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    Armi, ricostruzione e adesione all’Unione. I risultati del primo vertice Ue-Ucraina a Kiev dall’inizio della guerra russa

    Bruxelles – Si chiudono con una dichiarazione congiunta densa di temi e intese i due giorni di missione diplomatica delle istituzioni comunitarie a Kiev. Dopo la prima riunione congiunta di ieri (2 febbraio) tra il Collegio dei commissari e il governo ucraino, il 24esimo vertice Ue-Ucraina ha sancito un nuovo inedito per la storia dell’Unione: mai i vertici del Consiglio e della Commissione si sono recati insieme in un Paese europeo a tutti gli effetti in guerra e invaso, per un incontro formale di alto livello. “Dopo la visita all’ufficio postale c’è stato un allarme aereo e siamo dovuti andare nei rifugi, questa è la realtà di tutti i giorni in Ucraina”, ha reso noto la leader della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, durante la conferenza stampa al termine del vertice.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, a Kiev al termine del 24esimo vertice Ue-Ucraina (3 febbraio 2023)
    C’è la guerra – come è inevitabile che sia – al primo punto della dichiarazione congiunta del 24esimo vertice Ue-Ucraina. E ancora più inevitabile è il riferimento alla necessità di sostegno militare a Kiev: “L’Ucraina ha accolto con favore l’impegno dell’Ue a continuare a fornire supporto per tutto il tempo necessario”. L’aiuto di Bruxelles che conta già un pacchetto da 3,6 miliardi di euro nell’ambito dell’European Peace Facility (inclusa l’ultima tranche da mezzo miliardo di euro) e l’addestramento di 30 mila soldati sul territorio Ue attraverso la Missione di assistenza militare Ue. A questo si aggiungono “quasi 12 miliardi di euro” forniti dagli Stati membri e la decisione di Berlino di inviare anche i carri armati pesanti Leopard 2. “Vogliamo aiutarvi a vincere sul piano militare”, ha risposto il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, alla richiesta del leader ucraino, Volodymyr Zelensky, di “accelerare la fornitura di armi, perché più carri armati e jet abbiamo, più velocemente potremo mettere fine all’occupazione russa”.
    La vittoria sul campo non oscura la necessità di raggiungere una “pace giusta” (come indica il capitolo apposito della dichiarazione congiunta del vertice Ue-Ucraina). “Giusta” significa “rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale del Paese”, come indicato nell’iniziativa di pace in 10 punti presentata da Kiev e che le istituzioni comunitarie hanno deciso di sostenere “attivamente”, per garantire “la più ampia partecipazione internazionale possibile”. Al contrario, la Russia di Putin “non ha mostrato alcuna reale volontà di raggiungere una pace giusta e sostenibile”. Parallelamente – come già anticipato dalla numero uno della Commissione Ue al termine della riunione congiunta tra il Collegio dei commissari e il governo ucraino – per la prima volta in un testo ufficiale compare l’indicazione di supporto all’istituzione di “un centro internazionale per il perseguimento del crimine di aggressione in Ucraina (Icpa) all’Aia [Paesi Bassi, ndr], con l’obiettivo di coordinare le indagini, conservare e archiviare le prove per i futuri processi”. Perché “tutti i responsabili e i complici” di crimini di guerra durante l’invasione all’Ucraina “saranno chiamati a risponderne”.
    Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, al 24esimo vertice Ue-Ucraina di Kiev (3 febbraio 2023)
    Nel frattempo procede spedito il percorso dell’Ucraina verso l’adesione all’Unione Europea. Anche se sembra poco verosimile l’obiettivo dichiarato dal presidente Zelensky di “avviare i negoziati entro il 2023” – considerata in particolare la relazione pubblicata ieri dalla Commissione Ue – i vertici delle istituzioni comunitarie hanno riconosciuto al vertice Ue-Ucraina di Kiev i “notevoli sforzi negli ultimi mesi” del Paese candidato all’adesione, in particolare quelli “di riforma in tempi così difficili”. Michel ha parlato di “una famiglia e il vostro futuro è nell’Unione”, von der Leyen ha ricordato che “essere qui e discutere del futuro insieme, mentre combattete un invasore, vale più di mille parole“. Si attende la pubblicazione in autunno del Pacchetto Allargamento 2023, in cui comparirà per la prima volta il capitolo dedicato ai progressi di Kiev e per allora ci si aspetta anche una visita nella capitale dell’Ue di Zelensky: “Vorrei venire a Bruxelles, ma ora è troppo pericoloso viaggiare all’estero“. Almeno sul continente europeo, considerato che a dicembre il presidente ucraino ha fatto visita a Washington, negli Stati Uniti.
    Sicurezza energetica e alimentare al vertice Ue-Ucraina
    Nel corso del vertice Ue-Ucraina del 2023 sono state significative anche le discussioni sul piano energetico, sulla falsariga delle basi già gettate a Kiev nell’autunno 2021, ma rese ancora più pratiche dalle conseguenze della guerra russa. La dichiarazione congiunta ha mostrato la centralità delle discussioni sul piano della sicurezza energetica e alimentare, mentre è confermato che “entro il 24 febbraio dovrà essere pronto il decimo pacchetto di sanzioni” contro la Russia, per un valore complessivo di “10 miliardi di euro e incentrato su tecnologie che non dovranno essere usate dalla macchina bellica russa, compresa la produzione di droni”, ha anticipato von der Leyen. Per affrontare gli attacchi dell’esercito di Mosca è stata evidenziata la necessità del “ripristino delle infrastrutture critiche dell’Ucraina, per aiutarla a superare l’inverno e a preservare i mezzi di sussistenza e i servizi di base”, incluse attrezzature energetiche “molto urgenti, come autotrasformatori, generatori di energia e lampadine a Led”, si legge nella dichiarazione congiunta.
    Il 24esimo vertice Ue-Ucraina a Kiev (3 febbraio 2023)
    A questo proposito vanno ricordati non solo la “donazione di 5400 generatori” e il programma per la fornitura complessiva di 35 milioni di lampade al Led – che “porterà a una diminuzione considerevole del consumo energetico” del Paese, ha ricordato von der Leyen – ma anche l’impegno di Bruxelles di “fornire i 2 gigawatt di energia di cui avete bisogno insieme con gli altri Stati membri, perché siamo in una comunità energetica ed è anche questa la solidarietà che vogliamo mostrare”, ha annunciato la numero uno della Commissione Ue. Parlando di energia, non passa sottotraccia la soddisfazione per il Memorandum d’intesa per il partenariato strategico sui gas rinnovabili siglato ieri, “che rafforzerà la nostra sicurezza energetica, sosterrà la nostra lotta contro il cambiamento climatico e avrà un impatto positivo sulla ripresa economica e sull’ulteriore integrazione dei nostri mercati energetici”, mette in evidenza la dichiarazione congiunta del vertice Ue-Ucraina. Duro anche l’attacco a Mosca sul fronte nucleare presso la centrale ucraina di Zaporizhzhia: “Chiediamo alla Russia di cessare immediatamente le azioni che mettono in pericolo la sicurezza degli impianti nucleari civili“.
    C’è poi il tema della sicurezza alimentare, che al 24esimo vertice Ue-Ucraina si è declinato in un bilancio e un rilancio dei corridoi di solidarietà per l’esportazione di generi alimentari e l’importazione di altri beni nel Paese invaso militarmente. “Sono un successo”, ha confermato la presidente von der Leyen, ricordando che nel 2022 “il 25 per cento del prodotto interno lordo dell’Ucraina, che equivale a 20 miliardi in ricavi, è stato trasportato attraverso i corridoi di solidarietà“. Tra maggio e dicembre del 2022 questo strumento “ha permesso l’esportazione di circa 45 milioni di tonnellate di merci ucraine” e parallelamente “l’importazione di circa 23 milioni di tonnellate di merci, generando un reddito stimato di 20 miliardi di euro per gli agricoltori e le imprese ucraine”. Per questo motivo è stata decisa l’implementazione di quelli che vengono definiti dalle due parti “una linea di vita per l’economia ucraina”, con la parallela decisione di prolungare per tutto il 2023 il programma di tariffe zero per l’esportazione di merci dall’Ucraina all’Ue, “come lo è stato l’anno scorso“.

    Il 24esimo incontro di alto livello si è svolto nella capitale ucraina, nonostante i rischi di attacchi aerei dell’esercito di Mosca (che hanno costretto i presidente di Consiglio e Commissione Ue a rifugiarsi nei bunker). Zelensky promette una visita a Bruxelles, “ma non ora è troppo pericoloso”

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    Commissione Ue e governo ucraino hanno firmato a Kiev una serie di intese per rafforzare cooperazione e integrazione

    Bruxelles – Una giornata simbolica per l’impegno dell’Unione Europea a sostegno dell’Ucraina a quasi un anno dall’inizio dell’invasione russa, che non poteva esaurirsi solo alla visita del Collegio dei commissari a Kiev. Sotto la guida della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e del primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, i 15 commissari e commissarie e le rispettive controparti hanno discusso di “oltre 20 argomenti sul tavolo dei lavori” e hanno siglato due intese cruciali: un Memorandum d’intesa per una partnership sui gas rinnovabili e un Programma per l’accesso al Mercato unico.
    Da sinistra: la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il primo ministro dell’Ucraina, Denys Shmyhal, alla sessione plenaria della riunione tra il Collegio dei commissari e il governo ucraino a Kiev (2 febbraio 2023)
    “È stato un giorno emozionante e produttivo con incontri bilaterali e 4 ore di plenaria, non dobbiamo dimenticare che siamo in un Paese in guerra che si sta difendendo, ma abbiamo discusso insieme del nostro futuro comune“, è stata la presentazione dei lavori tra le due parti da parte della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, al termine della giornata di Kiev. In attesa del vertice Ue-Ucraina di domani (3 febbraio) con il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, e del leader ucraino, Volodymyr Zelensky, sono state affrontate tutta una serie di discussioni per il rafforzamento della cooperazione e dell’integrazione di Kiev nell’Unione, in attesa dell’avvio dei negoziati di adesione: dall’energia al commercio, dal roaming dati alla ricostruzione, dall’addestramento militare alla ricerca e innovazione.
    È l’ambito energetico quello che ha occupato buona parte dei lavori del Collegio dei commissari e del governo Shmyhal e che ha portato alla prima intesa di rilievo: il Memorandum d’intesa per il partenariato strategico sul biometano, l’idrogeno e altri gas di sintesi, “passi molto concreti nella direzione di una ricostruzione verde dell’Ucraina”, è la garanzia di von der Leyen. Un accordo che “amplierà la cooperazione energetica in corso tra l’Ue e l’Ucraina ai gas rinnovabili prodotti in modo sostenibile” e che formalizza “l’impegno di entrambe le parti a ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, in particolare di gas russo, e a lavorare per la neutralità climatica”, specifica il testo.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (2 febbraio 2023)
    Ma non è tutto, perché la Commissione ha deciso di “invitare l’Ucraina alla piattaforma energetica per gli acquisti congiunti di gas” e, con l’obiettivo di “assicurare la sicurezza energetica” del Paese, arriveranno a Kiev “2400 generatori aggiuntivi, oltre ai 3000 già consegnati dall’inizio della guerra, più di 150 milioni di euro per l’acquisto di materiale energetico vitale” e una fornitura complessiva di “35 milioni di lampade al Led” (5 milioni in più rispetto ai piani originari), che il presidente Zelensky ha precisato “porterà a una diminuzione considerevole del consumo energetico e delle importazioni di energia” dell’Ucraina.
    A questo si aggiunge la firma dell’associazione al Programma per il Mercato unico, uno dei passi “per garantire all’Ucraina un accesso simile al Mercato unico dell’Ue, per mobilitare lo sforzo economico ucraino nella risposta alla guerra e per la ricostruzione”, ha precisato von der Leyen. Il Programma faciliterà l’accesso ai mercati e l’internazionalizzazione delle imprese, compresa la partecipazione a bandi specifici per le piccole e medie imprese e alle iniziative Erasmus per i giovani imprenditori, e si accompagnerà a una “tabella di marcia in 15 punti per l’accesso al Mercato unico“. A questo proposito va menzionata un’altra proposta della Commissione, ovvero l’estensione “per tutto il 2023” dell’accesso al mercato Ue per Kiev “senza dazi, per mantenere stabile il commercio”, come sta avvenendo dal maggio dello scorso anno.
    Le altre discussioni tra Ue e Ucraina
    La prima riunione tra il Collegio dei commissari e il governo ucraino a Kiev (2 febbraio 2023)
    Sul piano energetico – ma più spostato sul versante russo – è stato intenso il confronto sulla risposta europea e internazionale alla guerra di Mosca in Ucraina. “Entro il 24 febbraio dovremo avere il decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia“, ha anticipato von der Leyen, facendo riferimento al primo anniversario dall’inizio dell’invasione, ma il presidente ucraino Zelensky ha chiesto anche di “migliorare la prevenzione dell’aggiramento” dei nove pacchetti di misure restrittive già in vigore contro Mosca. A proposito di sanzioni, “abbiamo sempre detto che faremo pagare a Putin il prezzo della guerra” e il tetto al prezzo del petrolio greggio russo fissato a inizio dicembre dall’Ue e dai partner del G7 “sta già costando alla Russia circa 160 milioni di euro al giorno“. Ora “introdurremo presto anche un tetto al prezzo dei prodotti raffinati“, ha promesso von der Leyen, con la riunione a Bruxelles degli ambasciatori al Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue, in programma domani proprio in parallelo al vertice Ue-Ucraina a Bruxelles.
    L’azione contro Mosca non si ferma qui. “La Russia deve essere chiamata a rispondere in tribunale dei suoi odiosi crimini” e oggi è arrivato l’annuncio da von der Leyen che “verrà istituito all’Aia un Centro internazionale per il perseguimento del crimine di aggressione in Ucraina“, per coordinare la raccolta delle prove dei crimini di guerra in collaborazione con l’agenzia Ue Eurojust. Nell’immediato però l’obiettivo è la vittoria sul campo di battaglia e per questo motivo l’esecutivo comunitario ha deciso di raddoppiare l’addestramento dei soldati ucraini nell’ambito della Missione di assistenza militare Ue, passando da 15 a 30 mila effettivi dell’esercito di Kiev. L’anticipazione è arrivato a Kiev dall’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che ha anche annunciato che Bruxelles fornirà “25 milioni di euro per sostenere gli sforzi di sminamento nelle aree a rischio” per la popolazione civile nei luoghi liberati dall’occupazione russa.

    Nel corso della prima riunione congiunta del Collegio dei commissari e dell’esecutivo del Paese invaso dall’esercito russa sono stati finalizzati un Memorandum d’intesa per una partnership sui gas rinnovabili e un Programma per l’accesso al Mercato unico: “Oltre 20 argomenti sul tavolo”

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    Prove di adesione Ue per l’Ucraina: von der Leyen e 15 commissari a Kiev per “incontri approfonditi” con il governo

    Bruxelles – È iniziato il giorno che entrerà nei libri di storia delle istituzioni dell’Unione Europea per la sua portata simbolica nel sostegno dell’Ue all’Ucraina. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e 15 membri del suo gabinetto (su 27) sono a Kiev per una sorta di mini-Collegio dei commissari nella capitale del Paese invaso dall’esercito russo da quasi un anno. “Siamo qui insieme per dimostrare che l’Ue è al fianco dell’Ucraina con la stessa fermezza di sempre e per approfondire ulteriormente il nostro sostegno e la nostra cooperazione“, ha fatto sapere la numero uno della Commissione all’arrivo a Kiev, in un appuntamento di cui si conoscono pochissime informazioni per questioni di sicurezza e incolumità degli stessi membri dell’esecutivo comunitario.
    Da sinistra: la vicepremier dell’Ucraina, Olha Stefanishyna, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, a Kiev (2 febbraio 2023)
    L’appuntamento era stato anticipato dai servizi della Commissione già a metà gennaio, senza indicazioni sulla data e sui commissari che sicuramente avrebbero preso parte al confronto con le rispettive controparti del governo guidato da Denys Shmyhal. Certa invece la presenza di von der Leyen, che domani (3 febbraio) parteciperà al vertice Ue-Ucraina con il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, e dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky: si tratta del quarto viaggio a Kiev per la numero uno della Commissione dall’inizio dell’invasione russa – dal primo nell’aprile dello scorso anno per consegnare il questionario di adesione Ue e omaggiare le vittime di Bucha, all’ultima visita in cui ha visto il suo nome iscritto nella ‘Walk of the Brave’. Ma “questa volta sono qui con il mio team di commissari”, per un appuntamento che rappresenta “un forte simbolo del sostegno della Commissione all’Ucraina di fronte all’aggressione immotivata e ingiustificata della Russia”, sottolinea l’esecutivo Ue in una nota.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, a Kiev per la consegna del questionario di preparazione della candidatura all’adesione Ue (8 aprile 2022)
    Ad accompagnare von der Leyen a Kiev ci sono sei vicepresidenti (per il Digitale, Margrethe Vestager, per l’Economia, Valdis Dombrovskis, l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, per i Valori e la Trasparenza, Věra Jourová, e per la Promozione del nostro stile di vita europeo, Margaritis Schinas), mentre a Bruxelles è rimasto il vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Frans Timmermans, che rappresenta la linea di continuità del gabinetto von der Leyen in caso di “estrema necessità”, aveva specificato alla stampa la scorsa settimana il portavoce-capo della Commissione, Eric Mamer. A completare la squadra del Berlaymont in missione a Kiev ci sono i commissari per l’Economia, Paolo Gentiloni, per l’Occupazione e i diritti sociali, Nicolas Schmit, per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, per la Giustizia, Didier Reynders, per gli Affari interni, Ylva Johansson, per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, per il Vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, per i Servizi finanziari, Mairead McGuinness, e per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius.
    I temi di confronto tra la Commissione Ue e il governo ucraino
    Come fanno sapere alti funzionari Ue, l’obiettivo è quello di rafforzare il dialogo e la cooperazione in alcuni settori-chiave come il supporto finanziario e umanitario, l’aumento delle sanzioni contro la Russia – “entro febbraio” la Commissione dovrebbe presentare agli Stati membri la proposta per il decimo pacchetto – e l’implementazione dell’Accordo di associazione Ue-Ucraina e della zona di libero scambio per il commercio. Di primaria importanza il confronto tra i membri della Commissione Ue e del governo ucraino per tracciare un bilancio del percorso del Paese verso l’adesione all’Unione, con un focus specifico sullo Stato di diritto e “gli ultimi sforzi in materia di anti-corruzione”, specificano le fonti. Si discuterà anche la questione del pagamento della prima tranche da 3 miliardi di euro del pacchetto di assistenza macrofinanziaria da 18 miliardi di euro complessivi per il 2023: centrale la discussione sulla situazione sul campo “per capire dove indirizzare precisamente il budget“.

    President @vonderleyen & 15 other members of the College of Commissioners are traveling to Kyiv for a College-to-Government meeting
    A strong symbol of 🇪🇺 support for Ukraine in the face of Russia’s aggression
    Our press release: https://t.co/5ibYy8o3bv https://t.co/vdUCeNpEgF
    — Dana Spinant (@DanaSpinant) February 2, 2023

    Metà dei membri del Collegio hanno accompagnato la numero uno dell’esecutivo comunitario per un confronto con le rispettive controparti ucraine: focus sulla messa a terra dell’assistenza macrofinanziaria, sulle riforme sullo Stato di diritto e sulle sanzioni contro la Russia

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    Olimpiadi 2024, un gruppo di eurodeputati esorta i Ventisette a sostenere l’esclusione di atleti russi e bielorussi

    Bruxelles – La mano pesante della comunità internazionale contro la Russia dovrebbe continuare fino a quando non cesserà la guerra in Ucraina, anche in ambito sportivo. È quanto ribadisce un gruppo di eurodeputati in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, con la richiesta esplicita di esprimersi a favore dell’esclusione di atleti russi e bielorussi dalle Olimpiadi 2024 di Parigi: “Il Consiglio Europeo deve dare l’esempio e schierarsi chiaramente dalla parte dell’Ucraina“.
    Nel testo della lettera – ottenuta e visionata da Eunews – il primo firmatario, l’estone Riho Terras (Ppe), invoca una decisione forte al prossimo vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri Ue in programma il 9 e 10 febbraio: “Chiediamo di sostenere l’esclusione degli atleti russi e bielorussi da tutte le competizioni atletiche internazionali“, Olimpiadi 2024 comprese. Non è la prima volta che dal Parlamento Ue arrivano richieste di prese di posizione a proposito dei Giochi Olimpici – come quella del gennaio dello scorso anno per il boicottaggio delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 – ma questa volta l’esortazione è quella di schierarsi contro una decisione del Comitato olimpico internazionale (Cio), che ha scatenato la reazione non solo degli eurodeputati ma anche del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky.
    Già lo scorso anno diverse organizzazioni sportive avevano preso misure dure dopo l’invasione russa dell’Ucraina, compreso il Cio con l’esclusione delle delegazioni della Russia e della Bielorussia dalle competizioni ufficiali. Diverso è però il discorso sulla partecipazione di atleti russi e bielorussi: secondo il Consiglio di amministrazione del Cio nessun atleta dovrebbe dovrebbe essere punito per le decisioni del proprio governo “se non vi partecipa attivamente” e il principio-guida dovrebbe essere lo svolgimento di “competizioni eque per tutti, senza alcuna discriminazione”. Questo è anche il contenuto della decisione di mercoledì scorso (25 gennaio) a proposito dell’organizzazione delle Olimpiadi 2024 a Parigi, che ribadisce le sanzioni sportive contro i due regimi autoritari: nessuna bandiera, inno o colori dei due Stati deve essere esposto, né alcun funzionario di Stato o di governo può essere accreditato. Tuttavia, “a nessun atleta deve essere impedito di gareggiare solo a causa del suo passaporto” e per questa ragione quelli russi e bielorussi – che rispettino la Carta dei valori olimpici – potranno partecipare come “atleti neutrali”.
    La lettera degli eurodeputati sulle Olimpiadi 2024
    Per il gruppo di eurodeputati però queste misure non sono sufficienti: “La decisione del Comitato olimpico internazionale di consentire agli atleti degli Stati aggressori Russia e Bielorussia di partecipare ai Giochi Olimpici è contraria ai nostri valori democratici che si basano sulla pace e sul rispetto del diritto internazionale”, si legge nel testo della lettera, che accusa l’organizzazione non governativa di “sminuire il riconoscimento e la condanna internazionale dei crimini di guerra e del genocidio in Ucraina“. Il Parlamento Ue ha già condannato la Russia per essere “sponsor di terrorismo” in una risoluzione del novembre dello scorso anno, con la richiesta di avviare l’isolamento internazionale “completo” di Mosca anche sul piano dell’appartenenza a organizzazioni e organismi internazionali.
    Il ginnasta russo Ivan Kuliak, sul podio della Coppa del mondo di atletica in Qatar con il simbolo “Z” della guerra in Ucraina (25 marzo 2022)
    Gli eurodeputati sottolineano che “è consuetudine dei dittatori e dei regimi autoritari armare lo sport come strumento per espandere la propria influenza” e in particolare per il regime di Putin “lo sport è soprattutto uno strumento politico”, come dimostrato “chiaramente” dal programma di doping sponsorizzato dallo Stato. Nel corso dell’ultima edizione dei Giochi Olimpici invernali “gli atleti russi hanno portato a casa 71 medaglie”, di cui “oltre la metà sono andate ad atleti il cui background è legato al Club sportivo centrale dell’esercito“. Lo stesso esercito responsabile per le violenze nei confronti dei civili ucraini e la distruzione di infrastrutture “nel totale disprezzo del diritto internazionale e umanitario”. Per questo motivo i firmatari della lettera chiedono ai leader Ue di “fare tutto il possibile per garantire che il Cio escluda gli atleti russi e bielorussi dai Giochi olimpici del 2024“, ricordando “l’obbligo morale” dei Ventisette di difendere la pace in Europa.

    In una lettera – ottenuta da Eunews – alcuni membri dell’Eurocamera si sono rivolti al presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, per chiedere una presa di posizione al vertice dei leader Ue di febbraio: “Dittatori e regimi autoritari armano lo sport come strumento di influenza”

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    Cos’è l’Associazione delle municipalità serbe in Kosovo al centro dell’anno cruciale per il dialogo Pristina-Belgrado

    Bruxelles – Non c’è speranza di chiudere nel 2023 un accordo definitivo per la normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo, se non si raggiunge un’intesa vincolante per l’istituzione dell’Associazione delle municipalità serbe in Kosovo, come previsto dall’accordo di Bruxelles siglato esattamente 10 anni fa. Passano da qui gli sforzi diplomatici di Unione Europea e Stati Uniti per quanto riguarda il dialogo Pristina-Belgrado, entrato nel suo tredicesimo anno di vita e diventato ormai l’unica soluzione per chiudere contese e tensioni tra i due vicini balcanici.
    Da sinistra: il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, e l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (13 novembre 2022)
    Mentre le pressioni della diplomazia europea e statunitense rimangono particolarmente forti su Belgrado – per l’adozione delle sanzioni internazionali contro la Russia e l’allineamento alla politica estera dell’Ue – non sono da meno quelle nei confronti di Pristina, proprio sulla questione dell’Associazione delle municipalità serbe in Kosovo. Già nel dicembre del 2021 l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, aveva avvertito il primo ministro kosovaro, Albin Kurti, che è imperativo il rispetto di tutti gli accordi sottoscritti con Belgrado, ma nel corso delle ultime settimane le missioni diplomatiche di Bruxelles e Washington – spinte anche dal tridente Francia-Germania-Italia – hanno puntato con forza su questo punto, per sgombrare il campo da ripensamenti o passi indietro rispetto agli impegni presi nel contesto del dialogo mediato dall’Ue.
    Lo dimostra in tutta la sua evidenza la nota del consigliere del Dipartimento di Stato americano, Derek Chollet, e dell’inviato speciale degli Stati Uniti per i Balcani Occidentali, Gabriel Escobar, pubblicata oggi (30 gennaio) a proposito delle “condizioni per una relazione sana, pacifica e sostenibile tra Serbia e Kosovo”. La proposta di mediazione franco-tedesca – ormai divenuta a tutti gli effetti la proposta di mediazione europea – è studiata per “interrompere la spirale di crisi e scontri e far progredire con decisione l’integrazione” dei due Paesi nell’Unione, ma per l’amministrazione Biden “uno dei compiti più critici” è sempre quello che riguarda l’attuazione dell’accordo sull’Associazione delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo. Un “obbligo internazionale, giuridicamente vincolante, che richiede un’azione da parte del Kosovo, della Serbia e dell’Unione Europea”, ma che allo stesso tempo “non mina la Costituzione né minaccia la sovranità, l’indipendenza o le istituzioni democratiche” del Kosovo.

    As Kosovo’s closest friend & ally, we believe that by working to establish the ASM, Kosovo will realize a critical element needed to build its rightful future as a sovereign, multiethnic, and independent country, integrated into Euro-Atlantic structures. https://t.co/iFfSYo2Qao pic.twitter.com/c8yGJYVeHl
    — U.S. Embassy Pristina (@USEmbPristina) January 30, 2023

    Il nodo tra Serbia e Kosovo
    Secondo quanto sottoscritto dalle due parti nell’accordo di Bruxelles del 2013, per la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi balcanici dopo la dichiarazione di indipendenza unilaterale del Kosovo dalla Serbia il 17 febbraio 2008 è prevista l’istituzione di “un’associazione/comunità di comuni a maggioranza serba in Kosovo”, aperta a “qualsiasi altro comune, purché i membri siano d’accordo”. Un’Associazione creata “da uno statuto”, con un suo presidente, vicepresidente, Assemblea e Consiglio e la possibilità di “cooperare nell’esercizio dei loro poteri in modo collettivo” nei settori dello “sviluppo economico, istruzione, sanità, pianificazione urbana e rurale“. Forze di polizia e autorità giudiziarie saranno uniche per tutto il Kosovo, ma con l’autorizzazione alla formazione di un comando regionale di polizia per le quattro municipalità settentrionali a maggioranza serba (Mitrovica settentrionale, Zvecan, Zubin Potok e Leposavic) e un collegio di giudici istituito dalla Corte d’Appello di Pristina per occuparsi di tutte le municipalità a maggioranza serba del Kosovo.
    A 10 anni dall’accordo di Bruxelles non sono stati compiuti progressi sostanziali per l’implementazione sul campo dei 15 punti, mentre si sono acuite nell’ultimo anno le tensioni nel nord del Kosovo sia sulla questione delle targhe per i veicoli sia per le conseguenze delle dimissioni di massa di sindaci, consiglieri, parlamentari, giudici, procuratori, personale giudiziario e agenti di polizia serbo-kosovari dalle rispettive istituzioni nazionali. L’Associazione delle municipalità serbe in Kosovo è considerata da Belgrado un’entità di governo che deve essere istituita proprio a partire dall’intesa giuridicamente vincolante di Bruxelles, ma è anche una potenziale leva politica in mano del presidente della Serbia, Aleksander Vučić, per continuare a controllare indirettamente una zona contesa (l’intero Kosovo è tutt’ora considerato parte del Paese). Quello che invece contesta Pristina – dopo il deciso cambio di rotta del governo nazionalista di Kurti dall’elezione del 2021 – è che la nuova Associazione in Kosovo non sia nient’altro che una replica della fallimentare Republika Srpska in Bosnia ed Erzegovina, l’entità a maggioranza serba nel Paese che negli ultimi anni ha portato a una destabilizzazione sempre maggiore del Paese proprio per l’eccessiva autonomia garantita a un establishment politico filo-russo.
    “Siamo assolutamente contrari alla creazione di qualsiasi entità che assomigli alla Repubblica Srpska in Bosnia ed Erzegovina“, hanno assicurato i due diplomatici statunitensi nella nota, chiedendo invece a Pristina di “fornire la propria visione di questa associazione”. Secondo quanto emerge dalle parole di Chollet ed Escobar, il rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák, avrebbe fatto notare al premier Kurti che “esistono 14 accordi simili all’interno dell’Unione Europea, nessuno dei quali viola i sistemi europei di governo effettivo”, che garantiscono autonomie specifiche all’interno del quadro degli Stati nazionali. L’associazione “non sarebbe mono-etnica” e “non aggiungerebbe un nuovo livello di potere esecutivo e legislativo al governo del Kosovo”, assicurano i mediatori, mentre l’aspetto più positivo potrebbe essere il fatto che “i comuni che condividono interessi, lingua e cultura potrebbero lavorare insieme in modo più efficace per affrontare le sfide comuni” negli ambiti autorizzati dall’accordo di Bruxelles del 2013.

    Unione Europea e Stati Uniti stanno cercando di mediare tra Serbia e Kosovo su uno dei punti più divisivi dei negoziati. La creazione della comunità è prevista dall’accordo di Bruxelles del 2013, ma il rischio è quello di istituzionalizzare la divisione etnica, come con la Republika Srpska in Bosnia

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    Vittime palestinesi in Cisgiordania, l’Ue a Israele: “L’uso di forza letale solo come ultima risorsa per proteggere vite”

    Bruxelles – Sono 10 le vittime palestinesi accertate del raid delle Forze di Difesa Israeliane (Idf) nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Almeno 20 i feriti. “Un massacro compiuto dal governo di occupazione israeliano nel silenzio internazionale”, è il grido di Nabil Abu Rudeinah, portavoce del presidente palestinese Abu Mazen. Un “operazione di antiterrorismo” per catturare “una cellula della Jihad islamica coinvolta pesantemente nella realizzazione e nella progettazione di molteplici attacchi terroristici, incluse sparatorie contro militari e civili israeliani”, replicano le Idf israeliane.
    Il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh e l’Alto rappresentane Josep Borrell, 23/01/23
    Gli scontri si sono verificati al termine di una settimana in cui sia il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, che il presidente israeliano, Isaac Herzog, si sono recati a Bruxelles: il primo è stato invitato al Consiglio Affari Esteri lunedì 23 gennaio, il secondo ha incontrato Ursula von der Leyen e Roberta Metsola prima di tenere un discorso al Parlamento europeo, ieri mattina (26 gennaio), alla cerimonia per la Giornata della memoria. Shtayyeh aveva definito “fruttuoso” l’incontro con l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, e con i 27 Ministri degli Esteri dei Paesi membri, in cui è stato ribadito il sostegno alla soluzione dei due Stati e l’impegno a fare in modo che Israele fermi le sue annessioni unilaterali del territorio palestinese.
    Eppure un’altra volta, l’Europa osserva attonita e incapace di reagire alla violenza nei territori occupati. “Ciò che sta succedendo in Cisgiordania dimostra che la situazione sul campo continua a essere molto tesa”, ha ammesso il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano. Nel 2022, secondo l’ufficio di coordinamento umanitario per il Territorio Palestinese Occupato (Ocha-Opt) delle Nazioni Unite, sono state 191 le vittime palestinesi per mano delle Idf o dei coloni israeliani. Un numero così alto non lo si vedeva dalla fine della seconda intifada, nel 2006. “Questo è un trend negativo, che va letto anche alla luce degli attacchi terroristici compiuti l’anno scorso in Israele”, ha dichiarato Stano. Anche se, nello stesso periodo, Ocha-Opt ha registrato solamente 21 decessi di cittadini israeliani, 17 civili e 5 militari.
    “Mentre continuiamo a sostenere il diritto legittimo di Israele di decidere sulla sua sicurezza, ribadiamo che l’uso di forza letale deve essere proporzionato, in linea con la legge internazionale, utilizzabile solo come ultima risorsa e allo scopo di proteggere vite”, ha affermato ancora il portavoce del Seae, appellandosi a “entrambe le parti per fare del loro meglio per fermare l’escalation“. Le premesse non sono le migliori: l’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha fatto sapere che il Coordinamento di sicurezza con Israele, il tavolo di collaborazione tra i due governi per mantenere l’equilibrio in Cisgiordania, “non esiste più da questo momento”. Mentre diverse fonti riportano le promesse di vendetta di Hamas e della Jihad islamica palestinese: “Israele pagherà il prezzo per il massacro di Jenin”, avrebbe dichiarato uno dei leader di Hamas, Saleh Al-Arouri.

    Il raid delle Forze di Difesa Israeliane al campo profughi di Jenin ha provocato 10 vittime e almeno 20 feriti. Nel 2022 sono morti 191 palestinesi per mano di militari e coloni israeliani, il numero più alto dalla seconda intifada. Il portavoce del Seae, Peter Stano, chiede a “entrambe le parti di fermare l’escalation”

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    È stato inaugurato in Polonia il nuovo hub rescEu per l’assistenza energetica d’emergenza all’Ucraina

    Bruxelles – Poco più di un mese per allestire un hub energetico a sostegno dell’Ucraina, per fronteggiare i sempre più ricorrenti attacchi russi alle infrastrutture civili nel Paese. Il commissario europeo per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, ha inaugurato ufficialmente questa mattina (26 gennaio) il nuovo hub rescEu in Polonia, “un centro logistico per la fornitura di assistenza energetica di emergenza all’Ucraina”, che permetterà a tutti i partner internazionali di Kiev, pubblici e privati, di mettere a disposizione del Paese sotto attacco strumenti per garantire i mezzi di sopravvivenza della popolazione civile.

    Today I am in Poland to meet the 🇵🇱 PM @MorawieckiM and inaugurate the new #rescEU hub in Poland, a logistical centre for delivering emergency energy assistance to 🇺🇦. This new EU hub will also allow the international partners and private sector to channel their donations to 🇺🇦. https://t.co/5O30y9QU9m
    — Janez Lenarčič (@JanezLenarcic) January 26, 2023

    “La Polonia è in prima linea nei progetti attivi attuati nell’ambito dello strumento di protezione civile dell’Ue rescEU”, è quanto sottolinea il portavoce del governo polacco, Piotr Müller. Oltre all’hub energetico inaugurato oggi, Varsavia sta realizzando “un progetto di donazione di energia raccogliendo attrezzature e generatori di corrente che saranno trasferiti in Ucraina”, un’iniziativa “particolarmente importante quando l’invasore russo prende di mira le infrastrutture critiche del Paese e le interruzioni di corrente in Ucraina sono regolari”. All’inaugurazione dell’hub energetico il commissario Lenarčič ha voluto sottolineare che “sin dal primo giorno di guerra abbiamo lavorato fianco a fianco con le autorità polacche per garantire una consegna rapida e organizzata di aiuti salvavita da tutta Europa all’Ucraina” e ora, attraverso l’hub energetico, “partner internazionali e settore privato potranno incanalare le loro donazioni all’Ucraina” in modo più rapido.
    Il commissario europeo per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič (26 gennaio 2023)
    Nell’hub energetico strategico saranno convogliati generatori di emergenza, per cui Bruxelles ha stanziato 114 milioni di Europa per l’acquisto da parte di Varsavia: da quelli di piccole dimensioni per alimentare singole abitazioni, a quelli più grandi adatti a mantenere in funzione gli edifici pubblici e i servizi essenziali. Saranno immediatamente consegnati a Kiev mille nuovi generatori provenienti dalla riserva rescEu in Polonia, che si aggiungono agli oltre 800 già inviati in tutto il Paese dall’inizio dell’invasione russa (gli ultimi 40 sono stati convogliati a 30 ospedali nelle regioni di Donetsk, Zaporizhzhia, Mykolaiv e Kherson). Attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue sono stati inviati anche 100 generatori di piccola e media potenza dalla Francia, 19 dalla Slovacchia, 23 dalla Germania, 52 trasformatori dalla Lituania e 4 sistemi di alimentazione di emergenza dalla Polonia.
    L’hub energetico e il supporto Ue all’Ucraina
    A dimostrazione dell’importanza dell’hub energetico e del sostegno su questo fronte da parte dell’Unione Europea, lo scorso 9 gennaio il vicepresidente della Commissione Ue per il Green Deal, Frans Timmermans, ha incontrato a Kiev il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e il primo ministro, Denys Shmyhal, per un confronto sui bisogni immediati di fronte agli attacchi intensificati della Russia contro le infrastrutture critiche del Paese e sulle potenzialità di azioni coordinate per ridurre l’influenza di Mosca nel settore energetico dell’Ue.
    L’incontro tra il vicepresidente della Commissione Europea per il Green Deal, Frans Timmermans, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (9 gennaio 2023)
    Lo stesso tema sarà portato sul tavolo del vertice Ue-Ucraina in programma il 3 febbraio a Kiev, come confermato al termine della conversazione telefonica tra il presidente Zelensky e la numero uno della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, del 2 gennaio. Sul piano del sostegno immediato entro la fine del mese arriverà il primo lotto di 15 milioni di lampade a Led finanziate dall’Ue. Un primo passo dell’impegno a sborsare 30 milioni di euro per l’acquisto di 30 milioni di lampade al led, “che sono oggi vitali per portare luce all’Ucraina” aveva spiegato la stessa presidente von der Leyen alla conferenza internazionale di solidarietà di Parigi lo scorso 13 dicembre: “Si potrà così risparmiare un gigawatt di elettricità, che è equivalente alla produzione annuale di una centrale nucleare”.

    Il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, ha dato il via alle operazioni ufficiali del centro logistico per il trasferimento di aiuti rapidi in caso di attacco alle infrastrutture energetiche da parte dell’esercito russo. Servirà anche convogliare donazioni private e internazionali a Kiev

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    L’Iran sanziona 34 individui e entità: 6 sono eurodeputati, tra loro la leghista Bonfrisco

    Bruxelles – Non si è fatta attendere la risposta di Teheran al quarto pacchetto di sanzioni Ue, promulgato appena due giorni fa (23 gennaio) da ministri degli Esteri dei 27. La Repubblica Islamica, così come già successo lo scorso novembre, ha immediatamente reagito, azionando misure restrittive per 34 individui e entità europee e del Regno Unito. Ancora una volta, le sanzioni colpiscono direttamente il Parlamento Ue: 6 gli eurodeputati all’indice, tra cui la leghista Anna Cinzia Bonfrisco.
    Con lei i socialdemocratici Thijs Reuten e Dietmar Köster, il membro del Partito Popolare europeo Lukas Mandl (ppe), Abir Al-Sahlani e Bart Groothuis del gruppo Renew, colpevoli di “sostegno al terrorismo e incoraggiamento alla violenza contro il popolo iraniano”. È il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amir-Abdollahian, a chiarire che gli individui e le entità sanzionate hanno “interferito negli affari interni della Repubblica islamica dell’Iran e diffuso false informazioni” sul regime, oltre ad “aver partecipato all’escalation di crudeli sanzioni contro il popolo iraniano”. Per tutti loro sono previsti “il blocco dei conti e delle transazioni nei sistemi finanziari e bancari iraniani, il sequestro dei beni all’interno della giurisdizione della Repubblica islamica dell’Iran, nonché il divieto di rilascio dei visti e di ingresso nel territorio della Repubblica islamica”, si legge nella nota pubblicata dal Ministero degli Esteri di Teheran.
    Anna Bonfrisco
    Anna Bonfrisco è la seconda italiana a essere oggetto di sanzioni dal regime di Teheran dopo la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno. La ragione del suo inserimento nella lista potrebbe risiedere nel fatto che proprio Bonfrisco è stata la prima firmataria di una lettera inviata a novembre all’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per chiedere l’esclusione dell’Iran dalla Commissione sulle condizioni della donne delle Nazioni Unite. “L’espulsione di Teheran dalla Commissione Onu è stata una prima conquista, ora c’è bisogno di inserire i Guardiani della Rivoluzione nella black list europea dei terroristi”, ha dichiarato Bonfrisco dopo aver appreso la notizia della sua condizione. Una condizione che “dedica alle donne della resistenza iraniana, che hanno fatto conoscere la follia e le atrocità del regime dei mullah”.
    Anche la presidente dei socialdemocratici, Iratxe Garcia-Perez, ha commentato le misure restrittive a carico di due membri del gruppo: “Questa decisione sconsiderata non ci intimidisce. Le sanzioni rafforzano il nostro impegno e la nostra convinzione di opporci alla spietata repressione contro donne, uomini e giovani che si oppongono alla brutalità del regime in Iran”. Secondo Garcia-Perez, il pacchetto di sanzioni approvato in settimana dal Consiglio Affari Esteri non basta: “Come ulteriore passo necessario, esortiamo ora gli Stati membri a designare il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Irgc) come organizzazione terroristica”, ha concluso la capogruppo S&d.

    Teheran risponde alle sanzioni decise dal Consiglio Affari Esteri Ue appena due giorni fa, imponendo misure restrittive a individui e entità “colpevoli di sostegno al terrorismo e violenza contro il popolo iraniano”. L’eurodeputata leghista risponde: “dedico questa condizione alle donne della resistenza in Iran”