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    Governo: Renzi, Draghi detti le priorità e si vada al bis

    “O Draghi bis o voto”, sostiene il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che predilige di gran lunga la prima opzione. Intervistato dal ‘Corriere’, l’ex premier afferma che “quello che è importante è che Draghi stia a Palazzo Chigi. E che venga in Aula senza fare trattative stile Prima Repubblica o vertici di pentapartito: deve fare un elenco prendere o lasciare”. A quel punto “voglio vedere chi si assume la responsabilità di sfasciare tutto”.    Nel frattempo la petizione di Italia Viva per il Draghi bis ha superato le 80 mila firme. “La petizione ha fatto il botto”, afferma Renzi, per il quale si tratta di “un risultato che sembrava impossibile anche a noi”.    Ma “il bis si fa se Draghi vuole farlo, alle condizioni che dice Draghi”, precisa Renzi. Nel caso in cui ribadisse il suo No, sarebbe difficile per il leader di Italia Viva formare un altro esecutivo. “Mi domando chi può votare un governo del genere”, dice. “Io sono per il Draghi bis con un sussulto di decisionismo e responsabilità da parte del premier – aggiunge -. Se lui non se la sente, e mi dispiacerebbe molto, si vada subito al voto”.    Un’altra certezza per Renzi è l’antagonismo con il Movimento 5 stelle. “A me basta che alle prossime elezioni noi e i grillini staremo sue due fronti opposti”, dichiara. “Ho perso ogni interesse verso le dinamiche interne dei Cinque Stelle – dice commentando la possibile nuova scissione nel Movimento -. Spero che sia chiaro a tutti come la loro presenza abbia inquinato il dibattito civile della politica italiana. Hanno mentito, hanno insultato, hanno aggredito gli avversari. E adesso, preoccupati di tornare a casa, si scindono una volta alla settimana”.    Il Partito democratico vorrebbe però restare al governo con i cinquestelle. “Il Pd ancora subalterno di Conte e Grillo? Ma anche basta, dai – commenta Renzi -. Ancora a rincorrere il fortissimo punto di riferimento progressista? Non ci credo, non ci posso credere”.   

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    Crisi di governo, Salvini da Berlusconi a Villa Certosa. 'Pronti al voto, M5s inaffidabile'

    “Incompetenti e inaffidabili”. Silvio Berlusconi e Matteo Salvini chiudono a un governo con il M5s e si dicono pronti ad andare al voto. Ha ragione il premier Mario Draghi, mettono a verbale in una nota congiunta, il patto di fiducia che ha sostenuto l’esecutivo “si è rotto”. Ma al momento della verità, atteso per mercoledì in Senato, mancano ancora tre giorni e il Pd spera di poter rimettere insieme i pezzi della maggioranza in frantumi. I Dem puntano tutto sull’ala governista del Movimento, dove però il caos continua a regnare e l’ennesima riunione dei parlamentari viene rinviata. Sarebbe necessario un segnale chiaro.
    Sono una trentina i parlamentari dati in uscita, e se questa truppa di nuovi dissidenti fosse compatta allora si potrebbe immaginare di andare ancora una volta in pressing su Draghi per convincerlo a restare. Al momento, le condizioni individuate dal presidente del Consiglio come necessarie per proseguire l’azione di governo non sembrano essere maturate ma certo gli appelli che arrivano affinché resti si moltiplicano di giorno in giorno, ultimo quello di mille sindaci anche di centrodestra.
    La preoccupazione che sale dai territori riguarda la messa a terra del Pnrr: miliardi di investimenti che rischiano di saltare, secondo molti amministratori, che si uniscono agli allarmi lanciati dal mondo delle imprese. Una scelta dal sapore politico, attacca però la presidente di FdI, Giorgia Meloni, che accusa i primi cittadini di fare un uso “senza pudore” delle istituzioni.
    Si tratta di timori infondati, cerca di rassicurare anche la Lega che fa scendere in campo il viceministro delle Infrastrutture Alessandro Morelli e il sottosegretario al Mef Federico Freni: anche in caso di “elezioni anticipate – dicono – non sono a rischio né l’attuazione del Pnrr, né le Olimpiadi, né tantomeno i fondi contro il caro energia ed il caro carburanti”. Ecco perché si può andare alle urne, anche presto, avvertono. Che poi è quello su cui, dopo giorni di posizioni altalenanti, convengono anche il Cavaliere e Salvini al termine di un incontro a Villa Certosa. Il leader della Lega, che nel pomeriggio sente anche i suoi e che nella sera di lunedì riunirà i parlamentari, vola in Sardegna e fa il punto con l’alleato.
    Ribadiscono che qualsiasi intesa con Conte sia da escludere, aprendo così le porte alle elezioni. Ma non tutti in Forza Italia e nella Lega sono della stessa opinione: Mariastella Gelmini, ministra azzurra da tempo non allineata sulle posizioni ufficiali del partito, spiega di essere convinta che la maggioranza non debba “mettere condizioni a Draghi”. Così come è nota la cautela dei governatori della Lega di fronte all’ipotesi di andare alle urne e rischiare di bloccare i progetti in cantiere sui territori.
    Guarda invece alla questione sociale il Pd. Cuneo, salario minimo, pensioni sono tutte emergenze da affrontare e che i Dem vorrebbero diventassero l’asse della nuova azione di governo “per il bene del Paese”: sono i tasti che spingono per cercare di convincere i Cinque stelle. O almeno una parte di essi. Non sono certi che basterebbe un gruppo di dissidenti a far fare retromarcia al premier ma questa, con il passare dei giorni, appare come una via possibile da battere. Si ripartirebbe così, potendo realizzare alcuni obiettivi dell’agenda sociale e allontanando il momento delle decisioni sulle alleanze. Per contro, correre verso le urne – a causa di una crisi innescata dai 5s – renderebbe assai difficile costruire il campo largo.
    L’ala governista, che pure c’è all’interno del Movimento, fa però fatica a uscire allo scoperto: il ministro Federico D’incà chiede “una tregua” fra Conte e Draghi “per il bene del Paese. Ma le posizioni dissonanti rispetto alla linea del leader pentastellato vengono registrate e aumentano le difficoltà a trovare un punto di caduta: l’assemblea dei parlamentari viene così riaggiornata per l’ennesima volta nella speranza che con il passare delle ore almeno qualche nube si diradi.

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    La domenica di Draghi nella casa di famiglia al mare

    La domenica prima della settimana cruciale – per le forniture di gas e per la crisi di governo – il presidente del consiglio Mario Draghi la passa a Lavinio mare, comune di Anzio, nella casa di famiglia che fu dei suoi genitori e dove lui trascorre le estati fin da quando era bambino.

    La domenica di Draghi nella casa di famiglia al mare (ma non in spiaggia)

      
      “Prima si vedeva spesso – raccontano al Tabacchi nella piazzetta a pochi metri dalla casa del premier – ora molto meno, l’ultima volta che l’ho incrociato era prima del covid. Noi siamo qui da trent’anni avevamo anche un’edicola prima. Draghi prendeva sempre almeno 4 o 5 giornali”. La moglie Serenella rimane molto impressa per la gentilezza. “Una persona stupenda – continua la tabaccaia – e io non immaginavo chi fosse fino a che una volta non mi disse che doveva andare in una città all’estero per il lavoro del marito e io le dissi ‘deve fare un bel lavoro suo marito’, lei prese la banconota dei venti euro e mi mostrò la firma di Draghi. Ho sgranato gli occhi, non lo sapevo!”.    Nel lido di fronte casa Draghi, alla Lucciola, la privacy sul presidente del consiglio è massima, i giornalisti non graditi.    L’ombrellone di ‘Mario’ – ci dicono – è in prima fila, ma è vuoto. “Starà riposando”, dice un vicino di spiaggia. “La moglie e la figlia vanno spesso in spiaggia – racconta una signora dello stabilimento accanto -, anche il fratello, che è uguale a lui ma con i capelli più bianchi. Lui no, è più difficile, lo vedi la mattina presto a correre o con il cane”. La signora è dispiaciutissima per la situazione: “Conte ha fatto proprio una cosa meschina. Draghi è una persona persona per bene, lui non aveva bisogno di fare il premier, l’ha fatto per spirito di servizio, per il Paese ed era l’unico che poteva trascinare l’Italia fuori dalle secche. Però adesso meglio elezioni, che il Pd non provi a mettere qualche vecchio arnese per continuare a tirare avanti, non so Giuliano Amato o Massimo D’Alema, non sono capaci già lo sappiamo”. Una famiglia che tutto vuole tranne mettersi in mostra, racconta un altro bagnante. “Ho conosciuto la figlia, molto umile – spiega un signore all’ANSA -. Cosa ne penso della situazione? Io ero fan di Draghi, mi sembrava bravo.    Anche se non mi stupisco della mossa di Giuseppe Conte, lui lo ha fatto per sopravvivenza politica, lui dice: ‘sono contro la guerra’, così chi è contro la guerra lo vota, oppure ‘sono contro le trivellazioni’ e chi è contro le trivellazioni lo vota”. “Lui è l’unico che poteva parlare per l’Italia in Europa” – dice un signore -. “Se lo vedessi gli direi di non mollare – spiega un altro -, d’altronde abbiamo fatto restare Mattarella per altri sette anni, potrebbe restare un altro po’ anche lui”.    Sono pochi i non draghiani qui a Lavinio, “una famiglia perfetta, alla mano” è la descrizione più ricorrente. “Qui lo conoscono ma non come premier, perché viene da una vita, il barista mi ha detto che lo ha incontrato con il cane e gli ha detto di restare”, dice un bagnante del lido accanto, la compagna però non la pensa allo stesso modo. “Non voglio parlare perché per me Draghi rappresenta un’élite che fa solo danno a chi ha meno. E poi Conte è stato mandato via in mezzo ad una pandemia, all’inizio del Pnrr e nessuno ha battuto ciglio”.    “Viene ogni qui a mangiare, ma devo dire che non mangia cose particolari, anzi spesso in bianco”, racconta la proprietaria dello stabilimento accanto. “E penso che ci apprezzi anche per la privacy”, conclude con uno sguardo significativo.    Le macchine della scorta sono tornate di fronte alla casa del premier, Mario Draghi è tornato dal pranzo che questa volta non è stato al lido, passa una comitiva di ragazzi in bicicletta, uno urla “Non mollare, what ever it takes!” e se ne vanno.       

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    Oltre mille sindaci a sostegno di Draghi. Meloni: istituzioni usate senza pudore

     Ha superato quota 1.000 il numero dei sindaci firmatari della lettera aperta per chiedere a Mario Draghi di restare al governo. Lo fa sapere il primo cittadino di Torino, Stefano Lo Russo, tra i coordinatori dell’iniziativa con il sindaco di Firenze Dario Nardella.
    “Noi Sindaci – così nella lettera -, chiamati ogni giorno alla difficile gestione e risoluzione dei problemi che affliggono i nostri cittadini, chiediamo a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo”.
    All’attacco Giorgia Meloni: “Mi chiedo – afferma la presidente di Fratelli d’Italia – se tutti i cittadini rappresentati da Gualtieri, Sala, Nardella o da altri sindaci e presidenti di Regione che si sono espressi in questo senso, condividano l’appello perché un governo e un Parlamento distanti ormai anni luce dall’Italia reale vadano avanti imperterriti, condannando questa Nazione all’immobilismo solo per garantire lo stipendio dei parlamentari e la sinistra al governo”. Lo dichiara il presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. “E, indipendentemente da chi li ha votati – dice Meloni -, mi chiedo se sia corretto che questi sindaci e governatori che rappresentano tutti i cittadini che amministrano, anche quelli che la pensano diversamente, usino le Istituzioni così, senza pudore, come se fossero sezioni di partito. La mancanza di regole e di buonsenso nella classe dirigente in Italia comincia a fare paura”, conclude la leader di Fratelli d’Italia.
    Arriva la replica del sindaco di Firenze, Dario Nardella. “L’attacco ai sindaci e ai presidenti di Regione, che sono i politici più vicini ai cittadini, dimostra un certo nervosismo e una certa aggressività da parte dell’onorevole deputata Meloni. Mi dispiace che Meloni non noti che tra i firmatari ci sono moltissimi esponenti di centrodestra. Forse Fdi spera di lucrare consensi dal caos istituzionale ed economico del Pese, ma dalla cenere si raccoglie solo cenere”.

    Agenzia ANSA

    Nel pomeriggio incontro tra Salvini e i dirigenti della Lega. È ripresa via zoom l’assemblea dei deputati e dei senatori M5s con Giuseppe Conte. Nel suo intervento il ministro D’Incà chiede una tregua (ANSA)

    C’è anche il sindaco di Arezzo Alessandro Ghinelli, eletto con il centrodestra, tra i sindaci firmatari della lettera appello perchè Mario Draghi resti alla guida del Governo. Una presa di posizione che non è piaciuta al coordinamento provinciale aretino di Fdi: in una nota spiega che “non è accettabile” la sua adesione da cui “prendiamo con forza le distanze. Anche lui deve rappresentare tutti i cittadini oltre che la sua maggioranza. Tutta”.
    “Da sempre – spiega Fdi provinciale – crediamo che l’Italia abbia bisogno di un governo con un chiaro mandato popolare e coeso, con un programma condiviso dalle forze politiche che lo sostengono per risolvere i problemi concreti dei cittadini. È l’esatto contrario di quello che abbiamo visto in questa legislatura” e “la crisi del Governo presieduto da Mario Draghi ne rappresenta solo il triste epilogo e non intendiamo avvallare nessun appello affinché resti a Palazzo Chigi. Non condividiamo questa iniziativa, lanciata da alcuni sindaci del Pd, in ambito Anci, sia nel merito che nel metodo. Nel merito: crediamo che in questo momento l’Italia possa permettersi tutto tranne che un governo immobile, paralizzato dai giochi di palazzo e dagli scontri tra i partiti di maggioranza; nel metodo: un Sindaco rappresenta anche i cittadini che vogliono andare a votare e non può permettersi di utilizzare le Istituzioni che rappresenta per finalità politiche, o peggio, di partito. Sono forzature che chi ricopre un ruolo istituzionale non può permettersi, né tanto meno promuovere”.
    Chi ice no all’apperllo è invece il sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu.  “L’iniziativa- dice il primo cittadino di Fdi – avviata secondo un’egida istituzionale, ma che è stata proposta esclusivamente ai sindaci che fanno parte dei partiti che sostengono il governo, sottende chiaramente al contrario una precisa volontà politica di parte. A ben vedere, invocare una sorta di ‘accanimento terapeutico’ per mantenere in vita un governo paralizzato da veti e divisioni interne danneggia l’Italia e le stesse comunità locali. I sindaci, infatti, hanno bisogno di certezze e di un quadro istituzionale capace di sostenere gli sforzi inenarrabili a cui sono chiamati quotidianamente”.
    Truzzu parla di appello non solo sbagliato, ma per certi verso “contro natura”. “La credibilità – conclude – e la legittimazione dei sindaci nasce proprio dal consenso diretto che ciascuno di loro ha saputo conquistare. È giunta l’ora che anche a livello nazionale l’Italia possa finalmente confidare in un governo reso forte e autorevole dallo stesso consenso popolare”.

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    Il Manifesto esce in Grecia 'ma è un plagio della destra'

    Stesso nome e stesso font, ma al servizio di un orientamento politico opposto: il Manifesto esce anche in Grecia ma è un fake, denuncia oggi lo storico quotidiano comunista, “un plagio della destra” contro il quale è già partita la diffida degli avvocati italiani che chiedono di interrompere le pubblicazioni. Mentre si lancia un appello a lettori e simpatizzanti: “Se vi trovate in Grecia non compratelo. Più che la tutela della proprietà intellettuale conta la difesa della storia del giornale”.    Gli autori del plagio – si spiega nell’articolo che alla firma di Giansandro Merli affianca quella del collega greco Dimitri Deliolanes – “hanno sostituito l’articolo determinativo maschile ‘il’ con il corrispettivo greco neutro ‘to’, per il resto la testata è identica a quella disegnata nel 1971 da Giuseppe Trevisani, primo grafico del manifesto. L’unica variazione, significativa, è di natura cromatica: non c’è il rosso della striscia che sottolinea il nome, ma il giallo del cerchio che circonda le prime due lettere”.    Dopo alcuni approfondimenti, continua il racconto della denuncia, “gli avvocati Andrea Fiore e Alessio La Pegna, con l’aiuto del collega greco Ioannis Apatzidis, hanno inviato per conto della nostra cooperativa una diffida affinché cessino immediatamente le pubblicazioni della variante pirata”.    “To manifesto” nasce nell’aprile 2019, a tre mesi dal voto delle politiche. Dopo qualche copia cartacea preelettorale, ricostruisce l’articolo, rimane solo su Internet fino al 16 maggio scorso, quando torna in edicola, spingendo lo slogan che ha circolato per le strade di Atene sul retro di alcuni autobus: “Al centro del potere”.    Sotto il profilo twitter, invece, campeggia la scritta: “La classe media è il futuro della nazione”. Di qui la conclusione: “le irregolarità commesse copiando nome e logo possono andare dalla violazione di copyright, alla concorrenza sleale, al plagio. Il manifesto è un marchio registrato a livello europeo, storico in Italia, la sua tutela va al di là dei singoli stati membri. In questa vicenda, però, più che la protezione della proprietà intellettuale conta la difesa della storia del giornale. La linea rossa che sottolinea le lettere della testata indica una collocazione politica precisa e un editore puro e indipendente, organizzato in forma di cooperativa. Chi vuole fare un giornale giallo deve usare un altro nome”.    

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    Fate presto. (E bene)

    Il titolo che fece il Mattino dopo il terremoto dell’Irpinia più che mai attuale. Se un governo forte non è possibile si voti il prima possibile.

    Agenzia ANSA

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    Di Maio, Conte sta compiendo una vendetta politica

    Se le cose restano come sono oggi “Mario Draghi mercoledì rassegnerà le sue dimissioni davanti al Parlamento. E tra giovedì e venerdì, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella scioglierà le Camere”. Lo dice in interviste su La Stampa e Il Messaggero il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.    Il partito di Conte “sta ancora cercando di decidere cosa fare – spiega -. Il capogruppo della Camera aveva convocato una riunione contro la volontà del leader, secondo i ministri bisogna dirsi pronti a una nuova fiducia a Draghi. Sono divisi e a rischiare tutto ora sono i cittadini”. Il vero tema “è spiegare da dove parte questa instabilità: è innescata da un partito, il partito di Conte che non ha più nulla a che vedere con il Movimento 5Stelle, che il 20 giugno ha ricevuto l’endorsement dall’ambasciatore russo a Roma sulla bozza di risoluzione che indicava la linea italiana sull’Ucraina”.
    Di Maio non ha certezze che vi sia una regia russa dietro la crisi ma è sicuro che Putin “lavori per destabilizzare l’Italia e l’Europa”. Di certo “chi sta provocando la crisi sta regalando il Paese all’estrema destra. In più, sono sicuro che Conte stia compiendo una vendetta politica buttando giù Draghi: ancora non si dà pace per non essere riuscito a restare a palazzo Chigi”. il vero obiettivo di Conte “è andare a elezioni per azzerare il gruppo parlamentare e non ricandidare il 99% dei deputati e dei senatori uscenti. Tanto più che alle elezioni andranno malissimo” aggiunge il ministro, che spera arrivi dall’ex premier ” un sussulto last minute”. Quando “quest’ estate e quest’ autunno ci ritroveremo con un Paese impossibilitato a risolvere i problemi degli italiani su bollette, inflazione, gas, ci sarà una decisione da prendere: stare con i sovranismi e gli estremismi o scegliere il riformismo”.
    Per il ministro “dobbiamo guardare, come dice Draghi, alla maggioranza di unità nazionale”. Tutto il mondo libero “sta chiedendo di fare andare avanti il governo Draghi. A tifare contro, sono i regimi – aggiunge -. Ho quei comunicati qui davanti: Stati Uniti, Germania, Vaticano, Commissione europea. Mi hanno chiamato associazioni di categoria che stanno comprando pagine di giornali per chiedere a Draghi di ripensarci”.    

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    Governo: sindaci e imprenditori a Draghi, vai avanti, serve stabilità

     Pressing di sindaci su Draghi perchè resti presidente del Consiglio e porti l’Italia al voto solo alla scadenza naturale della primavera 2023. ‘Ora più che mai abbiamo bisogno di stabilità’, si legge nella lettera firmata  dai primi cittadini delle grandi città. 

    Agenzia ANSA

    E aumentano di ora in ora i sindaci che sottoscrivono l’appello.  Ai primi firmatari, compresi i presidenti di Anci e Ali, si sono aggiunti nel pomeriggio i primi cittadini di grandi città come Napoli o di piccoli centri come Gualdo Tadino.
    Ecco il nuovo elenco, destinato inevitabilmente ad essere integrato con nuove adesioni.
    Gianluca Galimberti Cremona Stefania Proietti Assisi Gaetano Manfredi Napoli Gianni Nuti Aosta Franco Ianeselli Trento Rinaldo Melucci Taranto Alberto Belelli Carpi Edoardo Gaffeo Rovigo Fabio Bergamaschi Crema Simone Franceschi Vobbia (GE) Mauro Gattinoni Lecco Mauro Calderoni Saluzzo (CN) Elena Gubetti Cerveteri (Roma) Luca Salvetti Livorno Riccardo Varone Monterotondo (Roma) Carlo Marino Caserta Michele Guerra Parma Enzo Lattuca Cesena Andrea Soddu Nuoro Nazzareno Franchellucci Porto Sant’Elpidio (Fermo) Piero Castrataro Isernia Massimiliano Presciutti Gualdo Tadino (PG) Davide Galimberti Varese Maria Rosa Barazza Cappella Maggiore (TV) Katia Tarasconi Piacenza Emilio Del Bono Brescia Damiano Tommasi Verona Valentina Ghio Sestri (GE) Elena Piastra Settimo Torinese (TO) Matteo Lepore Bologna Stefano Minerva Gallipoli (LE) Piero Marrese Montalbano e presidente della Provincia di Matera Luca Menesini Capannori e presidente della Provincia di Lucca Francesco Cacciatore Santo Stefano Quisquina (AG) Luca Vecchi Reggio Emilia Matteo Biffoni Prato  

    Anche gli industriali si schierano con il premier.  Sulla linea “Salvare Draghi, whatever it takes” Il Foglio ha sondato “alcuni pezzi da novanta del così detto partito del pil, tra imprenditori, manager, sindacalisti, associazioni di categoria”

    Agenzia ANSA

    I commenti in sintonia di imprenditori, manager, sindacalisti (ANSA)