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    Meloni: 'governa chi vince alle urne, e noi siamo pronti'

    Chi prende più voti andrà a Palazzo Chigi, lei è pronta e lo è anche Fdi. Intervistata in apertura della Stampa, Giorgia Meloni spiega che da tempo si lavora al programma.
    Il centrodestra può vincere le elezioni, ogni partito ne ha uno di partenza, ma in quello comune ci si dovrà concentrare su quello che si può fare. Intanto nessun totonomi, ma se si andasse al governo si dovrebbe prendere tutto il meglio.
    Nessun rischio dal voto, e sulle riforme Fdi garantirà disponibilità perché si arrivi alle scadenze in tempo utile. Sul rapporto con gli alleati, via i tatticismi, bisogna compattarsi e battere l’avversario: il Pd.La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.
    “Da tempo lavoriamo alla costruzione di un programma – spiega la leader di Fratelli d’Italia – . A differenza della sinistra, non ci dobbiamo inventare un’identità. Le nostre proposte si conoscono, si tratta di ribadirle”.
    Guardando alla campagna elettorale, “il centrodestra può vincere le elezioni, ma governerà in una fase complessa”. E dunque “nel programma comune – spiega – dovremmo concentrarci sulle cose che si possono fare. Meglio mettere una cosa in meno, che una in più che non si può realizzare”. Ed è presto per parlare di nomi. “Dovremmo prendere tutto il meglio che c’è. Senza pregiudizi”, afferma. Quanto alla scelta del premier, in caso di vittoria, “chi vince governa”, la chiude Meloni, “questa regola ha sempre funzionato”, “non abbiamo nemmeno il tempo di cambiarla”. E sempre sui rapporti con gli alleati, la leader di Fdi confida “che si mettano da parte i tatticismi”. Bisogna “compattarsi per battere l’avversario. L’avversario è il Pd”, puntualizza.
    Sulle riforme da fare in vista della nuova tranche del Pnrr “garantiremo la nostra disponibilità affinché si arrivi alle scadenze in tempo utile”, assicura Meloni. “Se non otteniamo dei soldi è perché il governo non ha lavorato bene”, aggiunge.
    Nessun dubbio sull’Ucraina. Sostenerla “è stata una delle decisioni più facili della mia vita”, dichiara. Sull’invio di armi dice che “bisogna essere lucidi: non possiamo pensare di essere neutrali senza conseguenze”. E chiarisce che la politica estera di un governo a guida Fratelli d’Italia resterà quella di oggi: “per me è una condizione. E non credo che gli altri vogliano metterla in discussione”.
    Dal suo blog, intanto, Beppe Grillo parla dei due mandati e osserva che “sono la luce nella tenebra, sono l’interpretazione della politica in un nuovo modo, come un servizio civile. Sia io che Casaleggio quando abbiamo fatto queste regole non l’abbiamo fatto per ‘l’esperienza’, per andare avanti, ma perché ci vuole una interpretazione della politica in un nuovo modo”. E aggiunge: “Noi siamo questi e la legge dei due mandati deve diventare una legge di Stato. L’Italia si merita una legge sui due mandati e sui cambi di casacca”.
    “Ci vuole una nuova interpretazione della politica e vi dico la verità – aggiunge il garante del M5s -: tutti questi sconvolgimenti, queste defezioni nel nostro Movimento, queste sparizioni sono provocate da questa legge (dei due mandati, ndr) che è innaturale, che è contro l’animo umano. C’è gente che fa questo lavoro, entra in politica per diventare poi una ‘cartelletta’. Gigino ‘a cartelletta’ ora è di là che aspetta il momento di archiviarsi in qualche ministero della Nato. Ed ha chiamato decine e decine di cartellette che aspettano come lui di essere archiviate a loro volta in qualche ministero”.

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    Il concerto di Piovani in piazza del Quirinale

    “C’è ancora tanto, tanto bisogno di ragione affinché le Erinni cessino di spargere veleno e morte nelle nostre città”. Nell’introdurre il concerto ‘Il sangue e la parola”, ispirato alle Eumenidi di Eschilo, il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato fa ricorso al mito greco per affermare il primato dello stato di diritto sulla vendetta. “Quando l’iniziativa fu concepita – ha detto – sapevamo che le Erinni non erano scomparse, ma pensavamo che fosse saldo nel mondo, soprattutto nella nostra parte di mondo, il primato del logos, della parola al posto del sangue. Poi è venuto il sangue ucraino e il senso delle Eumenidi è divenuto ancora più tragicamente attuale”. Il concerto in piazza del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – con sullo sfondo le due istituzioni simbolo dei valori costituzionali, la presidenza della Repubblica e il Palazzo della Consulta – è nato da un’idea di Nicola Piovani, ed è stato promosso dalla Corte e organizzato in collaborazione con la Rai e il Teatro dell’Opera di Roma. Il testo è liberamente tratto dalle Eumenidi di Eschilo, dalla Costituzione italiana e dai lavori preparatori dell’Assemblea costituente.
    “Le Eumenidi – ha spiegato Amato – narrano la celebrazione, 2.500 anni fa, del primo processo fondato non sulla vendetta, ma sulla ragione, non sulla maledizione, ma sulla giustizia, non sul sangue che chiama sangue, ma sul logos, che convince e placa. Le Erinni, orribili portatrici del vecchio, saranno sconfitte dal giudizio dell’Areopago; non solo, esse stesse accetteranno il nuovo mondo e diverranno benedicenti, eumenidi. Nasceva così lo stato di diritto”. Quei principi saranno poi riaffermati nell’Italia del dopoguerra dalle nostre madri e dai nostri padri costituenti, e diventeranno il cuore della Costituzione italiana. La Consulta ha voluto e promosso questo concerto nel solco delle iniziative intraprese in questi anni, dai Viaggi in Italia, nelle scuole e nelle carceri, alla libreria dei podcast, per promuovere la cultura costituzionale, farsi conoscere e conoscere, e rafforzare il legame con la società civile. Ad assistere, in piazza del Quirinale più di mille persone: giovani, professionisti, intellettuali ma anche alcuni ragazzi di Nisida, dove Amato è tornato quest’anno dopo il viaggio nelle carceri, ex detenuti, poliziotti penitenziari, direttori e parenti di vittime di reati.

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    Rebus alleanze, Pd frena su Renzi e Calenda va da sé

    Nell’immediato dopo-Draghi, il Pd cerca la strada delle alleanze. Il progetto l’ha illustrato Enrico Letta all’indomani della fine del governo: “Faremo una proposta basata sulle nostre idee, per vincere le elezioni” e sarà rivolta a tutti, tranne a chi non ha votato la fiducia.Quindi, il M5s è fuori. Per la verità, di paletti ce ne sono altri. Per esempio, Matteo Renzi non pare ospite gradito: alcuni ambienti del Nazareno ritengono che i “pro” di un patto con lui siano meno dei “contro”. Ma è il momento dello choc dopo il terremoto, dei continui riposizionamenti, delle grandi manovre, dei giri di telefonate. Per esempio: fra gli gli alleati del Pd c’è chi non ha intenzione di chiudere definitivamente la porta al M5s: non lo ha fatto il leader di Articolo Uno Roberto Speranza né quello di Sinistra italiana Nicola Fratoianni.Mentre Carlo Calenda ha continuato a rispondere picche a un’alleanza di centrosinistra: “Non abbiamo alcuna intenzione di entrare in cartelli elettorali che vanno dai Verdi a Di Maio”. I tempi sono stretti: le elezioni fissate al 25 settembre impongono il deposito dei simboli entro la metà di agosto. Per definire le candidature c’è una settimana in più. I giochi, quindi, si faranno nei prossimi giorni. Martedì Letta riunirà la direzione. Sarà lì che si definiranno le scelte del Pd. E sarà lì che potranno essere messe sul piatto le posizioni delle truppe, che non sono affatto monolitiche: la rottura col M5s non piace a tutti a sinistra anche solo per un calcolo sulle possibilità di vittoria nei collegi uninominali al sud. Il Pd è invece compatto sulla linea del no.Per il momento, il clima è di attesa, di studio delle mosse. Se ci sono malumori, restano sottotraccia. Per esempio, il retroscena di Repubblica del “No” del Pd all’alleanza con Renzi non provoca la ridda di comunicati e tweet che ci sarebbe stata in altri momenti. Anche le proteste di Italia viva potevano essere più rumorose. La prima è del presidente del partito, Ettore Rosato: “Oggi Letta dice: con Di Maio sì, con Renzi no.  Auguri! Noi stiamo con l’Area Draghi”..Nel Pd si ricordano le posizioni diverse sulla riforma della Giustizia e si rimarca: Non se ne fanno questioni personali o di veti. Ma a quanto pare resta anche il trauma” lasciato dalla vicenda del Ddl Zan. E poi – si ragiona -quanti vota porta Renzi e quanti ne toglie? Per il ministro Andrea Orlando, “il punto fondamentale è ripartire dal Pd. Il Pd non deve caratterizzarsi in funzione delle alleanze che fa ma della proposta politica che vuole mettere in campo, del programma con cui si candida a cambiare il paese”. Il progetto di Letta è vicino a quello di Luigi Di Maio, che intanto continua a tessere col sindaco di Milano, Giuseppe Sala: “Si sta delineando un’area di unità nazionale che si contrappone sicuramente a Conte e a Salvini – ha detto il ministro degli Esteri – ma anche a una destra che ha scommesso per far cadere questo Governo”. Ma i nodi dell’alleanza restano: “Credo che il M5s abbia commesso un errore grave in Senato, ma l’avversario resta la destra”, ha spiegato Speranza (Articolo Uno), lasciando la porta aperta al Movimento. Che però, pare ormai su altri lidi: “In queste ore – ha detto Giuseppe Conte – leggo diverse dichiarazioni arroganti da parte del Pd. Non accettiamo la politica dei due forni”. Alle manovre nel centrosinistra si sommano quelle al centro. Anche alla luce delle perplessità del Nazareno, Iv rilancia il progetto del rassemblement di centro : “Noi con Calenda diciamo le stesse cose al 95% – ha detto Rosato – Penso che la campagna elettorale consentirà a questa area di nascere e si incuneerà fra populismi di destra e di sinistra”. Eppure, il patto con Calenda ancora non c’è e neppure pare scontato.   

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    Salvini: “Il premier lo sceglie chi prende un voto in più”

    “ll prossimo premier? Finalmente lo sceglieranno gli Italiani: chi prenderà un voto in più avrà l’onore e l’onere di indicare il nome”. Lo scrive su Twitter il leader della Lega Matteo Salvini.
    Sullo strappo che ha determinato la crisi di governo “non c’è stato nessun concorso del centro-destra. Noi siamo stati sempre i più leali sostenitori del governo Draghi. Era un governo di unità nazionale che noi per primi avevamo proposto per far fronte alle emergenze del Paese. Sono stati i Cinque Stelle a mettere in crisi il governo, ancora una volta, rifiutando di votare un provvedimento davvero essenziale per gli italiani”. Lo ha detto il leader di Fi, Silvio Berlusconi, al Tg5.
    Secondo l’ex premier, “a fronte di questo, il Presidente Draghi una settimana fa si era recato dal Capo dello Stato e aveva presentato le sue dimissioni perché riteneva che così non si potesse continuare. Noi abbiamo detto e scritto in tutti i modi che eravamo pronti a sostenere anche un altro governo Draghi fino alla fine naturale della legislatura. Questo naturalmente sarebbe stato possibile solo ripartendo senza i Cinque Stelle, senza i loro ministri e i loro sottosegretari, visto che loro stessi si erano posti fuori dalla maggioranza, dopo aver paralizzato per mesi l’azione di governo con i loro veti”.
    Sul rifiuto di Mario Draghi di presiedere un governo senza il M5s, Silvio Berlusconi, si dice “più che sorpreso, amareggiato”. Purtroppo, afferma il leader azzurro, “è prevalsa la volontà del Pd di strumentalizzare Draghi a fini elettorali. Ma noi abbiamo la coscienza a posto. Del resto – aggiunge – non abbiamo mai votato contro Draghi, non gli abbiamo mai negato la fiducia, semplicemente i nostri senatori non hanno partecipato ad una votazione senza senso, su un documento, quello presentato dal sen. Casini, che non diceva nulla e che lasciava tutto com’era”
    Quanto alle elezioni fra due mesi, il leader azzurro osserva che “ogni allarmismo è davvero strumentale e andare alle elezioni a settembre non è una tragedia. Forse questo non è il momento più opportuno per farle, ma le elezioni non sono una patologia, sono l’essenza del sistema democratico, della democrazia. E dopo molti anni gli italiani potranno finalmente scegliere da chi vogliono essere governati. Perché l’ultimo governo eletto dagli italiani è stato il mio governo eletto nel 2008”.
    “Nel nostro programma c’è l’aumento delle pensioni, tutte le nostre pensioni, ad almeno mille euro al mese per 13 mensilità” e poi “c’è l’impegno a mettere a dimora, a piantare ogni anno almeno un milione di alberi su tutto il territorio Nazionale”, spiega Berlusconi. 
    “Il nostro è un programma semplice – sottolinea il leader forzista -, sono 8 punti fondamentali per far ripartire l’Italia e per alleviare le difficoltà e le sofferenze degli italiani. Ve li leggo: meno tasse, meno burocrazia, meno processi, più sicurezza, per i giovani, per gli anziani, per l’ambiente e poi la nostra politica estera”. 
    Il presidente di Forza Itali aha poi incontrato a Roma la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Lo riferiscono fonti dei due partiti, aggiungendo che “i due leader hanno convenuto sulla necessità di lavorare, anche d’accordo con il leader della Lega, Matteo Salvini, alla convocazione nei primi giorni della prossima settimana un vertice del centrodestra, per affrontare i nodi politici dopo lo scioglimento delle camere e in vista delle elezioni politiche”.

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    Fi: Tajani,Berlusconi sta come un grillo,si candiderà al Senato

    “Berlusconi è in formissima, sta come un grillo. E si candida certamente al Senato. Lui in genere si esalta in campagna elettorale e questa è la sua nona campagna elettorale”. A dirlo è il suo vice, il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani parlando con i cronisti a Montecitorio dopo aver incontrato l’ex premier a Villa Grande.    Berlusconi dovrebbe lasciare la Capitale nel weekend, andando probabilmente in Sardegna, e tornare a Roma la prossima settimana. 

    Agenzia ANSA

    Sullo strappo che ha determinato la crisi di governo “non c’è stato nessun concorso del centro-destra. Noi siamo stati sempre i più leali sostenitori del governo Draghi. Otto punti fondamentali per far ripartire l’Italia (ANSA)

    “Il killer del governo è il Pd con il suo campo largo e con la sua ossessiva voglia di continuare la spartizione del potere con il M5S. Inutile che si innervosisca per il sostegno del Partito Popolare Europeo a Forza Italia. Grazie a Manfred Weber, grande amico e conoscitore dell’Italia”. Lo scrive su Twitter Antonio Tajani, Coordinatore nazionale di Forza Italia.   

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    Draghi: Da Fedriga a Gelmini e Di Maio, le posizioni

    All’indomani dello scioglimento delle Camere, non soltanto i singoli partiti ma anche esponenti di spicco dei diversi schieramenti si espongono in vista delle prossime elezioni fissate per il 25 settembre.
    Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi sottolinea che il centrodestra è stato sempre leale con Draghi: “sono stati i Cinquestelle a mettere in crisi il governo”. Poi annuncia che nel programma degli azzurri “c’è l’aumento delle pensioni, tutte le nostre pensioni, ad almeno 1000 euro al mese per 13 mensilità” e c’è l’impegno a mettere a dimora, a piantare ogni anno almeno un milione di alberi su tutto il territorio Nazionale. L’ex premier fa sapere inoltre che il partito ha già in mente nomi di prestigio per la composizione dell’eventuale futuro governo di centrodestra. “Le nostre liste saranno fatte come sempre di donne e di uomini di alto profilo”, aggiunge.
    Per il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio “l’agenda Draghi stava risollevando il Paese, stava portando prestigio al Paese”. Ed è un’agenda che “passa per la riduzione del cuneo fiscale, per un salario minimo ma negoziato con le parti – ha aggiunto ancora Di Maio, parlando con i giornalisti a Nola – e infine che passi per un tetto massimo del gas in Europa per ridurre i costi delle bollette delle imprese e dei cittadini”.
    Per Mariastella Gelmini, che ha lasciato Forza Italia, “oggi Giorgia Meloni è leader del partito che ha maggiori consensi all’interno della coalizione di destra. Chiaro che mi preoccupa, pur avendo stima per lei, quale può essere il programma di un Presidente del Consiglio che, ad oggi, non ha votato il PNRR e che anche sul fronte dell’Europa ha posizioni molto distanti perché c’è stato un tempo in cui l’Europa era l’Europa dei burocrati, dopodiché abbiamo visto che con il Covid l’Europa è stata decisiva nel salvare i Paesi, nel fare i piani di vaccinazione, così come è decisiva oggi nel concedere all’Italia duecento miliardi di euro. Credo che la coalizione di destra – ha proseguito – sommi molte contraddizioni e saranno gli elettori a decidere. Confermo stima personale nei confronti di Giorgia Meloni ma preoccupazione per quelli che sono i propri programmi politici molto distanti dall’Europa e dall’agenda Draghi”.
    Dice di volergli ancora bene, ma per Renato Brunetta, “Berlusconi ha perso lucidità e umanità”. Questa la sintesi cui giunge il ministro uscente per la Pubblica amministrazione dopo aver lasciato Forza Italia per il mancato voto di fiducia al governo Draghi. In un intervento su La Stampa, Brunetta usa parole dure: “Non sono io che lascio, ma è Forza Italia, o meglio quel che ne è rimasto, che ha lasciato se stessa e ha rinnegato la sua storia”. Per il ministro, “sono degli irresponsabili coloro che non hanno votato la fiducia al presidente del Consiglio, anteponendo l’interesse di parte all’interesse del Paese”.
    Il senatore Andrea Cangini è fra quelli che hanno lasciato Forza Italia dopo che il suo partito non ha votato la fiducia al premier Mario Draghi in Senato. Ciò che denuncia è un appiattimento del partito di Silvio Berlusconi sulla Lega di Salvini. “La deriva non è iniziata in questi giorni”, afferma intervistato da Qn. “È una tendenza che denuncio dall’inizio della legislatura” e che “si è rafforzata sempre di più”.
    Dalla Lega, intanto, Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, riflette che “Mario Draghi ha fatto un ottimo percorso in mezzo a molte difficoltà con una maggioranza estremamente eterogenea. Penso al Pnrr, alla lotta alla pandemia, alla crisi con la guerra in Ucraina, alla crisi economica: è riuscito a tenere e ad avere quella capacità di dialogare con i paesi stranieri che ha reso l’Italia protagonista”.  
    E il governatore del Veneto, Luca Zaia, arlando invita a guardare in faccia la realtà: “tra 60 giorni abbiamo un Parlamento, un governo e tutto”. E definisce le prossime elezioni “sanificatorie”, perché, aggiunge, “daranno in mano il Paese ad una forza che spero sia assolutamente rappresentativa  e possa portare stabilità”.
    “Noi – dice Simona Malpezzi, presidente dei senatori Pd – siamo il partito che non ha tradito quello che il Paese chiedeva. La Lega può raccontarla come vuole, ma c’è un fatto politico conclamato: la Lega, con FI e M5S, ha deciso di non votare la fiducia al governo Draghi”.
    Chiude ai 5S anche il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini: “Mi pare che dopo quello che Conte e il M5s hanno legittimamente scelto di fare, sia praticamente impossibile un’alleanza con chi ha fatto cadere o ha contribuito insieme alla destra a far cadere il Governo Draghi”

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    Svolta sul grano, Ucraina e Russia firmano l'accordo

    Svolta nella crisi del grano ucraino: venerdì ad Istanbul sarà firmato quello che dovrebbe essere il primo vero accordo sui corridoi nel Mar Nero per l’esportazione di cereali dai porti dell’Ucraina. E soprattutto la prima intesa tra Mosca e Kiev dall’inizio della guerra il 24 febbraio. Non a caso sarà presente anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Ad annunciarlo è stato l’ufficio del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, grande mediatore dell’intesa, che verrà sottoscritta dalle delegazioni russa e ucraina nel sontuoso Palazzo Dolmabahce, sullo Stretto del Bosforo.
      Che l’intesa fosse nell’aria si era capito sin dall’incontro di tre giorni fa a Teheran tra Erdogan e il presidente russo Vladimir Putin, che aveva parlato di “progressi sull’esportazione di grano ucraino”, cosa che aveva definito “un buon segno”. Tuttavia, lo stesso Putin aveva sottolineato che qualsiasi accordo doveva comprendere anche le esportazioni bloccate di grano russo. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu aveva dal canto suo affermato che “quando risolveremo questo problema, non solo verrà aperto il percorso di esportazione per il grano e l’olio di girasole dall’Ucraina, ma anche per i prodotti dalla Russia”.
        Di qui la svolta e l’annuncio. “L’accordo sull’esportazione di grano, di fondamentale importanza per la sicurezza alimentare globale, sarà firmato a Istanbul sotto gli auspici del presidente Erdogan e del segretario generale dell’Onu Guterres insieme alle delegazioni ucraina e russa”, ha affermato il portavoce del leader turco Ibrahim Kalin.    Un membro della delegazione di Kiev per i negoziati, Rustem Umerov, ha fatto sapere che le spedizioni potrebbero riprendere da tre porti sotto il pieno controllo ucraino, ovvero Odessa, Pivdennyi e Chornomorsk. Secondo le stime, circa 25 milioni di tonnellate di grano e altri cereali sono bloccate nei porti ucraini. Un blocco che ha provocato una crisi alimentare mondiale.    Frattanto, lo spettro nucleare continua ad aleggiare sulla guerra, anche se per il momento i timori si accentrano, più che su uno scontro tra grandi potenze, su un possibile incidente alla centrale di Zaporizhzhia, al centro dei combattimenti. Gli ucraini hanno accusato i russi di volere utilizzare l’impianto – il più grande d’Europa, con ben sei reattori – per immagazzinarvi missili, carri armati ed esplosivi. Mentre Mosca ha affermato che le forze di Kiev, con i loro attacchi al sito, puntano a provocare “un disastro nucleare in Europa”.
    Ucraina, Lukashenko: ‘Finiamola qua, se andiamo oltre ci sara’ il conflitto nucleare’

       
    Ma le paure non si placano nemmeno per un possibile allargamento del conflitto che porti ad uno scontro atomico tra Russia e Nato. Questo, almeno, l’avvertimento lanciato dal presidente bielorusso Alexander Lukashenko. “Fermiamoci – ha detto Lukshenko, il più fedele alleato di Mosca – e poi scopriremo come continuare a vivere. Non c’è bisogno di andare oltre. Più lontano c’è l’abisso della guerra nucleare”. Mentre l’ex presidente russo Dmitri Medvedev è ricorso ai suoi consueti toni bellicosi per affermare che, “come risultato di tutto quello che sta accadendo, l’Ucraina potrebbe perdere ciò che rimane della sua sovranità statale e scomparire dalla mappa del mondo”.

    Agenzia ANSA

        Sul campo, nelle ultime ore, tre persone sono morte e 19 sono rimaste ferite in un bombardamento russo su Kharkiv, nel nord-est ucraino. Ma a preoccupare è appunto soprattutto la pericolosa situazione della centrale di Zaporizhzhia, controllata dai russi, che mercoledì avevano denunciato un attacco di droni kamikaze ucraini sul sito, con un bilancio di 11 feriti, di cui 4 gravi. Le stesse fonti avevano detto che erano stati colpiti edifici di servizio ma nessuno dei reattori della centrale. L’obiettivo di Kiev, ha affermato oggi la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, è proprio quello di creare un “disastro nucleare”. Gli ucraini ribattono affermando che sono le forze russe a mettere a repentaglio la sicurezza della centrale, ancora gestita da tecnici ucraini, utilizzandola per immagazzinarvi ogni genere di armamenti. “Le forze militari russe – ha dichiarato Energoatom, l’azienda statale che supervisiona gli impianti nucleari in Ucraina – chiedono all’amministrazione della centrale di aprire le sale macchine della 1a, 2a e 3a unità per potervi depositare l’intero arsenale militare”. Mentre sabato scorso il presidente di Energoatom, Pedro Kotin, aveva accusato la Russia di utilizzare l’impianto anche per installarvi sistemi di lancio missilistici.    

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    Terremoto in Forza Italia, dopo Gelmini lasciano Brunetta e Cangini

    Terremoto in Forza Italia. Dopo Maria Stella Gelmini, lasciano il partito anche il ministro Brunetta e il senatore Cangini. Il ministro della Pubblica Amministrazione in una nota afferma che “non votando la fiducia a Draghi, Forza Italia ha tradito la sua storia e i suoi valori. Non sono io che lascio, è Forza Italia che lascia se stessa”. “Non votando la fiducia a Mario Draghi – afferma Brunetta in una nota – il mio partito ha deviato dai valori fondanti della sua cultura: l’europeismo, l’atlantismo, il liberalismo, l’economia sociale di mercato, l’equità. I cardini della storia gloriosa del Partito popolare europeo, a cui mi onoro di essere iscritto, integralmente recepiti nell’agenda Draghi e nel pragmatismo visionario del Pnrr”.
    “La destra ha fatto una scelta incomprensibile che fa a pugni anche con l’elettorato di centrodestra. Io ho ricevuto molti messaggi e mail da imprenditori e professionisti che non capiscono questa scelta in cui ha prevalso il calcolo e la corsa alle elezioni. Sappiamo che l’incipit per la Meloni è il ritorno al voto. Spiace constatare che anche FI e Lega hanno preferito seguire l’input della Meloni piuttosto che mettere al centro l’interesse del Paese”. Così Maria Stella Gelmini, ministra per gli Affari regionali, ospite di Skytg24.
    “Per questioni di stile non esprimo giudizi su come Forza Italia ha gestito questa crisi, assumendo una decisione che non ho condiviso, che sono convinta vada contro l’interesse del Paese e di cui non ho mai avuto l’opportunità di discutere in una sede di partito. Sono grata al presidente Berlusconi per le opportunità che mi ha offerto e la fiducia che mi ha testimoniato in questi anni, ma quanto accaduto ieri rappresenta una frattura con il mondo di valori nei quali ho sempre creduto che mi impone di prendere le distanze e di avviare una seria riflessione politica”. Lo dice Mara Carfagna, ministro per il Sud in una nota.
    Anche Andrea Cangini lascia Forza Italia. Lo conferma il senatore azzurro, che ieri ha votato la fiducia al governo Draghi in dissenso dal partito restando in aula a differenza dagli altri forzisti. “Sono consapevole del fatto che, rinnovando la fiducia al presidente del Consiglio in coerenza con quanto detto e fatto da Forza Italia fino a due giorni fa, mi sarei messo automaticamente fuori dal partito”, ha aggiunto.
    Dura la nota di Brunetta: “Sono fiero di aver servito l’Italia da ministro di questo Governo. Sono degli irresponsabili coloro che hanno scelto di anteporre l’interesse di parte all’interesse del Paese, in un momento così grave. I vertici sempre più ristretti di Forza Italia si sono appiattiti sul peggior populismo sovranista, sacrificando un campione come Draghi, orgoglio italiano nel mondo, sull’altare del più miope opportunismo elettorale. Io rimango dalla stessa parte: dalla parte dei tanti cittadini increduli che mi stanno scrivendo e chiamando, gli stessi che nei giorni scorsi si sono appellati a Draghi perché rimanesse alla guida del Governo”.
    “Io non cambio, è Forza Italia che è cambiata – prosegue il ministro – Mi batterò ora perché la sua cultura, i suoi valori e le sue migliori energie liberali e moderate non vadano perduti e confluiscano in un’unione repubblicana, saldamente ancorata all’euroatlantismo. Perché dobbiamo contrastare la deriva di un sistema politico privo degli anticorpi per emanciparsi dal populismo e dall’estremismo, piegato a chi lavora per modificare gli equilibri geopolitici, anche indebolendo l’alleanza occidentale a sostegno dell’Ucraina. È una battaglia per il futuro che coincide con la difesa della mia storia, e di quella di Forza Italia”.