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    Scalfari, l'addio in Campidoglio “Grazie direttore”

        “Grazie direttore”. A sfogliare l’album delle presenze per l’ultimo saluto a Eugenio Scalfari, l’incipit di ogni dedica è questo. “Caro direttore, ciao direttore…”. A prescindere se a firmare sia davvero un suo collega o qualcuno con cui condivise la redazione. Scalfari, scomparso il 14 luglio a 98 anni, è e resterà per tutti “il” direttore. Lo sarà per i tanti politici, dal presidente Sergio Mattarella al premier Mario Draghi, accorsi ieri alla camera ardente, per la generazione di firme del giornalismo italiano che ha contribuito ad “allevare”, per il mondo della cultura e, soprattutto, per i tanti lettori arrivati oggi al Campidoglio per l’ultimo saluto nella commemorazione laica, pubblica. “Roma saprà ricordarlo come merita”, promette il sindaco Roberto Gualtieri, in una sala della Protomoteca piena fino allo stremo, tanto che l’ingresso viene chiuso e una piccola folla si forma in Piazza Campidoglio a seguire dal maxischermo. Sul feretro, la fotografia che ritrae il fondatore di Repubblica e L’Espresso in campagna, con il suo cane. Poi le ortensie blu, le corone di fiori delle maggiori autorità dello Stato, i primi numeri dei “suoi” giornali e le prime pagine di oggi con la scritta “Grazie direttore (1924-2022)”.
    “Scalfari ha inciso un segno profondo nel giornalismo, nella cultura, nella politica italiana all’insegna dell’innovazione e della modernizzazione del Paese. Un segno che è un’eredità costruita nel fuoco delle stagioni, combattendo battaglie cruciali”, ricorda Gualtieri. In prima fila, le figlie del direttore, Enrica e Donata con la famiglia, ma anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, Gianni Letta, Piero Fassino, Luigi Zanda, Lirio Abbate, Mario Calabresi e, tra la folla, il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Beppe Giulietti, il regista Roberto Andò. Ma non solo l’Italia. Se anche Le Monde oggi dedica due pagine a “il” direttore, alla commemorazione arriva il messaggio del presidente francese Emmanuel Macron, che definisce Scalfari un “prefiguratore dell’Unione”.
    “La Francia ha perso un grande amico – legge commosso per lui Bernard Guetta – In lui non c’era solo l’amore per la nostra lingua, ma prima di tutto l’amore per la Francia, dei suoi lumi, della sua enciclopedia, della sua rivoluzione. Sappiate che Francia lo amava e ammirava e gli resta eternamente riconoscente”. “Eugenio Scalfari era un democratico convinto, amante della libertà e delle libertà – ricorda Walter Veltroni – Figlio di quella generazione che ha vissuto l’incubo e il sogno, che ha liberato questo Paese dalle macerie e lo ha fatto correre finché ha potuto. Le ultime volte che l’ho sentito, però, era sfiduciato, amareggiato. Si sentiva anche lui straniero in patria”. Poi, uno dopo l’altro, i suoi “allievi” e successori, tra aneddoti, lavate di testa e grandi insegnamenti. “Aveva il coraggio di osare nel leggere le notizie, l’idea di non fermarsi mai, di innovare”, dice Maurizio Molinari, oggi alla guida di Repubblica. “Ci chiedeva di essere la falange macedone, la roccaforte imprendibile”, aggiunge il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, ricordando quel “patto generazionale che solo a Repubblica ha funzionato”. Con lui, aggiunge Ezio Mauro, per vent’anni alla guida del quotidiano, “per la prima volta il lettore non era un cliente, ma un partner”. Scalfari gli si rivolgeva convinto che “il cambiamento fosse possibile, anche nel nostro Paese. Aveva – conclude – la capacità di suscitare un’altra Italia”.

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    'La crisi rischia di bloccare i rifornimenti a Kiev'

    La crisi politica a Roma potrebbe privare l’Ucraina delle armi e impedire l’introduzione del tetto massimo al prezzo del gas in Europa. A lanciare l’allarme è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, mentre Stati Uniti e Unione europea che chiedono stabilità politica temendo un indebolimento del fronte anti-Putin.
    Dalle pagine di Politico.eu Di Maio ha accusato i critici di Mario Draghi di fare gli interessi del presidente russo e ha poi lanciato un appassionato appello al voto di fiducia del Parlamento al presidente del Consiglio: “I russi proprio ora stanno celebrando di aver fatto cadere un altro governo occidentale”, ha affermato. “Ora dubito che possiamo inviare armi” in Ucraina. Per il titolare della Farnesina, inoltre, “se il governo cade mercoledì, non avremo il potere di firmare nuovi contratti per l’energia e questo è grave perché siamo diretti verso l’inverno”. Sul tema delle forniture energetiche il ministro degli Esteri si è soffermato nuovamente più tardi, intervenendo online al congresso del Partito socialista.
    “Se salta il governo Draghi – ha avvertito – salta il tetto massimo al prezzo del gas, perché il presidente del Consiglio è stato il promotore dell’iniziativa in Ue. Questo significa che a risentirne sarebbero le imprese e le famiglie”, con la perdita di competitività e il carobollette. Le parole di Di Maio sulle armi all’Ucraina, hanno trovato un immediata eco a Kiev. Mikhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, si è augurato che “la tradizionale lotta politica interna nei paesi occidentali non intacchi l’unità nelle questioni fondamentali della lotta tra il bene e il male. In particolare, sulla fornitura di armi all’Ucraina”. “Non possiamo permettere al Cremlino di usare la concorrenza politica come arma per minare le democrazie”, ha aggiunto Podolyak.
    Da Bruxelles, dopo l’avvertimento lanciato sulla preoccupazione che da qui al 2023  “Mosca cerchi di destabilizzare i governi europei con la disinformazione e attraverso i suoi delegati interni”, interviene oggi il portavoce della Commissione europea per le questioni estere Peter Stano, precisando che “la consegna di aiuti militari all’Ucraina è responsabilità degli Stati membri, non dell’Ue”. Stano ha poi ricordato che è prassi dell’esecutivo comunitario “non commentare mai gli sviluppi interni degli Stati membri”. Quanto sia caldo il tema e soprattutto quanto sia importante mantenere forte la pressione su Mosca lo dimostra il fatto che solo ieri l’Ue ha adottato la proposta di un nuovo pacchetto di misure per mantenere e rafforzare l’efficacia dei sei pacchetti di sanzioni contro la Russia, grazie all’introduzione di un nuovo divieto di importazione dell’oro russo, rafforzando i controlli sulle esportazioni di tecnologie avanzate. Bruxelles a parte, il decreto per il terzo invio di armi all’Ucraina è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 13 maggio. Al momento non si parla di un ipotetico quarto decreto, tanto più nel corso di una crisi di governo. Ma il tema potrebbe tornare all’attenzione nel caso di una schiarita politica. Rassicurazioni sul sostegno alla resistenza ucraina sono giunte recentemente dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Tuttavia in caso di un nuovo decreto il titolare della Difesa, come le altre volte, andrà al Copasir per illustrare l’elenco – secretato – delle armi.

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    Documento di D'Incà, riforme Pnrr a rischio con le dimissioni del governo

    Uno scenario “estremamente critico” con i decreti legge pendenti in Parlamento che potrebbero subire uno stop e con le “riforme abilitanti per raggiungere gli obiettivi del Pnrr entro dicembre 2022” che non giungerebbero al traguardo, dalla concorrenza, ancora da approvare in Parlamento, alla giustizia, che aspetta invece i decreti attuativi.
    È l’allarme che lancia il ministro 5S per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà in caso di “dimissioni del governo” mentre è in corso il Consiglio nazionale del Movimento 5 Stelle per decidere la linea da tenere sulla crisi in corso. Al palo resterebbe anche la riforma del fisco. 

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    Card.Bassetti,auguro a don Maffeis di donare tutto se stesso

    (ANSA) – PERUGIA, 16 LUG – “Questa Chiesa ha bisogno di un
    pastore con il profumo delle pecore e mi auguro che tale sia don
    Ivan Maffeis. Al nuovo pastore di questa Chiesa, che per quasi
    tre anni è stato mio prezioso collaboratore alla Cei, auguro di
    poter donare tutto se stesso come ha fatto nei delicati impegni
    pastorali che è stato chiamato a svolgere”: sono le parole che
    il cardinale e arcivescovo emerito di Perugia-Città della Pieve
    Gualtiero Bassetti, ex presidente della Cei, ha pronunciato dopo
    la nomina del parroco di Rovereto a nuovo arcivescovo della
    comunità diocesana perugino-pievese.   
    Il cardinale Bassetti, presente alla cerimonia di annuncio
    questa mattina nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia, ha
    anche ringraziato l’amministratore diocesano Mons. Marco Salvi:
    “Esprimo la mia gratitudine per i suoi quasi tre anni di
    ministero episcopale che ha speso per noi con generosità ed
    intelligenza”. (ANSA).   

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    La lettera aperta dei sindaci IL TESTO

    Ecco il testo della lettera aperta dei sindaci sulla crisi di governo 
    Con incredulità e preoccupazione assistiamo alla conclamazione della crisi di Governo generata da comportamenti irresponsabili di una parte della maggioranza.Le nostre città, chiamate dopo la pandemia e con la guerra in corso ad uno sforzo inedito per il rilancio economico, la realizzazione delle opere pubbliche indispensabili e la gestione dell’emergenza sociale, non possono permettersi oggi una crisi che significa immobilismo e divisione laddove ora servono azione, credibilità, serietà.Il Presidente Mario Draghi ha rappresentato fino ad ora in modo autorevole il nostro Paese nel consesso internazionale e ancora una volta ha dimostrato dignità e statura, politica e istituzionale. Draghi ha scelto con coraggio e rigore di non accontentarsi della fiducia numerica ottenuta in aula ma di esigere la sincera e leale fiducia politica di tutti i partiti che lo hanno sostenuto dall’inizio. Noi Sindaci, chiamati ogni giorno alla difficile gestione e risoluzione dei problemi che affliggono i nostri cittadini, chiediamo a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo. Allo stesso modo chiediamo con forza a tutte le forze politiche presenti in Parlamento che hanno dato vita alla maggioranza di questo ultimo anno e mezzo di pensare al bene comune e di anteporre l’interesse del Paese ai propri problemi interni. Queste forze, nelreciproco rispetto, hanno il dovere di portare in fondo il lavoro iniziato in un momento cruciale per la vita delle famiglie e delle imprese italiane. Se non dovessero farlo si prenderebbero una responsabilità storica davanti all’Italia e all’Europa e davanti alle future generazioni.Ora più che mai abbiamo bisogno di stabilità, certezze e coerenza per continuare la trasformazione delle nostre città perché senza la rinascita di queste non rinascerà neanche l’Italia.

    Luigi Brugnaro sindaco di Venezia Marco Bucci sindaco di Genova Antonio Decaro sindaco di Bari – Presidente ANCI Michele De Pascale sindaco di Ravenna – Presidente UPI Giorgio Gori sindaco di Bergamo Roberto Gualtieri sindaco di Roma Stefano Lo Russo sindaco di Torino Dario Nardella sindaco di Firenze – Coordinatore città metropolitane Maurizio Rasero sindaco di Asti Matteo Ricci sindaco di Pesaro –  Presidente ALIBeppe Sala sindaco di Milano

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    Draghi si dimette, riferirà in Aula. M5s diviso sul ritiro dei ministri. Salvini e Berlusconi: 'Irresponsabili'

    Il Draghi bis si allontana, con o senza il M5s, e la legislatura appare sempre più in bilico. I partiti hanno ancora quattro giorni per trattare e rimettere insieme i pezzi della crisi che si è aperta con il non voto di fiducia del Movimento al Senato ma si tratta di un’impresa in salita. Le divisioni diventano più marcate e il movimento guidato da Giuseppe Conte continua ad essere attraversato da profonde tensioni avvicinando le urne. Ritirare o meno la delegazione al governo è la domanda che manda in tilt i pentastellati nelle stesse ore in cui Salvini e Berlusconi chiudono a qualsiasi ipotesi di poter continuare a sedere insieme ai 5S nell’esecutivo. Il Pd, che continua a sperare in un ripensamento di Draghi, resta convinto che “formato e perimetro” della maggioranza debbano rimanere inalterati. Ma se queste sono le “premesse”, osserva il sottosegretario a Palazzo Chigi Bruno Tabacci, “la legislatura è finita”. E anche il leghista Giancarlo Giorgetti ammette che “le squadre sono ormai stanche” e che la “partita sia difficile da sbloccare”. La missione in Algeria del premier Mario Draghi prevista per la prossima settimana è stata ridotta a un solo giorno: martedì sarà un giorno di pausa per ulteriori riflessioni e contatti e poi mercoledì il presidente del Consiglio si presenterà alle Camere così come richiesto dal capo dello Stato Sergio Mattarella.

    Agenzia ANSA

    I tempi dettati da Costituzione e da esito urne: i precedenti (ANSA)

    Questa sera si terrà una nuova riunione del Consiglio nazionale del M5s. La riunione, a quanto si apprende, non dovrebbe cominciare prima delle 20. In ambienti pentastellati circola l’ipotesi del ritiro dei ministri del Movimento prima di mercoledì, uno scenario che secondo fonti parlamentari sarebbe fra quelli sul tavolo dei confronti interni in corso. Questa soluzione, a quanto si apprende, è stata discussa anche nel consiglio nazionale di ieri. “Il consiglio nazionale si riunirà di nuovo oggi e faremo le nostre valutazioni”, ha risposto la capogruppo al Senato, Mariolina Castellone.

    Castellone: ‘Ritiro ministri? Faremo poi le nostre dichiarazioni’

    La scelta dell’ex governatore centrale appare ai più definitiva, come hanno mostrato le parole scelte per annunciare le dimissioni ai suoi ministri e poi congelate dal Colle. Ma chi lavora a un ripensamento non si stanca di rinnovare gli appelli ad andare avanti e tesse sottotraccia una rete di contatti per sondare l’esistenza di un ultima possibilità per garantire continuità all’azione del governo. In cima alla lista dei partiti che puntano non chiudere la legislatura anzitempo, c’è il Pd con il sostegno di Leu. Lo esplicitano Andrea Orlando e Roberto Speranza. “Noi lavoriamo per la prosecuzione di un governo di unità nazionale – dice il primo – e ci auguriamo che la discussione che si sta svolgendo all’interno dei Cinque Stelle aiuti questa prospettiva ed eviti di dare spazi, peraltro immeritati, alla destra”. I Dem guardano tra l’altro inevitabilmente alle alleanze, consapevoli che senza il campo largo battere il centrodestra diventi una missione disperata come dimostrano i dati di un sondaggio Youtrend-Cattaneo.
    E una mancata ricomposizione della frattura che si è creata in questi giorni renderebbe molto più difficile unire le forze. Il passaggio parlamentare, voluto da Mattarella anche per parlamentarizzare la crisi, “è giustissimo”, sostiene anche il ministro della Salute escludendo però un Draghi bis. Che invece è la ricetta indicata sia da Più Europa ed Azione sia da Italia Viva. Matteo Renzi lancia una petizione online: “Faremo di tutto per avere un Draghi Bis libero dai condizionamenti che affronti le scelte necessarie al Paese”, dice l’ex premier.

    Agenzia ANSA

    Ora 3 ministri, un vice e 5 sottosegretari. In 6 passati a Ipf (ANSA)

    “Il M5s non c’è più, ora si chiama il partito di Conte. È un partito padronale che ha deciso di anteporre le proprie bandierine alla sicurezza e all’unità nazionale”, afferma il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

    Agenzia ANSA

    A Piazza Affari bene Pirelli, Eni e Intesa. Mercati europei positivi (ANSA)

    In casa cinquestelle regna intanto sovrano il caos: riunioni su riunioni non portano a trovare un punto di caduta. Avanza l’ipotesi di ritirare la delegazione dal governo senza però che il consenso sia unanime: il ministro dei Rapporti con il Parlamento mette agli atti il proprio dissenso spiegando che in questo modo si chiuderebbe in modo definitivo a qualsiasi mediazione. Chi si dice convinta che la legislatura sia arrivata al capolinea è il presidente di FdI Giorgia Meloni mentre Salvini e Berlusconi bollano come irresponsabili i 5S e si dichiarano pronti alle urne.

    Agenzia ANSA

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    Mattarella e Draghi in visita alla camera ardente di Eugenio Scalfari, tanti amici del giornalista presenti

    Aperta in Campidoglio dalle 16 alle 19 la camera ardente per Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica morto ieri a 98 anni. 
    Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stato in visita in Campidoglio nella Sala della Protomoteca. Ad accoglierlo, il sindaco Roberto Gualtieri. Mattarella si è intrattenuto per una decina di minuti. Anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, è stato in Campidoglio per rendere omaggio Scalfari. Tra gli altri John Elkann che è arrivato alla camera ardente di Scalfari appena aperta al pubblico.
    In sala della Protomoteca davanti al feretro c’è una grande foto del giornalista ritratto mentre cammina in campagna insieme al suo cane. Accanto alla bara la riproduzione delle prime pagine dei primi numeri di La Repubblica e de L’Espresso. Tra i famigliari presentì le due figlie Enrica e Donata e il nipote di Scalfari Simone; con loro anche il direttore di Repubblica Maurizio Molinari. Fra i tanti cittadini che stanno entrando molti anche gli amici e colleghi, tra i quali, Antonio Polito e Claudio Cerasa.
    Domani alle 10.30 nella Sala della Protomoteca la cerimonia di commemorazione.
    Dal Papa a Mattarella e Draghi, innumerevoli i messaggi di cordoglio per il giornalista che per 70 anni è stato protagonista della storia italiana. Su Repubblica oggi un inserto di 24 pagine in ricordo del ‘padre-fondatore’. Francesco, che con il padre di ‘Repubblica’ ha condiviso “un tratto di cammino”, piange l’amico, conservando “con affetto la memoria degli incontri e delle dense conversazioni sulle domande ultime dell’uomo”. A “uno dei più grandi giornalisti del XX secolo” rende omaggio Elisabetta Casellati, presidente del Senato che a Scalfari dedica un minuto di silenzio. Il premier Draghi sottolinea che la sua scomparsa “lascia un vuoto incolmabile nella vita pubblica del nostro paese”, mentre il presidente emerito Napolitano ne ricorda l’alto senso civico e l'”indomita passione civile”. Il compianto coinvolge tutto il mondo politico, da Letta a Salvini, da Conte a Di Maio, da Renzi a Calenda, da Speranza a Tajani. E a Scalfari rende l’onore delle armi anche il ‘nemico storico’ Silvio Berlusconi: “Ѐ stato una figura di riferimento per i miei avversari in politica. Oggi, però, non posso non riconoscergli di essere stato un grande direttore e giornalista, che ho sempre apprezzato per la dedizione e la passione per il suo lavoro”.

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    Dalle eventuali dimissioni alle nuove Camere, il timing

    I tempi di indizione delle elezioni, di insediamento delle nuove Camere e quindi della nascita di un nuovo governo sono piuttosto lunghi ed anche rigidi, perché scanditi dalla Costituzione. Questo è il motivo per il quale, in caso di dimissioni irrevocabili di Draghi e di fine anticipata della legislatura, il nuovo esecutivo si insedierebbe in autunno inoltrato, tra fine ottobre e primi novembre nella migliore delle ipotesi, cioè in piena sessione di bilancio. Circostanza che pone il problema della presentare la Legge di Bilancio alle Camere entro il 15 ottobre.
    L’articolo 61 della nostra Carta stabilisce che “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti”. In passato tra il decreto di scioglimento delle Camere da parte del Quirinale e le successive urne sono trascorsi sempre tra i 60 e i 70 giorni. I tempi potrebbero sembrare eccessivamente lunghi, ma gli adempimenti per i partiti sono molteplici, non solo per la campagna elettorale ma anche per la presentazione delle liste che devono essere accompagnate da un notevole numero di firme (tra 1.500 e 2.000 firme in ogni circoscrizione proporzionale per i partiti che non hanno gruppi parlamentari). Se dunque, per ipotesi, le Camere venissero sciolte il 20 luglio, i cittadini potrebbero recarsi ai seggi domenica 25 settembre. E’ anche possibile che per evitare una campagna elettorale totalmente sotto gli ombrelloni, lo scioglimento delle Camere possa avvenire oltre il 20 luglio, per votare magari domenica 2 ottobre.
    Sempre l’articolo 61 della Costituzione stabilisce che “la prima riunione delle Camere ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni, quindi si arriverebbe a una data tra il 15 e il 22 ottobre. Una volta eletti i Presidenti di Camera e Senato e formati i gruppi parlamentari, Mattarella aprirebbe le consultazioni, il cui esito dipende dalla chiarezza del risultato elettorale. Nel 2018 si votò il 4 marzo e il governo Conte I giurò l’1 giugno, cioè 90 giorni dopo; nel 2013 dopo le urne del 24 febbraio il governo Letta giurò il 28 aprile, vale a dire 63 giorni dopo; nel 2008, dopo il chiaro successo del centrodestra il 13 aprile, il giuramento del Berlusconi IV arrivò l’8 maggio, quindi dopo 25 giorni dal voto.