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Al giuramento vincono sobrietà e norme Covid

FOTO di Massimo Percossi, Giuseppe Lami, Alessandro Di Meo, Fabio Frustaci, Ettore Ferrari

Sobrio, essenziale e inevitabilmente ligio alla paura del Covid. Il governo di Mario Draghi entra in carica e il giuramento dei suoi 23 ministri, al Quirinale, si adegua alla pandemia. Anche nella forma. Del resto, misurato per eccellenza è il premier stesso che non tradisce emozione quando giura, scandisce i tre paragrafi della formula di rito e all’ultimo rivolge lo sguardo al presidente Mattarella. Undici secondi e via. Niente spettacolo nemmeno dopo, alla cerimonia della campanella con il predecessore Conte, anticipata dall’amuchina con cui entrambi si disinfettano le mani. Per il nuovo capo del governo l’unica svista è davanti al picchetto d’onore, nel cortile di Palazzo Chigi, quando non si ferma davanti al Tricolore e alla bandiera europea.

Ma un attimo dopo ha già rimediato. Solenne come sempre ma più controllata è la cerimonia al Colle. Prima novità, il dress code: nel salone delle Feste domina la mascherina, per tutti la Ffp2, oltre al tampone d’obbligo prima di entrare. Sparisce così la mimica più o meno volontaria. Mancano pure gli occhiolini, come fu tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio nel governo precedente. Il coronavirus si impone su ogni dettaglio, compresa la penna per firmare. Sostituita al volo da un messo a ogni ministro. Bandite inoltre le strette di mano con il premier e il capo dello Stato. Grande assente è la stampa, specie l’ala dei fotografi spesso la più rumorosa per i clic. Lo spazio sembra allargarsi. Nella sala di fronte a Mattarella, ci sono 23 sedie distanziate e in più file. Una per ogni ministro, arrivati al Colle senza parenti. Vietati pure quelli. Mancano così le foto del passato, dei quasi ministri accompagnati da mogli, mariti, figli o fidanzati.

Unica stranezza, Vittorio Colao che entra al Colle con zaino e trolley (probabilmente atterrato da Londra). Ridotta all’osso anche la commozione. A tradirla per un attimo è Mariastella Gelmini. Prima delle otto donne a giurare, inizia a recitare la formula di rito, proclama la fedeltà alla Repubblica ma si stoppa. Défaillance della memoria o solo l’ansia del momento. Nei colori dell’outfit trionfano il nero e il blu scuro. Tranne per le cravatte rosse di Andrea Orlando e Roberto Speranza, quella che vira al bordeaux di Draghi, il completo grigio di Roberto Cingolani e il gilet blu notte di Patrizio Bianchi. Elegantissima Mara Carfagna in blu e tacchi a spillo. Fra le colleghe prevale il nero, solo Erika Stefani spariglia con una giacca a motivi bianchi e neri mentre la ministra più giovane, Fabiana Dadone (37 anni compiuti ieri) ‘stacca’ il nero con un top con sfumature rosa. Il galateo dell’era Covid si rompe nella foto di rito: in posa per il tempo di un clic, Mattarella e il governo si tolgono la mascherina.

Basta stare a distanza, garantita da un palchetto a tre livelli. Ma soprattutto sfugge al rigore il saluto al premier uscente. Accompagnato dalla compagna Olivia Paladino, Conte incassa un lungo e fragoroso applauso di funzionari e dipendenti di Palazzo Chigi, mentre il portavoce Rocco Casalino non nasconde gli occhi rossi. Uscendo, Conte ringrazia anche un gruppetto di persone che lo acclama. E ai cronisti ammette: “E’ stata una grande esperienza”, confermando però che bisogna “sempre” guardare avanti. “Mai rammarichi”, aggiunge.

 


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