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    Meloni sfida le grandi piazze e rilancia la Bicamerale

    Un minitour elettorale della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni nei prossimi giorni toccherà le grandi piazze italiane. Domani L’Aquila, poi Firenze, nella storica Piazza Santa Croce, che spesso ospita le manifestazioni dei sindacati. Quindi Trento, Bolzano, Mestre. E domenica la sfida più impegnativa, quella di Piazza Duomo, al centro di Milano, la città che ad aprile ospitò la conferenza programmatica del partito. Fino all’exploit della chiusura unitaria con Berlusconi e Salvini, il 22, nella stessa piazza del Popolo dove il giorno dopo chiuderà la campagna elettorale il leader dem Enrico Letta.    “Dobbiamo centrare due obiettivi: vincere come coalizione e essere primo partito”, è il piano della Meloni, pronta a contestare che “la posta in gioco sia tra un governo di centrosinistra o di destra, ma tra uno con una maggioranza solida e uno con una maggioranza arcobaleno”. E intanto, dal salotto di “Porta a Porta”., la leader di Fdi rilancia sulle riforme. “Possiamo ripartire da sistema francese, qualcuno propone il premierato, il sindaco d’Italia, importante è che si parli di questa che è la madre di tutte le riforme. La Bicamerale è una delle soluzioni su cui sono d’accordo, sono per aprire un dibattito. Io vorrei fare le riforme con tutti ma non mi faccio impantanare dalla sinistra”, spunta le armi di Letta che grida all’allarme democratico con la vittoria del centrodestra. Le riforme, lascia intendere la Meloni, le faremo a larga maggioranza e con l’accordo di tutti.    All’alleato Matteo Salvini la leader Fdi ribadisce ferma la sua posizione su energia (“per rifondere i sovraccosti da qui a marzo servono 3 o 4 miliardi di euro dai fondi europei: non serve lo scostamento di bilancio”) e sanzioni alla Russia ( “Non mi torna che non stiano funzionando, qualcosa invece stanno facendo. Mosca ci metterà 10 a anni a recuperare il Pil prima della guerra”). E ammette che con il leader della Lega “ci sono battibecchi, ma montarli ad arte no.. “. Per esempio spiega: nella famosa foto di Cernobbio “avevo le mani ai capelli, ma Salvini non stava parlando: stava parlando Letta”. Giorgia Meloni squaderma sondaggi che danno Fdi ancora in crescita. E intanto torna a rintuzzare le parole del segretario dem, contro l’attuale legge elettorale: “Enrico Letta – attacca Meloni – definisce il Rosatellum “‘la peggiore legge elettorale che ha visto il nostro Paese’. E ha ragione. Non a caso è stata scritta e imposta dal PD, con il voto contrario di Fratelli d’ Italia. Ma quanto fa ridere la sinistra italiana?”. “Nel Nel programma del Pd c’è scritto Meloni: se smetto di fare politica che fanno? Pensano sempre al mostro”, ironizza. E poi: “E’ gravissimo che Letta parli di una Europa di serie B con Ungheria e Polonia. Loro immaginano la Ue come un club. Letta chieda scusa alla Polonia, la nazione più esposta con la Russia, perchè fa avere a Putin il messaggio che a noi della Polonia non ce ne frega nulla”, affonda a “Porta a Porta”..    Da registrare oggi anche la ribadita contrarietà all’adozione per i single e per le coppie gay, anche se viene accettato l’invito a cena dall’assessore al Welfare di Napoli, Luca Trapanese, papà single che ha felicemente adottato una bimba con una grave disabilità, di nome Alba e ha chiesto alla Meloni di confrontarsi. “Per un bambino essere cresciuto e amato da un papà e una mamma è meglio che esserlo da uno solo dei 2” è la chiosa della leader Fdi, che non si sposta dalle sue posizioni. 

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    Letta, con il centrodestra allarme democratico. Salvini, il popolo è sovrano

    Rosatellum alla mano, Enrico Letta ha lanciato “un allarme: la destra potrebbe raggiungere il 70% dei seggi, con evidente rischio di stravolgimento della democrazia del nostro Paese”. E’ stato un attacco a due fronti: a Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, ma anche a Giuseppe Conte e a Carlo Calenda. Il ragionamento del segretario Pd si basa sugli “effetti perversi” della legge elettorale, alla luce del taglio dei parlamentari: “E’ possibile – ha spiegato – che il 43% dei consensi dati al centrodestra si trasformi in un 70% dei seggi, uno scenario politico e democratico da incubo”. Per Letta, però, non c’è ancora nulla di scritto. L’idea che la destra abbia già vinto “è solo un abbaglio”, perché “ci sono 60 collegi uninominali contendibili” e la partita si gioca lì, per questo la scelta vera è “fra noi e la destra”. In quest’ottica, “il voto per le liste di Calenda e Conte è oggettivamente un aiuto per la vittoria della destra”.
    Di nuovo: Rosatellum alla mano, per Letta “un +4% a noi” invece che a 5s o Terzo polo “consentirebbe di riportare la partita nella contendibilità”. In un collegamento via Zoom, Letta ha spronato i 600 candidati e candidate della lista: “Abbiamo 17 giorni per cambiare la storia del nostro Paese”. Nel pomeriggio, in piazza Santi Apostoli a Roma, il segretario dem ha aperto la campagna elettorale per la Capitale e il Lazio. “Non c’è nessun rischio per la democrazia perché il popolo è sovrano – gli ha risposto Salvini – Letta vive su Marte”. E anche Giorgia Meloni ha respinto al mittente: la legge elettorale “è stata scritta e imposta dal Pd, con il voto contrario di Fratelli d’ Italia. Ma quanto fa ridere la sinistra italiana?”. Gelido Silvio Berlusconi: “Sto vivendo” questa campagna elettorale “in un modo non praticato da altri leader, perché io parlo solo dei punti del nostro programma. Mentre vedo che molti altri fanno una campagna elettorale tutta di attacchi e calunnie e questo mi spiace molto”. Il colpo di Letta era diretto soprattutto a destra, al rischio “che venga stravolta nei fatti la nostra Costituzione”. Ma il rinculo è arrivato al centro e sul M5s. “Ma quindi ⁦Enrico Letta⁩ avete già perso? – è stata la battuta di Calenda -. Che modo di fare campagna elettorale assurdo. Bloccheremo noi la destra sul Senato al proporzionale”. 
    E Conte: “Cari cittadini non cadete nella mistificazione opportunistica di chi dice che il voto utile sia solo il voto utile solo a se stesso, trovo tanta arroganza in questa posizione. Letta ha deciso di fare di noi un capro espiatorio”. Al Nazareno ripetono che “la partita è aperta e contendibile, ce la possiamo giocare, punto su punto, territorio su territorio”. E l’apertura della campagna elettorale in Santi Apostoli, a Roma, è stata tutta su questo refrain: “Cominciamo la nostra rimonta qua, da questa che è la nostra piazza, la piazza del popolo del centrosinistra”, ha esordito Letta. Il clima è stato da motivatori. In attesa del comizio, musica da discoteca anzi, da playlist ‘tendenza’ di Spotify. Sono saliti sul palco il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e poi Nicola Zingaretti, la capogruppo Simona Malpezzi ed Elly Schlein. Attacchi alla Meloni e uno sprone ai militanti: E’ in gioco il destino del Paese e possiamo farcela. Per Letta, bisogna combattere “tre percezioni sbagliate che si stanno diffondendo nel Paese. La prima, una vittoria annunciata della destra e quindi di conseguenza un clima da liberi tutti. Il rischio è che al posto del voto utile ci sia il voto della leggerezza, della superficialità. La seconda è: vinceranno, ma non governeranno, perché si squaglieranno subito dopo. La terza: tanto l’Europa alla fine ci salva” invece, ha concluso parlando ci candidati, “dopo non ci salverà qualcun altro, sta a noi oggi, nella campagna elettorale e nel voto, salvare noi stessi, salvare l’Italia”.

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    Elezioni: Renzi, Draghi è l'unica alternativa a Meloni

    (ANSA) – MILANO, 06 SET – “E’ una partita a due: o vince la
    Meloni, che non credo sia fascista e che ci sia il fascismo alle
    porte, ho paura del portafoglio perchè non credo sia brava a
    governare e non ha competenza economica per fare quel lavoro, o
    l’unica alternativa che vedo è Mario Draghi”: è quanto ha detto
    il leader di Italia Viva Matteo Renzi intervenuto a Italia7Gold.   
    “Nessuno dei due poli è credibile per governare il paese
    perchè hanno fatto proposte che non stanno né in cielo né in
    terra”, ha aggiunto Renzi che si è detto certo che “tanta gente
    che ha votato Forza Italia e Lega e che non vuole finire con la
    fiamma della Meloni vuole venire con noi. Prenderemo i voti dei
    delusi della destra e dei delusi di sinistra”. (ANSA).   

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    'Dall'inizio della guerra l'Ue versa alla Russia 85 miliardi' LO STUDIO

    Dall’inizio dell’invasione in Ucraina l’Ue è stato il principale importatore di combustibili fossili dalla Russia, per un controvalore di 85 miliardi di euro. I calcoli li fa il Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), nato in Finlandia nel 2019.
    LO STUDIO
    Secondo il Crea, i guadagni complessivi di Mosca dalle esportazioni di petrolio, gas e carbone hanno raggiunto i 158 miliardi di euro da febbraio ad agosto, rispetto ai 100 miliardi di euro che, secondo le stime, la guerra è costata al Cremlino. 
    Dopo l’Ue, i principali acquirenti di energia russa sono Cina (35 mld), Turchia (11 mld), India (7 mld) e Corea del Sud (2 mld). Nell’Unione, i maggiori importatori sono stati Germania (19 mld), Paesi Bassi (11,1 mld), Italia (8,6 mld), Polonia (7,4 mld), Francia (5,5 mld). I proventi di queste esportazioni, ammonisce il Crea, hanno contribuito per circa 43 miliardi di euro al bilancio federale russo, aiutando a finanziare la guerra in Ucraina.    Ma l’istituto di ricerca indica anche che rispetto all’inizio dell’invasione c’è stato un calo del 18% dei volumi delle esportazioni di combustibili fossili russi, trainato da un calo del 35% delle esportazioni verso l’Ue e solo parzialmente compensato da altri Paesi. L’impatto dello stop all’import di petrolio russo deciso da Bruxelles è ancora da valutare pienamente, si legge inoltre nel rapporto, ma gli acquisti Ue sono già calati del 17% e sono destinati a diminuire del 90% quando il divieto sarà a pieno regime, alla fine dell’anno.       

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    Aie, ecco le proposte alla politica contro crisi dell'editoria

    (ANSA) – ROMA, 06 SET – L’intero sistema dell’editoria è oggi
    in pericolo per l’emergenza carta: da questa consapevolezza
    partono le quattro proposte dell’Aie (Associazione italiana
    editori) al governo che verrà.   
    Il settore del libro muove 3,4 miliardi di fatturato e
    interessa 5.200 case editrici, 5.000 librerie, oltre 70.000
    occupati nella filiera: “È la prima industria culturale del
    Paese e la quarta in Europa – si legge nel documento. E
    l’editoria europea è leader al mondo. Il libro è cultura: è
    piacere di leggere, approfondimento, strumento per la scuola,
    l’università, le professioni, il lavoro. Per questo il libro
    contribuisce alla crescita economica e sociale del Paese”.   
    Prima proposta, quella per far fronte alla crisi della carta,
    i cui costi sono aumentati fino all’80% negli ultimi sei mesi:
    “Chiediamo per i libri il credito di imposta già previsto per
    giornali e periodici, essenziale per la sopravvivenza di molte
    aziende”.   
    “Il futuro del libro dipende dalla sua capacità di continuare
    a rinnovarsi – si sottolinea nella seconda proposta. Il settore
    aspetta da anni una legge di sistema che guardi al lungo
    periodo, con incentivi all’innovazione e
    all’internazionalizzazione per tutta la filiera”.   
    La terza proposta si basa sulla valorizzazione del diritto
    d’autore e sulla lotta alla pirateria, un fenomeno sempre più in
    crescita, che distrugge ben 771milioni di fatturato ogni anno e
    5.400 posti di lavoro.   
    La quarta, la più strategica, la lettura, perché più libri
    significa più cultura e quindi più Paese. A partire dalla
    scuola, dai bambini e dai ragazzi: “Costruiamo insieme un futuro
    migliore per il nostro Paese – conclude il documento –
    sostenendo l’acquisto di beni e servizi culturali, dando
    continuità alla 18App e sviluppando strumenti analoghi per altre
    categorie di cittadini. Aiutiamo le famiglie e gli studenti
    nell’acquisto di libri di studio per scuola e università.   
    Sosteniamo le infrastrutture della lettura: biblioteche e
    librerie, in particolare nelle aree svantaggiate”. (ANSA).   

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    Decreti inattuati per 7.8 mld, corsa di Draghi per recuperarli

     Al 2 settembre, tra i governi Conte e Draghi, sono 392 i decreti legge “inattuati” o “scaduti”, per circa 7,8 miliardi.
    Dei 271 del governo Draghi, 64 non sono ancora scaduti, 118 sono senza termine e 92 sono scaduti. E’ quanto emerge incrociando i dati di una tabella che sta circolando tra i ministeri e quelli di Palazzo Chigi che sottolinea tanto l’impegno profuso per ridurre dell’82,2% i decreti arretrati (passati dai 679 del febbraio 2021 ai 121 odierni), quanto la “sferzata” impressa dal premier per avvicinarsi il più possibile all’azzeramento dello stock,anche per “riutilizzare” le risorse.Un eventuale tesoretto aggiuntivo.
    Comunque vada – è il convincimento di Palazzo Chigi – i soldi non andranno persi. Dalla data del suo insediamento ad oggi – si sottolinea -, questo governo, per far fronte anche alle diverse emergenze nazionali ed internazionali che si sono presentate, ha adottato molti atti normativi, da cui sono stati previsti 732 provvedimenti attuativi. Di essi, al 2 settembre 2022, 461 sono stati già adottati e 271 da adottare. Dei 271 da adottare, ben 61 (e non 64 come comunicato inizialmente, ndr) hanno un termine non scaduto, 118 sono senza termine e 92 con termine scaduto”. Non solo: “Per i mesi di settembre ed ottobre è stato assegnato un target complessivo di 243 provvedimenti, che consentiranno di adottare anche quei decreti del governo Draghi con un termine di scadenza tra settembre ed ottobre”. “La presidenza del Consiglio dei Ministri ha un target di 18 provvedimenti (9 per mese) che prevedono proprio l’adozione delle 16 misure del Governo Draghi più 2 dei Governi precedenti. Tra questi” c’è “anche il dpcm dei fondi all’editoria”, rimarcano ancora da Palazzo Chigi.
    Tra i provvedimenti che risultano scaduti nel 2021 c’è quello per la definizione delle procedure per la stipula di contratti di appalti di lavori e forniture di beni o servizi per le attività dell’Agenzia finalizzata alla tutela della sicurezza nazionale per lo spazio cibernetico”. Per tale decreto “di natura regolamentare”, “si è nella fase di acquisizione dei pareri richiesti dalla legge”, rimarcano gli uffici. Quanto all’adozione della strategia nazionale contro la povertà energetica e la determinazione degli standard tecnici e delle misure di moderazione dell’uso di dispositivi di illuminazione pubblica (con scadenza il 27 luglio), invece, “sono previsti nel target di settembre del Ministero della transizione ecologica – si precisa -. Stesso discorso per il decreto del Ministro di lavoro, di concerto con il Ministro delle pari opportunità per il sostegno della parità salariale di genere sui luoghi di lavoro, che è anche obiettivo del Pnrr”.   

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    Dl aiuti bis: per la siccità arriva un commissario straordinario

    La nomina di un commissario straordinario per accelerare gli interventi necessari per il contrasto e la prevenzione della siccità. Lo prevede un emendamento condiviso al dl aiuti bis su cui c’è accordo politico.
    Il commissario, in carica fino al 31 dicembre 2023, può avvalersi di subcommissari nominati, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tra i Presidenti delle Regioni. Tra le funzioni del commissario c’è anche la possibilità, per esercitare i propri compiti, di adottare ordinanze, in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale.
    La proposta sarà all’esame domani delle Commissioni al Senato.

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    Elezioni: scintille Letta-Calenda.”Aiutate la destra”. “Sei un disco rotto”

     L’avversario è a destra, ma anche di fianco. Giornata di scontri fra l’ accoppiata Azione-Iv e il Partito democratico con + Europa, sulla diretticre Palermo-Milano.    Carlo Calenda e Matteo Renzi hanno escluso la volontà di fare alleanze politiche con il Nazareno dopo il voto. Per la verità, anche Enrico Letta non ne ha mai parlato, però ne ha approfittato, da Palermo, per attaccare i centristi: “Mi sembra che sia chiaro ormai: il Terzo polo guarda a destra”. La replica del segretario Pd ha preso spunto dalle parole del leader di Azione che, nel tracciare lo scenario a cui sta lavorando, aveva spiegato: “L’alleanza con Pd non la farò: sennò l’avrei fatta prima. Un governo di larga coalizione, questo voglio fare. Serve un governo di Alleanza comune, mi auguro anche con la Meloni”.    Per mettere un freno ai commenti in arrivo a raffica dagli esponenti del Pd, in giornata il leader di Azione ha chiarito il senso delle sue parole sulla Meloni: l’obiettivo è “un governo di unità nazionale possibilmente guidato da Mario Draghi”, ma “non c’è spazio per un governo politico con sovranisti e populisti”. Quella parola “politico” fa la differenza: per Calenda, se mai ci sarà, l’alleanza non sarà per affinità elettive, ma per necessità e con Draghi premier. Per Letta, però, quella frase sulla Meloni nasconde il vero intento di Calenda: “Chi vuole battere la destra – ha detto il segretario Pd – ha un solo voto utile, quello per il centrosinistra. Tutti gli altri sono voti che in un modo o nell’altro aiutano le destre”. Calenda ha provato a chiuderla con una battuta: “Enrico Letta⁩ sei una specie di disco rotto”. Ma le scintille non sono finite lì. Anche perché le stoccate di Letta erano partite già da prima, per interposto bersaglio. In Sicilia il segretario Pd se l’era presa con il M5s, che ha fatto dietrofront sulla candidatura di Caterina Chinnici alla presidenza della Regione: “Per me la parola data, la stretta di mano e l’impegno preso davanti agli elettori sono le cose più importanti”. Le stesse parole usate nei confronti di Calenda, quando in diretta Tv stracciò l’accordo firmato col Pd qualche giorno prima.    Archiviato da tempo lo strappo dai dem, per il leader di Azione l’agenda rimane sempre quella, visto che “io e Renzi – ha rivendicato – siamo gli unici a sostenerla”. Anche per l’ex compagno di viaggio, il segretario di +Europa Benedetto Della Vedova, inervenuto a Milano,”se la coalizione vince non si cambiano le politiche del premier e non si cambia nemmeno Draghi”, o quanto meno “il suo modo di governare”. Però, ha precisato, “un governo con Meloni non lo capisco e non ha senso. Io la voglio battere alle urne”. E comunque, e qui è arrivata la stoccata, “chi ha avuto ossessione per Fratoianni dovrebbe averla decuplicata per Meloni e Salvini”. Come a dire: con Letta no ma con Meloni sì? Della Vedova ha attaccato il Terzo Polo convinto che “nei collegi uninominali vinceranno solo le due coalizioni” più grandi e quindi chi “si mette in mezzo” come Calenda e Renzi “fa un favore alla destra”. E chi li vota a Milano, per esempio, finisce che “elegge Giulio Tremonti”, ha aggiunto Della Vedova, che si gioca uno scranno alla Camera con l’ex ministro e l’azionista Giulia Pastorella nell’uninominale di Milano centro. E mentre Emma Bonino ha puntato il dito sulla politica “impantanata in diatribe tutte all’interno del raccordo anulare”, l’esponente Pd Francesco Boccia si è detto d’accordo con Della Vedova: “Era evidente che Calenda e Renzi non c’entravano nulla con la storia del centrosinistra. Non hanno possibilità di incidere nel quadro politico: votarli è come votare per Meloni”. Ma tanto “non staremo di nuovo con il Pd che ha perso l’anima – ha risposto Renzi – dopo aver cambiato idea su reddito di cittadinanza e jobs act possono cambiare il nome in M5s”.