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    Vertice d'urgenza ad Arcore con Berlusconi e Tajani

    Un vertice d’urgenza è stato convocato da Silvio Berlusconi ad Arcore. Secondo quanto si apprende sono arrivati il coordinatore nazionale Antonio Tajani e i capigruppo Annamaria Bernini e Paolo Barelli.   

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    Draghi al Quirinale da Mattarella

    Il presidente del Consiglio Mario Draghi è stato ricevuto al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel corso del colloquio – spiegano fonti del Quirinale – è stato fatto un esame della situazione politica internazionale e nazionale. Mattarella ha riferito a Draghi del suo viaggio in Africa. Per quanto riguarda il voto sul dl aiuti, Mattarella non ha commentato eventuali scenari.

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    Renzi: 'Si può andare avanti anche senza M5s, pentastellati decidano cosa fare'

    Una verifica di maggioranza, come chiesto dal presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, “se il Movimento Cinque Stelle se ne va, a maggior ragione è un tema da affrontare tutti insieme con il presidente del Consiglio”. Lo afferma il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, nel corso di un punto stampa a Milano. “È chiaro – aggiunge – che se non c’è più il Movimento, per me si può andare avanti anche senza, ma bisogna vedere se ci sono la volontà e i numeri, e su che cosa. Qui c’è da non perdere i soldi europei, il Pnrr, da fare la legge di bilancio, poi forse qualcuno vuole fare la legge elettorale”.
    “Il Movimento Cinque Stelle ci faccia sapere. Penso che il Paese non possa più aspettare”, ha detto Renzi, nel corso di un punto stampa a Milano. “C’è bisogno di rimettersi in moto – aggiunge – e che il governo Draghi possa governare, se vogliono andare ad elezioni si vada a elezioni, se vogliono andare avanti con questo governo si vada avanti con questo governo – ed è la scelta che noi preferiamo – se si vuole fare un Draghi bis lo si faccia, ma non si può più fare aspettare la gente. Perché quello che sta accadendo a livello internazionale è gravissimo”.
    “Conte ormai è un clown a fine carriera, di quelli che non fanno più ridere. Il M5S decida cosa fare, ma la smetta di giocare sulla pelle dei cittadini”, ha poi scritto su Twitter Renzi.

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    Bannon pronto a testimoniare sull'assalto a Capitol Hill

    Steve Bannon è pronto a raccontare la sua verità sui giorni che hanno portato all’assalto a Capitol Hill. Dopo essersi rifiutato per quasi un anno, l’ex braccio destro di Donald Trump ha annunciato alla Commissione speciale della Camera che indaga sull’attacco di voler testimoniare. Un’udienza pubblica e trasmessa in diretta, questa la richiesta dell’ex stratega della Casa Bianca, che rischia di trasformarsi in uno show scritto e diretto da Trump ma che comunque la commissione considera preziosa per fare luce sui legami tra i gruppi estremisti e l’ex presidente.
    Il dietrofront di Bannon è stato comunicato dal suo avvocato, Robert J. Costello, in una mail nella quale si sostiene che l’ex stratega “non ha cambiato posizione”, semplicemente non aveva finora potuto testimoniare per via del “privilegio esecutivo” invocato da Trump in suo favore subito dopo i fatti del 6 gennaio 2021. Ora che le condizioni sono cambiate, si legge nel messaggio, e cioè dopo che l’ex presidente ha deciso di revocare la tutela, “il signor Bannon è pronto a ottemperare alla convocazione della Commissione”. Preferibilmente, si sottolinea quasi en passant alla fine del messaggio, “in un’udienza pubblica”. Poche ore dopo la notizia che Trump aveva dato il via libera alla testimonianza del suo ex stratega in una lettera nella quale lo esortava a “raccontare la sua verità, dopo essere stato maltrattato”.
    Insomma, una vicenda che sa tanto di trappola architettata ad arte dai due ex compagni di scorribande alla Casa Bianca. Tanto più che il 18 luglio dovrebbe iniziare il processo a Bannon per oltraggio al Congresso per essersi rifiutato di cooperare con le indagini sull’assalto. Il dipartimento di Giustizia ha già chiarito che la testimonianza è “irrilevante” ai fini del procedimento, ma è possibile che ci sia uno slittamento.

    Agenzia ANSA

    La super testimone: ‘Incitò i suoi fan a marciare e aggredì l’agente alla guida della limousine presidenziale per tentare di raggiungere i manifestanti’ (ANSA)

    La commissione speciale considera Bannon una figura cruciale per comprendere i legami tra i gruppi estremisti che hanno messo a ferro e fuoco il Campidoglio e l’amministrazione Trump, argomento della prossima udienza pubblica in programma il 12 luglio.
    L’ex stratega è stato accusato di aver brigato per far uscire dal carcere il capo dei Proud Boys, Enrique Tarrio, due giorni prima l’assalto. Ed è ritenuto un personaggio fondamentale nel processo di radicalizzazione dei sostenitori dell’ex presidente attraverso il suo podcast ‘War room’, bandito da tutte le principali piattaforme social per i contenuti violenti. Lui stesso in più di un’occasione si è vantato di essere essere “l’ideologo” dietro i tentativi di Trump e i suoi di ribaltare il risultato delle elezioni vinte da Joe Biden. Ed era Bannon, secondo quanto riferito dalla super testimone Cassidy Hutchinson, che l’allora capo dello staff della Casa Bianca, Mark Meadows, avrebbe dovuto incontrare in gran segreto in un hotel di Washington la notte prima dell’assalto.
    E’ chiaro quindi che la testimonianza dell’ex stratega può rappresentare un punto di svolta nella ricostruzione dei giorni più bui nella storia recente degli Stati Uniti. La commissione dovrà però trovare il modo di ascoltarla senza concedere a Bannon, e a Trump, uno show da prima serata.   

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    In Ue 3.5 milioni di rifugiati, ok a 80mila ricollocamenti

    “Stiamo lavorando alla dichiarazione di solidarietà tra gli stati membri: per ora abbiamo 13 Paesi che si dicono pronti subito ai ricollocamenti, con oltre 80mila ricollocamenti già concordati e altri pronti ad aiuti finanziari. Per me si tratta di un buon risultato”. Lo ha detto Ylva Johansson, commissaria europea per gli Affari interni alla riunione dei ministri dell’Interno europei a Praga, spiegando che i primi ricollocamenti avverranno già questo mese.
    “Per anni non siamo riusciti a compiere passi avanti e ora, con la peggior crisi sui rifugiati dalla fine della seconda guerra mondiale, siamo arrivati a questo”, ha aggiunto. “L’idea è di vedere come procede la fase volontaria per poi arrivare al nuovo regolamento sull’immigrazione”.
    Il numero dei rifugiati ucraini presenti all’interno dell’Unione Europea oscilla “tra i 3,2 e i 3,7 milioni”, ha affermato Johansson. L’incertezza è dovuta alle sovrapposizioni dei calcoli tra chi ha varcato la frontiera con l’Ue ma non ha richiesto la protezione temporanea e chi invece l’ha richiesta ma poi è rientrato in Ucraina. Se si guarda al numero dei rifugiati pro capite la Repubblica Ceca è in testa, seguita da Polonia e Lituania.
     Johansson ha messo in guardia sul traffico d’armi: “Abbiamo alcune indicazioni che il traffico di armi è in corso ma, soprattutto, sappiamo per esperienza che il contrabbando avviene durante o dopo una guerra: ci sono molte armi in Ucraina e non tutte sono sempre nelle mani giuste”, ha sottolineato. “L’Onu ci ha avvertito che ci possono essere anche nuove rotte d’ingresso per il traffico di droga”. “Lanceremo un ‘security hub’ a Chisinau”, ha aggiunto.

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    Coletto, via vincolo esclusività per infermieri

    (ANSA) – PERUGIA, 11 LUG – “Via il vincolo di esclusività per
    gli infermieri e le altre professioni sanitarie dipendenti delle
    strutture pubbliche”: è la proposta che arriva da Luca Coletto,
    assessore alla Salute della Regione Umbria e responsabile del
    dipartimento Sanità della Lega. “Questo risolverebbe parte dei
    problemi che si presentano sul territorio e sarebbe importante
    anche per alleggerire la situazione in Umbria” aggiunge parlando
    con l’ANSA.   
    “In Italia – ha ricordato Coletto – ci sono 930 mila famiglie
    con a carico un disabile o un malato cronico presso le loro
    abitazioni, mentre altre 250 mila hanno a casa bambini alle
    prese con problemi per i quali, dopo l’intervento del medico, è
    necessario vengano seguiti da un infermiere, ad esempio per
    flebo o per fare iniezioni. E’ quindi giusto dare a tutte le
    professioni sanitarie la possibilità di accedere alla libera
    professione anche perché attualmente nel Paese mancano circa 70
    mila infermieri. Non serve sottolineare che l’assistenza
    domiciliare per chi ne ha diritto e per i casi previsti nei Lea,
    è comunque dovuta ed erogata a titolo gratuito”.   
    Coletto guarda anche al futuro, agli ospedali di comunità e
    alle case della salute che verranno realizzate anche grazie ai
    fondi del Pnrr. “Sarà necessario formare – ha proseguito –
    infermieri, tecnici radiologi e di laboratorio, riabilitatori e
    altre figure per farli funzionare al meglio, oltre a trovare le
    coperture finanziarie, da parte del Governo, per poterli
    assumere”.   
    “Oggi – ha spiegato ancora il responsabile sanità della Lega e
    assessore umbro – gli infermieri mancano anche nelle Rsa dove
    per questo si ricovera meno. Finisce quindi che i pazienti
    vengono inviati dai pronto soccorso ai reparti occupando posti
    letto per acuti che di fatto sono ricoveri inappropriati”.   
    (ANSA).   

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    Il genocidio di Srebrenica, una macchia nella storia europea

    Ventisette anni fa in questi giorni l’Europa visse una delle pagine più nere della sua storia recente. Fra l’11 e il 18 luglio 1995 venne infatti perpetrato il genocidio di Srebrenica, una delle atrocità più sconvolgenti della guerra in Bosnia Erzegovina (1992-1995), che costò la vita a 8.300 persone secondo le cifre ufficiali, mentre secondo altre fonti locali gli scomparsi sarebbero più di diecimila.

    Alcune madri, mogli, figlie e sorelle ripercorrono quei drammatici giorni.

    In quei giorni le truppe serbo-bosniache agli ordini del generale Ratko Mladic entrarono nella città di Srebrenica e massacrarono la popolazione musulmana. Quando i serbo-bosniaci irruppero in città, oltre 40.000 abitanti fuggirono verso la base dell’Onu di Potocari, a nord del centro urbano. Circa 7.000 persone riuscirono a entrare nell’area della base, presidiata da un centinaio di caschi blu olandesi che avrebbero dovuto difendere la città, dichiarata dall’Onu zona protetta. Gli altri si accamparono fuori. All’arrivo dei serbo-bosniaci i caschi blu non intervennero, mentre Mladic fece separare gli uomini da donne e bambini, che furono deportati.
    Gli uomini – secondo le testimonianze di sopravvissuti e secondo l’atto di accusa del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia (Tpi) che con una sentenza dell’aprile 2004 ha stabilito per primo che fu genocidio – furono passati per le armi. I corpi degli uccisi nelle esecuzioni di massa vennero sotterrati in fosse comuni.
    A migliaia fuggirono nelle campagne circostanti e le milizie serbo-bosniache aprirono una gigantesca caccia all’uomo catturandone moltissimi: in gruppi di 200-300 furono messi in fila e fucilati. “In quattro ore il 16 luglio ne abbiamo uccisi 1.200”, racconterà anni dopo davanti al Tpi Drazen Erdemovic, uno dei comandanti delle truppe serbo-bosniache, il primo a essere condannato nel 1996 a cinque anni di carcere. “Ho visto decine di uomini sgozzati in un campo di grano – ha raccontato Abid Efendic – ho visto teste mozzate, ragazze violentate da decine di soldati”.

    La commemorazione per 27esimo anniversario del genocidio

    Ratko Mladic e Radovan Karadzic, rispettivamente capo militare e leader politico di serbi di Bosnia, entrambi già condannati definitivamente all’ergastolo, dopo il massacro cantarono vittoria: con Srebrenica i serbi avevano conquistato oltre il 60% della Bosnia, ma quella strage convincerà l’allora presidente americano Bill Clinton ad intervenire dopo che per oltre tre anni l’Europa aveva guardato distaccata e divisa la mattanza alle porte di casa. In pochi mesi Washington riuscì a portare al tavolo di Dayton (Usa) musulmani, croati e serbi, ma il risultato si limitò a sancire la divisione etnica creando un Paese diviso in due entità, la Repubblica Srpska, a maggioranza serba e che comprende anche Srebrenica, e la Federazione croato-musulmana.
    La tragedia ha pesato a lungo e continua a pesare sulla coscienza della comunità internazionale. Per Srebrenica, nell’aprile 2002 il governo olandese di Wim Kok decise di dimettersi dopo che l’Istituto per la documentazione di guerra riconobbe la responsabilità dei politici e dei caschi blu olandesi nel non aver saputo impedire il massacro. Il comando olandese dirà poi d’aver chiesto l’intervento degli aerei Nato a difesa della città. Nell’ottobre del 1999 l’allora segretario generale dell’Onu Kofi Annan ammise le responsabilità: “La tragedia di Srebrenica peserà per sempre sulla nostra storia”.

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    Cannabis: sindaco Bologna, Santori? La legge va rispettata

    (ANSA) – BOLOGNA, 11 LUG – “Sono perché la legge sia
    rispettata anche quando la si vuole cambiare”. Così il sindaco
    di Bologna Matteo Lepore, Pd, rompe il silenzio sulle
    dichiarazioni di Mattia Santori, consigliere comunale con delega
    al Turismo e alle Politiche giovanili, sempre quota dem, sulla
    sua coltivazione ‘casalinga’ di cannabis. “Mattia finora ha
    lavorato bene – dice Lepore – Spero che non voglia sprecare
    tutto”. Su un’eventuale sfiducia a Santori, per ora Lepore
    frena: “È un consigliere comunale con delega, quindi sta
    esercitando il suo diritto di esprimere le sue opinioni”.   
    “Stiamo facendo un percorso nella nostra città che coinvolge
    esperti sui temi delle sostanze e delle dipendenze – aggiunge il
    sindaco – C’è poi una proposta di legge in discussione alla
    Camera che introduce elementi di novità rispetto alla
    coltivazione della cannabis in casa. Credo che dobbiamo
    attenerci a questo percorso, senza strappi”. “È importante
    continuare sul percorso che ci siamo dati, questo non è il
    Parlamento – dice ancora Lepore – ma il consiglio comunale”.   
    (ANSA).