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    Nuovo anno, nuova presidenza, stesso supporto. L’Ucraina è la prima priorità del semestre svedese del Consiglio dell’Ue

    Bruxelles – Prende ufficialmente il via la presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Unione Europea, a quasi un anno dallo scoppio della guerra russa in Ucraina. Ma l’impegno dei Ventisette a supporto di Kiev non cambia, anzi: “Gli ucraini stanno combattendo come se fosse il primo giorno, e noi li continuiamo a sostenere come se fosse il primo giorno”, ha ribadito con forza la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, salutando la nuova spinta che arriva da Kiruna, nell’estremità settentrionale della Svezia: “L’Ucraina è la prima priorità di questa presidenza, la vostra è una leadership vitale per preservare l’incredibile unità e determinazione europea e aumentare la pressione sulla Russia”.
    Il Collegio di commissari a Kiruna (Svezia) per l’avvio della presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Unione Europea
    Nel corso della conferenza stampa di oggi pomeriggio (13 gennaio) che ha inaugurato i lavori del nuovo semestre, è stato lo stesso primo ministro svedese e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Ulf Kristersson, a sottolineare che “serve cooperazione” tra gli Stati membri dell’Ue per “affrontare tutte le sfide davanti a noi e costruire un’Europa più libera, verde e sicura”. Dal momento in cui “la vittoria dell’Ucraina è esistenziale e l’unità il nostro asset”, il destino dei due partner è strettamente legato l’uno all’altro: “Dobbiamo mantenere il supporto militare, umanitario ed economico, evitando divisioni tra noi“, è l’avvertimento del premier svedese da Kiruna.
    Il sostegno all’Ucraina nel 2023 inizia già ora, con l’erogazione della prima tranche del supporto finanziario Ue da 18 miliardi complessivi per quest’anno: “Non è mai stato fatto nulla del genere con un partner dell’Unione”, ha sottolineato von der Leyen. A questo si aggiungono i preparativi per coordinare gli sforzi internazionali per la ricostruzione del Paese, “con la piattaforma G7 pronta questo mese”. In questo semestre si cercherà anche di spingere sul supporto militare, per imprimere la svolta decisiva a favore di Kiev nella guerra contro la Russia: “Siamo stati un gigante economico, un nano politico e un verme militare, ma i nostri sforzi congiunti mostrano che l’Ue è un attore su cui poter contare in termini di sicurezza“, ha voluto mettere in chiaro il premier svedese. Sul fronte interno all’Unione questo significherà uno sforzo per “l’implementazione della Bussola Strategica per la difesa comune con il piano d’azione sulla mobilità militare”, così come “il rafforzamento della cooperazione con la Nato”.
    Ma sarà cruciale anche il capitolo sull’adesione dell’Ucraina all’Ue, che quest’anno vedrà per la prima volta Kiev nel report sull’allargamento: “È lo specchio dei progressi di ogni Paese candidato”, ha spiegato von der Leyen, con Kristersson che si è detto “impressionato” dal lavoro fatto finora sul piano delle riforme. “Siamo impegnati ad aiutare l’Ucraina a diventare un Paese membro in linea con le nostre regole, ora aspettiamo il lavoro di scrutinio”, ha aggiunto il premier svedese. Su questo punto il lavoro del Consiglio sarà agevolato dall’impegno della Commissione, che si prepara per un appuntamento senza precedenti. “Il Collegio dei commissari visiterà Kiev all’inizio di febbraio, per una riunione con il governo ucraino“, è la conferma della presidente von der Leyen delle notizie filtrate negli scorsi giorni sulla trasferta che a questo punto quasi sicuramente coinciderà con il vertice Ue-Ucraina del 3 febbraio. “C’è un’enorme quantità di dossier in comune, tra i 18 e i 20, su cui stiamo già lavorando” e che dimostrano “quanto le nostre agende siano convergenti”, ha evidenziato la numero uno della Commissione.

    Dear @SwedishPM, you have made Ukraine the 1st priority of your presidency.Russia’s imperial war also showed that we need to take greater responsibility for our collective security.
    So I welcome your ambition to strengthen EU security & defence policy ↓ https://t.co/D7Pdv9EPIR
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) January 13, 2023

    A Kiruna è stato dato il via ufficiale ai lavori di Stoccolma alla testa dell’istituzione comunitaria: “Momento cruciale, l’unità è il nostro asset”. E von der Leyen conferma il viaggio dei membri della Commissione Ue a Kiev a inizio febbraio

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    330 mila ingressi irregolari alle frontiere Ue in un anno, mai così tanti dal 2016

    Bruxelles – Nell’anno appena concluso sono quasi raddoppiati gli attraversamenti irregolari alle frontiere esterne del territorio Ue: 330 mila gli ingressi registrati, in aumento del 64 per cento rispetto al 2021, il numero più alto dalla prima grande crisi del 2015-16. Dopo il minimo indotto dalla pandemia nel 2020, per il secondo anno di fila l’Agenzia europea di guardia frontiera e costiera (Frontex) ha rilevato un forte aumento del numero di ingressi. Soprattutto di persone di nazionalità siriana, afgana e tunisina, che hanno rappresentato ben il 47 per cento del totale dei rilevamenti del 2022.
    È la rotta dei Balcani occidentali la porta d’ingresso più attraversata da chi cerca rifugio sul territorio comunitario senza essere riuscito ad ottenere un permesso d’asilo: 145 600 attraversamenti di frontiera, quasi la metà del totale, il 136 per cento in più rispetto all’anno scorso. Sono in maggior parte afgani che fuggono dal regime dei Talebani insediatosi a Kabul nell’agosto del 2021, siriani (il cui numero, 94 mila, è quasi raddoppiato in un anno) e turchi.
    102 mila gli sbarchi irregolari di egiziani, tunisini e bengalesi dal Mediterraneo centrale, in aumento del 51 per cento dall’anno precedente. Balcani e Mediterraneo centrale, le due rotte più percorse dalle persone migranti, sono sotto stretta sorveglianza della Commissione Ue, che ha presentato tra novembre e dicembre 2022 due Piani d’azione per gestire in maniera più coordinata i flussi sui due percorsi. Ma anche più a est, sulle coste di Cipro e Grecia, gli ingressi hanno subito una decisa impennata: 42 800, quasi il doppio del 2021. A invertire la tendenza la rotta del Mediterraneo Occidentale, che ha visto una diminuzione della pressione migratoria nel 2022 di circa un quinto in meno rispetto all’anno precedente. 15 460 arrivi, il 31 per cento in meno rispetto al 2021. C’è anche chi cerca di lasciare l’Unione europea: nel Canale della Manica sono stati rilevati oltre 71 000 attraversamenti irregolari delle frontiere all’uscita, tra tentativi e riusciti.
    Dei 330 mila ingressi, meno di un rilevamento su dieci era relativo a donne, mentre la percentuale di minori segnalati è leggermente diminuita, a circa il 9 per cento di tutti gli attraversamenti registrati. Separatamente, tra il 24 febbraio 2022 e la fine dell’anno Frontex ha contato quasi 13 milioni di rifugiati ucraini all’ingresso alle frontiere esterne dell’Ue dall’Ucraina e dalla Moldavia, che non sono inclusi in queste cifre. Nello stesso periodo, 10 milioni di cittadini ucraini sono stati segnalati in uscita dalle stesse sezioni di frontiera.

    Secondo i dati preliminari di Frontex, gli attraversamenti alle frontiere esterne esterne sono aumentati del 64 per cento rispetto al 2021. Quasi la metà rilevati lungo la rotta dei Balcani Occidentali, ma in forte aumento anche dal Mediterraneo Centrale e Orientale

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    Una trasferta senza precedenti. I membri della Commissione Ue valutano una riunione di alto livello a Kiev a febbraio

    Bruxelles – A quasi un anno dall’inizio della guerra russa in Ucraina la Commissione Ue è alla ricerca di nuove occasioni per rafforzare il proprio messaggio di sostegno al Paese partner sul fronte orientale, con una solidarietà fatta di azioni simboliche e di discussioni tecniche e politiche sempre più intense con Kiev. Tra questi c’è l’appuntamento già annunciato per il 3 febbraio in territorio ucraino per il vertice Ue-Ucraina, a cui parteciperanno la presidente della Commissione e quello del Consiglio Ue). Ma la prossima mossa del gabinetto von der Leyen potrebbe essere un appuntamento senza precedenti, che dovrebbe portare diversi membri dell’esecutivo comunitario a sedersi al tavolo del confronto con le rispettive controparti del governo ucraino proprio a Kiev, nel mese di febbraio. Quando si chiuderà il primo anno di invasione russa e di lotta del popolo ucraino a difesa del proprio Paese, con il contributo decisivo dell’Unione Europea.
    I membri della Commissione Europea durante il seminario del Collegio dei commissari (11 gennaio 2023)
    Dopo le anticipazioni di Politico, diversi funzionari europei hanno confermato a Eunews che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha proposto ieri (11 gennaio) durante il seminario del Collegio dei commissari l’incontro con il governo guidato da Denys Shmyhal nella capitale ucraina a febbraio. Una data ancora non è stata fissata, ma sono due i momenti del mese su cui prestare attenzione.
    Il primo è all’inizio di febbraio, quando von der Leyen (insieme al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel) si recherà a Kiev per il vertice Ue-Ucraina con il presidente del Paese, Volodymyr Zelensky. Lunedì (9 gennaio) sono arrivate conferme anche dalla presidenza di turno del Consiglio dell’Ue che l’appuntamento del 3 febbraio non si terrà a Bruxelles – come inizialmente previsto – ma in Ucraina, e la presenza della numero uno dell’esecutivo comunitario rende molto verosimile che l’occasione possa essere sfruttata dai membri del suo gabinetto per accodarsi e incontrare quelli del governo ucraino nei giorni immediatamente precedenti o successivi. Il secondo momento è la fine del mese: il 24 febbraio cadrà l’anno esatto dall’inizio della resistenza ucraina e non è da escludere un forte gesto simbolico da parte della Commissione Ue per ribadire nuovamente la solidarietà al popolo e all’establishment politico del Paese.
    Chi potrebbe partecipare per la Commissione Ue
    Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (Kiev, 15 settembre 2022)
    Come ricordano le fonti, in linea di principio l’invito è aperto a tutti i commissari e le commissarie, a prescindere da quanto i dossier di propria responsabilità siano legati all’Ucraina. L’incontro con i ministre e le ministre del governo ucraino dovrebbe rappresentare un approfondimento dei rapporti con Kiev a 360 gradi, anche considerata la candidatura del Paese all’adesione Ue e la necessità di valutare sia i progressi nell’attuazione delle sette raccomandazioni della Commissione sia le prospettive di integrazione nel Mercato Unico. Ma la decisione di recarsi nella capitale ucraina sarà completamente volontaria per ciascuno dei membri del gabinetto von der Leyen e i funzionari europei precisano che le risposte definitive arriveranno solo nelle prossime settimane (anche quando sarà stabilita una data ufficiale).
    Al momento le fonti si sbilanciano solo su pochi nomi. A quanto si apprende a Bruxelles, sembra comunque molto probabile – al netto di impegni inderogabili – la presenza dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, considerato il suo ruolo centrale per i rapporti con l’Ucraina in questa anno di guerra. Lo stesso si può dire del commissario per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, che le fonti fanno sapere aver parlato intensamente ieri con la presidente von der Leyen a margine del seminario. Altamente probabile è anche la presenza del vicepresidente esecutivo per l’Economia e commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis, mentre sta valutando la possibilità di partecipare il commissario per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski.

    Funzionari europei confermano a Eunews che la presidente von der Leyen ha proposto ai commissari di incontrare le rispettive controparti ucraine per discutere di tutti i dossier sulla solidarietà contro l’invasione russa. Non c’è ancora una data, ma arrivano i primi ‘sì’ ufficiosi

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    Nel 2022 i Paesi membri Ue hanno concesso la protezione temporanea a più di 3 milioni di ucraini in fuga dalla guerra

    Bruxelles – Nove mesi di porte aperte per i rifugiati in fuga dalla guerra russa in Ucraina. Nel 2022 i Paesi membri dell’Unione Europea hanno accolto oltre 3 milioni di ucraini, concedendo loro la protezione temporanea come espressione tangibile di solidarietà a chi cerca riparo sul territorio comunitario dalle bombe dell’esercito del Cremlino.
    Come emerge dai dati Eurostat, tra marzo e novembre dello scorso anno (in attesa delle ultime stime del mese di dicembre) sono stati 3.266.480 i beneficiari della protezione temporanea. Il numero maggiore è stato registrato in Polonia (944.360) e in Germania (931.545), mentre l’Italia – quinto Paese per destinazione, dietro a Spagna e Bulgaria – ha concesso lo status a 143.195 persone.
    Se invece si considera le percentuale di ucraini arrivati con lo status di protezione temporanea rispetto alla popolazione del Paese, i dati riconoscono lo sforzo di accoglienza maggiore a Estonia (28,1 per mille abitanti), Polonia (25,1), Lituania (22,9) e Bulgaria (21,2). Il trend segnalato da Eurostat è di una diminuzione progressiva del numero di persone che ricevono la protezione temporanea man mano che passano i mesi.

    🛂 In November 2022, among the EU Member States for which data are available, 🇵🇱Poland granted the highest number of temporary protection statuses to Ukrainians fleeing 🇺🇦Ukraine (40 370). Followed by 🇩🇪Germany (36 385) and 🇷🇴Romania (10 745).
    👉 https://t.co/6iSWpLkw0t pic.twitter.com/nhfK1RYF6E
    — EU_Eurostat (@EU_Eurostat) January 11, 2023

    La direttiva sulla protezione temporanea
    L’attivazione della direttiva europea sulla protezione temporanea è stata proposta dalla Commissione Ue per la prima volta dalla sua entrata in vigore (nel 2001) il 2 marzo dello scorso anno, a meno di una settimana dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Dopo sei giorni si è concretizzata con l’avvio delle procedure di riconoscimento dello status di protezione di gruppo in “situazioni di crisi derivanti da un afflusso massiccio di persone in fuga da una situazione di grande pericolo”. Sfollati e persone in fuga dalla guerra hanno il diritto alla protezione in tutta l’Unione Europea, inclusi i cittadini non ucraini e gli apolidi che non possono tornare nel loro Paese d’origine, come richiedenti asilo o beneficiari di protezione internazionale.
    Secondo quanto previsto dalla direttiva, la protezione temporanea rimane in vigore per un anno (fino a marzo 2023), ma lo scorso 10 ottobre è stato dato il via libera all’estensione fino a marzo 2024 con due rinnovi semestrali. Se poi le condizioni dovessero rimanere critiche, il Consiglio potrà decidere a maggioranza qualificata l’estensione per un terzo anno, su proposta della Commissione. La direttiva fornirà tutti i diritti di protezione internazionale riconosciuti ai rifugiati: residenza, accesso al mercato del lavoro e all’alloggio, assistenza sociale e medica, mezzi di sussistenza, tutela legale e accesso all’istruzione per bambini e adolescenti. Prevista anche la solidarietà e la condivisione delle responsabilità tra Stati membri nell’ospitare gli sfollati ucraini o in arrivo dal Paese invaso dalle truppe di Putin.

    Dall’8 marzo è in vigore la direttiva che prevede allentamenti dei controlli di frontiera, solidarietà tra i Ventisette nell’accoglienza e facilitazioni di ingresso per chi scappa dall’invasione russa. L’Italia ha aperto le porte a più di 143 mila rifugiati, Polonia e Germania a quasi due terzi

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    Iran, l’ong di Vidal-Quadras Roca chiede il ritiro degli ambasciatori Ue e indica Maryam Rajavi come alternativa democratica al regime

    Bruxelles – Richiamare gli ambasciatori dei Paesi europei in Iran e chiudere le rappresentanze di Teheran sul territorio comunitario: è quanto chiede l’ong International Committee In Search of Justice (ISJ), che dal 2014 opera a Bruxelles per contrastare il regime islamico dei mullah iraniani. Il suo presidente, l’ex numero due del Parlamento europeo Alejandro Vidal-Quadras Roca, e gli ex eurodeputati Paulo Casaca e Struan Stevenson, hanno presentato ieri (10 gennaio) il libro Iran’s Democratic Revolution, un breve volume che approfondisce le caratteristiche della repubblica teocratica e le proteste in corso dallo scorso settembre, a seguito della morte della ventiduenne Mahsa Amini.
    Presente anche l’ex senatrice colombiana Ingrid Betancourt, che nel 2002 fu rapita in patria dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e liberata dopo 6 anni di prigionia. È lei che per prima propone il ritiro dei rappresentanti diplomatici da Teheran e la chiusura delle ambasciate del regime, “presidi terroristici” in Europa. Secondo Betancourt stiamo assistendo alla “prima rivoluzione al mondo condotta dalle donne e con un’agenda femminista”, e per questo sarebbero proprio le donne a dover guidare la transizione verso un regime democratico.
    Linea sposata dall’ong di Vidal-Quadras Roca, che ha indicato Maryam Rajavi, leader del National Council of Resistance of Iran (NCRI), come unica guida credibile per immaginare un Iran del futuro democratico, stabile e forte. La 69enne di Teheran, che nel 1982 ha perso una sorella per mano del regime dell’allora ayatollah Khomeini, è un’attivista politica da ormai mezzo secolo ed è conosciuta in tutto il Paese. “C’è bisogno di una faccia che tutti riconosciamo”, ha affermato Vidal-Quadras, secondo cui “l’alternativa deve essere iraniana, non può essere inventata a tavolino dall’Occidente”. Ma non solo: l’alternativa al regime teocratico deve avere un piano d’azione concreto. Anche qui, ISJ converge sul programma politico presentato da Rajavi, 10 punti per traghettare l’Iran fuori dall’oppressivo governo religioso, che prevedono tra gli altri l’uguaglianza di genere, la separazione tra Stato e religione, libertà di culto e la tutela delle minoranze etniche.
    Ingrid Betancourt ha speso alcune parole sul caso dell’operatore umanitario belga Olivier Vandecasteele, incarcerato a Teheran e condannato a 40 anni di carcere e 74 frustate con l’accusa di spionaggio. Il regime iraniano vorrebbe uno scambio di prigionieri con il diplomatico Assadollah Assadi, che sta scontando in Belgio una pena di 20 anni per terrorismo: secondo l’ex ostaggio delle FARC colombiane, Bruxelles non dovrebbe cedere alle richieste della dittatura islamica, ma cercare altre soluzioni per la liberazione di Vandecasteele, come il pagamento di un riscatto in denaro o la chiusura di qualsiasi dossier sull’Iran per mettere pressione al regime.

    L’International Committee in Search of Justice ha presentato a Bruxelles il libro Iran’s Democratic Revolution, in cui indica la leader del National Council of Resistance of Iran come unica alternativa credibile per una transizione democratica a Teheran. L’ong chiede anche l’espulsione di tutti i diplomatici iraniani dal territorio Ue

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    Sono in arrivo nuove sanzioni Ue contro la Bielorussia per il supporto alla guerra russa in Ucraina

    Bruxelles – L’annuncio è arrivato direttamente dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. “Presenteremo una nuova tornata di sanzioni contro la Bielorussia per rispondere al suo ruolo nella guerra russa in Ucraina”, è la secca anticipazione nell’intervento della leader dell’esecutivo comunitario durante la conferenza stampa di presentazione della terza dichiarazione congiunta Ue-Nato di oggi (10 gennaio).
    Da sinistra: Alexander Lukashenko e Vladimir Putin
    Parlando di “tutto ciò che è in nostro potere per supportare il coraggioso popolo ucraino”, per la numero uno della Commissione è cruciale non solo “mantenere la pressione sul Cremlino per tutto il tempo necessario con un duro regime di sanzioni”, ma anche “estendere queste sanzioni contro chi sostiene militarmente la guerra russa“, ha promesso von der Leyen.
    Nei fatti è una risposta a distanza di (molti) mesi alle richieste degli eurodeputati per un adeguamento delle misure restrittive contro il regime di Alexander Lukashenko a quelle già applicate contro Mosca, che sono già arrivate a nove pacchetti di sanzioni. Oltre alla Bielorussia, tra i Paesi terzi che sostegno attivamente la Russia nella sua invasione dell’Ucraina c’è anche l’Iran, ha precisato la stessa von der Leyen. Non è esplicito l’arrivo di nuove sanzioni per Teheran – come lo è stato invece per Minsk – ma il riferimento lascia comunque intendere che nel prossimo futuro a Bruxelles si potrebbe andare nella stessa direzione anche per contro l’Iran.

    “The EU will keep supporting the Ukrainian people and pressing against Russia’s imperial war.
    We will extend sanctions to those who militarily support Russia’s war, such as Belarus and Iran.”
    — President @vonderleyen #StandWithUkraine pic.twitter.com/uxWiHjkNfD
    — European Commission 🇪🇺 (@EU_Commission) January 10, 2023

    Le sanzioni a Bielorussia e Iran
    Le istituzioni comunitarie hanno riconosciuto sin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina il ruolo della Bielorussia come supporto per gli attacchi russi da nord e, proprio per questa ragione, hanno incluso decine di esponenti del regime di Lukasehnko e hanno rinvigorito l’embargo supotassio, acciaio, combustibili e trasporti bielorussi. L’azione della Bielorussia ha permesso alle truppe e alle armi russe di muoversi attraverso il suo territorio, di utilizzare il suo spazio aereo, di rifornirsi di carburante e di immagazzinare munizioni militari, ma è stata cruciale anche la decisione di abbandonare lo status di Paese non-nucleare, attraverso un referendum-farsa. Al momento un totale di 195 persone e 35 entità è interessato dalle misure restrittive dell’Ue – compreso lo stesso Lukasehnko e il figlio Viktor, consigliere per la Sicurezza Nazionale – anche per la repressione delle manifestazioni pacifiche dopo l’esito truccato delle elezioni presidenziali dell’agosto 2020.
    Da sinistra: l’ayatollah Ali Khamenei e Vladimir Putin (credits: Alexandr Demyanchuk / SPUTNIK / AFP)
    Rimane alta l’attenzione delle istituzioni comunitarie anche sul supporto dell’Iran all’aggressione armata russa dell’Ucraina. Da ottobre la Repubblica Islamica invia droni kamikaze, armi e addestratori in Crimea, per rendere più efficaci i bombardamenti del Cremlino sulle città e le infrastrutture civili ucraine, macchiandosi di corresponsabilità negli attacchi con droni Shahed 136 a guida Gps che possono volare per oltre duemila chilometri. Tra il 20 ottobre e il 12 dicembre dello scorso anno sette individui e cinque entità sono stati inseriti per questo motivo nella lista delle misure restrittive dell’Unione, tra cui il capo di Stato maggiore delle forze armate e il capo del comando Uav della forza aerospaziale del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche. A questo si aggiungono 60 individui e 8 entità tra il 17 ottobre e il 15 dicembre per la repressione delle proteste interne e le sentenze di pena di morte pronunciate ed eseguite contro i manifestanti pacifici che chiedono un rinnovamento del regime teocratico.

    Lo ha anticipato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, parlando di “tutto ciò che è in nostro potere per supportare il coraggioso popolo ucraino”. Bruxelles punta il dito anche contro l’Iran: “Estenderemo queste sanzioni contro chi sostiene militarmente” il Cremlino

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    Ucraina, infrastrutture critiche e sfide del cambiamento climatico nella terza dichiarazione congiunta Ue-Nato

    Bruxelles – Un mondo completamente cambiato dal 2018 sul piano della sicurezza transatlantica e globale, che richiede una risposta comune da due partner legati da un’alleanza ormai ventennale. L’Unione Europea e l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato) hanno siglato oggi (10 gennaio) la terza dichiarazione congiunta in un momento “più importante che mai per far avanzare questa cooperazione”, ha messo in chiaro il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, presentando alla stampa i contenuti del documento firmato pochi minuti prima con i presidenti della Commissione, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla firma della terza dichiarazione congiunta Ue-Nato (10 gennaio 2023)
    “Quasi un anno fa iniziava l’invasione russa dell’Ucraina, Putin voleva prendere il Paese in due giorni e dividerci, ma ha fallito su entrambi i fronti“, è il punto di partenza della sinergia rinnovata tra le due organizzazioni, che costituisce il fondamento di una dichiarazione congiunta attesa da cinque anni e prevista inizialmente per il Summit di Madrid del giugno 2022. “Ue e Nato sono rimaste unite a supporto dell’Ucraina, ora dobbiamo continuare il legame vitale transatlantico e rafforzare il supporto all’Ucraina“, ha aggiunto Stoltenberg. Parole confermate da von der Leyen: “Non possiamo dimenticare il 24 febbraio 2022, ma da allora l’unità e la risolutezza sono cresciuti più forti, con un aumento della coordinazione per una risposta comune anche agli attacchi informatici e ibridi”. Per Michel “alleati forti creano alleanze più forti” e “la guerra russa ha portato a due conseguenze” favorevoli per gli alleati: “Ci ha avvicinati e ora siamo più presenti a Est”.
    In termini pratici il “rafforzamento del supporto all’Ucraina” comporterà un continuo afflusso di armi e sostegno finanziario. “I Paesi della Nato e dell’Ue hanno esaurito le loro scorte per fornire aiuti all’Ucraina, ed è stata la cosa giusta da fare, perché si tratta della nostra sicurezza”, ha aggiunto con forza il segretario generale dell’Organizzazione Atlantica, spigando che ora la via da seguire è “aumentare la produzione di armamenti“, perché “tra rispettare le linee guida della Nato sulle scorte di armi o sostenere l’Ucraina è più importante scegliere Kiev”. Anche la presidente della Commissione ha ribadito senza mezzi termini che il partner ucraino “va sostenuto con tutti gli armamenti di cui ha bisogno per difendere il proprio territorio e il diritto internazionale” e questo riguarda anche la fornitura di carri armati: “La prossima settimana il gruppo di contatto Nato si vedrà a Ramestein e valuteremo con Kiev di cosa ha bisogno”, le ha fatto eco Stoltenberg.
    Ma il sostegno sul breve-medio termine all’Ucraina non fa dimenticare la necessità di affrontare anche le altre criticità di lungo periodo che si profilano all’orizzonte. A partire da Pechino: “La crescita dell’influenza e l’espansionismo cinese rappresenta una nuova sfida” per i partner transatlantici, ha avvertito il segretario generale Stoltenberg, mentre la presidente della Commissione Ue ha sottolineato che la Cina “sta cercando di rimodellare il contesto globale a suo vantaggio e dobbiamo essere pronti”. A Bruxelles si parla di “cooperazione senza precedenti” tra Ue e Nato – “ancora più importante quando Svezia e Finlandia entreranno nella Nato” – da portare “al prossimo livello per rispondere alle sfide sulla resilienza e la protezione delle infrastrutture critiche, sullo spazio e sulle implicazioni del cambiamento climatico“. Questioni urgenti per i leader delle istituzioni comunitarie: “Il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream ha dimostrato che serve più responsabilità per la sicurezza della nostra rete di infrastrutture critiche”, è il monito di von der Leyen, che ha gettato luce anche sul fatto che “eventi estremi come siccità e alluvioni hanno conseguenze sulla povertà e l’instabilità di tutte le regioni del mondo”.
    La terza dichiarazione congiunta Ue-Nato
    “Valori condivisi” e “determinazione ad affrontare le sfide comuni” sono le parole fondanti della terza dichiarazione congiunta Ue-Nato, di fronte alla “più grave minaccia alla sicurezza euro-atlantica degli ultimi decenni“. Si parla della guerra russa in Ucraina, che “ha esacerbato una crisi alimentare ed energetica che colpisce miliardi di persone in tutto il mondo”, ma anche degli “attori autoritari che sfidano i nostri interessi, i nostri valori e i nostri principi democratici utilizzando molteplici mezzi politici, economici, tecnologici e militari”. Nel testo trovano esplicitamente spazio “la crescente assertività e le politiche della Cina” nell’epoca “di crescente competizione strategica”.
    È gusto il “momento chiave per la sicurezza e la stabilità euro-atlantica”, come sottolineato nel nuovo concetto strategico Nato 2022 e nella Bussola strategica dell’Ue, che richiedono “una più stretta cooperazione Ue-Nato”. L’Alleanza Atlantica riconosce “il valore di una difesa europea più forte e più capace, che contribuisca positivamente alla sicurezza globale e transatlantica” e che allo stesso tempo sia “complementare e interoperabile con la Nato”, mette in chiaro la dichiarazione congiunta. In vista di “minacce e sfide alla sicurezza con cui dobbiamo confrontarci” – in evoluzione “in termini di portata e grandezza” – vengono poi definite le direttrici di questa “espansione e approfondimento della nostra cooperazione per affrontare la crescente competizione geostrategica”. Infrastrutture critiche, tecnologie emergenti, spazio, implicazioni per la sicurezza del cambiamento climatico e interferenze straniere saranno i dossier più caldi nei prossimi decenni per le due organizzazioni partner.

    Siglata la nuova dichiarazione di cooperazione tra le due organizzazioni per affrontare le sfide comuni per la sicurezza transatlantica e globale. Focus sull’aggressione russa e le mire espansionistiche cinesi: “Oggi ci troviamo di fronte alla più grave minaccia degli ultimi decenni”

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    Arresti e condanne a morte, convocato l’ambasciatore iraniano presso l’Ue

    Bruxelles – Basta repressioni, basta arresti e condanne a morte. La situazione in Iran ha passato il limite, e l’Unione europea ha voluto ribadirlo una volta di più al governo di Teheran convocando l’ambasciatore delle repubblica islamica presso l’Ue. A nome dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, il segretario generale del Servizio per l’azione esterna (Seae), Stefano Sannino, ha invitato nei suoi uffici il massimo diplomatico iraniano a Bruxelles.
    Hossein Dehghani è stato convocato a seguito dell’esecuzione di Mohammad Mehdi Karami e Seyyed Mohammad Hosseini, del 7 gennaio scorso, dopo essere arrestati e condannati a morte in relazione alle proteste in corso in Iran. Proteste a cui il regime degli Ayatollah ha risposto e continua a rispondere con il pugno duro, tanto che per questo l’Ue ha già varato sanzioni a ottobre, per poi inasprirle il mese successivo.
    Sannino, a nome dell’Ue, ha ribadito l’appello alle autorità iraniane per uno stop immediato della pratica “condannabile” e per questo condannata di imporre ed eseguire condanne a morte nei confronti dei manifestanti. E’ stato inoltro rivolto l’invito ad “annullare senza indugio le recenti condanne a morte già pronunciate nel contesto delle proteste in corso e di garantire un giusto processo a tutti i detenuti”, fa sapere il Seae.
    E’ quest0 l’ultimo atto in ordine di tempo di una crisi diplomatica tra Bruxelles e Teheran che ha visto nella sospensione delle relazioni tra Parlamento europeo e parlamentari iraniani una prima dimostrazione del deterioramento dei rapporti.

    Richiamato dal segretario generale del Servizio per l’azione esterna, Stefano Sannino: “Basta condanne, e annullare tutte le decisioni prese”