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    Fisco: delega riparte in Senato, accordo per non modificarla

    In bilico dopo la crisi di governo, la delega fiscale riparte in Senato. La conferenza dei capigruppo, chiariscono fonti parlamentari, l’ha qualificata come materia su cui si può deliberare in commissione nonostante non sia tra gli obiettivi del Pnrr. È stata messa in calendario domani alle 8.30 in commissione Finanze, con relatrice la senatrice di FI Roberta Toffanin. A quanto si apprende, i partiti che sostenevano il governo Draghi si sono accordati per non modificare il testo approvato dalla Camera, dove l’iter è stato complesso, in particolare sulla riforma del catasto. Ci sono solo pochi emendamenti di FdI.

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    Sindaco Decaro non si candida, 'non tradisco Bari'

    (ANSA) – BARI, 27 LUG – Con un post su Facebook il sindaco di
    Bari e presidente Anci Antonio Decaro, lascia intendere la sua
    decisione di non candidarsi alle prossime elezioni Politiche del
    25 settembre. Nel post Decaro ammette di averci “pensato” dopo
    che anche “il partito” gli ha chiesto di “andare a dare una mano
    a Roma”. Ma, precisa, “Bari è la mia città e non posso
    tradirla”. Il suo secondo mandato da primo cittadino del
    capoluogo pugliese scadrà nel 2024.   
    A pochi minuti dalla sua pubblicazione, il post ha ricevuto
    migliaia di ‘mi piace’. In tanti, scrive Decaro su Fb, “mi hanno
    detto in questi giorni ‘Dovresti andare a dare una mano a Roma’.   
    Cittadini, amici, il partito. Lo ammetto, ci ho pensato. Perché
    credo che chi fa politica debba impegnarsi in prima persona.   
    Sempre”. “Ma Bari – precisa – è la mia città. La città dove sono
    nato. La città che ho promesso di amministrare. La città che
    otto anni fa mi ha messo una fascia tricolore sulle spalle. E
    non posso tradirla”. “Perché – conclude – con questa città ho un
    patto da onorare. E perché qui a Bari, come in nessun altro
    posto nel mondo, io sono felice”. (ANSA).   

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    Papa, la Chiesa guarisca, non si difenda dalla verità

     Sulle rive erbose del Lago Sant’Anna, a circa 72 km a ovest di Edmonton, meta ogni anno di un pellegrinaggio cattolico dalla fine del XIX secolo proprio nell’odierna festa della santa, Papa Francesco lancia un molteplice appello ad ascoltare il “battito materno” della terra, a una fraternità basata sull’unione “dei distanti”, a una Chiesa che non si trinceri nella difesa dell’istituzione a dispetto della “ricerca della verità”. E ai “fratelli indigeni” dice: “Siete preziosi per me e per la Chiesa”.    Ci sono tanti appartenenti alle comunità autoctone, infatti, tra i circa diecimila che partecipano a questo tradizionale “Lac Ste. Anne Pilgrimage”, e, in un’atmosfera da sagra ‘country’, si uniscono ai pellegrini provenienti soprattutto dal Canada e dagli Stati Uniti nord-occidentali, che giungono presso questo lago per bagnarsi nelle sue acque ritenute sante e pregare. E’ un luogo da millenni sacro anche ai nativi: chiamato Wakamne, “Lago di Dio”, dai Nakota Sioux e “Lago dello Spirito” dal popolo Cree, noto agli indigeni come posto di guarigione.    Il Papa, accompagnato dai suoni tradizionali del tamburo, vi celebra la Liturgia della Parola, preceduta da un’inedita “benedizione del lago”. “Qui, immersi nel creato, c’è un altro battito che possiamo ascoltare, quello materno della terra – dice nell’omelia in spagnolo – e così come il battito dei bimbi, fin dal grembo, è in armonia con quello delle madri, così per crescere da esseri umani abbiamo bisogno di cadenzare i ritmi della vita a quelli della creazione che ci dà vita”.    Ricordando poi il Lago di Galilea dove predicò Gesù, Francesco sottolinea che “proprio quel lago, ‘meticciato di diversità’, divenne la sede di un inaudito annuncio di fraternità; di una rivoluzione senza morti e feriti, quella dell’amore”. E qui, “sulle rive di questo lago, il suono dei tamburi che attraversa i secoli e unisce genti diverse, ci riporta ad allora. Ci ricorda che la fraternità è vera se unisce i distanti, che il messaggio di unità che il Cielo invia in terra non teme le differenze e ci invita alla comunione, a ripartire insieme, perché tutti siamo pellegrini in cammino”.    Il Pontefice tocca anche il tema della “guarigione” dai tanti traumi del passato, in particolare dell’opera colonizzatrice. Ma avverte che “ora tutti noi, come Chiesa, abbiamo bisogno di guarigione: di essere risanati dalla tentazione di chiuderci in noi stessi, di scegliere la difesa dell’istituzione anziché la ricerca della verità, di preferire il potere mondano al servizio evangelico”. “Aiutiamoci, cari fratelli e sorelle, a dare il nostro contributo per edificare con l’aiuto di Dio una Chiesa madre come a Lui piace – esorta – capace di abbracciare ogni figlio e figlia; aperta a tutti e che parli a ciascuno; che non vada contro qualcuno, ma incontro a chiunque”.    Inoltre, “se vogliamo prenderci cura e risanare la vita delle nostre comunità, non possiamo che partire dai poveri, dai più emarginati”. Occorre “guardare di più alle periferie e porsi in ascolto del grido degli ultimi; saper ascoltare il dolore di quanti, spesso in silenzio, nelle nostre città affollate e spersonalizzate, gridano: ‘Non lasciateci soli!'”.    È il grido “di anziani che rischiano di morire da soli in casa o abbandonati presso una struttura, o di malati scomodi ai quali, al posto dell’affetto, viene somministrata la morte”. È il grido “soffocato di ragazzi e ragazze più interrogati che ascoltati, i quali delegano la loro libertà a un telefonino, mentre nelle stesse strade altri loro coetanei vagano persi, anestetizzati da qualche divertimento, in preda a dipendenze che li rendono tristi e insofferenti”. “Non lasciateci soli – lamenta il Papa – è il grido di chi vorrebbe un mondo migliore, ma non sa da dove iniziare”.    E rivolgendosi infine ai “cari fratelli e sorelle indigeni” – al centro in questi giorni in Canada delle sue richieste di perdono per le politiche di assimilazione dei nativi e per i soprusi nelle scuole residenziali cattoliche – Francesco dice di essere “venuto pellegrino anche per dirvi quanto siete preziosi per me e per la Chiesa”. “Desidero che la Chiesa sia intrecciata a voi, come stretti e uniti sono i fili delle fasce colorate che tanti di voi indossano – conclude – il Signore ci aiuti ad andare avanti nel processo di guarigione, verso un avvenire sempre più risanato e rinnovato”.    

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    Calenda, alleati Pd? Solo con chi non ha fatto cadere Draghi

        Azione ha contatti con il Pd? “Ci sono contatti con tutti quelli che non hanno fatto cadere Draghi, ci sono contatti aperti” anche “con personalità di Forza Italia che escono o sono uscite”. Lo ha detto il leader di Azione Carlo Calenda intervenendo a Radio Anch’io spiegando che ci sono due obiettivi principali: “Primo è non far vincere la destra peggiore dell’universo; secondo avere una forte identità che parli al mondo liberale” e facendo capire che quello con i Dem sarà un accordo tecnico, altrimenti non ha paura ad andare da solo.    A chi gli ha chiesto se però, alla fine, il risultato elettorale sia scontato, Calenda replica: “Ricordo che a Roma io sono partito dal 6% e alla fine ho chiuso al 20%. Oggi, con gli italiani al mare, delusi dalla politica, quando possiamo dire che avranno valore i sondaggi? Io credo tra fine agosto e inizi settembre” ed è quindi “difficile oggi dire come andrà. Posso però dire che io farò una cosa seria e responsabile” per il bene del paese.  “Il Pd – prosegue – deve decidere dove stare e al mio amico Enrico Letta dico che nessuno è costretto a nulla: decidi secondo coscienza che cosa vuoi fare. Gli interventi nella Direzione Pd erano tutti nell’ottica ‘siamo stati bravissimi, rivendichiamo l’alleanza con i 5S’. Sostanzialmente si diceva che erano meglio i Cinquestelle di Calenda. Se questo è quello che pensa, se stanno preparando una alleanza forte ed elettorale con i 5 Stelle, noi non ci possiamo stare perché noi con loro non ci siamo mai stati” ricorda il segretario di Azione, Carlo Calenda.   

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    Centrodestra, tensione sulla premiership. Oggi il vertice dei leader

    Sarà il vertice del compromesso o dell’unità necessariamente ritrovata, viste le elezioni a breve e i favori dei sondaggi. O almeno è l’auspicio di molti. Sulla reunion del centrodestra nel pomeriggio, 71 giorni dall’ultima volta – era il 17 maggio e i big dei tre partiti pranzarono insieme ad Arcore, ma finirono per litigare sulle amministrative – pesa ora il macigno della premiership. A Giorgia Meloni che non molla la presa sulla regola aurea per cui il candidato premier lo sceglie chi incassa più voti nella coalizione, Forza Italia oppone disinteresse. “E’ un tema che non mi appassiona”, smonta la questione Silvio Berlusconi.

    Elezioni, Lupi: ‘Vogliamo essere il pilastro del Centrodestra’

    Agenzia ANSA

    In una intervista a ‘La Repubblica’ la ministra spiega le ragioni che l’hanno spinta a lasciare FI (ANSA)

    Difficile però immaginare che la presidente di Fratelli d’Italia si accontenti e ceda. Più probabile è che ogni partito indichi il proprio candidato, prima del 25 settembre. Poi, il verdetto finale verrà dalle urne. Al tavolo, dalle 17, sono invitati anche i ‘centristi’ di Udc e Noi con l’Italia. Stessa squadra riunita finora a Villa Grande, insomma, ma con Meloni a fare la differenza. In primis sulla location: niente più ville private, era la sua richiesta e l’ha spuntata. Stavolta ha vinto il terreno neutro e istituzionale di Montecitorio, e probabilmente saranno tutti nella sala più grande di cui dispone la Lega lì. Per Berlusconi sarà il gran ritorno dal 9 febbraio, quando superato il Covid venne a incontrare Mario Draghi e salutò il presidente incaricato ed ex banchiere con un “Ciao ciao”. Ora, in un’intervista al Corriere il ‘patriarca’ azzurro elenca quello che davvero interessa agli italiani e cioè “le proposte per uscire dalla crisi” su tasse, lavoro, ambiente.

    La mappa elaborata da Youtrend. Coalizioni determinanti in 67 collegi: molto dipenderà dalle alleanze. Si va da quello di Sesto San Giovanni a Ragusa (ANSA)

    Altro che scegliere il successore di Draghi a Palazzo Chigi – sembra dire il Cavaliere alla sua ex ministra per la Gioventù – le urgenze sono altre. Più tranchant è il suo vice Antonio Tajani che frena così: “Serve una squadra, non un uomo o una donna sola al comando”. In mezzo si pone Matteo Salvini, che ripete il mantra che “chi prende un voto in più sceglie, vince e governa”. Si accoda Maurizio Lupi che presenta il suo nuovo simbolo a Napoli e sminuisce: “Le regole ci sono da 30 anni. Quella della leadership è un falso problema”. Eppure Salvini, che tenta la pace, relega il dibattito alla voce “tempo perso”. Da qui l’invito, che farà domani agli altri alleati: “Gli dirò di concentrarci solo sui temi e sull’idea di Italia”. Più del programma però, saranno altri nodi a tenere banco a partire dalla distribuzione dei collegi uninominali. Anche su questo FdI è ferrea: le regole non si cambiano e quindi contano i sondaggi. E Ignazio La Russa, storico ‘colonnello’ del partito, rammenta che si farà la media fra i tre migliori sondaggi, “tutto qui”. Un criterio che sulla carta premierebbe i ‘patrioti’. Un rischio che preoccupa la Lega soprattutto al nord: è lì che la leader romana ha gettato, da mesi, la rete e non a caso è Milano la città che ha scelto ad aprile per la conferenza programmatica, in stile quasi convention americana. Si teme dunque che il suo partito lanci adesso un’opa sui collegi del profondo nord, contendendoli ai leghisti. Sono loro a rischiare di più e per scacciare i cattivi pronostici (gli ultimi fermano il partito al 13%) Salvini azzarda: “Non mi accontento di meno del 20%. Ci arriviamo”, ricordando che “alle ultime politiche ci davano al 10 e siamo arrivati al 17%. I cittadini scelgono”. Per il ‘Capitano’ non c’è tempo da perdere e la corsa elettorale accelera ritmi e impegni. Domenica tornerà in Romagna per la festa della Lega a Cervia e chissà che non metta piede pure al Papeete di Milano Marittina, che lo vide chiedere i pieni poteri in costume e poi rompere il patto gialloverde. Adesso, invece, sarebbe in versione costruens. In marcia anche Meloni che giovedì ha convocato la direzione del partito in vista del voto. Più fiaccata è FI, ‘orfana’ ormai di Mara Carfagna che lascia il partito convinta che la non fiducia a Draghi sia stata “una scelta di irresponsabilità”. E che “il Rubicone è stato varcato”.

    Agenzia ANSA

    “Io ho dato la mia disponibilità al centrodestra e la riconfermo. Ovviamente mi aspetto un chiarimento col centrodestra. Credo sia doveroso e urgente. Aspetto un chiarimento – ha evidenziato Moratti – dopodiché mi riterrò libera e indipendente di fare le mie scelte” (ANSA)

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    Calenda apre ma non molla: 'Intese sui collegi o avanti da soli'

    Il veto assoluto sui 5 stelle, perché “chi ci vota sa che non faremo accordi con loro”. L’apertura più ampia al dialogo, con la postilla che “non con tutti si faranno alleanze”. E il tema della premiership: “O è Mario Draghi o mi candiderei io”. Carlo Calenda parla alla coalizione potenziale che, nelle sue intenzioni, dovrebbe formarsi come argine ai “sovranisti che hanno fatto cadere il governo”. E si rivolge al Pd illustrando, con estrema chiarezza, le due soluzioni sul tavolo: “Fare un tecnico sui collegi, mantenendo la nostra differenza, oppure andare da soli”.    All’indomani della presentazione del ‘Patto Repubblicano’ insieme a Più Europa, il leader di Azione punta a restare protagonista di un’intesa nel centrosinistra che si costruisca sui temi: “Noi abbiamo presentato un patto aperto a quelli che non hanno fatto cadere Draghi – afferma -. Letta farà le sue riflessioni”. I due potrebbero incontrarsi molto presto, per affrontare questa ed altre questioni aperte. In Azione c’è la consapevolezza delle diverse sensibilità nel Partito Democratico, ma il tempo stringe e bisogna decidere da che parte stare. “Noi pensiamo ad un governo Draghi bis con una forte componente riformista e ci candidiamo a far questo, ma – premette Calenda – un Paese non si può fermare solo ad una persona, per cui se domani Draghi dicesse che non è disponibile allora mi candiderei io, spiegando come intendo governare questo paese”.    Per ora, ancora senza alleati, è Matteo Renzi, che commenta così l’incontro avuto ieri con il segretario di Azione: è andato “bene, come sempre tra amici, ma l’amicizia non è sufficiente, bisogna vedere se condividiamo le idee”. L’ex premier prospetta, quindi, un “passaggio molto importante” in cui “le alleanze non si fanno sulla base dell’alchimia o del gioco delle coppie”, bensì mettendo al centro le scelte per i cittadini”: quindi sì al Mes per “dare più soldi alla sanità, e potenziamento dell’assegno unico per i figli. “Se su queste cose siamo d’accordo, allora si può andare insieme alle elezioni”, chiosa.    Secondo Calenda il trait d’union può e dev’essere l’agenda Draghi. Un programma condiviso anche dai tre ministri che dopo la crisi, hanno lasciato Forza Italia: Mariastella Gelmini, Renato Brunetta e Mara Carfagna. Dalla prima è già arrivato un feedback positivo, a cui seguirà un faccia a faccia con il leader di Azione. Gli altri due, al momento, non si sbilanciano.    Di contro, le forze politiche che si mostrano già molto critiche nei confronti del “Patto Repubblicano” sono Europa Verde e Sinistra Italiana. “Io col programma di Calenda non ho nulla a che vedere”, taglia corto il capo di SI, Nicola Fratoianni. Ma anche tra i dem ci sono dei distinguo: “Bisogna ponderare bene le alleanze, soprattutto con chi può limitare la nostra proposta politica”, dice Matteo Orfini. E la collega Laura Boldrini avverte: “Bisogna poi fare molta attenzione alle alleanze in campagna elettorale, che devono essere coerenti”.     

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    Elezioni, vertice tra Letta, Sala e Di Maio. Il sindaco di Milano: 'Non sono della partita, do una mano'

    “Pronto a fare una lista nazionale? No, sto solo cercando di dare una mano, è chiaro che Letta è il segretario di un partito che per me è un riferimento, non essendo il mio partito, ed è un amico da tanti anni, quindi più che altro volevo capire la situazione. Io non sarò parte di questa partita ma questo l’ho detto molte volte. Da qua a disinteressarmi per un momento così delicato per questo Paese ce ne passa”. 
    A chi gli ha domandato se sia pronto a fare una lista insieme a Di Maio, Sala ha risposto: “Ripeto, io non sarò parte diretta della creazione di nulla, però il mio interesse a capire il mondo del centrosinistra, come sarà e come affronterà questo momento delicato, c’è. Ci sono principi fondamentali – ha aggiunto – che sono alla base del mio modo di vedere la politica, i miei valori, l’idea di dare importanza e peso al ruolo dell’ambiente, a un credo europeista totale: queste sono le cose che porto sempre al mio amico Letta”.
    Lo ha detto il sindaco di Milano Beppe Sala, davanti alle telecamere di Fanpage.it e Fattoquotidiano.it dopo l’incontro a Roma con il segretario del Pd Enrico Letta e Luigi Di Maio, leader di Ipf e ministro degli Esteri.
    “Mai come in queste elezioni il voto italiano sarà il più determinante di sempre nella storia europea. Il voto darà un risultato chiaro e andrà in una direzione o nell’altra, il pareggio non è contemplato. Non c’è pareggio, o vince l’Europa comunitaria o quella dei nazionalismi”. Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, nella relazione alla direzione nazionale alla Camera. “La scelta è fra noi e Meloni”.

    Elezioni, Letta: ‘Non ci sara’ pareggio, o noi o Meloni’

    Sui diritti “la differenza fra noi loro mai è stata così forte e marcata come oggi. Per noi è il momento, per loro non lo è mai. Mai come questa volta è in gioco il futuro della società italian e di centinaia di migliaia di giovani che vogliono vivere in una società in cui si è liberi o sei messo dentro delle caselle costruite sul passato”.
    “Forza Italia è un partito con cui abbiamo collaborato al governo, abbiamo lavorato bene. Poi, improvvisamente, questa scelta incomprensibile che gli sta portando una frana di consensi e dirigenti. Fi ha deciso di sciogliersi dentro la Lega, ed è un punto di non ritorno, ma lì si è aperta una voragine, dentro il centrodestra. O noi convinciamo una parte degli elettori che hanno votato lì o sarà difficile giocarla solo sugli astensionisti. Dobbiamo parlare anche con chi ha votato Fi alle ultime elezioni o le liste civiche”.
     “Quello che dobbiamo fare della nostra partecipazione alle elezioni è una partecipazione che sarà centrata su una lista, la nostra lista, del Pd, che vogliamo aperta ed espansiva soprattutto a chi ha condiviso il progetto delle agorà, penso ad Articolo 1 e Demos”.

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    Ma chiudono del tutto con Calenda e transfughi di Forza Italia (ANSA)

    “A chi ha tentazioni” di tornare col M5s “a chi dice ‘ripensiamoci’ l’invito è a guardare a cosa pensano gli elettori, il loro giudizio è lapidario”. Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, nella relazione alla direzione nazionale, in corso alla Camera.

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    La mappa elaborata da Youtrend. Coalizioni determinanti in 67 collegi: molto dipenderà dalle alleanze. Si va da quello di Sesto San Giovanni a Ragusa (ANSA)

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    Centrodestra, tensione sulla premiership. Mercoledì il vertice dei leader

    Il vertice di centrodestra si terrà mercoledì 27 luglio alle 17 a Montecitorio. Parteciperanno – tra gli altri – il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi; il segretario della Lega, Matteo Salvini; la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni; i vertici dell’Udc Lorenzo Cesa e Antonio De Poli e Maurizio Lupi, presidente di Noi con l’Italia.

    Elezioni, Lupi: ‘Vogliamo essere il pilastro del Centrodestra’

    Agenzia ANSA

    In una intervista a ‘La Repubblica’ la ministra spiega le ragioni che l’hanno spinta a lasciare FI (ANSA)

    “Meno tempo si passa a litigare e meglio è, sceglieranno gli italiani, non vedo dove sia il problema. Chi prende un voto in più sceglie, vince e governa, non capisco dove sia il problema”. Così il leader della Lega, Matteo Salvini a Rtl 102.5 parlano del nodo della premiership.E ha aggiunto: “Stamattina riunisco tutti i ministri e i governatori della Lega perché c’è il taglio dell’Iva sul pane, pasta, riso, latte, frutta e verdura che si può ottenere già questa settimana. Di questo mi vorrei occupare. Passare le giornate su leadership, collegi e candidature mi sembra tempo perso”. 

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    La mappa elaborata da Youtrend. Coalizioni determinanti in 67 collegi: molto dipenderà dalle alleanze. Si va da quello di Sesto San Giovanni a Ragusa (ANSA)