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    Mattarella, situazione grave, spero nel contributo tutti – IL DISCORSO DEL CAPO DELLO STATO

    “Come è stato ufficialmente comunicato, ho firmato il decreto di scioglimento delle Camere affinché vengano indette nuove elezioni entro il termine di settanta giorni indicato dalla Costituzione. Lo scioglimento anticipato del Parlamento è sempre l’ultima scelta da compiere, particolarmente se, come in questo periodo, davanti alle Camere vi sono molti importanti adempimenti da portare a compimento nell’interesse del nostro Paese. Ma la situazione politica che si è determinata ha condotto a questa decisione”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella nella dichiarazione resa subito dopo aver firmato il decreto di scioglimento delle Camere.
    “La discussione, il voto e le modalità con cui questo voto è stato espresso ieri al Senato – ha aggiunto – hanno reso evidente il venir meno del sostegno parlamentare al Governo e l’assenza di prospettive per dar vita a una nuova maggioranza. Questa condizione ha reso inevitabile lo scioglimento anticipato delle Camere. Il Governo ha presentato le dimissioni. Nel prenderne atto – ha sottolineato il capo dello Stato – ho ringraziato il Presidente del Consiglio Mario Draghi e i Ministri per l’impegno profuso in questi diciotto mesi. È noto che il Governo, con lo scioglimento delle Camere e la convocazione di nuove elezioni, incontra limitazioni nella sua attività. Dispone comunque di strumenti per intervenire sulle esigenze presenti e su quelle che si presenteranno nei mesi che intercorrono tra la decisione di oggi e l’insediamento del nuovo Governo che sarà determinato dal voto degli elettori”.
    “Ho il dovere di sottolineare – ha stigmatizzato Mattarella – che il periodo che attraversiamo non consente pause negli interventi indispensabili per contrastare gli effetti della crisi economica e sociale e, in particolare, dell’aumento dell’inflazione che, causata soprattutto dal costo dell’energia e dei prodotti alimentari, comporta pesanti conseguenze per le famiglie e per le imprese. Interventi indispensabili, dunque, per fare fronte alle difficoltà economiche e alle loro ricadute sociali, soprattutto per quanto riguarda i nostri concittadini in condizioni più deboli. Indispensabili – ha rimarcato ancora – per contenere gli effetti della guerra della Russia contro l’Ucraina sul piano della sicurezza dell’Europa e del nostro Paese. Indispensabili per la sempre più necessaria collaborazione a livello europeo e internazionale. A queste esigenze si affianca – con importanza decisiva – quella della attuazione nei tempi concordati del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, cui sono condizionati i necessari e consistenti fondi europei di sostegno. Né può essere ignorato il dovere di proseguire nell’azione di contrasto alla pandemia, che si manifesta tuttora pericolosamente diffusa. Per queste ragioni mi auguro che – pur nell’intensa, e a volte acuta, dialettica della campagna elettorale – vi sia, da parte di tutti, un contributo costruttivo, riguardo agli aspetti che ho indicato; nell’interesse superiore dell’Italia”, ha concluso.    

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    Dal governo lampo di Fanfani al record di Berlusconi

    Dal 1948 ad oggi in Italia si sono contati 67 governi, guidati da 29 presidenti del Consiglio registrando una media di durata di 14 mesi (414 giorni). Anche se calcolando i giorni “effettivi” del governo, ovvero i giorni che vanno dal giuramento alle dimissioni, la media crolla a 380 giorni, poco più di un anno. A più dieci anni dal suo ultimo governo, il record di durata resta saldamente in mano a Silvio Berlusconi nella sua esperienza governativa che lo ha visto a Palazzo Chigi per 1.412 giorni tra il 2001 e il 2005. E sempre di Berlusconi – tra il 2008 e il 2011 – è il secondo posto con 1.287 giorni. Terzo – e si deve tornare alla Prima Repubblica – è il primo governo Craxi con 1.093 giorni tra il 1983 e il 1986. Il governo più veloce – in assoluto – è quello di Amintore Fanfani con appena 22 giorni di vita nel 1954.
    Di seguito tutti i governi in ordine di longevità:
    1) 1.412 Berlusconi II – 11 giugno 2001 – 23 aprile 2005
    2) 1.287 Berlusconi IV – 8 maggio 2008 – 16 novembre 2011
    3) 1093 Craxi I – 4 agosto 1983 – 1º agosto 1986
    4) 1.024 Renzi – 22 febbraio 2014 – 12 dicembre 2016
    5) 886 Prodi I -18 maggio 1996 – 21 ottobre 1998
    6) 852 Moro III – 24 febbraio 1966 – 25 giugno 1968
    7) 722 Prodi II – 17 maggio 2006 – 8 maggio 2008
    8) 721 De Gasperi VII – 26 luglio 1951 – 16 luglio 1953
    9) 684 Segni I – 6 luglio 1955 – 20 maggio 1957
    10) 629 Andreotti VI – 23 luglio 1989 – 13 aprile 1991
    11) 613 De Gasperi V – 24 maggio 1948 – 27 gennaio 1950
    12) 591 Andreotti III – 30 luglio 1976 – 13 marzo 1978
    13) 581 Moro II – 23 luglio 1964 – 24 febbraio 1966
    14) 575 Fanfani III – 27 luglio 1960 – 22 febbraio 1962
    15) 561 Colombo – 6 agosto 1970 – 18 febbraio 1972
    16) 545 De Gasperi VI – 27 gennaio 1950 – 26 luglio 1951
    17) 536 Gentiloni – 12 dicembre 2016 – 1º giugno 2018
    18) 529 Monti – 16 novembre 2011 – 28 aprile 2013
    19) 527 Conte II – 5 settembre 2019 – 13 febbraio 2021
    20) 523 Draghi 13 febbraio 2021 – 21 luglio 2022
    21) 511 Scelba – 10 febbraio 1954 – 6 luglio 1955
    22) 487 Dini – 17 gennaio 1995 – 18 maggio 1996
    23) 485 Fanfani IV – 22 febbraio 1962 – 22 giugno 1963
    24) 466 De Mita – 13 aprile 1988 – 23 luglio 1989
    25) 461 Conte I – 1º giugno 2018 – 5 settembre 2019
    26) 446 Moro IV – 23 novembre 1974 – 12 febbraio 1976
    27) 442 Andreotti VII – 13 aprile 1991 – 28 giugno 1992
    28) 427 D’Alema I – 21 ottobre 1998 – 22 dicembre 1999
    29) 421 Spadolini I – 28 giugno 1981 – 23 agosto 1982
    30) 411 Amato II – 26 aprile 2000 – 11 giugno 2001
    31) 408 Zoli – 20 maggio 1957 – 2 luglio 1958
    32) 404 Segni II – 16 febbraio 1959 – 26 marzo 1960
    33) 389 Berlusconi III – 23 aprile 2005 – 17 maggio 2006
    34) 377 Andreotti II – 26 giugno 1972 – 8 luglio 1973
    35) 377 Ciampi – 29 aprile 1993 – 11 maggio 1994
    36) 373 Andreotti IV – 13 marzo 1978 – 21 marzo 1979
    37) 358 De Gasperi IV – 1º giugno 1947 – 24 maggio 1948
    38) 305 Amato I – 28 giugno 1992 – 29 aprile 1993
    39) 300 Letta – 28 aprile 2013 – 22 febbraio 2014
    40) 260 Craxi II – 1º agosto 1986 – 18 aprile 1987
    41) 259 Goria – 29 luglio 1987 – 13 aprile 1988
    42) 253 Forlani – 18 ottobre 1980 – 28 giugno 1981
    43) 253 Rumor V – 15 marzo 1974 – 23 novembre 1974
    44) 251 Berlusconi I – 11 maggio 1994 – 17 gennaio 1995
    45) 250 Rumor IV – 8 luglio 1973 – 15 marzo 1974
    46) 246 Fanfani V – 1º dicembre 1982 – 4 agosto 1983
    47) 243 Cossiga I – 5 agosto 1979 – 4 aprile 1980
    48) 236 Rumor I – 13 dicembre 1968 – 6 agosto 1969
    49) 234 Rumor II – 6 agosto 1969 – 28 marzo 1970
    50) 231 Moro I – 5 dicembre 1963 – 23 luglio 1964
    51) 229 Fanfani II – 2 luglio 1958 – 16 febbraio 1959
    52) 203 De Gasperi II – 14 luglio 1946 – 2 febbraio 1947
    53) 197 Cossiga II – 4 aprile 1980 – 18 ottobre 1980
    54) 171 Leone II – 25 giugno 1968 – 13 dicembre 1968
    55) 169 Moro V – 12 febbraio 1976 – 30 luglio 1976
    56) 166 Leone I – 22 giugno 1963 – 5 dicembre 1963
    57) 155 Pella – 17 agosto 1953 – 19 gennaio 1954
    58) 137 Andreotti V – 21 marzo 1979 – 5 agosto 1979
    59) 131 Rumor III – 28 marzo 1970 – 6 agosto 1970
    60) 129 Andreotti I – 18 febbraio 1972 – 26 giugno 1972
    61) 126 D’Alema II – 22 dicembre 1999 – 26 aprile 2000
    62) 123 Tambroni – 26 marzo 1960 – 27 luglio 1960
    63) 119 De Gasperi III – 2 febbraio 1947 – 1º giugno 1947
    64) 102 Fanfani VI – 18 aprile 1987 – 29 luglio 1987
    65) 100 Spadolini II – 23 agosto 1982 – 1º dicembre 1982
    66) 32 De Gasperi VIII – 16 luglio 1953 – 17 agosto 1953
    67) 22 Fanfani I – 19 gennaio 1954 – 10 febbraio 1954.   

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    L'Italia si prepara al voto, dubbi sulla data – IL PUNTO ALLE 16

    Il presidente della Repubblica non ha ancora sciolto le Camere ma i partiti già si preparano al voto mentre c’è grande attesa nel Paese su quale sarà la data nella quale saremo chiamati a votare. Scelta non facile che formalmente spetta al governo: secondo calcoli ed indiscrezioni al momento le due date più probabili sono quelle del 25 settembre o del 2 ottobre.
    In attesa di capire se Sergio Mattarella scioglierà le Camere già oggi si aspetta la salita al Quirinale dei presidenti di Senato e Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, come prevede la Costituzione. Dopo l’incontro il presidente Mattarella dovrebbe parlare alla stampa e chiarire alcuni passaggi per il prossimo futuro. Mario Draghi infatti continuerà a guidare l’esecutivo per gli affari correnti e ciò sarà fino alla formazione del nuovo governo che è prevedibile non avverrà prima della fine di ottobre o i primi di novembre.
    Intanto prosegue l’emorragia di Forza Italia: dopo l’uscita di Maria Stella Gelmini e di Renato Brunetta, anche il senatore Andrea Cangini si è tirato fuori dal partito di Berlusconi. Grandi movimenti al centro, che sa di avere poco tempo per organizzarsi e trovare il modo di stare insieme. Quel che è certo è che Mario Draghi rimarrà virtualmente a lungo nella scena politica italiana: dal Pd a Toti passando per Calenda tutti spiegano che sarà proprio “l’agenda Draghi” a contrapporsi alle politiche del centrodestra. Concetto confermato anche dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Matteo Renzi chiama ad un “grande rassemblement che, in nome dei principi di questi mesi di governo Draghi, dica sì all’Europa e no a i sovranisti”.
    Infine il centrodestra si è ricompattato sul voto anticipato ma già si divide su chi dovrà essere il condottiero. “Meloni? Non c’è nessun volto del centrodestra, si vedrà quando si andrà a votare. Avremo un programma politico ed economico, fondamentale la scelta Europeista e Atlantista, il nostro principale interlocutore sono gli Stati Uniti”, gela le attese di Fratelli d’Italia il coordinatore di Fi, Antonio Tajani.

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    Draghi commosso: 'Anche il cuore dei banchieri batte'

    “Certe volte anche il cuore dei banchieri centrali viene usato, grazie per questo e per tutto il lavoro fatto in questo periodo”. Lo ha detto, sorridendo, il presidente del Consiglio Mario Draghi in Aula alla Camera al termine del lungo applauso che lo ha accolto.  
    Alcuni giorni fa Draghi aveva raccontato la barzelletta sui banchieri “senza cuore”.

    L’autoironia di Draghi sui banchieri senza cuore

       

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    I rigidi paletti per decidere la data del voto

       La data di convocazione delle urne, tra i 60 e i 70 giorni dallo scioglimento delle Camere, è determinata da precisi paletti indicati in parte nella Costituzione e in parte in leggi ordinarie.    “Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti” recita l’articolo 61 della Costituzione. In caso di scioglimento anticipato, stabilisce l’articolo 88 primo comma della Carta, il Capo dello Stato deve sentire prima i presidenti dei due rami del Parlamento, cosa che Mattarella farà oggi pomeriggio. E’ dunque dalla data di scioglimento da parte del Quirinale che Palazzo Chigi deve calcolare i 70 giorni come limite massimo per le urne.    Il limite minimo è stato fissato a 60 giorni da una legge di attuazione (Dpr 104 del 2003) della riforma Tremaglia che attribuiva dei seggi in Parlamento agli italiani residenti all’estero. Infatti tutte le procedure per la presentazione delle liste, la stampa delle schede elettorali per le cinque circoscrizioni Estere, è materialmente impossibile sotto questo timing. Per altro anche per i partiti che si presentano in Italia le procedure di presentazione delle liste e la raccolta delle firme (per i partiti privi di gruppi parlamentari nelle due Camere) sono laboriose, tanto che finora non si è mai scesi sotto i 63 giorni dallo scioglimento delle Camere.    Se quindi Mattarella sciogliesse già stasera, le date possibili sarebbero una domenica tra il 19 settembre e il 29 settembre, quindi il 25. Se invece Mattarella farà come Scalfaro, che nel 1994 attese quattro giorni tra le dimissioni del premier Ciampi (13 gennaio) e lo scioglimento (16 gennaio), allora si potrebbe includere il 2 ottobre tra le opzioni.
    “In merito all’opzione emersa dagli organi di stampa di elezioni il 25 settembre alla vigilia di Rosh haShanah, il capodanno ebraico, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane chiarisce che la data non pone ostacoli. La solennità che inizia la sera consente ai fedeli di religione ebraica di esercitare il proprio diritto al voto nelle ore precedenti. La preoccupazione è naturalmente per le sorti del paese, con una profonda crisi politica che si aggiunge alle gravissime questioni economico-finanziarie, sociali e umanitarie sulle quali il governo e le massime istituzioni erano impegnate”. Lo rende noto l’Ucei in una nota.

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    Governo: le dimissioni di Draghi fanno il giro dei siti mondiali

    Ha fatto subito il giro dei principali siti internazionali, in posizioni di particolare evidenza, la notizia delle dimissioni del presidente del Consiglio Mario Draghi.    “Il premier italiano Draghi si dimette dopo una settimana di turbolenze”, titola la Bbc, ricordando che la decisione è giunta “un anno e mezzo dopo essere stato nominato capo non eletto di un governo di unità nazionale”.    “Il primo ministro italiano Mario Draghi si dimette per il crollo della coalizione”, è invece il titolo della Cnn, che aggiunge nel testo “facendo precipitare la terza economia più grande dell’Unione europea in nuove turbolenze politiche”.    “Il premier italiano Mario Draghi si dimette dopo il fallimento del tentativo di salvare la coalizione”, riporta il Guardian, pubblicando la notizia di spalla. “È probabile che la sua uscita porti a elezioni anticipate che potrebbero aver luogo già alla fine di settembre”, aggiunge.

    Agenzia ANSA

    Rimbalza in tempo reale anche sui media britannici l’annuncio della formalizzazione delle dimissioni di Mario Draghi, con le breaking news di Bbc e Sky, sebbene attutito nell’attenzione delle varie testate e in quella del mondo politico dalla preminenza da… (ANSA)

    “Sostenuto da un’ondata di sostegno pubblico, l’ex capo della Banca centrale europea aveva tentato di continuare la sua amministrazione a condizione che la sua alleanza ricostruisse ‘un patto di fiducia’ che le avrebbe consentito di lavorare insieme per superare enormi sfide nei prossimi mesi”, tentativo inficiato però – scrive il giornale britannico – dal populista Movimento Cinque Stelle (M5S), la Lega di estrema destra di Matteo Salvini e Forza Italia di Silvio Berlusconi”, che “non hanno partecipato al voto di fiducia al Senato che essenzialmente chiedeva ai partiti di approvare uno spirito di cooperazione”.    Le Monde mette l’accento sul fatto che, sebbene dimissionario, Draghi “continuerà a gestire l’attività quotidiana”, ribadendo che “l’ex presidente della Banca centrale europea ha visto la sua coalizione di governo disgregarsi dopo una settimana di turbolenze”.

    Agenzia ANSA

    Le parole della segretaria di Stato Laurence Boone (ANSA)

        “Dopo il crollo del suo governo di unità nazionale, il presidente del Consiglio Mario Draghi si è rivolto al presidente per dimettersi nuovamente, aggravando la crisi politica del Paese”, si legge sul sito del New York Times. La decisione, aggiunge la testata statunitense, “il giorno dopo che un ultimo disperato tentativo di persuadere i litigiosi partiti del Paese a restare uniti a beneficio della nazione è fallito in modo spettacolare, con le forze nazionaliste e populiste che si sono riunite per silurare fatalmente il governo di unità nazionale”.

    Agenzia ANSA

    ‘Non capiamo perché si evocano fattori esterni per la crisi’ dice la portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova (ANSA)

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    Media Gb, dimissioni Draghi attutite dalla crisi interna

     Rimbalza in tempo reale anche sui media britannici l’annuncio della formalizzazione delle dimissioni di Mario Draghi, con le breaking news di Bbc e Sky, sebbene attutito nell’attenzione delle varie testate e in quella del mondo politico dalla preminenza data alla crisi interna: giunta ieri al penultimo atto con l’indicazione dell’ex cancelliera dello Scacchiere Rishi Sunak e della ministra degli Esteri Liz Truss come protagonisti del ballottaggio senza esclusione di colpi per l’elezione nelle prossime settimane a nuovo leader Tory e alla successione a Boris Johnson come premier del Regno dal 5 settembre.    Sulla stampa scritta, i giornali principali non mancano peraltro d’inserire fra i titoli della sezione titoli sulle “dimissioni” preannunciate ieri sera sulla base dell’esito del voto al Senato come un epilogo ormai certo dopo che nei giorni scorsi si era parlato di “dimissioni offerte” e respinte inizialmente dal presidente Sergio Mattarella. Dimissioni che suggeriscono una certa inquietudine e sorpresa in particolare sia sul progressista Guardian sia sul Financial Times, voce della City di Londra. Dopo che il primo aveva evocato ieri l’immagine di una “Italia che chiede a Draghi di restare”; e che il secondo non aveva mancato di commentare la crisi con alcuni commenti improntati all’auspicio di una continuità, nella convinzione che l’Italia avesse “ancora bisogno” dell’ex numero uno della Bce alla guida del governo.