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    L’UE inizia a ristabilire una “presenza minima” in Afghanistan: “Questo non è un riconoscimento del regime talebano”

    Bruxelles – Sono iniziate le operazioni dell’UE per ristabilire una “presenza minima di personale internazionale” in Afghanistan. Lo ha reso noto Peter Stano, portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) in una dichiarazione alla stampa di Bruxelles.
    Ampiamente annunciata da mesi, questa decisione di Bruxelles risponde alla necessità di “facilitare la consegna degli aiuti e monitorare la situazione umanitaria”, ha specificato Stano. Tuttavia, “la nostra presenza minima a Kabul non deve in alcun modo essere vista come un riconoscimento” del regime talebano, ha sottolineato con forza il portavoce: “Questo è stato chiaramente comunicato anche alle autorità di fatto” nel Paese.
    Una fonte della Commissione ha fatto sapere che la dichiarazione di Stano è stata una reazione a un tweet “leggermente esagerato” da parte dei talebani. Il contenuto incriminato era stato pubblicato ieri sera (giovedì 20 gennaio) sul profilo Twitter del portavoce del regime, Abdul Qahar Balkhi: “Dopo il raggiungimento di un’intesa con i rappresentanti dell’UE in Afghanistan, è stata ufficialmente aperta l’ambasciata con una presenza permanente a Kabul”, specificando che il personale diplomatico “ha iniziato le operazioni sul terreno”.
    A poche settimane dalla conquista del potere in Afghanistan da parte dei talebani il 15 agosto dello scorso anno, era stato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ad affermare che l’Unione Europea non ha “altra possibilità se non impegnarci con i talebani, parlare, discutere e accordarci qualora possibile”, con l’obiettivo di “sostenere chi è rimasto nel Paese”. Per questo motivo le istituzioni comunitarie dovevano iniziare a ragionare su “come impostare una presenza UE a Kabul coordinata dal Servizio europeo per l’azione esterna”. La sede UE nella capitale dell’Afghanistan non è mai stata chiusa in tutti questi mesi: “La nostra delegazione potrebbe essere riattivata se le condizioni di sicurezza saranno garantite”, aveva avvertito Borrell.
    A ottobre si era tenuto a Doha (Qatar) un incontro informale a livello tecnico tra l’UE e i talebani con la mediazione dell’emirato del Golfo, per cercare accordi soprattutto nella gestione della crisi migratoria, mentre la Commissione annunciava un pacchetto di aiuti da un miliardo di euro a supporto dei cittadini dell’Afghanistan e dei Paesi vicini. Poco più di mese dopo era arrivata proprio dal regime talebano la richiesta a Bruxelles di assistenza operativa per garantire il funzionamento degli aeroporti, ritenuta essenziale anche dai rappresentanti dell’UE per facilitare il passaggio sicuro dei cittadini stranieri e afghani che cercano di lasciare il Paese.

    Per Bruxelles la presenza di personale internazionale a Kabul servirebbe solo a “facilitare la consegna degli aiuti UE e monitorare la situazione umanitaria in Afghanistan”, specifica il portavoce Peter Stano

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    Un report dell’ONU conferma che l’allarme bomba sul volo Ryanair dirottato in Bielorussia era “deliberatamente falso”

    Bruxelles – Dopo un’inchiesta approfondita, durata quasi sette mesi, è arrivato il responso dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO): “l’allarme bomba” lanciato da Minsk il 23 maggio dello scorso anno per dirottare il volo Ryanair Atene-Vilnius in Bielorussia è stato “deliberatamente falso”. Lo ha messo nero su bianco l’agenzia delle Nazioni Unite in un report su cui si baseranno le decisioni del Consiglio dell’ICAO nella riunione del 31 gennaio prossimo sulle possibili violazioni del diritto internazionale dell’aviazione da parte della Bielorussia di Alexander Lukashenko.
    Il giornalista e oppositore politico bielorusso Roman Protasevich, arrestato dopo il dirottamento del volo Ryanair su Minsk
    “Durante i controlli prima della partenza ad Atene e dopo varie perquisizioni dell’aereo in Bielorussia e Lituania, non è stata trovata né una bomba né prove della sua esistenza“, è la spiegazione dell’agenzia ONU, che smonta la giustificazione di Minsk di interferire nelle operazioni del velivolo FR4978 del vettore Ryanair. A seguito del dirottamento era stato arrestato il giornalista e oppositore politico bielorusso Roman Protasevich e la compagna Sofia Sapega, che stavano viaggiando in direzione della capitale lituana. A seguito di questi eventi l’Unione Europea aveva imposto la chiusura dello spazio aereo alla compagnia di bandiera bielorussa Belavia e il lancio di sanzioni economiche contro il Paese.
    Secondo la ricostruzione dell’ICAO, l’allarme bomba risulterebbe “deliberatamente falso” anche per una  questione di tempistiche. Nel giro di tre minuti – tra le 11:25 e le 11:28, fuso orario italiano – cinque e-mail erano state inviate agli aeroporti di Vilnius, Atene, Sofia, Bucarest e Minsk (a quello Kiev invece alle 11:34, cinque minuti dopo che il velivolo aveva lasciato lo spazio aereo ucraino). Il testo, uguale per tutte le mail, era attribuito a “soldati di Hamas” che chiedevano il cessate il fuoco da parte di Israele nella Striscia di Gaza e la fine del sostegno da parte dell’UE a Tel Aviv: se non fossero state soddisfatte le richieste “la bomba che abbiamo piazzato sul volo FR4978 esploderà il 23 maggio sopra Vilnius”, causando la morte dei partecipanti del Delphi Economic Forum di ritorno da Atene. L’organizzazione palestinese Hamas ha sempre negato ogni coinvolgimento nella vicenda.
    Non appena il velivolo Ryanair aveva lasciato l’Ucraina, il controllore dello spazio aereo della Bielorussia si era messo in contatto con il comandante del volo, avvertendolo del pericolo e sostenendo che l’informazione era stata ricevuta da “diversi aeroporti”. Il problema è che nel caso di Atene e di Kiev le mail non siano mai state ricevute, mentre tutti gli altri Paesi hanno confermato che le autorità aeroportuali competenti avevano visualizzato il testo solo minuti o ore più tardi. “Non è stato possibile stabilire come il controllore sapesse che le e-mail erano state condivise con diversi aeroporti“, si legge nel rapporto, anche per il fatto che lo stesso responsabile per lo spazio aereo bielorusso “non era disponibile per essere intervistato durante l’indagine conoscitiva” dell’ICAO.
    Il velivolo FR4978 di Ryanair dirottato su Minsk (23 maggio 2021)
    Nonostante la mancanza di spiegazioni, informazioni e supporto da parte della Bielorussia alle indagini sul dirottamento del volo Ryanair con materiale utile (come le registrazioni delle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto di Minsk, o i tabulati telefonici tra le autorità aeroportuali e il controllore dello spazio aereo bielorusso), gli investigatori dell’agenzia ONU non sono riusciti ad attribuire la commissione dell’atto di interferenza illegale “a nessuno Stato”. Sulla base di questo rapporto preparato dal segretario generale dell’Organizzazione, Fang Liu, il Consiglio ICAO presieduto da Salvatore Sciacchitano dovrà ora decidere se e come procedere nei confronti di queste violazioni del diritto internazionale dell’aviazione, in particolare sulla “comunicazione consapevole di informazioni false che mettono in pericolo la sicurezza di un aereo in volo”.
    La leader dell’opposizione a Lukashenko e presidente ad interim della Bielorussia riconosciuta dall’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya, ha sottolineato in un tweet che il rapporto ICAO “mostra che il regime ha cercato di nascondere i fatti sull’incidente”. Dal momento in cui il documento “conferma anche che la verità è dalla parte dei bielorussi, non del dittatore” Lukashenko, l’agenzia ONU “dovrebbe adottare una linea dura per impedire agli autocrati di ripetere tali incidenti” e “la questione deve essere sollevata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.

    The @icao report shows that the regime tried to hide facts about the @Ryanair incident. It also confirms – the truth is on the side of Belarusians, not the dictator. ICAO should take a hard line to prevent autocrats to repeat such incidents. The issue must be raised by the #UNSC. pic.twitter.com/4EliMZhAZd
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) January 19, 2022

    L’indagine dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile conferma che “non c’erano prove” che giustificassero l’azione del 23 maggio 2021. Mancano spiegazioni, ma “non è stata riscontrata interferenza illegale da parte di nessuno Stato”

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    Si stringe la collaborazione tra UE e Stati Uniti per allentare le tensioni con la Russia

    Strasburgo – Si intensifica il coordinamento transatlantico per affrontare una crisi con la Russia di Vladimir Putin che non accenna a risolversi. L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, il segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, e la presidenza di turno polacca dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), si sono confrontati ieri sera (mercoledì 19 gennaio) per trovare una posizione comune sulle minacce portate dalla Russia all’Ucraina e all’Europa in generale.
    Una nota diffusa dal Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) spiega che i quattro partner “hanno discusso dell’impegno militare russo intorno all’Ucraina, così come gli impegni diplomatici bilaterali e internazionali in corso” per tentare di giungere a una de-escalation sul confine orientale. Sottolineata la necessità di “sostenere i principi fondamentali” dell’architettura di sicurezza europea, ma soprattutto di “continuare intense consultazioni per risolvere la situazione attraverso un impegno diplomatico bilaterale e multilaterale“. La strategia è quella di presentare “un fronte transatlantico forte, chiaro e unito”.
    Si spiega così l’invito dell’alto rappresentante UE Borrell al segretario di Stato Blinken a partecipare al Consiglio Affari esteri di lunedì prossimo (24 gennaio) a Bruxelles. La volontà di “rafforzare ulteriormente il coordinamento con gli Stati Uniti e con la NATO” era emersa anche al vertice informale dei ministri UE della Difesa e degli Esteri della settimana scorsa a Brest (Francia), con la richiesta all’alto rappresentante Borrell di portare questa collaborazione al tavolo delle discussioni sulla crisi in atto con la Russia. “Continueremo il nostro impegno negli sforzi diplomatici internazionali in corso e nello stretto coordinamento transatlantico“, ha fatto sapere Borrell su Twitter. “L’UE e gli Stati Uniti rimangono uniti per affrontare le sfide alla sicurezza in Europa”, ha aggiunto.

    I have invited @SecBlinken to join FAC discussions on Russia/Ukraine on Monday. Look forward to continue our engagement on ongoing international diplomatic efforts & continued close transatlantic coordination. The EU & U.S stand together to face challenges to security in Europe.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) January 19, 2022

    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, ha invitato il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, a partecipare al prossimo Consiglio Affari esteri a Bruxelles: in agenda le soluzioni per risolvere la crisi sul fronte orientale

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    La Macedonia del Nord ha un nuovo governo: tra le priorità c’è sempre l’integrazione nell’Unione Europea

    Bruxelles – Si è insediato un nuovo governo in Macedonia del Nord, che mette fine a una crisi di governo lunga due mesi e mezzo. L’Assemblea nazionale ha votato la fiducia al governo presieduto da Dimitar Kovačevski, economista 47enne laureato ad Harvard e leader dell’Unione socialdemocratica di Macedonia (SDSM).
    Kovačevski ha ricevuto il testimone dall’ex-premier, Zoran Zaev, che un mese fa gli aveva lasciato anche la leadership del partito socialdemocratico. Sui 123 membri della Sobranie (il Parlamento macedone), 62 deputati hanno votato a favore, 46 contro e 15 non hanno partecipato al voto di fiducia a un governo di coalizione tra SDSM, il partito della minoranza albanese Unione Democratica per l’Integrazione (DUI) e i conservatori europeisti di Alternativa. Nell’intervento in Aula, il premier Kovačevski ha elencato le priorità del suo programma: ripresa economica, lotta alla pandemia COVID-19, crisi energetica e integrazione nell’Unione Europea.
    Proprio da Bruxelles sono arrivate le congratulazioni al nuovo governo della Macedonia del Nord, che si pone in linea di perfetta continuità con il precedente guidato dall’europeista Zaev. “Non vedo l’ora di lavorare con il governo Kovačevski per portare avanti le riforme legate all’UE“, ha commentato su Twitter la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Le ha fatto eco il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, che ha fissato i punti in agenda nelle relazioni tra Skopje e Bruxelles: “Stato di diritto, lotta al crimine organizzato e alla corruzione e sostegno allo sviluppo economico e alla ripresa”.
    Domani (martedì 18 gennaio) sarà in visita nella capitale macedone il nuovo primo ministro bulgaro, Kiril Petkov, che negli ultimi mesi ha lanciato segnali distensivi sulla questione del veto di Sofia all’apertura dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord. Per il premier Kovačevski si tratterà del primo appuntamento ufficiale da quando è in carica. Un buon auspicio secondo la leader dell’esecutivo comunitario: “Accolgo con favore il suo impegno fondamentale per le relazioni di buon vicinato”, ha aggiunto su Twitter.

    🇲🇰 Congratulations to Prime Minister Kovachevski! 
    I look forward to working with your Government to drive forward EU-related reforms.
    I welcome your key commitment to good neighbourly relations.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) January 17, 2022

    Il Parlamento macedone ha votato la fiducia al nuovo premier socialista Dimitar Kovačevski: il suo esecutivo proseguirà sulla strada europeista tracciata da Zoran Zaev e il dialogo con la Bulgaria sul veto ai negoziati UE

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    Serbia, adesione UE più vicina: approvate alcune delle riforme costituzionali richieste dall’Unione

    Bruxelles – La Serbia prosegue lungo il cammino di adesione all’UE e con un referendum sulle riforme costituzionali in materia di nomine del sistema giudiziario cerca di allinearsi agli standard richiesti dall’Unione. Gli elettori serbi hanno approvato ieri (domenica 16 gennaio) i 29 emendamenti della Costituzione nazionale sulle nomine di giudici e procuratori, che non saranno più decise dall’Assemblea nazionale ma da un Consiglio superiore della magistratura.
    Secondo i risultati annunciati nella tarda serata di domenica, si è espresso a favore della riforma giudiziaria il 61,84 per cento degli elettori che si sono recati alle urne. L’affluenza si a fermata al 30,6 per cento, ma da novembre dello scorso è stato abolito il quorum del 50 per cento degli aventi diritto al voto. Oltre alla questione delle nomine dei componenti del sistema giudiziario, le riforme costituzionali prevedono anche  l’istituzione di organi di controllo sugli istituti giudiziari e una riduzione dei tempi dello svolgimento dei processi.
    La riforma giudiziaria è stata voluta dal governo presieduto da Ana Brnabić per avvicinare la Serbia agli standard UE sullo Stato di diritto. Da anni Bruxelles chiede a Belgrado che le nomine di giudici e procuratori siano sottratte dall’influenza politica e questo tema è al centro delle conferenze intergovernative che si sono aperte il 23 giugno 2021. In una nota pubblicata venerdì scorso (14 gennaio), le ambasciate di Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea avevano definito il referendum “un passo fondamentale” sia per rafforzare l’indipendenza e la trasparenza del potere giudiziario, sia per “l’allineamento della Serbia agli standard europei”, che andranno a “sostenere il processo di adesione all’UE”.
    “Accolgo con favore questo importante passo e l’impegno nel percorso verso l’UE”, ha commentato su Twitter il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. Il membro della Commissione Europea al centro delle polemiche a Bruxelles per il suo presunto coinvolgimento nella crisi istituzionale in Bosnia ed Erzegovina ha aggiunto che “continueremo a lavorare con le autorità serbe sull’ambizioso programma” di riforme costituzionali, “facendo progredire l’integrazione della Serbia nell’Unione Europea”.

    #Serbia: In today’s referendum voters supported the change of the Constitution to reinforce judicial independence. I welcome this important step & commitment to #EU path. We will continue to work with Serbian authorities on ambitious reform agenda, advancing EU integration.
    — Oliver Varhelyi (@OliverVarhelyi) January 16, 2022

    Ma oltre confine, in Kosovo, è stato un fine settimana di grandi tensioni politiche, proprio a causa del referendum sulle riforme costituzionali della Serbia. L’Assemblea di Pristina ha approvato venerdì una risoluzione in otto punti contro la possibilità che i cittadini kosovari di etnia serba potessero recarsi alle urne sul territorio del Kosovo, dal momento in cui sarebbe stata “incostituzionale” e avrebbe violato la sovranità del Paese. La richiesta di aprire centri elettorali in Kosovo era arrivata dal governo serbo ed era stata avallata dall’UE: “L’UE si rammarica che non sia stato possibile trovare un accordo con il governo del Kosovo che permetta all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) di raccogliere le schede elettorali in Kosovo, secondo la prassi passata”, si legge in una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE).
    Da Pristina non era arrivata nessuna concessione e il governo guidato da Albin Kurti aveva ribadito che gli elettori con doppia cittadinanza fossero liberi di votare per posta o sul suolo serbo. I serbi del Kosovo hanno protestato nel nord del Paese – dove sono in maggioranza – ma non sono stati segnalati incidenti. La disputa sul voto in Kosovo per il referendum sulle riforme costituzionali della Serbia è un nuovo tassello nella tensione crescente tra Pristina e Belgrado, che l’Unione Europea sta cercando di risolvere attraverso una mediazione che dura da più di 10 anni. “Chiediamo ai governi del Kosovo e della Serbia di astenersi da azioni e retoriche che aumentano le tensioni e di impegnarsi in modo costruttivo nel dialogo facilitato dall’UE“, avevano aggiunto gli ambasciatori occidentali, ricordando che “è importante che entrambi i governi compiano progressi verso un accordo globale che sblocchi la prospettiva dell’UE e aumenti la stabilità regionale”.

    Serbia: Joint Statement by 🇪🇺🇫🇷🇩🇪🇮🇹🇺🇸🇬🇧 on the upcoming referendum, also recalling the rights of Serbs in Kosovo in this context. https://t.co/mxqIvEZey7
    — Peter Stano (@ExtSpoxEU) January 14, 2022

    Via libera dal referendum sulla riforma giudiziaria, che prevede 29 emendamenti alla Costituzione in materia di nomine del sistema giudiziario. Il Kosovo ha negato l’apertura di centri di voto per i cittadini di etnia serba sul territorio nazionale

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    L’UE respinge i tentativi della Russia di ricostituire sfere d’influenza in Europa: “Non si può tornare indietro nel tempo”

    Bruxelles – Si alza la tensione tra Russia e Occidente sulla crisi in Ucraina e l’UE cerca di sfruttare il momento per definirsi come un attore credibile sulla scena globale. “Rigettiamo i tentativi russi di ricostituire sfere di influenza in Europa, non possiamo tornare indietro nel tempo“, ha sottolineato con forza l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, al termine della due-giorni di vertici dei ministri della Difesa e degli Affari esteri a Brest (Francia).
    Già ieri (giovedì 13 gennaio) l’alto rappresentante aveva spiegato ai giornalisti che era in corso “una discussione sull’architettura della sicurezza europea”, dal momento in cui la Russia rappresenta per l’UE “una minaccia su diversi fronti”, a partire dal confine orientale dell’Ucraina. “Siamo in un momento critico, in cui dobbiamo agire come un attore geopolitico e rispondere direttamente a ogni aggressione”, è stato il monito di Borrell, anche se “il nostro approccio è sempre il dialogo e i negoziati“. Come confermato anche dal ministro francese per gli Affari esteri e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Jean-Yves Le Drian, “da tutti i Paesi membri è stata accolta con determinazione e unità la necessità di una ferma dissuasione contro la minaccia più grave nella regione“.
    L’UE rimane al fianco dell’Ucraina e dei Paesi dell’Europa orientale “minacciati dalla Russia” e continua a chiedere a Mosca una de-escalation lungo i suoi confini occidentali. In caso contrario “ci prepareremo a nuove sanzioni economiche in coordinazione con i partner”, ha ribadito l’alto rappresentante Borrell nel corso della conferenza stampa. La realtà dei fatti è che, nonostante i tentativi di dialogo portati avanti durante questa settimana, la Russia non sembra intenzionata a impegnarsi in un confronto diplomatico con l’Occidente e con tutta probabilità è dietro all’attacco informatico avvenuto stanotte ai danni di diversi siti di ministeri e agenzie governative ucraini. Borrell ha messo in chiaro che “queste azioni cercano di destabilizzare il Paese e di aumentare la tensione”: Kiev ha comunque reagito “velocemente” e ha “parzialmente ristabilito il funzionamento” dei siti governativi. Da Bruxelles è stata offerta assistenza tecnica “se richiesta”.
    Un ultimo punto toccato dall’alto rappresentante UE è stato il coordinamento “eccellente” con la NATO e gli Stati Uniti nella risposta alla Russia: “Sono estremamente sodisfatto del rapporto che si è rafforzato, nonostante i tentativi di Mosca di dividerci“. Ora l’obiettivo è “mettere in chiaro le priorità del prossimo decennio”, gli ha fatto eco il ministro francese, a partire dalla Bussola strategica per la sicurezza e la difesa, da approvare entro marzo: “È il nostro libro bianco per la sovranità e la sicurezza europea”, ha concluso Le Drian.

    Nel corso del vertice informale dei ministri UE degli Affari esteri a Brest è stata ribadita la necessità di una “ferma dissuasione” di Mosca contro gli attacchi all’Ucraina e alla sicurezza del continente

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    Attacco informatico ai siti ufficiali del governo dell’Ucraina. Borrell: “L’UE offrirà assistenza tecnica”

    Bruxelles – La crisi in Ucraina si allarga allo spazio digitale. Nella notte tra giovedì e venerdì (13-14 gennaio) diversi siti di ministeri e agenzie governative ucraini (tra cui quello degli Affari esteri, dell’Istruzione e della Scienza e del Servizio per le situazioni di emergenza) sono stati colpiti da un attacco informatico ancora non rivendicato, ma in concomitanza con un’escalation di tensione nelle ultime settimane al confine occidentale con la Russia.
    Dopo l’attacco informatico, il sito ufficiale del governo dell’Ucraina è stato ripristinato, mentre appaiono ancora irraggiungibili tutte le altre pagine web colpite. Questa mattina il sito del ministero degli Esteri mostrava un messaggio in lingua ucraina, russa e polacca: “Ucraini! Tutti i vostri dati personali sono stati cancellati e sono impossibili da ripristinare. Tutte le informazioni su di voi sono diventate pubbliche, abbiate paura e aspettatevi il peggio”.
    Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa AFP, il servizio di sicurezza del governo ucraino ha fatto sapere che non si è verificata nessuna fuga di dati personali. La polizia informatica è già sul caso e i primi sospettati sono i gruppi di hacker russi, che negli ultimi anni sono già stati responsabili di diversi attacchi informatici in Ucraina (e anche in Germania, poche settimane prima delle elezioni federali del 26 settembre 2021).
    In risposta all’attacco informatico “l’Unione Europea sta mobilitando tutte le sue risorse per offrire supporto all’Ucraina“, ha commentato l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, a margine della chiusura del vertice informale dei ministri UE per gli Affari esteri a Brest (Francia). “Abbiamo convocato una riunione d’emergenza degli ambasciatori del comitato politico e di sicurezza dell’UE per capire quale assistenza tecnica si può fornire all’Ucraina”, ha aggiunto Borrell, che ha sottolineato che “l’attacco informatico merita una condanna dell’Unione Europea”.
    Ieri (giovedì 13 gennaio) il Consiglio dell’UE ha deciso di prorogare per altri sei mesi le sanzioni contro alcuni settori economici della Russia per la crisi in Ucraina, fino al 31 luglio 2022. Proprio da Mosca ieri invece è arrivata una parziale chiusura ai colloqui con la NATO ripresi questa settimana, che sarà definitiva nel caso in cui anche gli Stati Uniti adotteranno misure restrittive contro la Russia: “Non vediamo altri motivi per portare avanti il dialogo con l’Occidente”, ha tagliato corto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

    Un cyberattacco ancora non rivendicato ha colpito i siti web di ministeri e agenzie governative ucraini. L’alto rappresentante UE Borrell comunica che “è stato convocata una riunione d’emergenza degli ambasciatori”

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    Prorogate fino a luglio le sanzioni economiche contro Mosca per la crisi in Ucraina

    Bruxelles – Il Consiglio dell’UE ha deciso oggi (13 gennaio) di prorogare per altri sei mesi, fino al 31 luglio 2022, le sanzioni contro alcuni settori economici della Russia per la crisi in Ucraina. La decisione assunta oggi segue la valutazione che i capi di Stato e governo hanno fatto all’ultimo Consiglio Europeo del 16 dicembre sull’attuazione degli accordi di Minsk da parte di Mosca per la pace in Ucraina orientale.
    Il Consiglio dell’UE ricorda in una nota che le sanzioni sono state introdotte la prima volta a luglio 2014, “in risposta alle azioni della Russia di destabilizzazione della situazione in Ucraina”, con l’annessione della penisola di Crimea. Limitano l’accesso ai mercati dei capitali primari e secondari dell’UE per alcune banche e società russe e vietano forme di assistenza finanziaria e di intermediazione nei confronti delle istituzioni finanziarie russe. Stop anche all’importazione, l’esportazione o il trasferimento diretto o indiretto di tutto il materiale che riguarda il comparto della difesa. Le misure restrittive limitano inoltre l’accesso russo ad alcune tecnologie sensibili che possono essere utilizzate nel settore energetico, ad esempio, nella produzione e nell’esplorazione del petrolio.

    La decisione del Consiglio dell’UE fa seguito all’ultima valutazione dei capi di Stato e governo al Vertice europeo di dicembre sull’attuazione degli accordi di Minsk da parte di Mosca