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    Aut aut di Meloni agli alleati. Calenda punta su Draghi

    Coalizioni senza pace a due mesi dal voto. Meloni avverte il centrodestra: ‘Senza accordo sulla premiership l’alleanza per governare insieme è inutile’. ‘Chi ha un voto in più indica il premier’, afferma Salvini. Calenda presenta con Bonino il Manifesto del fronte repubblicano, apre a Letta (‘è una persona seria’), chiude a Di Maio, accoglie Gelmini e incontra a sorpresa Renzi: ‘Come premier c’è solo Draghi’. ‘Il tema non è in agenda’, risponde il Pd. Forza Italia perde altri pezzi: lasciano le deputate Annalisa Baroni e Giusy Versace e l’assessore lombardo Mattinzoli. Zingaretti pronto a candidarsi al Parlamento, il Lazio verso il voto nel 2023: ‘Si riproponga il campo largo per vincere’, dice.

    Agenzia ANSA

    Il leader di Azione, presenta il “Patto Repubblicano”, con +Europa. ‘Nessuna alleanza con chi ha fatto cadere Draghi’. ‘Anche Forza Italia è entrata nell’area sovranista’. Bonino: ‘Iniziata l’interlocuzione con il Pd’ Gelmini: ‘Io ci sono, vediamoci’. ‘Con grande piacere’ ha risposto il leader di Azione. Di Maio: ‘Le coalizioni sono un valore’ (ANSA)

    MELONI AVVISA GLI ALLEATI: ‘INTESA SU PREMIER O SALTA IL GOVERNO’
    Le regole ci sono e vanno rispettate. Giorgia Meloni va giù dritta e manda un messaggio chiaro a Silvio Berlusconi e Matteo Salvini: senza un accordo sulla premiership “non avrebbe senso andare al governo insieme”. Una presa di posizione chiara, quella della leader di Fratelli d’Italia su un tema che rischia di mettere in discussione l’alleanza di centrodestra prima ancora dell’avvio ufficiale della campagna elettorale. E proprio per evitare spaccature quando la campagna elettorale è solo all’inizio a sminare la tensione ci prova Matteo Salvini: “Lasciamo a sinistra divisioni e litigi. Chi avrà un voto in più avrà l’onore e l’onere di indicare il premier. Per quanto ci riguarda, siamo pronti a ragionare con gli alleati sul programma di governo partendo da tasse, lavoro, immigrazione e ambiente”.
    Parole che vanno incontro a quanto sostenuto dalla leader di Fdi: “Confido che si vorranno confermare, anche per ragioni di tempo, regole che nel centrodestra hanno sempre funzionato – ribadisce Meloni – e che noi abbiamo sempre rispettato e che non si capisce per quale ragione dovrebbero cambiare oggi”. Che il tema alzi il livello di tensione è ormai evidente tanto che nel vertice convocato per mercoledì nel tardo pomeriggio alla Camera i tre leader ne dovranno comunque discutere. Difficile convincere Fratelli d’Italia a cambiare posizione e magari aprire all’ipotesi, circolata nei giorni scorsi e sostenuta anche da Berlusconi, che a scegliere il premier siano gli eletti dei tre partiti. E’ pur vero che la legge elettorale non prevede che ci sia l’indicazione del candidato alla presidenza del Consiglio nel momento in cui si presentano le liste, ma è evidente che Fdi non sembra disposto a modificare quanto stabilito anche nelle precedenti elezioni quando il centrodestra si recò da Mattarella a chiedere che venisse conferito l’incarico a Matteo Salvini. La Lega infatti era il partito che aveva preso più voti tra quelli della coalizione. Berlusconi, Salvini e Meloni ne discuteranno mercoledì insieme all’altro nodo, non da poco, che i tre sono chiamati a risolvere e cioè la suddivisione dei collegi. Anche qui la regola non scritta che i partiti si erano dati era quella di dividere i posti facendo una media degli ultimi sondaggi. Ma, se da un punto di vista tecnico, nessuno avrebbe da ridire, il problema semmai è dividere i collegi nelle varie regioni: Prima del numero – è il ragionamento che fanno ad esempio gli azzurri – è capire dove abbiamo i collegi, perchè se ad esempio sono tutti in Regioni dove le nostre percentuali sono basse allora diventerebbe un problema.

    Agenzia ANSA

    Così il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, risponde – ad Agorà estate su Rai 3 – ad una domanda sulla futura leadership del centrodestra. Gli insulti a Brunetta? ‘Non li ho mai sentiti, il problema è la sua coerenza politica’ (ANSA)

    CALENDA DICE SÌ A BIG EX FI E AVVERTE: ‘SOLO DRAGHI PREMIER’
    Calenda: ‘Di Maio non so chi sia, Letta persona seria’

    Azione e Più Europa lanciano il Patto Repubblicano, la premessa di una coalizione che apra anche ad alcuni big usciti da FI e si proponga alle prossime politiche in continuità con l’azione di Mario Draghi. E’ lui, secondo Carlo Calenda, l’unica persona che “bisogna tenere a fare il presidente del Consiglio”, non altri. Il riferimento sottotraccia è all’ipotesi di Enrico Letta candidato premier del centrosinistra. Così, a stretto giro, il Nazareno replica alla stoccata: “Noi non siamo la destra che litiga su Palazzo Chigi e sugli incarichi prima ancora di fare le liste. Nessuno può avere dubbi su ciò che pensano Letta e il Pd su profilo e caratura di Draghi. Ma non è un tema in agenda ora”. Dal fronte degli ex forzisti, che di giorno in giorno si ingrossa sempre più, si fa avanti la ministra Mariastella Gelmini che propone un incontro a Carlo Calenda: “L’agenda Draghi è quello che serve all’Italia. Io ci sono”. Il leader di Azione non se lo fa ripetere due volte: “Con grande piacere”. Intanto, la titolare del Sud Mara Carfagna, formalmente ancora nei ranghi di Forza Italia, continua il periodo di riflessione approfondita sul suo futuro, ma chi la conosce scommette che a stretto giro anche lei ufficializzerà l’addio a Silvio Berlusconi. Azione la aspetterebbe a braccia aperte. “Sono sicura che Mara prenderà la decisione giusta, quella di continuare a contribuire al nostro grande progetto”, dice la delegata forzista ai rapporti con gli alleati, Licia Ronzulli. Parole che attestano lo sforzo in atto dentro FI per evitare un altro divorzio pesante. Chi ha già lasciato gli azzurri, ma non ancora svelato le sue carte è Renato Brunetta. Da registrare la chiara analogia tra “l’unione repubblicana per salvare il paese” lanciata dal titolare della Pa e, meno di 24 ore dopo, il “Patto repubblicano” presentato alla Stampa Estera. Per capire che il progetto in questione si collocherebbe nell’area del centrosinistra, basta incrociare aperture e veti. “Da 24 ore è iniziata la prima interlocuzione col Pd che in questi anni ha preferito altri interlocutori, il M5s e l’estrema sinistra, ad esempio”, spiega la senatrice di Più Europa Emma Bonino. Per il resto, i paletti sono chiari: no “a chi ha fatto cadere Draghi”, dunque M5s, Lega e FI. Luigi Di Maio? “Non so di chi lei stia parlando”, taglia corto Calenda. La replica del leader di Insieme per il futuro non si fa attendere: “Le coalizioni sono fondamentali per stare uniti contro gli estremismi. Essere uniti, fra coloro che hanno provato a salvare il governo di unità nazionale, è un valore”.

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    Carfagna: “Su Draghi scelta di irresponsabilità e instabilità”

    Definisce “una scelta di irresponsabilità”, quella fatta da Forza Italia che ha portato alla caduta del Governo Draghi, sostiene di essersi battuta per quattro anni “all’interno del partito per difendere la sua collocazione europeista, occidentale e liberale, dall’abbraccio del sovranismo” e “una parte considerevole di Forza Italia la pensava allo stesso modo”, ma “siamo stati sconfitti, più volte, l’ultima in modo bruciante”. Così la ministra per il Sud, Mara Carfagna, in una intervista a La Repubblica spiega le ragioni che l’hanno spinta a lasciare FI. Parlando della sconfitta interna ribadisce: “Neppure consultati sulla crisi del governo di salvezza nazionale che noi stessi avevamo voluto” e aggiunge: “Ora mi chiedo: ha un senso proseguire una battaglia interna? O bisogna prendere atto di una scelta di irresponsabilità e instabilità, fatta isolando chi era contrario, e decidere cosa fare di conseguenza?”. Secondo Carfagna “lo strappo del 20 luglio scorso è così determinante, segna con forza un “prima” e un “dopo”, uno spartiacque – sottolinea – . La mancata fiducia a Draghi indica la rinuncia a ogni autonomia della componente liberale dalla destra sovranista. Fino al 19 luglio FI non avrebbe avuto alcun dubbio sulla linea in caso di problemi del governo: favorire la conclusione ordinata della legislatura, mettere in sicurezza famiglie e imprese, sostenere il premier più rispettato d’Europa per poi poterne rivendicare i successi in campagna elettorale. Dal 20 luglio il Rubicone è stato varcato” e aggiunge di essere “rimasta sulla sponda dove sono sempre stata. Di fronte a un bivio tra sottomettermi a una visione che non è la mia e rispettare quella in cui ho sempre creduto, non ho avuto alcun dubbio. In questo momento la priorità è mettere in sicurezza il Paese, non esporlo a salti nel buio”.    

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    Elezioni, Calenda: 'Come premier c'e' il solo nome di Draghi'. Pd: 'Non è un tema in agenda ora”

    ‘C’è una sola persona che bisogna tenere a fare il presidente del Consiglio e si chiama Mario Draghi. Se i cittadini italiani ci faranno vincere prometto che chiederemo a Draghi di restare a palazzo Chigi. E’ quello che serve a questo Paese. Lo afferma il leader di Azione, Carlo Calenda. “Noi non siamo la destra che litiga su Palazzo Chigi e sugli incarichi prima ancora di fare le liste. Noi siamo impegnati a testa bassa a parlare agli italiani e ce la metteremo tutta per convincerli a scegliere la nostra proposta politica. Poi, in merito al giudizio su Mario Draghi, nessuno certo può avere dubbi su ciò che pensano Letta e il Pd sul suo profilo e la sua caratura. Ma non è un tema in agenda ora”. E’ quanto precisa il Pd in merito alle parole di Carlo Calenda. 
    “Non so di chi lei stia parlando”. Così risponde Carlo Calenda ai cronisti che gli chiedono se la presenza di Luigi Di Maio, possa essere un problema in una eventuale alleanza alle prossime elezioni. “Ad Enrico Letta gli vogliamo bene, é una persona seria e siamo disponibili a discutere con tutti sulle cose da fare”, ha aggiunto Calenda.

    Calenda: ‘Di Maio non so chi sia, Letta persona seria’

    “Il nostro campo non è aperto a chi ha fatto cadere Draghi, con certezza matematica”. Lo ha detto Carlo Calenda, leader di Azione, alla presentazione del “Patto Repubblicano”, con +Europa, in vista delle elezioni del prossimo settembre. “Forza Italia è entrato a pieno titolo nell’area populista, sovranista, anti-europea e anti atlantica. Non è un caso che Draghi sia stato fatto cadere da tutti partiti in qualche modo filo-putiniani”. Lo ha detto Carlo Calenda, leader di Azione, alla presentazione del “Patto Repubblicano”, con +Europa, in vista delle elezioni del prossimo settembre. “Berlusconi? Ha fatto una cosa folle”, ha aggiunto Calenda.
    “Da 24 ore è iniziata la prima interlocuzione col Pd che in questi anni ha preferito altri interlocutori, il M5s e l’estrema sinistra, ad esempio”. Lo ha detto la senatrice di +Europa Emma Bonino alla presentazione del “Patto Repubblicano”, con Azione, in vista delle elezioni del prossimo settembre. “Starà anche al Pd aprire un’interlocuzione con noi, che auspichiamo. Non è che mi posso presentare nella sede del Pd con un bazooka, non si può fare”, ha concluso Bonino.
    Non tarda la risposta di Luigi Di Maio a Calenda. “Le coalizioni si presentano fra il 12 e il 14 agosto, nelle prossime settimane ci sarà un dibattito. Le coalizioni sono fondamentali per stare uniti contro gli estremismi. Essere uniti, fra coloro che hanno provato a salvare il governo di unità nazionale, è un valore. Ci lavoreremo, poi gli italiani decideranno”. Così Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e leader di Ipf, ospite de L’aria che tira, su La7, commentando le dichiarazioni del leader di Azione Carlo Calenda, che a una domanda di un giornalista su Di Maio ha risposto “Non so di chi lei stia parlando”. Calenda va convinto? “Il tema non convincere una persona, tutti dobbiamo convincerci che essere uniti attorno ai programmi e a una visione del Paese è un valore”, ha replicato Di Maio.
    “Ho letto il manifesto di Azione. Europeismo e atlantismo, infrastrutture, Pnrr, industria 4.0, revisione del reddito di cittadinanza. E’ l’agenda Draghi ed è quello che serve all’Italia. Carlo Calenda io ci sono, vediamoci”. Così su twitter la ministra Mariastella Gelmini. “Con grande piacere” ha risposto su Twitter il leader di Azione.

    Ho letto il manifesto di @Azione_it. Europeismo e atlantismo, infrastrutture, PNRR, industria 4.0, revisione del reddito di cittadinanza. È l’agenda Draghi ed è quello che serve all’Italia. @CarloCalenda io ci sono, vediamoci
    — Mariastella Gelmini (@msgelmini) July 25, 2022

           

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    Papa: 'Chiedo perdono a Dio per le sofferenze degli indigeni in Canada'

    “Attendevo di giungere tra voi. È da qui, da questo luogo tristemente evocativo, che vorrei iniziare quanto ho nell’animo: un pellegrinaggio penitenziale. Giungo nelle vostre terre natie per dirvi di persona che sono addolorato, per implorare da Dio perdono, guarigione e riconciliazione, per manifestarvi la mia vicinanza, per pregare con voi e per voi”. Così il Papa alle comunità native del Canada a Maskwacis. Esprimendo “l’indignazione e la vergogna” Francesco ha aggiunto: “Camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme, perché le sofferenze del passato lascino il posto a un futuro di giustizia, guarigione e riconciliazione”.

    Al termine dell’incontro con le popolazioni native del Canada a Maskwacis (ANSA)

     “Il primo passo di questo pellegrinaggio penitenziale tra di voi è di rinnovarvi la richiesta di perdono e di dirvi di tutto cuore che sono profondamente addolorato: chiedo perdono per i modi in cui purtroppo molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni. Sono addolorato. Chiedo perdono in particolare per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato anche attraverso l’indifferenza a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca culminati nel sistema delle scuole residenziali”. Così il Papa.
    Papa Francesco, in questa sua seconda giornata in Canada, è arrivato a bordo della sua Fiat 500L bianca a Maskwacis, a circa 70 km a sud di Edmonton, dove oggi incontra le popolazioni indigene First Nations, Metis e Inuit.Ѐ già questo uno dei momenti cruciali del viaggio, inteso dal Papa come “pellegrinaggio penitenziale” nei territori delle popolazioni autoctone per esprimere vicinanza e pentimento rispetto alle politiche di assimilazione e agli orrori delle scuole residenziali governative, in gran parte gestite dalla Chiesa cattolica.
    L’area di Maskwacis (“colline dell’orso”, in lingua cree), chiamata dal 1891 al 2013 Hobbema, dal nome della prima stazione ferroviaria costruita sul territorio, è situata nell’Alberta centrale. Ospita le riserve del gruppo delle Tribù Indiane del Canada Occidentale, le Quattro Nazioni di Maskwacis: l’Ermineskin Cree Nation; Louis Bull Tribe; Montana First Nation e Samson Cree Nation.
    Le Prime Nazioni sono firmatarie del Trattato 6, uno degli 11 Trattati Numerati firmati dai popoli indigeni – First Nations -, e dalla Corona canadese, tra il 1871 e il 1921. Un tempo, questa vasta area era ricoperta di cespugli di mirtilli che attiravano nella zona una numerosa popolazione di orsi, da cui il nome Maskwacis o Bear Hills. Sono presenti all’incontro col Papa anche la governatrice generale del Canada, Mary Simon – lei stessa di madre Inuit – e il primo ministro Justin Trudeau. 
    LA SECONDA GIORNATA DEL PONTEFICE IN CANADA
    Il Papa viene accolto all’ingresso della chiesa dedicata alla Madonna dei Sette Dolori – nei pressi dell’ex scuola residenziale Ermineskin – dal parroco e da alcuni anziani delle popolazioni First Nations, Métis e Inuit, poi prosegue su una golf car fino al cimitero, accompagnato da suoni di tamburo. Entrato nel cimitero, in forma strettamente privata, Francesco si sofferma in preghiera silenziosa. Al termine, si trasferisce a bordo della golf car al Bear Park Pow-Wow Grounds, dove all’ingresso viene accolto da una delegazione di capi indigeni provenienti da tutto il Paese. Francesco ha percorso in sedia a rotelle le poche centinaia di metri verso il cimitero dei nativi. 
    Dopo l’ingresso tradizionale dei capi indigeni ci sono le parole di benvenuto di uno dei capi, Wilton Littlechild. Quindi il discorso del Papa, in spagnolo, un canto, la preghiera del Padre Nostro, la benedizione e infine il saluto individuale al Pontefice di alcuni anziani e capi indigeni.

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    Elezioni, Zingaretti: 'Io candidato? Sono a disposizione del Pd'

     “Io candidato in Parlamento? Guardi dipende molto dal mio partito. Io sono amministratore grazie ai cittadini della mia comunità ormai da 14 anni perché abbiamo sempre vinto insieme le elezioni. Io sono a disposizione di un progetto politico, poi dipenderà da Enrico, dal gruppo dirigente del Pd. La mia consiliatura è finita, perché nel Lazio dopo due mandati non ci si può ricandidare e penso che due mandati per un presidente di regione siano sufficienti. Sicuramente combatterò, strada per strada e nelle piazze per ridare speranza a questo paese che è la mia gente e alla mia comunità”. Lo ha detto Nicola Zingaretti a Radio Anch’io. 
    Si apre intanto la questione anche della maggioranza della regione Lazio, di cui Zingaretti è governatore e che vede l’allenza Pd-M5s “La maggioranza PD -M5s di fatto non esiste più, non resta che indire le elezioni. Con le dichiarazioni rilasciate questa mattina Zingaretti manda definitivamente alla deriva la scialuppa M5Stelle che ha salvato dal naufragio la sua ridottissima maggioranza e gli ha consentito di tenersi stretta la poltrona di via Colombo”. Così in una nota i consiglieri regionali del Lazio di Fratelli d’Italia. Sulle mie eventuali dimissioni da governatore della Regione Lazio ribatte Zingaretti, “io credo che anche per il rispetto della legge questo problema ce lo porremo dopo l’eventuale elezione al Parlamento se sarò candidato: sia perché lo prevede la legge in caso di incompatibilità, sia per non scaricare sul governo regionale e sui cittadini del Lazio fibrillazioni e crisi che non dipendono da noi, ma dal quadro politico nazionale”. Lo ha detto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, interpellato a margine di un evento in Campidoglio.
    “Nel Lazio nessun trauma e nessuna scossa. C’è una alleanza larga che prevede la presenza del M5s sostenuta in maggioranza anche da altre forze politiche, che si basa su un programma che stiamo attuando con spirito di forte solidarietà. Tutte le forze politiche hanno confermato la volontà di rispettare i patti della realizzazione del programma. Andremo avanti fino al termine di questa fase, se sarò candidato, dopo l’elezione, affronteremo il tema di come portare la regione al voto chiudendo al meglio la consiliatura” ha ribadito Zingaretti. “Malgrado una oggettiva crisi nazionale della maggioranza parlamentare nel Lazio c’è una maggioranza larga e unita da un programma che sta attuando tutti i giorni a favore delle famiglie, delle imprese e della nostra comunità. Mi auguro, ma questo dipenderà dai protagonisti della futura avventura, che questa maggioranza larga che ha ben governato il Lazio si confermi e si riproponga per vincere”

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    I 14 punti del patto repubblicano di Calenda, Bonino e Della Vedova

    “Un Patto Repubblicano che riassuma i modi in cui si deve governare questo Paese”, con proposte di merito e criteri di gestione della cosa pubblica. Ѐ il progetto presentato oggi da Azione e +Europa nella sede romana dell’Associazione Stampa Estera. Quattordici punti raccontati dagli esponenti di spicco dell’alleanza: Emma Bonino, Carlo Calenda, Benedetto Della Vedova. Si parte dalla politica estera e dai suoi “cardini”, europeismo e atlantismo, da declinare con il sostegno alla difesa comune europea, alla Nato e con il superamento dell’unanimità al Consiglio Europeo. Secondo tema in agenda il bilancio: ridurre il debito e niente sussidi a pioggia; da rivedere il reddito di cittadinanza e il bonus 110%, da sostituire con azioni di efficientamento energetico mirato.
    Una razionalizzazione buona per destinare “ogni euro aggiuntivo di spesa pubblica a sanità e istruzione”, tema, quest’ultimo, al centro del punto 9 (contrasto alla dispersione scolastica – soprattutto al sud – e all’analfabetismo funzionale i punti dai quali partire). Capitolo infrastrutture, energia e ambiente: in cima alla lista delle cose da fare, a costo di “militarizzare i cantieri” ci sono i 2 rigassificatori, sui quali già si consumano le prime diatribe col Pd. Vanno sbloccati i progetti per le energie alternative, ma senza essere guidati “da furore ideologico”. E poi un piano per la rete idrica, migliorando il sistema dell’acqua pubblica. Punto 4, il fisco. Meno tasse sul lavoro e di più sulle transazioni digitali, per aiutare il lavoro povero e i giovani. La lotta ai salari bassi è al centro del quinto punto, il lavoro. Occorre “una legge sulla rappresentanza per cancellare i contratti pirata, stabilendo un salario minimo” ma è vietato un “irrigidimento dei contratti” e si pensa a una “commissione per la riconversione degli spazi urbani” coinvolti dai cambiamenti dello smart working. Si passa poi ai diritti civili, con in testa la parità di genere, il superamento delle discriminazioni legate all’orientamento sessuale. Sull’immigrazione si prevedono “quote di ingresso, l’istituzione di un’agenzia per l’integrazione di immigrati e rifugiati, canali regolari di ingresso”, il sì allo Ius Scholae e il superamento del Regolamento di Dublino.
    Il punto 7 riguarda la politica industriale e la concorrenza: si punta sulle liberalizzazioni, partendo dalla direttiva Bolkestein fino al settore dei taxi. L’intervento pubblico è da limitare tramite “strutture indipendenti, gestite con governance privatistica e per il minor tempo possibile”. Il sostegno alla Riforma Cartabia è al centro del tema giustizia, assieme a un sistema penitenziario che punti sulla finalità rieducativa della pena, mentre per la Sanità, al punto 10, si pensa a un nuovo piano di assunzione per medici e infermieri. Defiscalizzazione e miglioramento delle infrastrutture i metodi per rilanciare il Mezzogiorno (punto 11), anche tramite l’attuazione del Pnrr (punto 12), di cui vanno sostenute le spese di progettazione.
    Infine gli assetti istituzionali: la revisione del bicameralismo perfetto e delle competenze Stato-Regioni è al punto 13, mentre al 14 c’è l’impegno a candidare solo persone con rilevanti esperienze gestionali maturate nel settore pubblico o in quello privato.    

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    Elodie contro Meloni, il suo programma mi fa paura

    (ANSA) – ROMA, 25 LUG – Elodie attacca nuovamente Fratelli
    d’Italia su Twitter. La cantante romana ha condiviso sul suo
    profilo social il programma del partito di Giorgia Meloni del
    2018 con il commento: “A me sinceramente fa paura”. Una presa di
    posizione netta, ma non nuova per l’artista che ha ricevuto
    molti like e commenti di condivisione del messaggio. Elodie
    ha più volte criticato in passato le posizioni politiche di
    Fratelli d’Italia, in particolare quelle contro gli immigrati e
    la difesa della famiglia naturale. La cantante è infatti attiva
    nella difesa della parità dei diritti per il mondo Lgbt+ e si è
    schierata in favore dello ius soli. (ANSA).   

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    Giorgia Meloni: “Senza accordo sul premier l'alleanza nel centrodestra è inutile”

    “Se non dovessimo riuscire a metterci d’accordo” sul nodo della premiership nel centrodestra “non avrebbe senso andare al governo insieme”. Lo dice Giorgia Meloni di Fdi in una intervista che andrà in onda questa sera nel corso dell’edizione delle ore 20.00 del Tg5, il cui testo è stato anticipato. “Confido che si vorranno confermare, anche per ragioni di tempo, regole che nel centrodestra hanno sempre funzionato, che noi abbiamo sempre rispettato e che non si capisce per quale ragione dovrebbero cambiare oggi”, conclude.
    “Non ho bisogno dei regali di Enrico Letta, né dei loro riconoscimenti. Letta fotografa la realtà quando dice che bisognerà scegliere tra Fratelli d’Italia e il Pd: sono i due principali partiti che si confronteranno in queste elezioni in un sistema che potrebbe tornare bipolare. Considero questa una buona notizia perché nel bipolarismo si confrontano identità: centrodestra contro centrosinistra, progressisti contro conservatori. Questo è lo scontro e gli italiani sceglieranno da che parte stare”. Così Meloni, convinta che la campagna elettorale sarà violentissima. “Non ci facciamo intimidire. E penso anche che la sinistra abbia bisogno di inventare una macchina del fango contro di noi perché non può dire niente di concreto e di vero. Noi non abbiamo bisogno di inventare una macchina del fango contro di loro perché possiamo banalmente raccontare i disastri che hanno prodotto in Italia negli ultimi 10 anni al governo”, conclude.
    MATTEO SALVINI: “CHI HA UN VOTO IN PIÙ INDICHERÀ IL PREMIER DEL CENTRODESTRA”
    “Lasciamo a sinistra litigi e divisioni: per quanto ci riguarda, siamo pronti a ragionare con gli alleati sul programma di governo partendo da tasse, lavoro, immigrazione e ambiente. Chi avrà un voto in più, avrà l’onore e l’onere di indicare il premier”. Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini.