Prima resa dei conti in Parlamento a Brasilia, dove le politiche per l’Ambiente e per i Popoli indigeni dell’Amazzonia si trovano sotto attacco, nel silenzio assordante del presidente progressista Luiz Inacio Lula da Silva. Nel mirino del Congresso – dove l’esecutivo non ha la maggioranza, ed il cosiddetto Centrão (un insieme di partiti minori) rappresenta l’ago della bilancia – sono finiti i portafogli di Marina Silva e Sonia Guajajara.
I poteri delle due ministre, note a livello internazionale per il loro impegno, e volti credibili dell’inversione di rotta delle politiche del Paese sull’Amazzonia, potrebbero essere presto ridimensionati in virtù di un provvedimento sulla riorganizzazione dei ministeri, presentato da un deputato del Movimento democratico brasilero (partito del cosiddetto Centrão), che ha già ottenuto un primo via libera dalla commissione mista Camera-Senato.
Il testo, che ora deve essere approvato in plenaria, sottrae a Silva – tra le altre – la competenza sull’Agenzia nazionale per l’acqua, per trasferirla allo Sviluppo regionale, guidato da Waldez Góes, vicino al Centrão. E le conseguenze dell’iniziativa sul neonato ministero dei Popoli Indigeni sono anche più preoccupanti, poiché lo svuota della funzione di riconoscere e delimitare le terre protette, passando questa attribuzione al Ministero della Giustizia, presieduto da Flavio Dino, braccio destro di Lula, e sicuramente più politico nelle sue scelte.
Un progetto, quello sul ministero degli Indigeni, da leggere anche in combinazione con un primo via libera ad una votazione d’urgenza su una norma che limita la demarcazione delle terre indigene a quelle che erano già state occupate dai popoli nativi prima dell’entrata in vigore della Costituzione del 1988, rispolverando il cosiddetto ‘Marco temporal’. Manovre che strizzano l’occhio ai latifondisti dell’agribusiness (zoccolo duro delle politiche dell’ex presidente Bolsonaro) che non hanno mai fatto mancare il proprio dissenso per le politiche delle due ministre.
Stanno “smantellando la politica indigena” ha reagito Guajajara. “Il trasferimento della competenza per la delimitazione delle terre è un errore pericoloso. Questa misura – ha spiegato – mette a rischio i diritti delle popolazioni native e apre spazio affinché le influenze politiche e gli interessi economici prevalgano”. Sulla stessa linea i commenti di Silva, che ha definito gli affari dei latifondisti agricoli come un ‘agrobusiness’ (un ‘business di mostri’). Mancate politiche per mitigare le emissioni di carbonio nel settore – ha avvertito – potrebbero deragliare gli accordi internazionali del Paese. Intese come quella Ue-Mercosur, per intenderci. “L’immagine internazionale di Lula non è sufficiente” – ha ammonito – per “garantire investimenti e chiudere accordi internazionali”.
Intanto il presidente, che si era fatto promotore del soccorso agli indigeni Yanomami (accusando Bolsonaro di genocidio) resta in silenzio, mentre dai vertici del suo partito, il Pt, si grida “vittoria”, perché la “Commissione mista ha approvato un parere favorevole all’organizzazione dei ministeri”.
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