorussa. E si stanno valutando anche possibili sanzioni economiche che potrebbero persino arrivare al divieto di sorvolare lo spazio aereo europeo per una ventina di compagnie.
    La situazione è resa ancora più delicata dal rapporto conflittuale, del quale anche i migranti rischiano di diventare vittime, instauratosi fra la Commissione europea e il governo polacco, che vorrebbe che la Ue finanziasse la costruzione di un muro ai suoi confini. Il premier Morawiecki ieri è andato a visitare le truppe al confine ed ha ribadito senza messi termini la assoluta urgenza  di prendere adeguate contromisure contro questo rischio: “Chiudere il confine polacco è nostro interesse nazionale. Ma oggi è in gioco la stabilità e la sicurezza di tutta l’UE”.
    Questo episodio mette ancora una volta l’Europa di fronte alle sue responsabilità verso una questione come quella degli immigrati, a cui non è riuscita ancora a a dare risposte adeguate e risolutive, se non quella di farsi ricattare dal dittatore di turno, oppure lasciare i Paesi di primo approdo come Italia, Grecia e Spagna da soli ad affrontare l’emergenza. E alle porte si affaccia l’ennesima emergenza dei profughi afghani, che Erdogan, Lukashenko e Putin stesso sfruttare per mettere in difficoltà un’Unione europea sempre più debole e disunita di fronte ad un problema che la riguarderà  sempre più da vicino.
    Continuando a mantenere questo atteggiamento ondivago da parte delle autorità europee, non si potrà non riconoscere che rispetto allo status quo e al cedere ai ricatti, sia forse meglio quello di prendere iniziative autonome da parte dei singoli Stati, magari non ortodosse come quelle di Polonia ed Ungheria che propongono la costruzione di muri alle frontiere o quelle di chi come Giorgia Meloni in Italia è per il blocco navale al largo delle coste libiche. Perché anche su questo tema a prevalere sembrano essere più gli interessi di parte che quelli della intera comunità.

    Questo contributo è stato pubblicato nell’ambito di “Parliamo di Europa”, un progetto lanciato da
    Eunews per dare spazio, senza pregiudizi, a tutti i suoi lettori e non necessariamente riflette la
    linea editoriale della testata.

    In Bielorussia il flusso migratorio è stato creato ad arte, con un ponte aereo. Quella del leader bielorusso sembra una strategia studiata a tavolino, proprio per utilizzare la leva dei migranti come arma contro l’Europa

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    Accordo tra Italia e Grecia: fissati i confini marittimi, potenziata la cooperazione tra Roma e Atene

    Bruxelles – L’incontro alla Farnesina trai ministri degli Esteri di Italia Grecia ha visto lo scambio degli strumenti di ratifica dell’accordo sui confini marittimi dei due Paesi. Nikos Dendias, in una lettera indirizzata all’omologo italiano Luigi di Maio, ha parlato di “un atto simbolico di eccezionale importanza”.
    L’accordo tra Italia e Grecia e la ZEE
    Un’intesa era stata già trovata nel giugno del 2020, poi pubblicata in Gazzetta ufficiale nel 2021. Adesso l’accordo diventa realtà anche sul piano internazionale. I confini marittimi ricalcano quelli disegnati già nel 1977. All’epoca però non erano state definite le specificità funzionali delle zone disegnate. Adesso Atene e Roma si sono accordate per delimitare le rispettive Zone economiche esclusive (ZEE). 
    Si tratta della prima ZEE formalmente dichiarata dall’Italia. Fino al 2020 la Penisola era uno dei pochi Paesi Mediterranei a non aver esteso il proprio diritto esclusivo su un braccio di mare oltre le 12 miglia di acque territoriali. Tutt’oggi i confini marittimi e di sfruttamento delle risorse italiani sono fonte di controversie con Malta, Algeria e Tunisia, non esistendo una zona definita nel Canale di Sicilia e al largo delle coste sarde.
    Luigi di Maio auspica che l’accordo odierno possa “rappresentare un modello per il futuro”. Le ZEE sono in genere proclamate tramite decisioni unilaterali, ma solo l’accordo con i Paesi confinanti assicura che le delimitazioni vengano realmente rispettate. Un approccio simile a quello tenuto con la Grecia potrebbe ad esempio essere replicato con le nazioni sull’altro lato dell’Adriatico, con cui Roma ha in generale buoni rapporti.

    Non solo confini marittimi
    Ma i ministri non hanno discusso solo di confini marittimi. Come ha dichiarato di Maio, Italia e Grecia hanno affrontato una serie di dossier che spaziano dal “rafforzare il ruolo di hub energetici in Europa” alla “collaborazione sui temi europei, in particolare sulla necessità di un accordo sulle migrazioni”. L’incontro ha confermato che le due diplomazie sono d’accordo per una soluzione promossa dall’UE per evitare l’instabilità nei Balcani occidentali.
    Sul tavolo anche la Libia. Dendias ha ribadito la sua fiducia nella Conferenza internazionale sul futuro del Paese che inizierà a Parigi il 12 novembre. Lo scopo fondamentale per il ministro greco è quello di “favorire l’uscita dei mercenari dal Paese”, insieme a “un impegno di lungo periodo per ricostruire lo Stato”.
    Stando alle dichiarazioni dei funzionari del governo italiano l’accordo è solo una questione tra Roma ed Atene. Ma la lettera scritta dal ministro degli Esteri greco è indirizzata anche ad un altro interlocutore, la Turchia. Nel documento Dendias fa riferimento alle continue “violazioni del diritto internazionale” operate dalla marina turca nel Mediterraneo orientale e alla “ricerca di un casus belli” contro la Grecia.
    Dichiarazioni che fanno pensare che l’accordo con l’Italia, almeno per la Grecia, è una risposta all’intesa che Erdogan ha raggiunto con il governo dell’ex premier libico al-Sarraj nel 2019, per la creazione di un corridoio economico esclusivo tra Turchia e Libia. Questa delimitazione comprende anche alcuni tratti di mare a largo dell’isola di Creta che Atene rivendica come di propria competenza.

    L’accordo sulla delimitazione dei confini marittimi era stato firmato nel giugno del 2020 e riprendeva i confini di un’intesa siglata già nel 1977, ma negli ultimi 45 anni non erano ancora state individuate le rispettive zone di giurisdizione funzionale

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    La Lituania dichiara lo stato di emergenza sul confine bielorusso. Esercito in stato di allerta per la crisi migratoria

    Bruxelles – Dopo la Polonia, anche la Lituania ha dichiarato lo stato di emergenza in risposta alla crisi migratoria scatenata dal presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. A partire dalla mezzanotte di oggi (mercoledì 10 novembre) e per i prossimi 30 giorni sarà limitato l’accesso ai non-residenti e il movimento di veicoli non autorizzati in un’area larga cinque chilometri lungo il confine sud-orientale con la Bielorussia.
    La misura promossa dalla ministra dell’Interno, Agnė Bilotaitė, è stata approvata nel tardo pomeriggio di ieri (9 novembre) dal Seimas, il Parlamento nazionale, con 122 voti a favore su 141. È la prima volta che in Lituania entra in vigore lo stato di emergenza, da quando il Paese ha dichiarato l’indipendenza dall’Unione Sovietica l’11 marzo del 1990. Oltre al divieto di ingresso nella zona di frontiera per i civili non autorizzati e la possibilità della guardia di frontiera di fare perquisizioni indiscriminatamente, il pacchetto di misure include l’uso di fondi di riserva del governo per rispondere alla crisi e limitazioni dei diritti dei richiedenti asilo già alloggiati nel Paese: per esempio, restrizioni nella comunicazione per iscritto o telefoniche verso l’estero e ilm divieto di assemblea nelle strutture di accoglienza dei migranti a Kybartai, Medininkai, Pabradė, Rukla e Vilnius.
    La ministra dell’Interno, Agnė Bilotaitė, e la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, in vista sul confine tra Lituania e Bielorussia
    “La situazione alla nostra frontiera è stabile e sotto controllo, ma osservando ciò che sta accadendo al confine bielorusso-polacco, dobbiamo essere preparati a diversi scenari“, è stato il commento della ministra dell’Interno. Spiegando la decisione di imporre lo stato di emergenza, Bilotaitė l’ha definita “proporzionata” rispetto alla “minaccia alla sicurezza nazionale e all’ordine pubblico” di un arrivo massiccio di richiedenti asilo dalla Bielorussia. Così come sta accadendo dallo scorso 2 settembre in Polonia, questa misura “ci permetterà di chiudere completamente il confine con la Bielorussia”, ha aggiunto la ministra. L’esercito è stato messo in stato si allerta.
    La scelta della Lituania di dichiarare lo stato di emergenza è arrivata dopo il precipitare della situazione alla frontiera polacca, con l’arrivo di centinaia di migranti (Varsavia parla di oltre 4mila) agevolato dal regime Lukashenko. Da mesi il presidente bielorusso sta utilizzando il flusso irregolare di migranti come “strumento di guerra ibrida” – parole delle istituzioni europee – in risposta alle sanzioni economiche imposte da Bruxelles. Ma nelle ultime settimane la situazione sembra essere sul punto di sfuggire dal controllo delle autorità di frontiera della Polonia. Questa mattina due gruppi di migranti, incalzati dalle forze dell’ordine bielorusse, hanno sfondato la barriera innalzata dall’esercito polacco nei pressi dei villaggi di Krynki e Bialowieza. In risposta, circa 50 persone sono state arrestate per attraversamento illegale del confine.

    A section of the barbed wire fence has been removed. Polish servicemen formed a human shield to cover the hole and are trying to scare migrants off with a helicopter. The crowd is chanting “Germany!” pic.twitter.com/P99Yd9SRdO
    — Tadeusz Giczan (@TadeuszGiczan) November 8, 2021

    È da lunedì (8 novembre) che oltre 12mila militari in assetto antisommossa si stanno opponendo all’ingresso dei richiedenti asilo in arrivo dalla Bielorussia, con scontri in cui sono rimasti feriti anche alcuni bambini. Nei fatti si tratta di pushback, respingimenti di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea: secondo le regole comunitarie, sono pratiche illegali. Nonostante ciò, l’attenzione dell’UE è tutta focalizzata sul sostegno a Varsavia nel proteggere le frontiere (nazionali ed esterne dell’Unione) e sul denunciare “l’aggressione di un regime illegittimo e disperato”, come ha commentato la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson. Bruxelles vuole “evitare una nuova crisi umanitaria alle frontiere” e la priorità più urgente è “porre fine agli arrivi di migranti all’aeroporto di Minsk“, ha aggiunto la commissaria in audizione alla commissione per le Libertà civili (LIBE) del Parlamento UE. A questo scopo “stiamo intensificando i contatti con i Paesi partner” da dove il regime di Lukashenko organizza voli per richiedenti asilo (Iraq, Iran, Siria e Paesi africani della Costa d’Oro).
    Parallelamente, l’UE sta preparando un nuovo pacchetto di sanzioni (il quinto) contro la Bielorussia, per estenderle a individui e organizzazioni che contribuiscono alla strumentalizzazione della migrazione. La discussione è prevista per oggi al Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri (Coreper), mentre alla mini-sessione plenaria del Parlamento UE che si aprirà questo pomeriggio è stata aggiunta in extremis una discussione sulla crisi migratoria al confine tra Polonia e Lituania. Ieri mattina il Consiglio dell’UE ha invece deciso di sospendere parzialmente l’accordo di facilitazioni per l’ottenimento dei visti sul territorio comunitario per chi proviene dalla Bielorussia.

    Con il precipitare della situazione in Polonia, Vilnius ha deciso di introdurre la misura che vieta l’accesso a un’area di 5 chilometri lungo la frontiera e limita i diritti dei migranti già presenti sul territorio nazionale

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    Di Maio illustra alla Segretaria Generale del Consiglio d’Europa il programma della presidenza italiana

    Roma – L’Italia assumerà il prossimo 17 novembre la presidenza di turno del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, l’organizzazione intergovernativa che si propone di promuovere democrazia, stato di diritto e diritti umani in Europa e di realizzare una graduale armonizzazione dei relativi standard. In vista di questo appuntamento, il ministro degli  Esteri, Luigi Di Maio, ha incontrato oggi alla Farnesina la segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić. Lo racconta una nota della Farnesina.
    Luigi Di Maio
    L’ambizioso programma della presidenza italiana, “in linea con le tradizionali tematiche chiave della nostra azione internazionale per la tutela e la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali”, spiega la nota, si concentrerà su priorità quali i diritti delle donne e dei bambini, le politiche giovanili e la lotta contro la violenza di genere. Inoltre, la Presidenza italiana dedicherà particolare attenzione al rilancio e al rafforzamento dei principi e valori fondanti del Consiglio d’Europa, all’impatto dell’Intelligenza Artificiale su diritti umani, democrazia e stato di diritto e alla protezione del patrimonio culturale.
    Nel corso dell’incontro, Di Maio e Pejčinović Burić hanno discusso dei principali dossier che sono al momento al centro dell’attività del Consiglio d’Europa e, precisa la Farnesina, in particolare, dell’importanza di dare piena applicazione alle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

    Dal prossimo 17 novembre spetta a Roma la guida di turno del Comitato dei Ministri dell’oragnismo che raggruppa 47 Stati europei

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    Brexit: le pressioni britanniche per rivisitare il protocollo sull’Irlanda del Nord spaventano Dublino

    Bruxelles – L’Irlanda inizia a pensare a delle “misure di riequilibrio” in caso l’accordo di cooperazione e commercio tra Unione europea e Regno Unito dovesse essere sospeso. Lo ha spiegato Leo Varadkar, ex taoiseach (capo di governo) della Repubblica irlandese, ed attuale ministro del Commercio. Secondo Varadkar “nessuno vuole che l’UE sospenda l’accordo”, ma i recenti dissapori in ambito commerciale tra Londra e Bruxelles potrebbero comunque metterlo a rischio.
    A minacciare l’accordo è soprattutto la possibilità che il Regno unito invochi l’articolo 16 del Protocollo sull’Irlanda del Nord, che fa parte dell’accordo con cui è stata portata a termine la Brexit. Al momento il territorio nordirlandese, pur rimanendo sotto la sovranità di Londra, è equiparato de facto a un Paese membro dell’UE per quel che riguarda il commercio. Lo scopo dell’accordo è quello di fare in modo di garantire un passaggio delle merci il più rapido possibile rapido tra Regno Unito, Irlanda del Nord e resto dell’UE ed evitare l’imposizione di dazi.
    L’articolo in questione, tuttavia, ammette che uno dei contraenti possa introdurre delle “misure di riequilibrio” in caso di “serie difficoltà economiche, sociali o ambientali”. Nè le misure, nè le difficoltà vengono definite all’interno del documento, ma è probabile che attivare l’articolo porterebbe alla sospensione di tutti gli accordi commerciali attualmente in vigore – con la possibilità di generare una “guerra dei dazi” tra un lato e l’altro della Manica.
    L’articolo era stato invocato nel gennaio 2021 dalla Commissione europea per limitare l’export dei vaccini in un momento in cui scarseggiavano per coprire la domanda europea, ma non era stato fatto nessun passo per l’attivazione.
    Adesso sia Boris Johnson sia David Frost, ministro per la Brexit, nel corso degli ultimi negoziati tornano a evocare la possibilità di attivare questa “opzione nucleare”. Per Frost “l’Articolo 16 è una delle opzioni sul tavolo”. Lo scopo dei negoziatori inglesi è ora quello di ottenere concessioni per procedure commerciali semplificate (in entrata e in uscita) con l’Unione, specie in vista dei problemi logistici che affliggono il Paese.
    Secondo l’Irlanda, però, se l’esecutivo di Johnson decidesse di tirare troppo la corda i negoziati potrebbero saltare comunque, anche se l’ipotesi non è quella preferita da nessuno dei contraenti. Eventualità remota, ma a cui Dublino non vuole arrivare impreparata.

    Leo Varadkar, primo ministro irlandese, afferma che il suo paese prepara delle “misure per controbilanciare” in caso l’accordo commerciale tra UE e Regno Unito dovesse saltare come risultato della trattativa sul Protocollo per l’Irlanda del Nord

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    Risoluzione bipartisan al Senato USA: “Sosteniamo l’avvicinamento tra Lituania e Taiwan”

    Bruxelles – “Questa risoluzione vuole dare il messaggio che quando i nostri amici si oppongono alle influenze nocive della Cina, gli Stati Uniti li aiuteranno”. James Risch, senatore repubblicano dell’Idaho, descrive così la risoluzione proposta insieme alla collega democratica Jeanne Shaheen, senatrice del New Hampshire, sulle relazioni tra la Lituania e Taiwan.
    La risoluzione è un testo bipartisan che vuole esprimere il supporto degli Stati Uniti per il nuovo corso delle relazioni tra Vilnius e Taipei, condannando le rappresaglie economiche che la Cina ha messo in atto contro la piccola Repubblica baltica. Si tratta di un testo non vincolante, teso ad esprimere solidarietà ed appoggio internazionale piuttosto che a definire un quadro operativo.

    China is attempting to spread its malign influence across democracies in Eastern Europe, & Lithuania is leading the way in standing up to China’s abuse. I’m proud to lead this bipartisan resolution w/ @SenatorRisch to strengthen U.S. support for Lithuania & Taiwan against China. pic.twitter.com/3rUJONJ0TW
    — Sen. Jeanne Shaheen (@SenatorShaheen) November 7, 2021

    La senatrice ha elogiato le azioni della Lituania, che oggi “indica la via” agli altri Paesi europei sul contrasto alle interferenze della Repubblica popolare in Europa. Insieme all’approfondimento delle relazioni con l’Isola, la risoluzione prende atto (e giudica positivamente) la condanna del parlamento lituano per il trattamento che la Cina sta riservando alla minoranza uigura.
    La Lituania a Taiwan (e viceversa)
    Il 20 luglio scorso il governo lituano aveva reso note le sue intenzioni aprire un “Ufficio di rappresentanza a Taiwan“, con funzioni analoghe (de facto) a quelle di un’ambasciata. La decisione, confermata a settembre dal parlamento, era stata salutata positivamente dall’esecutivo di Taipei, che aveva annunciato l’apertura di un ufficio analogo nel Paese baltico.
    La Cina, che rivendica l’isola come parte del proprio territorio nazionale, aveva reagito duramente, ritirando il proprio ambasciatore da Vilnius e espellendo il rappresentante lituano a Pechino. A questo si era aggiunto lo stop all’esportazione di alcune merci cinesi dirette in Lituania. Anche in quell’occasione non era mancato il supporto americano, segnalato dalla solidarietà del consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Biden, Jake Sullivan.
    L’esecutivo lituano, formato da un tandem tra centrodestra e liberali, è tra quelli che nell’UE supporta più da vicino la causa di Taiwan. Il programma del Partito della libertà, che governa in coalizione con i cristianodemocratici di Tėvynės sąjunga, include un punto relativo al pieno riconoscimento della sovranità della Repubblica di Cina – un unicum in Europa.
    Lo scontro diplomatico con la Cina si è aggravato nel corso del tempo: poco dopo la reazione di Pechino, la Lituania aveva rincarato la dose, spingendo i propri cittadini a fare a meno di alcuni telefoni cinesi di marca Xiaomi e Huawei, i cui software sarebbero stati in grado di censurare i messaggi legati riguardanti l’indipendentismo taiwanese e tibetano.

    A proporre la risoluzione un senatore repubblicano, James Risch, e una senatrice democratica, Jeanne Shaheen, a dimostrazione che Taiwan resta un dossier condiviso tra i rappresentanti politici americani

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    Crisi dei migranti: Il Consiglio sospende le facilitazioni sui nuovi visti dalla Bielorussia

    Bruxelles – Il Consiglio ha deciso di sospendere parzialmente l’accordo di facilitazioni per l’ottenimento dei visti in UE per chi proviene dalla Bielorussia. Si tratta di una misura presa in risposta alle azioni ostili del governo bielorusso, in particolare “l’aver incoraggiato l’immigrazione irregolare per scopi politici” e la “brutale repressione contro tutti i segmenti della società”.
    La decisione non si applicherà a tutti i cittadini bielorussi, ma solo ai funzionari pubblici. Nel pratico saranno sospese le pratiche facilitate per l’ottenimento del visto, tra cui le riduzioni delle tasse per la domanda.
    Il Consiglio si è pronunciato dopo che nella giornata di ieri migliaia di migranti si sono ammassati presso il confine tra Polonia e Bielorussia, cercando di superare le barriere. Secondo il ministero della Difesa di Varsavia, i migranti sono controllati dalle forze bielorusse, che li stanno utilizzando come “arma asimmetrica” per colpire la Repubblica di Polonia.
    Aleš Hojs, ministro degli Interni della Slovenia e attuale Presidente del consiglio Affari interni, ha attaccato duramente il governo di Lukashenko, ribadendo che “è inaccettabile che la Bielorussia giochi con la vita delle persone per scopi politici” e che l’UE continuerà a “contrastare questo attacco ibrido in corso”.

    La decisione del Consiglio di sospendere le facilitazioni sui visti per chi viene dalla Bielorussia si applicherà solo ai funzionari pubblici del Paese ed è una risposta alla crisi migratoria che il governo di Minsk sta utilizzando come “arma asimmetrica”.

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    Ribaltone al governo in Macedonia del Nord, ma l’agenda europea del Paese non cambierà

    Bruxelles – Si entra nella settimana decisiva in Macedonia del Nord per capire in quale direzione andrà la risoluzione della crisi di governo che si è aperta otto giorni fa, dopo il crollo del partito del premier Zoran Zaev alle elezioni amministrative. L’opposizione di destra del Partito democratico per l’unità nazionale macedone (VMRO DPMNE) è pronta a guidare una nuova coalizione, ma il voto anticipato rimane un’opzione realistica.
    “Rimarremo impegnati nell’agenda europea del Paese“, ha assicurato il leader nazionalista Hristijan Mickoski. Lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, crescita economica e sviluppo di un sistema giuridico efficiente: “Queste sono le nostre priorità”, ha aggiunto il presidente di VMRO DPMNE per accreditarsi agli occhi degli osservatori internazionali. Il maggiore partito di opposizione ha annunciato di essere in grado di mettere insieme una nuova maggioranza parlamentare, con l’Alleanza per gli Albanesi, l’estrema sinistra di Levica e il partito di etnia albanese BESA. Con questa coalizione risicata (61 deputati su 120 all’Assemblea Nazionale) Mickoski proverà ad assumere la guida di un nuovo governo. Se dovesse fallire, ha già annunciato che “si andrà quanto prima a elezioni anticipate”.
    In realtà, per il momento il passo indietro del premier Zaev è solo informale. Il presidente della Repubblica di Macedonia, Stevo Pendarovski, non ha ancora ricevuto la lettera di dimissioni e la crisi di governo è rimasta congelata al Parlamento: Mickoski ha annunciato che aspetterà fino alle 14.30 di oggi (lunedì 8 novembre), dopodiché VMRO-DPMNE presenterà una mozione di sfiducia al governo. Non ci si aspetta comunque nessun ripensamento dal premier socialdemocratico, dopo l’annuncio dello scorso 31 ottobre in tarda serata: “Mi prendo la responsabilità dei risultati di queste elezioni, mi dimetto da primo ministro”. Il voto locale ha consegnato l’amministrazione di 42 città su 80 al partito di opposizione di destra, compresa la capitale Skopje, mentre all’Unione socialdemocratica di Macedonia (SDSM) ne sono rimaste solo 16.
    Zaev è al governo dal 2017, confermato anche alle elezioni anticipate del 30 agosto 2020. Tre anni fa era riuscito a raggiungere un accordo con la Grecia per il cambio di nome del Paese, precondizione imposta da Atene per l’adesione alla NATO e all’UE: con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord. Il 27 marzo 2020 Skopje ha fatto ingresso nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (diventandone il 30esimo Paese membro), mentre si è rivelata più complicata la strada per l’accesso all’Unione Europea.
    Dopo lo stallo che si è protratto fino al marzo 2020 in Consiglio per l’opposizione di Francia, Danimarca e Paesi Bassi all’avvio dei negoziati con Macedonia del Nord e Albania, è stata la Bulgaria a porre il veto all’apertura dei quadri negoziali con Skopje per questioni di natura puramente nazionalistica. Da quasi un anno il processo di adesione UE si è bloccato di nuovo e nemmeno il vertice UE-Balcani Occidentali dello scorso 6 ottobre in Slovenia ha portato sostanziali novità per risolvere la crisi tra Macedonia del Nord e Bulgaria.

    La destra nazionalista di VMRO DPMNE proverà a guidare una nuova maggioranza (risicata) all’Assemblea Nazionale, ribadendo le priorità per l’adesione all’UE. Non è da escludere l’opzione delle elezioni anticipate