Un lungo applauso e poi il silenzio. La memoria e poi il presente. Per suggellare la vita sulla morte e riflettere sul “male altrui” senza voltarsi dall’altra parte davanti a pericolosi revisionismi, togliendo lo “spazio politico” a chi ancora oggi nega l’orrore dell’Olocausto. La senatrice a vita Liliana Segre, invitata a Bruxelles dal presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, restituisce alla Plenaria che commemora i 75 anni dalla liberazione di Auschwitz la sua esperienza di giovane prigioniera del campo di concentramento nazista, emozionando tutti i presenti che affollano l’aula.
L’antisemitismo e il razzismo ci sono “sempre stati, ci sono corsi e ricorsi storici”, ma i rigurgiti di oggi sono il segno di un “momento politico” che è cambiato e permette di “tirarli fuori”, perché “arrivano momenti in cui ci si volta dall’altra parte, in cui è più facile far finta di niente” e “tutti quelli che approfittano di questa situazione trovano il terreno adatto per farsi avanti”, ha detto la senatrice, richiamando più volte, con le parole di Primo Levi, il ‘male altrui’ che “nessun prigioniero ha mai potuto dimenticare”.
A oltre settant’anni dalla marcia della morte, Segre richiama la ragazzina che è stata e ha “brucato nei letamai”, quella “magra, scheletrita, disperata, sola, che non piangeva più” e che la perseguita ancora oggi che è diventata un’altra, definendosi la nonna di se stessa, e ringrazia per il solo fatto di esistere.
“Non era questo il disegno di qualcuno”, ripete in un paio di occasioni, così come non lo era l’esistenza del Parlamento europeo e dell’Unione. Circostanze rese possibili anche dalla “scelta di pochissimi” e “straordinari” che durante le persecuzioni ebbero il coraggio di schierarsi con la non indifferenza rischiando anche la propria vita contro i regimi.
Mentre “i nostri vicini di casa”, anche in Italia o in Francia, ricorda Segre, “furono un aiuto straordinario per i nazisti, denunciando e prendendo possesso del nostro appartamento, del nostro ufficio, a volte anche del nostro cane, se era di razza”. E proprio la parola razza, avverte la senatrice, “la sentiamo ancora dire, per questo dobbiamo combattere il razzismo strutturale che c’è ancora”.
E si trova quotidianamente nelle cronache di “violenze, sacrilegi, insulti che rappresentano attacchi all’Europa e ai valori che essa rappresenta”, ricorda Sassoli, avvertendo che “il nazismo e il razzismo non sono opinioni ma crimini”. Se “Auschwitz è indicibile”, è allora dovere di chi c’è oggi e di chi prende parte al gioco politico – ammonisce il presidente del Pe – “trasmettere la testimonianza di coloro i quali hanno visto l’indicibile”. Come Liliana Segre fa da anni, affinché i giovani, i suoi “futuri nipoti ideali” siano “in grado di fare la scelta” della non indifferenza “e con la loro responsabilità e la loro coscienza siano sempre quella farfalla gialla che vola sopra i fili spinati” disegnata da una bambina del campo di Terezin prima di essere uccisa dai nazisti. Il viaggio nella memoria del “male altrui” costa fatica ma serve, assicura la senatrice, “anche per ricordare che si può, una gamba davanti all’altra, essere come quella bambina di Terezin”.
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