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    Gas e petrolio russi, il Consiglio affari esteri ufficialmente non parlerà di embargo

    Bruxelles – Gas e petrolio russi, il Consiglio affari esteri ufficialmente non parlerà di embargo ai principali prodotti energetici di cui l’Unione europea è fortemente dipendente. In occasione della riunione dei 27 ministri degli Esteri di lunedì (11 aprile) il tema “non sarà sul tavolo”, fanno sapere fonti UE, nonostante il voto dell’Europarlamento che solleva il tema e nonostante la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, abbia espressamente detto proprio in Aula che dopo le misure contro il carbone al centro del quinto pacchetto di sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina è ora tempo di iniziare a ragionare sul petrolio.
    Eppure l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, nell’agenda dei lavori che pure prevede la questione ucraina tra i temi di confronto, ha deciso di non inserire la discussione di una stretta sugli acquisti di gas e petrolio. Una scelta per certi versi a sorpresa, che però non sorprende del tutto. Tra i Ventisette c’è chi dipende in maniera molto più forte di altri dalle risorse fornite da Mosca e dalle sue controllate. E’ soprattutto il quadrante orientale – Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia, Bulgaria – ad essere più esposto, e quindi colpita, da un eventuale stop agli acquisti. “Su gas e petrolio servirà comunque l’unanimità, tra Paesi che hanno dipendenze energetiche diverse“, riconoscono le stesse fonti, che non nascondono la complessità delle decisioni da prendere e la delicatezza del tema. “Ci sono difficoltà tecniche e politiche” sull’argomento. Dunque, meglio non parlarne, per evitare spaccature e tensioni che possano offrire l’immagine di un’Europa fin qui unita e decisa nella risposta all’invasione della Russia.
    Si gioca la carta delle tempistiche per giustificare la scelta di tenere fuori sul tavolo le questioni di gas e petrolio. “E’ stato appena approvato un quinto pacchetto di sanzioni, molto sostanzioso”. Troppo presto, in sostanza, per iniziare a ragionare su un sesto set di misure restrittive”. Però il senso di necessità di intervento è avvertito, come l’irritazione per chi ancora punta i piedi. “E’ un fatto che i Paesi che pagano per petrolio e gas russo danno forza economica a Putin“, si ragiona a denti stretti tra gli addetti ai lavori.
    Sarebbe nell’interesse di Borrell e dell’Unione un’accelerazione sull’argomento, ma certo è che bisogna tenere conto della fattibilità della cosa. Le ripercussioni economiche potrebbero essere di forte entità, specie tra i membri del club a dodici stelle che maggiormente hanno bisogno dell’energia russa per il proprio sistema produttivo. Ad ogni modo “trattandosi di un dibattito politico, non escludiamo che qualcuno possa sollevare il tema” durante i lavori di lunedì.
    Se il Consiglio affari esteri ufficialmente non parlerà di embargo al petrolio e al gas di Russia, emerge l’eventualità che il punto sarà discusso in via informale. A ben vedere questa potrebbe essere la soluzione migliore per evitare imbarazzi in caso di divergenze di vedute, su un tema ufficialmente non all’ordine del giorno e per cui, proprio per questo, non sono attese conclusioni. La parola ai ministri. A Bruxelles comunque ribadiscono: “Non se ne parlerà”. Non ufficialmente, almeno.

    Nell’agenda dei lavori non risulta il punto. “Non sarà sul tavolo”, confermano fonti. Possibile un dibattito su richiesta, a questo punto informale, su un argomento divisivo

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    Come un assenso fatto di silenzio ha reso possibile Bucha

    Pubblichiamo, tradotto da noi, questo intervento di Andrei Kolesnikov uscito sul sito di Carnegie in inglese. 
    La conoscenza di ciò che era accaduto ad Auschwitz fu un campanello d’allarme per il pubblico tedesco del dopoguerra, che non aveva voluto saperne nulla mentre la guerra era in corso. Dal 24 febbraio anche il pubblico russo si è rifiutato di sapere qualcosa, barricandosi dal mondo dietro la lettera Z – che in Russia è diventata un simbolo della guerra – come un crocifisso che potrebbe scongiurare il male.
    Non c’è certezza che la conoscenza di ciò che sta accadendo nelle città ucraine di Mariupol e Bucha sarà un campanello d’allarme per i russi che li costringerà a pensare alla pace in termini di pentimento. Nonostante l’affermazione di Theodor Adorno secondo cui dopo Auschwitz scrivere poesie era diventato impossibile, dopo Auschwitz e i massacri di ebrei di Babi Yar da parte dei nazisti in Ucraina, è stata scritta molta buona poesia. Dopo il bombardamento di Guernica da parte della Legione Condor della Germania nazista nel 1937, Picasso ha prodotto il suo dipinto iconico con lo stesso nome. Dopo Mariupol, i talk show sui canali della TV di stato russa continuano a vomitare odio in tutto il resto del mondo.
    ANDREI KOLESNIKOV
    La tragedia di una nazione che ha rivendicato a priori l’ideologia del putinismo è che in Russia non ci sarà nessuno a pentirsi per Mariupol. Lo storicismo del putinismo, il suo focus ideologico sul passato e sull’imbiancare le pagine più oscure della storia del Paese, conosce solo eroi, non vittime. Di conseguenza, il culto della vittoria della Russia nella seconda guerra mondiale non si è trasformato in una lezione su come evitare la guerra, ma in un culto della guerra stessa. Le lezioni della storia sono state distorte, capovolte, degradate e trasformate in agitprop.
    L’ideologia putinista è del tutto priva di qualsiasi contenuto positivo. Non ha obiettivi positivi o un’immagine del futuro desiderato. L’intera identità dei putinisti si basa su qualcosa di negativo, e il militarismo ne è una parte importante. Sotto questo tipo di ideologia, un eroe non è Yury Gagarin, il primo uomo nello spazio, ma un delinquente senza nome chiamato “Motorola”, il combattente russo del Donbas. Qualcuno che, invece di aprire la strada a un futuro umanistico, ci ha riportato in un passato arcaico, completo di trincee, sangue, pidocchi e omicidi.
    Uccisioni e violenze vengono eroicizzate. Le principali istituzioni ch normalmente richiamano la fiducia stanno diventando istituzioni di violenza: l’esercito e la polizia segreta dell’FSB. E tutto questo è benedetto dalla Chiesa ortodossa russa ufficiale. Se in epoca sovietica la distruzione per il bene di obiettivi elevati era sanzionata dal dipartimento della propaganda del comitato centrale del Partito Comunista, ora lo fa la Chiesa.
    Un’ideologia che coinvolge l’idea di una nazione russa unificata che includa anche gli ucraini ha ucciso quell’idea, avendo creato un’identità negativa per gli ucraini. Dopo Bucha e Mariupol, non ci potrà mai più essere una nazione unificata. E i russi porteranno lo stigma di coloro che hanno permesso al putinismo di realizzarsi e che lo hanno sostenuto.
    IL SILENZIO COME COMPLICITÀ
    Ora si pone la questione della colpa e della responsabilità, inclusa la colpa collettiva e la responsabilità per quanto accaduto tra Ucraina e Russia. Per il fatto che la Russia è stata ricacciata nello stesso stato morale degli anni più repressivi e paranoici del terrore stalinista, quando denunciare un’altra persona era considerata una virtù e un dovere, quando il nero era bianco. Per il fatto che la Russia sta attraversando una catastrofe antropologica.
    I normali sentimenti per un normale cittadino della Federazione Russa, non un soggetto di Vladimir Putin, sono un terribile inferno interiore di orrore e vergogna. Vergogna per quello che ha fatto Putin, e per la testarda ostinazione con cui molti dei nostri connazionali lo sostengono, profanando così il concetto stesso di patriottismo. La maggioranza, guidata dallo squadrone della morte femminile guidato dalle portavoce dei media statali Olga Skabeyeva e Margarita Simonyan e dalla portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, non si vergogna. Al contrario, sono allegri. La minoranza si vergogna, sia per se stessa, sia per queste cheerleader della morte.
    Queste stesse emozioni furono provate da persone che conservarono la capacità di pensare, dubitare e provare compassione nel 1968, quando i carri armati sovietici arrivarono a Praga durante l’invasione della Cecoslovacchia. Allora, proprio come adesso, anche le persone venivano detenute e condannate semplicemente per aver aperto un cartello. La Russia di Putin, tuttavia, ha lasciato l’era Breznev nella polvere in termini di numero di vittime e arresti.
    Nel 1968, la dissidente Larisa Bogoraz partecipò a una manifestazione sulla Piazza Rossa di Mosca contro l’invasione. Nella sua dichiarazione finale al processo nell’ottobre di quell’anno, ha detto qualcosa di molto importante che è rimasto rilevante per molti anni a venire, ed è importante ancora una volta oggi: “Per me non bastava sapere che non avevano la mia voce a sostenerli. Per me importava che non sentissero la mia voce contraria… Se non l’avessi fatto [rivendicò il 25 agosto 1968], mi sarei ritenuta responsabile di quelle azioni del governo, così come tutti i cittadini maggiorenni del nostro Paese sono responsabili di tutte le azioni del nostro governo”.
    In una Russia libera e democratica, gli scolari avrebbero dovuto imparare a memoria queste parole e il 25 agosto avrebbe dovuto essere celebrato come l’anniversario del risveglio della coscienza nazionale. Invece, gli scolari vivono in una Russia diversa: quella in cui la verità viene derisa come una falsa e dove a quei bambini viene insegnato a denunciare i “traditori nazionali”.
    Dopo essere stata bruscamente interrotta dal giudice, Bogoraz ha continuato: “C’era un’altra considerazione che avevo contro l’andare alla manifestazione… Quella era l’inutilità pratica della manifestazione, che non avrebbe cambiato il corso degli eventi. Ma alla fine ho deciso che per me non si trattava di cosa avrebbe fatto di buono, ma della mia responsabilità personale”.
    Allo stesso modo, il cantautore dissidente sovietico Alexander Galich ha cantato: “Quante volte siamo stati in silenzio in vari modi – e non ‘contro’, ovviamente, ma ‘per’”. Per lui, il silenzio, proprio come nell’interpretazione di Bogoraz, è complicità con il azioni del regime.
    IL CIECO CHE GUIDA IL CIECO
    Secondo la logica di Larisa Bogoraz, quindi, coloro che approvano o tacciono hanno, come minimo, la responsabilità collettiva di ciò che sta accadendo nel proprio Paese e di ciò che lo Stato sta facendo. E questa, molto probabilmente, è la differenza tra colpa collettiva e responsabilità collettiva: qualcosa di cui la filosofa Hannah Arendt ha scritto molto nel suo lavoro sulla responsabilità dei tedeschi dopo la seconda guerra mondiale.
    “Nella Germania del dopoguerra… il grido ‘Siamo tutti colpevoli’ che a prima vista suonava così nobile e allettante in realtà è servito solo a discolpare in misura considerevole coloro che erano effettivamente colpevoli. Dove tutti sono colpevoli, nessuno lo è”, ha scritto la Arendt nel suo articolo “Responsabilità collettiva”, tracciando un confine tra responsabilità politica (collettiva) e colpa morale e/o legale. Il che non è assolvere il popolo tedesco dalla responsabilità per quello che è successo.
    Tutto questo deve ancora venire per il popolo russo, che è già equiparato ai tedeschi degli anni ’30 e ’40 agli occhi dell’opinione pubblica in gran parte del mondo (non solo in Occidente). Nella ricerca della “denazificazione”, hanno acquisito l’infamia dei “nazificatori”.
    In situazioni estreme, come le “operazioni militari speciali” di Putin, qualsiasi silenzio è a favore, non contro. Questo è il caso della responsabilità collettiva. Per questo la maggioranza, la cosiddetta opinione pubblica, non vuole credere ai “falsi” (cioè alla verità) e giustifica le azioni di Putin.
    La conformità passiva non è meno terribile della conformità attiva e aggressiva. La mancanza di responsabilità collettiva (“non ha nulla a che fare con me”) dà origine alla responsabilità collettiva. È cecità collettiva volontaria. La nazione segue Putin come il cieco che guida il cieco. Quando una nazione diventa cieca, sorda e muta, Mariupol e Bucha diventano possibili.
    UNA GLEICHSCHALTUNG GENERALE
    Questo è ciò che in epoca nazista veniva chiamato Gleichschaltung: il vile adattamento della gente comune al regime politico in cui vive. Il filosofo tedesco Jürgen Habermas lo ha descritto come il “passaggio volontario all’ideologia prevalente”. Il concetto ha caratterizzato la coscienza di massa della nazione dal 1933, quando Hitler divenne cancelliere. Un fenomeno simile fu visto sotto Stalin e negli anni crepuscolari dell’Unione Sovietica.
    Gleichschaltung spiega gli ultimi sondaggi, che mostrano che l’80 per cento dei russi sostiene “l’operazione militare speciale” del proprio Paese. Non tutti coloro che hanno affermato di sostenerlo supportano davvero i combattimenti, la distruzione e le uccisioni, ovviamente. Ma dicendo che lo fanno, si sono uniti al silenzioso “per”, quindi dobbiamo prendere sul serio questi numeri.
    Ne ha parlato anche Larisa Bogoraz nella sua dichiarazione finale in tribunale: “Il pubblico ministero ha concluso il suo intervento suggerendo che la sentenza che chiede sia approvata dall’opinione pubblica… Non dubito che l’opinione pubblica approverà questa sentenza, così come ha già approvato sentenze simili, poiché approverebbe qualsiasi sentenza … L’opinione pubblica approverà un verdetto di colpevolezza, in primo luogo perché le saremo presentati come parassiti, come eretici e trasmettitori di un’ideologia nemica. E in secondo luogo, se qualcuno ha un’opinione diversa da quella ‘pubblica’ e trova il coraggio di esprimerla, presto si ritroverà dove sono io”.
    Se una nazione non si ferma mai a pensare a cosa le è successo e a cosa è stato fatto con il suo consenso, troverà migliaia di modi per giustificarlo. Di quello che ha chiamato “l’uomo della mafia”, la Arendt ha scritto: “quando la sua occupazione lo costringe ad uccidere persone, non si considera un assassino perché non lo ha fatto per inclinazione ma per capacità professionale. Per pura passione non farebbe mai del male a una mosca”, ha scritto nel suo articolo “Colpa organizzata e responsabilità universale”.
    Questo spiega sia la manifestazione allo stadio Luzhniki di Mosca a sostegno della guerra, sia le scene a Bucha, così come l’80 per cento delle persone che sostengono la guerra o tacciono. “Non ha niente a che fare con noi”. “Questo è solo il modo in cui le cose hanno sempre funzionato”. “Ci è stato detto che lì ci sono nazisti”. “Stavamo solo eseguendo gli ordini.” “Avevamo paura di perdere il lavoro”. “Avevamo un mutuo da pagare”.
    E in effetti, non c’era niente che potessero fare. Perché hanno volontariamente rinunciato alle libere elezioni e alla democrazia: uno strumento per mantenere la coscienza della nazione e garantire l’efficienza dell’amministrazione. Perché hanno smesso di pensare e hanno fatto infiniti compromessi. E quei compromessi finirono nel disastro di un generale Gleichschaltung.

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    È stato siglato un accordo tra operatori telefonici per rendere gratuite (o più accessibili) le chiamate tra UE e Ucraina

    Bruxelles – Un accordo per andare incontro alle esigenze umane dei profughi ucraini nell’Unione Europea. È stata firmata oggi (venerdì 8 aprile) una dichiarazione congiunta tra 27 operatori di telecomunicazioni per garantire la gratuità – o quantomeno l’accessibilità dei prezzi – delle chiamate e del roaming tra UE e Ucraina, per aiutare i profughi che sono fuggiti dalla guerra scatenata dalla Russia a rimanere in contatto con amici e familiari che sono rimasti nel Paese. Nell’accordo patrocinato da Commissione e Parlamento Europeo compaiono anche TIM, Vodafone, il gruppo 3, Iliad e Fastweb, insieme ad altri 19 colossi europei e tre operatori ucraini (Kyivstar, lifecell e Vodafone Ukraine).
    Sono circa 4 milioni i profughi che nelle ultime sei settimane hanno trovato rifugio nei Paesi membri dell’UE (in particolare in Polonia, Romania, Ungheria e Slovacchia), anche grazie al notevole sforzo di accoglienza messo in piedi dal gabinetto guidato da Ursula von der Leyen. “Di fronte a questa crisi umanitaria crescente, è essenziale che i rifugiati ucraini abbiano accesso alla connettività a prezzi accessibili“, si legge nella dichiarazione congiunta, che si pone anche l’obiettivo di “garantire l’accesso a informazioni affidabili attraverso Internet”.
    A partire da oggi la dichiarazione è aperta a tutti gli operatori che desiderano firmarla e si applica per i prossimi tre mesi: a inizio luglio sarà rivista per considerare l’evoluzione della situazione in Ucraina. Nello specifico, l’impegno volontario prevede l’abbassamento delle tariffe all’ingrosso per il roaming che gli operatori si addebitano a vicenda, per consentire le chiamate internazionali con l’Ucraina. Questa misura minimizzerà i costi aggiuntivi sia per gli operatori dell’UE sia per quelli ucraini, permettendo di coprire i rispettivi costi, ma soprattutto di trasferire i benefici agli utenti finali.
    Soddisfazione da parte delle istituzioni UE sulla decisione degli operatori telefonici, che implica la rinuncia (o l’abbattimento) delle tariffe internazionali per le chiamate con l’Ucraina e dei supplementi di roaming: “È un’ancora di salvezza in tempi di crisi, ecco perché sosteniamo queste iniziative che possono fare una reale differenza”, ha commentato la vicepresidente della Commissione UE per il Digitale, Margrethe Vestager. Le ha fatto eco la relatrice del Parlamento UE sul nuovo regolamento sul roaming, Angelika Winzig (PPE): “Abbassando i massimali all’ingrosso, gli operatori ucraini possono offrire più facilmente il roaming gratuito all’interno dell’UE ai loro clienti, in modo che nessun ulteriore onere finanziario cada su di loro in questi tempi difficili“, ha sottolineato l’eurodeputata austriaca.
    Tra le altre azioni intraprese in queste settimane dagli operatori telefonici con sede nell’UE c’è anche la distribuzione gratuita di milioni di schede SIM ai rifugiati in arrivo dall’Ucraina, con la possibilità di fare chiamate internazionali gratuite. Alcuni hanno già abilitato il roaming gratuito, oppure hanno fornito una rete WiFi senza e ricariche telefoniche nelle aree di confine e nei rifugi per sfollati. Parallelamente, gli Stati membri UE possono utilizzare i fondi europei per finanziare il miglioramento dell’accesso ai servizi essenziali di comunicazione per i rifugiati ucraini. Per esempio, il Fondo sociale europeo (FSE) può essere sfruttato per offrire buoni per l’acquisto di carte SIM e abbonamenti, mentre il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) può andare a sostegno di infrastrutture e attrezzature tecnologiche.

    Ci sono anche TIM, Vodafone, 3, Iliad e Fastweb nella dichiarazione congiunta patrocinata da Commissione e Parlamento UE tra le 27 compagnie europee e ucraine che hanno deciso di aiutare i profughi a restare in contatto con le proprie famiglie

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    Von der Leyen e Borrell sono arrivati a Bucha: “Qui è successo l’impensabile, l’umanità è andata in frantumi”

    Bruxelles – “Qui è successo l’impensabile, abbiamo visto l’umanità andare in frantumi”. Con queste parole la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha commentato la sua visita a Bucha, città di circa 35 mila abitanti nella regione di Kiev, dove domenica scorsa (3 aprile) sono state scoperte le scene agghiaccianti del massacro di civili ucraini commesso dall’esercito russo nei territori occupati dal 24 febbraio scorso.
    “A Bucha abbiamo visto il volto crudele dell’esercito di Vladimir Putin, la sconsideratezza e la spietatezza di chi ha occupato la città”, ha aggiunto von der Leyen. Abitanti uccisi e gettati in fosse comuni, una stanza per le torture, cadaveri con le mani legate dietro la schiena dopo la fucilazione sul posto, altri ancora freddati mentre erano in bicicletta e lasciati a imputridire per strada. “Tutto il mondo è con Bucha oggi“, ha concluso la sua dichiarazione la presidente von der Leyen.

    It was important to start my visit in Bucha.
    Because in Bucha our humanity was shattered.
    My message to Ukrainian people:
    Those responsible for the atrocities will be brought to justice.
    Your fight is our fight.
    I’m in Kyiv today to tell you that Europe is on your side. pic.twitter.com/oVEUOPDuD6
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) April 8, 2022

    La numero uno dell’esecutivo comunitario – insieme con l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il primo ministro della Slovacchia, Eduard Heger – è in viaggio da questa mattina in Ucraina, nel corso della missione diplomatica che la porterà oggi pomeriggio a Kiev, per incontrare il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e primo ministro, Denys Šmihal’. “I responsabili delle atrocità saranno assicurati alla giustizia, la vostra lotta è la nostra lotta”, ha attaccato von der Leyen, rivolgendo un messaggio al popolo ucraino: “Oggi sono a Kiev per dirvi che l’Europa è dalla vostra parte“.
    “Siamo testimoni di immagini strazianti”, ha commentato l’alto rappresentante Borrell, in riferimento alle “atrocità commesse dalla Russia, con un prezzo indicibile pagato dal popolo ucraino innocente”. Massacri che “devono essere indagati e perseguiti”, ha ricordato l’alto rappresentante UE, annunciando che la missione dell’Unione nel Paese “sosterrà il procuratore generale ucraino nel fornire formazione e attrezzature per sostenere le indagini e la raccolta di prove”. Inoltre, da Bruxelles sarà lanciato “un progetto del valore di 7,5 milioni di euro per sostenere la raccolta di dati sulle persone scomparse“, ha anticipato Borrell.

    I am also launching a project worth €7.5 million to support data collection of missing persons. 3/3 pic.twitter.com/TiPhdIAVzJ
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) April 8, 2022

    A proposito di massacri, oltre a quello di Bucha, le istituzioni UE oggi hanno rivolto un messaggio di solidarietà anche per le vittime del bombardamento alla stazione ferroviaria di Kramatorsk: “È un attacco spregevole, sono inorridita dalla perdita di vite umane e porgerò personalmente le mie condoglianze al presidente Zelensky”, ha fatto sapere su Twitter von der Leyen. “Questo è l’ennesimo tentativo di chiudere le vie di fuga per coloro che fuggono da questa guerra ingiustificata e causare sofferenza umana”, ha sottolineato l’alto rappresentante Borrell.
    Gli attacchi missilistici hanno avuto luogo nella città di 150mila abitanti nella parte di regione di Donetsk controllata dalle forze ucraine e da cui si stanno organizzando le evacuazioni di profughi dal Donbass: “Donne, bambini e famiglie sono stati uccisi e feriti mentre speravano di prendere un treno e fuggire dalla guerra”, ha commentato con sdegno la presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola. “Gli attacchi missilistici russi non sono né falsi né bugie, i responsabili dei crimini di guerra affronteranno la giustizia”, ha messo in chiaro la numero uno dell’Eurocamera, mentre il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, ha promesso “più sanzioni alla Russia e più armi all’Ucraina“, ricordando l‘approvazione del quinto pacchetto di sanzioni UE questa mattina.

    Brutal killing of civilians in #Kramatorsk is sickening.
    Women, children, families were killed and wounded whilst they were hoping to catch a train & flee the war.
    Russian missile strikes are neither fake nor lies. Those responsible for war crimes will face justice.
    — Roberta Metsola (@EP_President) April 8, 2022

    Visita della presidente della Commissione e dell’alto rappresentante UE sui luoghi del massacro compiuto dai soldati russi prima della liberazione della città da parte delle forze ucraine: “Abbiamo visto il volto crudele dell’esercito di Putin, la sua sconsideratezza e spietatezza”

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    L’Unione Europea ha chiuso i programmi di cooperazione su ricerca e istruzione con la Russia (ma non con tutti i russi)

    Bruxelles – Porte sbarrate a qualsiasi accordo di cooperazione UE con enti pubblici della Russia nel campo della ricerca e dell’istruzione. Lo ha annunciato la commissaria europea per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, pubblicando la dichiarazione che mette fine agli accordi in essere e ai futuri pagamenti da parte dell’Unione.
    La decisione è arrivata in seguito all’escalation della guerra russa in Ucraina, che oggi (venerdì 8 aprile) ha portato alla morte di oltre 30 civili e più di 300 feriti nell’attacco missilistico alla stazione ferroviaria di Kramatorsk, città di 150mila abitanti nella parte di regione di Donetsk, controllata dalle forze ucraine e da cui si stanno organizzando le evacuazioni di profughi dalla regione del Donbass. Dopo l’approvazione del quinto pacchetto di sanzioni contro Mosca, l’UE ha deciso di mettere fine alla partecipazione di enti ed autorità pubbliche della Russia nei programmi-quadro di ricerca e innovazione e della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). “Ho chiesto ai miei servizi di interrompere gli accordi di sovvenzione in corso e i successivi pagamenti”, si legge nella dichiarazione della commissaria Gabriel, compresi quelli nell’ambito delle borse Marie Sklodowska-Curie Actions.
    Nello stop rientra anche la partecipazione di enti o organismi pubblici russi al programma Erasmus+, che però resta aperta – così come le borse Marie Sklodowska-Curie, le sovvenzioni per i ricercatori del Consiglio europeo della ricerca (ERC) e il coinvolgimento nel Corpo europeo di solidarietà – “in linea di principio” ai singoli cittadini russi. “Personale accademico e studenti russi rimarranno ammissibili per gli scambi di breve durata e per la mobilità di laurea”, specifica l’esecutivo comunitario, a condizione che superino lo “screening approfondito” delle autorità pubbliche nazionali dei Paesi membri. Lo scopo è quello di assicurarsi che nessuno dei richiedenti sia un soggetto colpito dalle misure restrittive messe in campo dall’Unione contro la cerchia stretta di Vladimir Putin.

    🔵 Following the adoption of the 5️⃣th package of restrictive measures against Russia, find out my statement on the termination of cooperation with Russian public entities in #research and in #education ⤵️#StandWithUkraine🇺🇦 pic.twitter.com/NfZk9MXv40
    — Mariya Gabriel (@GabrielMariya) April 8, 2022

    Lo ha annunciato la commissaria per l’Istruzione, Mariya Gabriel. Interrotti gli accordi in corso e i futuri pagamenti da Erasmus+, Corpo europeo di solidarietà, borse Marie Curie e del Consiglio Europeo della Ricerca. “Screening approfondito” sui cittadini che fanno richiesta

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    Stop a carbone e vodka, tagliato di 15 miliardi di euro l’import-export: ecco il quinto pacchetto di sanzioni UE alla Russia

    Bruxelles – Non solo carbone, ma pure trasporti e materiali. Il quinto e ulteriore pacchetto di sanzioni approvato dal Consiglio dell’UE opera una stretta commerciale volta a ridurre le capacità di business del Cremlino così da togliere fonti di finanziamento alla guerra sferrata in Ucraina. Divieto alle esportazioni per complessivi 10 miliardi di euro, cui si aggiunge un divieto alle importazione per un valore di 5 miliardi di euro, per un totale di 15 miliardi di euro in restrizioni. Non ci sono ancora strette su gas e petrolio, come richiede il Parlamento europeo, ma il nuovo set di misure restrittive vede certamente delle novità senza precedenti.
    Carbone, stop a contratti vecchi e nuoviIl principale elemento di questo pacchetto riguarda certamente l’azione dell’UE sul carbone comprato sul mercato dell’est. Si stabilisce il divieto di stipulare nuovi contratti. Così facendo Mosca dovrebbe perdere circa otto miliardi di euro l’anno, secondo le stime della Commissione europea. Mentre per quelli in essere è stata introdotta una moratoria di quattro mesi. Da Bruxelles comunque precisano che la stretta su questa fonte fossile è di fatto iniziata ancora prima dell’adozione del nuovo pacchetto di sanzioni. “Nelle ultime quattro settimane gli acquisti di carbone russo si sono ridotti del 9 per cento in valore e del 20 per cento in volume“, fanno sapere fonti comunitarie, che non si sbilanciano su eventuali passi avanti in materia energetica. In generale, ricordando, “con tutte queste misure dobbiamo stare attenti a non avere conseguenze indesiderate per noi“.
    Restrizione per il settore trasportiPer la prima volta dall’inizio dell’invasione in Ucraina si interviene nel settore trasporti. Si introduce un divieto sul trasporto merci su strada. Riguarda le imprese stabilite in Russia, a cui viene impedito di viaggiare verso il mercato unico europeo. E soprattutto si colpisce “gran parte del trasporto dall’UE alla Russia”. Previste alcune esenzioni per “elementi essenziali”, come i prodotti agricoli e alimentari, e gli aiuti umanitari. Decretato inoltre il divieto di approdo nei porti dell’EU a tutte le imbarcazioni battenti bandiera russa.
    Export, cosa l’Europa non può più vendere Il capitolo più sostanzioso delle misure commerciali che valgono in totale 15 miliardi di euro. Il lavoro tecnico delle 27 delegazioni ha prodotto divieti all’esportazione mirati nelle aree in cui la Russia è vulnerabile a causa della sua elevata dipendenza dalle forniture dell’UE. Ciò include, ad esempio, l’informatica quantistica, semiconduttori avanzati, macchinari sensibili, trasporti e prodotti chimici. Include anche catalizzatori specializzati per l’uso nell’industria delle raffinerie. “Ciò continuerà a degradare la base tecnologica e la capacità industriale della Russia“, assicurano a Bruxelles. Ai divieti di vendite già esistenti vengono aggiunti carburante e additivi per carburante per aerei. Una misura, da sola, che vale 10 miliardi di euro, e che “rappresenta l’intero commercio degli Stati Uniti con la Russia in un anno”. Gradi di paragone non casuali. Quanto deciso, precisano fonti Ue, “è molto più significativo in termini di impatto diretto, perché ovviamente siamo molto più esposti rispetto, ad esempio, agli Stati Uniti o al Regno Unito”.
    Import, cosa l’Europa non può più comprareUlteriori divieti di importazione, per un valore di 5,5 miliardi di euro, riguardano cemento, prodotti in gomma, legno, alcolici (compresa la vodka), liquori, frutti di mare di fascia alta (compreso il caviale). Solo dalla Vodka l’economia russa conoscerà una perdita stimata in 50 milioni di euro l’anno. Oltretutto il superalcolico rappresenta il 98 per cento dell’import totale dell’UE nel settore delle bevande spiritose, e dunque questa singola componente del pacchetto restrittivo da 15 miliardi di euro sull’import-export rappresenta un duro colpo per il mercato russo.

    Per la prima volta toccato anche il settore trasporti. Fermate le merci su strada da e per la Federazione russa. Tutte misure per togliere soldi a Putin da usare per la guerra contro l’Ucraina

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    Von der Leyen e Borrell sono in viaggio per Kiev. Con loro anche il premier slovacco Heger

    Bruxelles – “Verso Kiev”. Un breve tweet, così come era successo per l’inizio del viaggio della presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola, annuncia che è iniziata la missione diplomatica della leader della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, con destinazione Kiev, Ucraina. Ad accompagnarli, anche il primo ministro della Slovacchia, Eduard Heger, che un mese fa si era sfilato dal viaggio organizzato dai premier di Slovenia, Repubblica Ceca e Polonia nella capitale ucraina.
    Nel tweet da cui si è saputo che è in corso la missione a Kiev, von der Leyen ha pubblicato una foto che la ritrae al fianco di un treno con i colori giallo e azzurro dell’Ucraina, mentre sul profilo Twitter dell’alto rappresentante Borrell compiano i due leader UE in cammino. Il viaggio era stato confermato martedì (5 aprile) dai portavoce dello stesso esecutivo comunitario, dopo le indiscrezioni filtrate dal premier sloveno, Janez Janša.
    Oggi la presidente von der Leyen, l’alto rappresentante Borrell e il premier slovacco Heger incontreranno il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a Kiev per portare il sostegno dell’Unione al Paese sotto assedio russo dal 24 febbraio scorso, mentre nel primo pomeriggio domani (sabato 7 aprile) la numero uno dell’esecutivo comunitario sarà a Varsavia per l’evento evento #StandUpForUkraine, una chiamata a raccolta dei donatori da tutto il mondo a supporto dei profughi ucraini, insieme al premier del Canada, Justin Trudeau.

    Looking forward to Kyiv.@JosepBorrellF @eduardheger pic.twitter.com/YFAgGr5Tlc
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) April 8, 2022

    Ricondividendo il tweet della presidente della Commissione Europea, il premier slovacco Heger ha fatto sapere che “siamo pronti a discutere le nostre proposte per aiutare l’Ucraina”, insieme al presidente Zelensky e al primo ministro, Denys Šmihal’. Le discussioni sul tavolo riguarderanno tre aspetti: creare un “ReformTeam” (una squadra operativa di supporto) per aiutare Kiev a “ottenere la prospettiva UE”, offrire “opzioni per il trasporto di cereali, incluso il grano” e “aumentare l’utilizzo degli hub umanitari” messi a disposizione dei profughi ucraini dalla Slovacchia.

    È iniziata la missione diplomatica della presidente della Commissione, dell’alto rappresentante e del primo ministro della Slovacchia, che oggi incontreranno nella capitale il presidente ucraino Zelensky e il primo ministro Šmihal’ per discutere di profughi, trasporto di cereali e adesione UE

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    La NATO avverte sul rischio di una guerra lunga “mesi, se non anni” in Ucraina: “Rafforzeremo gli aiuti militari a Kiev”

    Strasburgo, dall’inviato – Che non si parli di ritirata in Ucraina da parte dell’esercito russo, ma piuttosto di “riorganizzazione strategica”. A lanciare il monito sugli sviluppi sul campo di battaglia è il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), Jens Stoltenberg, al termine della due-giorni di vertice dei ministri degli Esteri dell’Alleanza (6-7 aprile). “Ci aspettiamo una grande offensiva nel Donbass, per questo c’è urgenza di un sostegno a livello militare e di continuare sulla strada delle sanzioni”, ha aggiunto il segretario generale della NATO, avvertendo che la guerra in Ucraina “può durare settimane o mesi, se non addirittura anni”.
    Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg
    Il messaggio principale che dal Consiglio Atlantico è il rafforzamento del supporto armato a Kiev da parte dei partner occidentali. “Stiamo dando armi a un Paese che si sta difendendo da un’aggressione”, ha precisato Stoltenberg, anche se non si è è voluto troppo esporre sul tipo di equipaggiamento che verrà fornito all’esercito ucraino: “Non posso entrare nello specifico per ragioni operative, ma la divisione tra armi offensive e armi difensive ha poco senso, visto che il Paese ha il diritto di difendersi da un’aggressione”. Un’ambiguità che va incontro al messaggio forte inviato questa mattina dal ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, ospite a Bruxelles della riunione ministeriale: “Ho tre richieste per il Consiglio Atlantico: contro la guerra, armi, armi, armi“.
    Il segretario generale Stoltenberg ha sottolineato in conferenza stampa che “è visibile l’impatto del nostro sostegno sul campo, considerato il fatto che dopo l’invasione del Paese voluta dal Cremlino l’esercito ucraino ha inflitto perdite consistenti a quello russo“. Decisivo il via libera all’invio di più armi a Kiev deciso al vertice dei leader dello scorso 24 marzo. Ma sulle nuove decisioni dell’Alleanza influisce anche la scoperta dei massacri commessi dai soldati russi a Bucha e Irpin’, a cui i ministri degli Affari esteri hanno deciso di rispondere con un “supporto alle indagini internazionali“, perché “tutti i fatti devono essere stabiliti e i responsabili portati davanti alla giustizia”, ha attaccato Stoltenberg. Da parte della NATO è arrivato anche un messaggio di apprezzamento alle nuove sanzioni contro la Russia da parte degli alleati: “Sono senza precedenti e stanno danneggiando la macchina da guerra di Vladimir Putin in Ucraina”.

    Alla riunione del Consiglio Atlantico i ministri degli Esteri dell’Alleanza hanno deciso di fornire più supporto militare per respingere l’esercito di occupazione russo. Stoltenberg: “Ci aspettiamo una grande offensiva di Mosca nel Donbass”