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Test e tracciabilità, si muovono le Regioni del No

“Un rischio c’è e sarebbe sbagliato non riconoscerlo, è chiaro che un rischio lo stiamo assumendo poiché il rischio zero ora non esiste ma ci arriveremo solo quando ci sarà il vaccino. Fino ad allora si tratta di assumersi dei rischi ponderati e di provare a gestire una fase diversa”. Lo ha affermato il ministro della Salute Roberto Speranza a ‘1/2 ora in più’ a proposito della riapertura della mobilità infra regionale dal 3 giugno. Per “il rischio zero avremmo dovuto conservare un lockdown assoluto per mesi ma il Paese non avrebbe retto”. Che ci sia una “differenza sui territori è un dato di fatto innegabile e il nord ha pagato il prezzo più alto, ma ora il trend di tutte le regioni va nella direzione giusta. Al momento – ha sottolineato il ministro i dati ci dicono che è vero che ci sono differenze quantitative ma la tendenza di tutte le regioni va nella direzione giusta ed è in discesa”. Tuttavia, ha avvertito, “le settimane che arriveranno sono ancora con un esito non scontato e le misure di distanziamento e precauzione saranno determinanti”. Ora, ha aggiunto il ministro, “il Paese sta molto meglio, abbiamo avuto una fase difficilissima e siamo stati i primi a dover prendere decisioni durissime, ma il coronavirus non è finito, è un’onda che si sta spostando ma non è scomparso. Dunque, le norme resteranno”. “Abbiamo ancora bisogno di comportamenti corretti. Dal 4 maggio i dati sono progressivamente migliorati e nonostante le aperture prudenti e graduali, comunque la curva non si è rialzata ma ha continuato a piegarsi dal lato giusto. Ma guai a cantar vittoria e pensare – ha concluso Speranza – che tutto sia finito”.

“Sembra che dal 3 giugno, da mercoledì, non ci sia più il limite del confine regionale di spostamenti. Ma noi siamo in attesa di un provvedimento nazionale. Questa cosa va a consolidarsi solo dopo l’adozione del provvedimento a livello nazionale, da come la vedo io, ci vorrà un Dpcm che interrompa il blocco”, ha detto il governatore del Veneto, Luca Zaia, rilevando che “a memoria, tutti gli atti decadrebbero dal 15 giugno, per anticipare bisognerebbe fare un provvedimento di revoca”.

“Aspettare anche una settimana, e arrivare anche in Lombardia a numero di contagi molto ridotto, darebbe sicurezza a tutta l’Italia e forse si potrebbe riaprire con maggiore tranquillità”, “sarebbe un ragionamento di semplice buon senso” dal momento che i dati sui contagi “non sono ancora assestati” e la Lombardia mantiene ancora un “impatto pesante”. Lo ha detto il governatore toscano Enrico Rossi a Sky Tg24. Per Rossi anche tra i cittadini “c’è un sentimento diffuso di preoccupazione”. “Rischiamo un po’ – ha aggiunto – di lanciare un messaggio altalenante, in base alle emozioni”. Quello “attuale è che tutto è finito: non è cosi, i fenomeni non sono assestati, anche in Toscana: l’altro giorno c’erano due casi di contagio, ieri 12”. Laddove ce ne sono centinaia “rimango un po’ sbalordito a vedere questa forte spinta a riprendere a far tutto come prima”, “sarei più cauto”. “Non voglio fare lo sceriffo – ha concluso -, non sono per la guerra tra Regioni ma il mio invito al Governo è di considerare anche questi aspetti”.

“Non si giustificano atteggiamenti da parte degli altri Paesi europei che siano punitivi verso l’Italia, perchè la situazione attuale dell’Italia è di livello superiore rispetto alla media degli altri paesi dell’Ue”, ha poi aggiunto Speranza.

“Credo nella distinzione tra potere esecutivo e giudiziario e non posso commentare. Politicamente, però, dico che chiunque abbia avuto responsabilità, dall’Oms ai governi ai presidenti di Regione ed i sindaci, devono tutti essere pronti a rendere conto”, ha spiegato Speranza a proposito dell’inchiesta sulle zone rosse. “Questa è la bellezza della democrazia e non ci dobbiamo spaventare. Penso di aver sempre rispettato le norme ma è giusto che la magistratura faccia il suo corso e dovere”.

“Tutte le risorse possibili devono essere messe sul Sistema sanitario nazionale – ha detto poi Speranza -, quindi se ci sono risorse che possono arrivare sono d’accordo, ma sul Mes il dibattito è di altra natura: la preoccupazione è che se l’Italia fosse l’unico paese a usare il Mes avrebbe uno stigma e sarebbe percepita come paese debole, inoltre se la conseguenza è l’innalzamento tassi di interesse bisogna valutare se c’è convenienza o meno”. 


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