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    Crisi, le reazioni dei partiti: Letta: 'Ora difficile ricomporre con M5s'. Meloni: 'FdI è pronta, altri si devono reinventare'

    Partiti scossi dallo scioglimento anticipato delle Camere da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo le dimissioni del premier Draghi. L’accelerazione sul voto pesa su alleanze e strategie.
    Con il M5s – ha detto Enrico Letta – “evidentemente la differenza che si è creata in modo così evidente lascia un segno e difficilmente sarà ricomposto, il gesto di ieri e quello accaduto in questi giorni è sostanza, non è un fatto semplice di forma”.
    “Il campo largo c’è ancora? Noi siamo una forza progressista, ma non per autodefinizione: siamo oggettivamente progressisti perché guardiamo ala giustizia sociale, alla transizione ecologica e digitale, e abbiamo sicuramente un manifesto avanzato di misure in questa direzione. Chi vuole lavorare su queste misure, può ritrovarsi a condividere con noi, o a confrontarsi con noi. Poi spetterà al Pd fare le sue scelte”. Lo ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte, ospite di Zona bianca, su Rete4.
    “Non ci aspettavamo francamente di arrivare al voto il 25 settembre: la dipartita di questo governo è stata rocambolesca ed inaspettata ma noi siamo pronti e nel panorama politico Fdi sarà il partito che meno di tutti dovrà spiegare cosa vuole fare: le nostre priorità, la nostra collocazione e la postura su come affrontare le crisi sono sempre state articolate chiaramente da noi in questi anni. Dobbiamo solo ribadirle. Chi è in difficoltà sono altri che debbono reinventarsi una nuova identità”. Lo ha detto la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, a Tg2 Post che andrà in onda alle 21. “Chiederò maggiore impegno rispetto a quello che mi è stato garantito in passato sull’indisponibilità a fare alleanze variabili: quando sei una squadra – ha detto poi Meloni – e ti avvii a una battaglia, la prima regola è che si vince e si perde insieme. E quando vinci insieme si governa insieme, quando si perde si sta all’opposizione insieme”.
    “Non c’è nessun volto del centrodestra, si vedrà quando si andrà a votare. Il centrodestra avrà un programma politico ed economico, fondamentale la scelta Europeista e Atlantista, il nostro principale interlocutore sono gli Stati Uniti”: lo dice Antonio Tajani a Rtl 102.5 questa mattina durante la trasmissione “Non stop news”. “Berlusconi è sempre stato sempre molto preciso su questo, FI è un partito liberale”, aggiunge.

    Agenzia ANSA

    Gelmini: “La scelta di FI e Lega fa a pugni con l’elettorato di centrodestra” (ANSA)

    “Prepariamoci a correre, se qualcuno ci vuole, ci cerca. Noi abbiamo già pronti i 200 candidati sui 200 seggi. Anche il simbolo è pronto”, ha detto Matteo Renzi, in base a quanto si apprende, questa mattina, nel corso dell’assemblea dei gruppi di Iv che si è svolta alla Camera. Renzi – viene spiegato da fonti qualificate di Iv – chiederà a chi vuole sostenere l’area Draghi di dare un segnale. “Se non lo fanno, si corre dappertutto, dalle Regioni a tutti i collegi”, è il ragionamento del leader di Iv.
    Altri movimenti dentro a M5s. La deputata Soave Alemanno lascia il M5s. Maria Soave Alemanno alla Camera aderisce al gruppo di Italia Viva. La deputata pugliese, che in questi giorni ha criticato la scelta del partito di non sostenere il governo Draghi, ha annunciato l’addio su Facebook, dicendosi “amareggiata” e spiegando che “quella scritta nell’ultimo periodo è una brutta pagina che non avrei voluto leggere”.
    “Io credo che l’Italia abbia ancora bisogno di Mario Draghi”. Lo ha detto il ministro Luigi Di Maio a Corriere Tv. “Io non posso stare con coloro che con il sovranismo, il populismo e l’opportunismo hanno buttato giù il governo. Voglio stare con chi crede nella stabilità, nella responsabilità e nelle riforme”, ha aggiunto riferendosi al suo futuro politico.
    In mattinata Enrico Letta ha riunito la segretria del Pd. C’è “il tentativo di cercare di scaricare le responsabilità gli uni sugli altri. Chi ieri non ha dato il voto di fiducia a Draghi non lo può applaudire Draghi, ha deciso di affossare un’esperienza di governo che stava facendo uscire l’Italia dalla crisi. Noi siamo stati alla parte giusta della storia”. Lo ha detto il segretario Pd, Enrico Letta, intervenendo alla riunione della segreteria, al Nazareno a Roma. “Gli atti di ieri peseranno molto sulle elezioni, gli italiani sceglieranno sulla base delle scelte di ieri”. “Ieri si è creato un vulnus nei confronti del Paese che durerà a lungo, a meno che non vinciamo noi, che saremo in grado di riprendere il filo positivo che si è interrotto”, ha detto Letta ricordando “i danni che stiamo vendendo e che colpiranno la parte più debole della società, quella a cui parleremo”.

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    Camere sciolte ma il vitalizio è salvo

    Nonostante lo scioglimento delle Camere anticipato, Deputati e Senatori non perderanno il diritto alla pensione pro quota di questa legislatura, seppur per una manciata di giorni. Le norme che regolano i cosiddetti vitalizi, in realtà una forma pensionistica che scatta al 65esimo anno di età, prevede che si maturi il diritto della quota per i cinque anni della legislatura, quando questa è arrivata a 4 anni, sei mesi e un giorno. La data fatidica è il 24 settembre, mentre le Camere sono state sciolte oggi.
    Tuttavia nella Costituzione (articolo 61, secondo comma) si afferma che “finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”, tanto è vero che queste esaminano eventuali decreti urgenti emanati nel frattempo o altri atti necessari del governo, come decreti legislativi di attuazione delle deleghe. Le prossime elezioni si svolgeranno il 25 settembre e le nuoive camere si insedieranno il 15 ottobre, come prevede sempre la nostra Carta: 21 giorni dopo la fatidica data “salva pensioni”.    

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    Come funzioneranno le Camere formato small

    Saranno due Camere inedite, dimagrite di circa il 30% dei parlamentari, quelle che si riuniranno a fine ottobre dopo il passaggio delle urne. La riforma costituzionale varata nel 2020 ha infatti ridotto dai 630 ai 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 quello dei senatori eletti, ai quali si aggiungeranno i cinque senatori a vita. Una situazione inedita con degli interrogativi sull’attività parlamentare.    Mentre la sforbiciata risolverà gli atavici problemi di spazi di lavoro per i parlamentari e i gruppi, ci si interroga sulla funzionalità degli organismi, specie per il Senato. La prossima settimana l’Aula di Palazzo Madama ridurrà il numero delle Commissioni permanenti da 14 a 10 accorpandone alcune (Esteri e Difesa, Ambiente e Lavori Pubblici, Industria e Agricoltura, Lavoro e Sanità). Tuttavia i gruppi medio-piccoli avranno uno o due senatori in ciascuna commissione, il che impedirà una loro specializzazione e imporrà un maggior ricorso ai tecnici esterni e ai legislativi dei ministeri. L’altro problema riguarda le Commissioni e gli Organi Bicamerali, come Copasir, Vigilanza Rai, Antimafia. Queste, per fare un esempio, dovranno evitare di riunirsi nel primo pomeriggio (quando non ci sono i lavori delle due Aule) in concomitanza con le Commissioni permanenti di Camera e Senato, pena il rischio di far mancare il numero legale nelle une o nelle altre. Per le Bicamerali in arrivo convocazioni all’alba o al tramonto.    Per la Camera non ci sono questi problemi mentre per i giornalisti sarà più semplice memorizzare i nomi e i volti di 600 eletti rispetto a 915.    

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    Presidi, disappunto per le urne in autunno, ci sarà lo stop delle scuole

    “C’è disappunto non preoccupazione per le urne in autunno: un certo numero di scuole fermeranno infatti le lezioni appena avviate e questo è un problema che solleviamo da non so quanti anni. Quindi chiediamo al Ministero dell’Interno di individuare” per le elezioni politiche “seggi non scolastici”. Lo dice all’ANSA Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi. “Basta seggi nelle scuole – sottolinea – che fanno perdere giorni di lezione dell’anno scolastico appena iniziato, lezioni che poi non verranno recuperate”. 

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    Il timing del voto, liste entro un mese. A Ferragosto i simboli

    Le liste dei candidati entro un mese a partire da oggi e il deposito dei simboli a Ferragosto: con lo scioglimento delle Camere decretato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella è partito ufficialmente il timing per le elezioni, che si terranno il 25 settembre come deciso dal Consiglio dei ministri sulla base dell’articolo 61 della Costituzione: “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti”.
    Prima di votare, però, ci sono una serie di adempimenti e scadenze da rispettare sia per le istituzioni che per i partiti.
    Ecco le date principali:
    – 27 LUGLIO: è il termine entro il quale il Viminale deve inviare alla Farnesina gli elenchi degli elettori all’estero, che vengono costantemente aggiornati. La legge stabilisce infatti che devono essere inviati entro il sessantesimo giorno antecedente le votazioni.
    – 12-13 E 14 AGOSTO: E’ il termine entro il quale i partiti devono depositare al Viminale i contrassegni e i simboli elettorali.
    – 21 e 22 AGOSTO: Sono i giorni riservati alla presentazione delle liste, il 35esimo e il 34esimo antecedente il voto. Le liste dei candidati vengono presentate negli uffici centrali elettorali costituiti presso le Corti d’Appello.
    – 26 AGOSTO: è la data d’inizio ufficiale della ‘propaganda elettorale’, il mese di campagna elettorale prima del voto, con l’affissione dei manifesti elettorali.
    – 25 SETTEMBRE: è il giorno delle elezioni.
    – 15 OTTOBRE: è la data entro la quale deve tenersi la prima seduta del nuovo Parlamento. A stabilirlo è sempre l’articolo 61 della Costituzione, in base al quale “la prima riunione” delle Camere “ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”. Finché non sono riunite le nuove camere, prosegue l’articolo, “sono prorogati i poteri delle precedenti”. 

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    Mattarella scioglie le Camere. Si vota il 25 settembre – IL PUNTO ALLE 18,30

    Il Capo dello Stato Sergio Mattarella scioglie il Parlamento, si voterà il 25 settembre. Mettere la parola fine alla legislatura “è sempre l’ultima scelta da compiere”, dichiara il presidente della Repubblica, consapevole però che non ci siano più i margini per proseguire l’azione di governo e neanche per cercare altre maggioranze. A rendere evidente tutto ciò, osserva il Colle, è stata “la discussione, il voto e le modalità con cui questo voto è stato espresso ieri al Senato”. L’Italia però non si può fermare: la crisi sociale morde, il Covid torna ad alzare la testa, il Pnrr deve essere attuato. Ed ecco quindi l’auspicio: pur nelle ore di una campagna elettorale – che Mattarella prevede “acuta e dialettica” – le forze politiche sono chiamate a dare un “contributo costruttivo nell’interesse superiore dell’Italia”.    A metà pomeriggio, il premier Mario Draghi sale al Quirinale e controfirma il decreto per lo scioglimento del Parlamento. Pochi minuti e si riunisce il Consiglio dei ministri: il premier e il ministro dell’Interno propongono la data delle urne, il 25 settembre appunto. Poi toccherà di nuovo al presidente della Repubblica emanare il provvedimento. Conti alla mano, vuol dire che i partiti dovranno chiudere le liste per le candidature tra metà e fine agosto. “Sarà #ViminaleBeach”, commenta ironico il deputato del Pd Stefano Ceccanti.    Ora quindi i partiti dovranno scegliere alleanze e candidati, poi dovranno mettere a punto i programmi. Il governo guidato da Mario Draghi, in carica per gli affari correnti, invece avrà il compito di mettere in campo alcune risposte necessarie a tamponare la crisi economica e sociale e a rispettare gli impegni con l’Europa nonché quelli internazionali, a partire dal lavoro diplomatico necessario per fronteggiare le conseguenze della guerra in Ucraina.   

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    Il testo dell'intervento di Draghi in Cdm

    Buonasera a tutti,Come sapete, questa mattina ho rassegnato le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica, che ne ha preso atto, chiedendo di restare in carica per gli affari correnti.Voglio ringraziare prima di tutto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la fiducia accordatami e per la saggezza con cui ha gestito questa fase di crisi.Voglio poi ringraziare voi tutti, per la dedizione, la generosità, il pragmatismo che avete dimostrato in questi mesi.Dobbiamo essere molto orgogliosi del lavoro che abbiamo svolto, nel solco del mandato del Presidente della Repubblica, al servizio di tutti i cittadini. L’Italia ha tutto per essere forte, autorevole, credibile nel mondo. Lo avete dimostrato giorno dopo giorno in questi mesi di Governo.Ora dobbiamo mantenere la stessa determinazione nell’attività che potremo svolgere nelle prossime settimane, nei limiti del perimetro che è stato disegnato.In particolare, dobbiamo far fronte alle emergenze legate alla pandemia, alla guerra in Ucraina, all’inflazione e al costo dell’energia.Dobbiamo portare avanti l’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – anche per favorire il lavoro del Governo che ci succederà.Porterò con me un ricordo molto bello di queste riunioni, degli scambi che ho avuto individualmente con voi.Ci sarà ancora tempo per i saluti.Ora rimettiamoci al lavoro.

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    Le cifre del governo Draghi: 55 voti fiducia e 125 leggi

    Una media di 7,4 leggi approvate ogni mese su un totale di 125 in 516 giorni di governo, ovvero fino alla crisi dello scorso 14 luglio. Sono i numeri dell’Esecutivo di Mario Draghi, che termina oggi con le dimissioni del premier.    Il governo – il sessantasettesimo della Repubblica e il terzo della XVIII legislatura – è entrato in carica il 13 febbraio 2021, con il giuramento di ventitré ministri: otto tecnici e quindici politici (otto uscenti del Conte-Bis confermati). Di questi, tre su quattro venivano dal Nord. Mario Draghi è diventato primo ministro a 73 anni (prima di lui nella storia solo Amintore Fanfani, premier a 79 anni) ed era il componente più anziano del governo, seguito da Renato Brunetta (70). I più giovani erano Luigi Di Maio (34) e Fabiana Dadone (37).    L’Esecutivo – che ha goduto della terza maggioranza più ampia della storia della Repubblica – ha ottenuto, secondo elaborazioni di Openpolis, la fiducia al Senato il 17 febbraio dello scorso anno con 262 voti favorevoli, 40 contrari e 2 astenuti, con il sostegno quindi dell’81% dei senatori. Il giorno seguente ha ottenuto la fiducia anche alla Camera con 535 voti favorevoli, 56 contrari e 5 astenuti, col sostegno dell’85% dei deputati. Al loro insediamento solo il governo Andreotti IV (1978) e il governo Monti (2011) hanno potuto contare su un consenso più ampio.    Le leggi approvate in via definitiva sono state 125, di cui la maggior parte sono state ratifiche di trattati internazionali (44). Le conversioni di decreti legge sono state 43. Seguono le leggi ordinarie (21) e le leggi delega (10). L’80% delle leggi approvate sono state di iniziativa governativa. Il precedente più alto tra le ultime tre legislature fa riferimento al governo Conte Bis (85,3%), seguito dal governo Letta (83,3%). Nella classifica sul numero di leggi approvate in via definitiva dal Parlamento, il governo Draghi si colloca al terzo posto, dietro quello Berlusconi IV (279) e quello Renzi (261), che però hanno avuto durate diverse. La media mensile delle norme approvate nell’Esecutivo Draghi è stata del 7,4, seconda solo a quello Renzi nella classifica di riferimento (7,9).    Durante i 17 mesi dell’Esecutivo, la questione di fiducia è stata posta in 55 occasioni, solo quello Renzi ne ha fatto maggiormente ricorso (66) nella classifica delle ultime tre legislature (al terzo posto quello Monti, con 51). Nella media mensile il governo di Mario Draghi è al primo posto con 3,24 voti di fiducia al mese, al secondo posto c’è quello Monti (3) e al terzo il Conte Bis (2,25).